BALLA COI LUPI - romanzo completo

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Pagine: 1, 2, [3], 4
auroraageno
00giovedì 8 novembre 2007 09:18
(segue)

21



In un modo tranquillo, fu uno dei giorni più appaganti della vita del tenente Dunbar.
La famiglia di Uccello Saltellante lo accolse con un calore e un rispetto che lo fecero
sentire qualcosa di più di un ospite. Erano sinceramente felici di vederlo.
Lui e Uccello Saltellante si dedicarono a una buona fumata di pipa che, a causa delle
continue ma piacevoli interruzioni, andò avanti fino a pomeriggio inoltrato.
La notizia del nome del tenente Dunbar e di come lo avesse avuto si sparse per il campo
con la solita, sorprendente velocità, e a questa notizia illuminante ogni persistente
sospetto che la gente avrebbe potuto nutrire nei confronti del soldato bianco svanì.
Non era un dio, ma era diverso da qualsiasi altro uomo con la faccia coperta di peli
che avevano incontrato. Era uno stregone. Vi era un andirivieni di guerrieri alla tenda di
Uccello Saltellante, alcuni con l'intenzione di salutarlo, altri semplicemente per mettere
gli occhi addosso a Danza-con-i-lupi.
Ora il tenente riconosceva la maggior parte di loro. A ogni arrivo si alzava e faceva il suo
breve inchino. Alcuni di loro lo ricambiavano. Qualcuno tese la mano come avevano visto
fare lui.
Non vi era molto di cui potessero discutere, ma il tenente cominciava a cavarsela bene
con i segni, abbastanza bene da commentare nuovamente alcuni dei momenti più salienti
della caccia. E la maggior parte delle visite si basarono su quest'argomento.
Dopo un paio d'ore l'afflusso dei visitatori cominciò a diminuire fino a cessare del tutto e
Dunbar si stava chiedendo perché non avesse visto Mano Alzata e se tale incontro fosse
previsto, quando Vento-nei-capelli entrò improvvisamente nella tenda.
Mentre si stringevano la mano, il tenente Dunbar pensò che quell'uomo gli piaceva. Era
bello rivederlo.
Gli stessi sentimenti furono il primo pensiero di Vento-nei-capelli ed entrambi si sedettero
per discorrere amichevolmente, sebbene nessuno dei due riuscisse a capire che cosa
dicesse l'altro.
Uccello Saltellante chiamò la moglie perché portasse del cibo e poco dopo i tre uomini
mangiarono voracemente un pasto a base di carne essiccata e di bacche. Mangiarono
senza dire una parola.
Dopo il pasto venne riempita un'altra pipa e i due indiani si immersero in una conversazione
di cui il tenente non riusciva a intuire l'argomento. Dai loro gesti e dal tono, però, immaginò
che si trattasse di qualcosa di più delle normali quattro chiacchiere.
Sembrava che stessero facendo dei piani per qualche azione o iniziativa e Dunbar non fu
sorpreso quando, terminati i loro discorsi, entrambi gli uomini si alzarono, chiedendogli
di seguirli mentre lasciavano la tenda.
Il tenente andò con loro fino alla tenda di Uccello Saltellante. Dietro la tenda, ad attenderli,
vi era depositato del materiale. Una catasta di pertiche flessibili di legno di salice accanto
a un grosso mucchio di ramaglia secca.
I due uomini tennero un altro, più breve, conciliabolo, poi si misero al lavoro. Quando il tenente
capì che cosa stava prendendo forma, cercò di dare loro una mano, ma prima che potesse
contribuire gran che, il materiale era stato trasformato in una specie di pergola ombrosa
alta circa un metro e mezzo.
Una piccola parte era stata lasciata libera in modo da formare un'entrata e Dunbar fu invitato
ad accedervi per primo. Non vi era abbastanza spazio per poter stare in piedi ma, una volta
che si fu seduto, trovò che il posto era spazioso e tranquillo. La ramaglia proteggeva molto
bene dal sole ed era abbastanza da consentire che l'aria circolasse liberamente.
Fu soltanto quando ebbe terminato la sua rapida ispezione che si accorse che Uccello
Saltellante e Vento-nei-capelli erano spariti. Una settimana prima la loro repentina scomparsa
avrebbe causato in lui una certa inquietudine, ma, come gli indiani, non era più sospettoso.
Il tenente era soddisfatto di starsene tranquillamente seduto contro la parete sorprendentemente
robusta, ascoltando i suoni ora familiari dell'accampamento di Dieci Orsi mentre attendeva
gli sviluppi della situazione.
Non tardarono molto ad arrivare.
Erano passati soltanto pochi minuti quando udì un rumore di passi avvicinarsi. Uccello
Saltellante entrò dalla piccola apertura e andò a sedersi abbastanza distante da lasciare
un posto per un'altra persona fra loro due.
Un'ombra che si profilava attraverso l'apertura disse a Dunbar che qualcun altro stava aspettando
di entrare. Senza pensare, dedusse che si trattava di Vento-nei-capelli.
Uccello Saltellante chiamò a voce bassa. L'ombra si mosse, accompagnata da un tintinnio
di campanellini, e Mano Alzata entrò, chinandosi attraverso l'apertura.
Dunbar si scostò di lato per farle posto mentre lei si accoccolava fra lui e Uccello Saltellante
e in quei pochi secondi Dunbar vide che in lei vi era molto di nuovo.
I campanellini erano cuciti sui lati di un paio di mocassini finemente orlati di perline. Il vestito
di pelle di daino aveva l'aspetto di un cimelio di famiglia, qualcosa di prezioso che veniva tenuto
con molta cura e non per tutti i giorni. Il corpetto era cosparso di piccole ossa compatte disposte
a righe. Erano denti di alce.
Attorno al polso che era di fianco a lui portava uno spesso braccialetto di bronzo. Al collo aveva
una stretta collana fatta con lo stesso tipo di ossa del pettorale che Dunbar indossava. I suoi
capelli, puliti e fragranti, erano raccolti in una treccia che le ricadeva lungo la schiena, rivelando
così molto di più del viso dagli zigomi alti e dalle sopracciglia ben delineate di quanto lui
avesse visto finora. Adesso, gli sembrava più delicata e femminile. E ancora di più una bianca.
Gli venne in mente, allora, che la pergola fosse stata costruita come un posto dove potessero
incontrarsi. E nel tempo che lei impiegò a sedersi, il tenente si rese conto di quanto avesse
desiderato di vederla nuovamente.
Lei non lo aveva ancora guardato e, mentre Uccello Saltellante le borbottava qualcosa, Dunbar
decise di prendere l'iniziativa e di salutarla.
Accadde così che voltarono la testa, aprirono la boca e dissero la parola << Hello >> esattamente
nello stesso momento. I due saluti si scontrarono nello spazio fra di loro, e i due si ritrassero
impacciati per questo inizio imprevisto.
Uccello Saltellante vide nell'incidente un'auspicio favorevole. Vide due persone che avevano
gli stessi pensieri. Poiché questo era esattamente ciò in cui aveva sperato, gli sembrò ironico.
Lo stregone rise fra sé. Poi additò il tenente Dunbar e grugnì come se dicesse: << Continuate...
comincia tu per primo >>.
<< Hello >>, disse lui amabilmente.
Lei sollevò il capo. Il suo viso aveva un'espressione seria, ma Dunbar notò che non vi era nulla
dell'ostilità che aveva visto in precedenza.
<< Hulo >>, rispose lei.



(continua)

auroraageno
00giovedì 8 novembre 2007 15:05
(segue)

Quel giorno rimasero a lungo all'interno della pergola e la maggior parte del tempo
venne spesa ripassando le poche, semplici parole che si erano scambiati durante
la loro prima, formale seduta.
Verso il tramonto, quando tutti e tre si furono stancati delle continue, stentate ripetizioni,
a Mano Alzata venne improvvisamente in mente di tradurre il suo nome indiano.
L'idea la eccitò talmente che cominciò subito a insegnarglielo. Prima, doveva far
capire ciò che voleva. Puntò un dito verso di lui e disse: << Jun >>. Poi, additò se stessa
e non disse nulla. Proseguendo nella stessa azione, sollevò un dito per indicare:
<< Aspetta. Ora ti farò vedere >>.
Lo schema era che lui compisse quegli atti che lei chiedeva per immaginare poi il
relativo termine in inglese. Lei voleva che lui stesse in piedi, ma dentro alla pergola era
impossibile. Lei allora sospinse i due uomini all'esterno, dove avrebbero avuto piena
libertà di movimento.
<< Mano >> non fu difficile da capire e ci riuscì subito. Poi indovinò << sollevare >>,
<< alzare >>, << alzato >>. Dopo che lui ebbe il significato del nome in inglese, lei gli
insegnò le parole in comanci.
Da lì, imparò in rapida successione le parole in comanci per Vento-nei-capelli, Dieci
Orsi e Uccello Saltellante.
Il tenente Dunbar era eccitato. Chiese loro qualcosa con cui poter tracciare dei segni e,
usando un pezzetto di carbone di legna, fece una trascrizione fonetica dei quattro nomi
su una sottile striscia di pelle.
Mano Alzata continuava a mantenere il proprio riserbo, ma dentro di sé era elettrizzata.
Le parole inglesi si stavano riversando nella sua testa come una pioggia di scintille a
mano a mano che migliaia di porte, sbarrate per così tanto tempo, si spalancavano.
L'eccitazione di imparare la esaltava.
Ogni volta che il tenente rileggeva la lista scritta sul pezzetto di pelle e ogni volta che
arrivava a pronunciare i nomi quasi correttamente, lei lo incoraggiava con la sfumatura
di un sorriso e diceva la parola << sì >>.
Da parte sua, il tenente Dunbar non aveva bisogno di vedere il suo sorriso appena
accennato per capire che l'incoraggiamento era sincero. Poteva sentirlo nel suono
delle parole e vederlo nella forza che esprimevano i suoi occhi castano chiaro. Per lei,
sentir dire quelle parole in inglese e in comanci significava qualcosa di speciale.
L'eccitazione che provava dentro di sé era palpabile tutt'intorno a loro. Il tenente poteva
sentirla.
Non era la stessa donna, triste e sperduta, che aveva trovato nella prateria. Quel momento,
ora, era dimenticato, qualcosa lasciato dietro di sé. Dunbar era felice di vedere quanto
fosse cambiata da allora.
La cosa più preziosa era quel piccolo pezzo di pelle che teneva fra le mani. Lo reggeva
saldamente, fermamente intenzionato a non lasciarselo sfuggire. Era la prima parte di
una mappa che lo avrebbe guidato verso qualsiasi futuro lui avesse con quella gente.
Da quel momento in poi, molte cose sarebbero state possibili.
Era Uccello Saltellante, tuttavia, a essere maggiormente impressionato dal nuovo corso
degli eventi. Per lui, si trattava di un miracolo di straordinaria importanza, allo stesso
livello dell'assistere a qualcosa di totale e definitivo come la nascita o la morte.
Il suo sogno era diventato realtà.
Quando aveva udito il tenente dire il proprio nome in comanci, era stato come se un muro
impenetrabile si fosse improvvisamente trasformato in fumo, e loro lo stavano attraversando,
stavano comunicando.
Con pari intensità, anche la sua opinione su Mano Alzata era cambiata. Nel fungere da
ponte per le parole, lei era diventata qualcosa di più. Come il tenente, lo udiva nel suono
delle parole inglesi che diceva e lo vedeva nella nuova forza dei suoi occhi. Era stato
aggiunto qualcosa, qualcosa che prima mancava, e Uccello Saltellante sapeva di che
cosa si trattava.
Il suo sangue, per lungo tempo rimasto sepolto, stava di nuovo fluendo. Il suo sangue puro
di donna bianca.
L'impatto di quegli eventi era più di quanto Uccello Saltellante potesse sopportare e, come
un professore che sa quando è il momento di far riposare i propri alunni, disse a Mano
Alzata che, per un giorno solo, era abbastanza.
Una punta di delusione apparve sul suo volto. Poi, remissivamente, chinò il mento e fece
un cenno di assenso con il capo.
In quel momento, però, un pensiero meraviglioso si affacciò nella sua mente. Incontrò gli
occhi di Uccello Saltellante e rispettosamente gli chiese se avrebbero potuto fare una cosa
ancora.
Voleva insegnare all'uomo bianco il nome che gli era stato dato.
Era una buona idea, talmente buona che Uccello Saltellante non poté opporre un rifiuto
alla figlia che aveva adottato. Le disse di continuare.
Lei ricordò subito la parola. La vedeva, ma non riusciva a dirla. E non riusciva a ricordare
in che modo lo aveva fatto da ragazza. Gli uomini attendevano, mentre lei cercava di
ricordare.
Involontariamente, il tenente Dunbar sollevò una mano per scacciare una zanzara che gli
infastidiva un orecchio, e lei vide di nuovo tutto quanto.
Afferrò la mano del tenente a mezz'aria e se l'appoggiò cautamente su un fianco. E prima
che uno dei due uomini potesse reagire, guidò Dunbar in quello che era un arrugginito, ma
inconfondibile, ricordo di un valzer.
Dopo alcuni secondi, lei si tirò pudicamente indietro, lasciando il tenente Dunbar in uno stato
di choc. Dovette lottare per ricordare qual era l'argomento della lezione.
Nella testa gli esplose una luce. Poi, la cosa gli saltò agli occhi. Come l'unico scolaro in
tutta la classe che conosca la risposta, sorrise alla sua insegnante.

Da lì, fu facile arrivare al resto.
Il tenente Dunbar piegò a terra un ginocchio e scrisse il nome in fondo al suo sillabario di
pelle. I suoi occhi indugiarono a guardare il modo in cui il suo nome appariva, scritto in
inglese. Sembrava più grande di un semplice nome. Più lo osservava e più gli piaceva.
Lo disse fra sé: Danza-con-i-lupi.
Il tenente si risollevò da terra, fece un breve inchino in direzione di Uccello Saltellante e
nello stesso modo in cui un maggiordomo annuncerebbe l'arrivo di un ospite per la cena,
modestamente e senza ostentazione disse ancora una volta il suo nome.
Questa volta, lo disse in comanci.
<< Danza-con-i-lupi. >>




(continua)
auroraageno
00venerdì 9 novembre 2007 07:46
(segue)


22



Quella notte Danza-con-i-lupi restò nella tenda di Uccello Saltellante. Era esausto ma, come
talvolta accade, era troppo stanco per dormire. Gli avvenimenti della giornata continuavano
a rimbalzargli nella mente come popcorn in una padella per friggere.
Quando alla fine il sonno lo colse, scivolò nelle immagini confuse di un sogno che non
faceva da quando era giovanissimo. Circondato dalle stelle, galleggiava nel freddo,
silenzioso vuoto dello spazio, un ragazzo senza peso e solo in un mondo di argento e
di nero.
Ma non aveva paura. Era al sicuro e al caldo sotto le coperte di un letto a colonne, a
galleggiare come un unico seme in tutto l'universo, anche se per l'eternità, non era una
pena, era una gioia.
Fu in questo modo che si addormentò per la sua prima notte all'ancestrale accampamento
estivo dei comanci.

Nei mesi che seguirono il tenente Dunbar si addormentò spesso nella tenda di Uccello
Saltellante.
Ritornava spesso a Fort Sedgewick, ma le visite erano principalmente motivate dal senso
di colpa, non da un desiderio reale. Persino mentre si trovava al forte sapeva che stava
mantenendo la più sottile delle apparenze. Tuttavia si sentiva costretto a farlo.
Sapeva che non vi era alcuna ragione logica per rimanervi. Ormai certo che l'esercito
avesse abbandonato l'avamposto e lui con questo, pensò di rientrare a Fort Hays.
Aveva già compiuto il suo dovere. In effetti, il suo attaccamento all'avamposto e all'esercito
degli Stati Uniti erano stati esemplari. Poteva andarsene a testa alta.
Ciò che lo tratteneva era il richiamo di un altro mondo, un mondo che aveva appena iniziato
a esplorare. Non sapeva esattamente quando fosse successo, ma si rendeva conto che il
sogno di essere assegnato ai territori dell'Ovest, un sogno che aveva architettato per
allargare i ristretti confini del servizio militare, fin dall'inizio era rivolto all'infinita avventura
in cui ora si trovava coinvolto. Le nazioni, gli eserciti, le razze apparivano scialbi al
confronto. Aveva portato alla luce una grande sete e non poteva respingerla più di quanto
un uomo morente poteva rifiutare l'acqua.
Voleva vedere che cosa sarebbe accaduto e, per questo motivo, rinunciò all'idea di
ritornare nell'esercito. Ma non rinunciò interamente all'idea che l'esercito tornasse da lui.
Prima o poi, doveva farlo.
Così, durante le sue visite al forte, lavoricchiava a cose senza importanza come riparare
un eventuale strappo nella tela del riparo a tenda, spazzare le ragnatele dagli angoli della
baracca, fare delle annotazioni nel diario.
Si imponeva di fare questi lavori come un modo stiracchiato e forzato di restare in contatto
con la sua vecchia vita. Sebbene si sentisse profondamente coinvolto nei riguardi dei
comanci, non aveva il coraggio di abbandonare tutto quanto, e i vuoti movimenti che
compiva gli consentivano di rimanere aggrappato ai brandelli del suo passato.
Visitando il forte con una certa regolarità, manteneva in vita la disciplina dove non ve ne
era più bisogno e, in tal modo, manteneva in vita anche il concetto del tenente John J.
Dunbar, USA.
Le annotazioni nel diario non contenevano più le descrizioni delle sue giornate. Per la
maggior parte non erano altro che una stima della data, un breve commento sul tempo
e sulla sua salute e una firma. Anche se lo avesse voluto, descrivere la nuova vita che
stava vivendo sarebbe stato un compito troppo vasto. Inoltre, si trattava di una faccenda
personale.
Si recava immancabilmente giù al fiume, di solito con Due Calzini al seguito. Il lupo era
stato il suo primo, vero contatto e il tenente era sempre lieto di vederlo. I silenziosi
momenti che passavano insieme erano qualcosa a cui teneva molto.
Sostava per qualche minuto sulla sponda del fiume, guardando l'acqua scorrere. Se vi era
la giusta luce, poteva vedersi con la stessa chiarezza di uno specchio. I capelli gli erano
cresciuti oltre le spalle. L'azione costante del sole e del vento avevano scurito la pelle
del viso. Si girava da un lato all'altro, come uomo di mondo, ammirando il pettorale che
ora indossava come un uniforme. A eccezione di Cisco, niente di ciò che poteva definire suo
aveva maggior valore.
Talvolta la vista che l'acqua gli rimandava lo faceva fremere. Era talmente simile a uno di loro,
adesso. Quando questo succedeva, si teneva precariamente in equilibrio su un piede,
sollevando l'altro abbastanza in alto perché l'acqua rimandasse l'immagine dei calzoni
con le strisce gialle e degli alti stivali neri.
Ogni tanto prendeva in considerazione l'idea di eliminarli a favore dei gambali di cuoio e
dei mocassini ma, riflettendoci, concludeva che avevano un loro ruolo. In qualche modo,
anche loro facevano parte della disciplina. Avrebbe indossato i calzoni e gli stivali fino
a che non si sarebbero disintegrati. Poi, si diceva, vedremo.
Certi giorni, quanto si sentiva più indiano che bianco, faceva una lunga camminata lungo
il promontorio e il forte gli appariva come un luogo antico, uno spettrale residuo di un
passato ormai così lontano che era difficile credere che lui vi avesse mai avuto a che
fare.
A mano a mano che il tempo passava, recarsi a Fort Sedgewick diventò un lavoro ingrato.
Le sue visite diventarono più rare e sempre più distanti fra loro. Ma continuò comunque
a ritornare nel luogo frequentato nel passato.



(continua)
auroraageno
00venerdì 9 novembre 2007 07:49
(segue)


Il villaggio di Dieci Orsi diventò il centro della sua vita, ma per quanto si fosse inserito
e adattato con facilità, il tenente Dunbar viveva come una persona a parte. La sua pelle,
il suo accento, i suoi calzoni e i suoi stivali lo marchiavano come un visitatore da un
altro mondo e, come Mano Alzata, presto diventò un uomo che era due persone.
La sua integrazione nel modo di vivere dei comanci era costantemente mitigata dalle
tracce del mondo che si era lasciato alle spalle e quando Dunbar cercava di pensare
a quale fosse il suo vero posto nella vita, il suo sguardo diventava improvvisamente
assente. Una nebbia, vuota e inconcludente, gli riempiva la mente, come se tutte le sue
normali funzioni fossero state sospese. Dopo qualche istante la nebbia si sollevava
e lui tornava a occuparsi delle sue faccende, senza sapere esattamente che cosa gli
fosse successo.
Fortunatamente, questi strani momenti divennero sempre meno frequenti a mano a mano
che il tempo passava.
Le prime sei settimane del tempo che trascorse all'accampamento di Dieci Orsi
ruotarono intorno a un luogo preciso: la piccola pergola di ramaglia dietro la tenda
di Uccello Saltellante.
Fu lì, nel corso di lezioni mattutine e pomeridiane che duravano alcune ore, che il tenente
Dunbar per la prima volta conversò liberamente con lo stregone. Mano Alzata faceva
dei costanti progressi e cominciava a esprimersi con scioltezza, e alla fine della settimana
i tre cominciarono a parlare scorrevolmente.
Il tenente aveva pensato sin dall'inizio che Uccello Saltellante fosse una persona dotata,
ma quando Mano Alzata cominciò a tradurre delle frasi complete che esprimevano i suoi
concetti, Dunbar si rese conto che aveva a che fare con un livello di intelligenza superiore
a qualsiasi media che conoscesse.
All'inizio vi furono soprattutto domande e risposte. Il tenente Dunbar raccontò la storia di
come fosse arrivato a Fort Sedgewick e del suo inspiegabile isolamento. Per quanto
interessante, la storia fu una delusione per Uccello Saltellante. Danza-con-i-.lupi non
sapeva quasi niente. Non conosceva nemmeno quale fosse la missione dell'esercito,
tanto meno i suoi piani precisi. Per quanto riguardava le questioni militari, c'era poco
da imparare. Danza-con-i-lupi era stato un semplice soldato.
La razza bianca era una faccenda diversa.
<< Perché i bianchi vengono nella nostra terra? >> chiedeva.
E Dunbar rispondeva: << Non credo che vogliano venire nella vostra terra. Penso che
vogliano soltanto attraversarla >>.
Uccello Saltellante replicava: << I texani sono già nella nostra terra. Abbattono gli alberi
e strappano la terra. Uccidono i bisonti e li lasciano a marcire nell'erba. E' ciò che sta
accadendo. Ve ne sono già troppe di queste persone. Quante altre ne arriveranno? >>
A questa domanda il tenente torceva la bocca, rispondendo: << Non lo so >>.
<< Ho sentito dire >>, continuava lo stregone, << che i bianchi vogliono soltanto la pace.
Perché vengono sempre con i soldati dalla faccia coperta di peli? Perché questi ranger
del Texas vengono qui per noi, quando noi non vogliamo altro che di essere lasciati
in pace? Mi è stato detto che i capi bianchi hanno avuto dei colloqui di pace con i miei
fratelli. Mi è stato detto che vengono fatte delle promesse. Ma mi viene detto che le
promesse non vengono mai rispettate. Se i capi bianchi verranno a parlare con noi,
come potremo sapere quali sono le loro vere intenzioni? Dovremmo accettare i loro doni?
Dovremmo firmare le loro carte per dimostrare che fra noi vi sarà la pace? Quando ero
ragazzo, molti comanci andarono a una casa della legge nel Texas per incontrare i
capi bianchi e vennero uccisi. >>
Il tenente cercava di fornire delle risposte plausibili alle domande di Uccello Saltellante,
ma nella migliore delle ipotesi non erano che delle deboli teorie e, quando veniva
sollecitato, finiva inevitabilmente per rispondere: << A dire il vero, non lo so >>.
Cercava di essere cauto, perché si rendeva conto che dietro le domande di Uccello
Saltellante si celava una profonda preoccupazione e non riusciva a dirgli ciò che
pensava veramente. Se i bianchi fossero venuti in quella terra in forze, il popolo indiano,
per quanto avesse combattuto strenuamente, sarebbe stato inesorabilmente sopraffatto.
Sarebbero stati sconfitti dalla sola superiorità degli armamenti.
Allo stesso tempo non poteva dire a Uccello Saltellante di lasciare da parte le sue
preoccupazioni. Era necessario che si preoccupasse. Il tenente semplicemente non
poteva dirgli la verità. Né poteva dire delle menzogne allo stregone. Era una situazione
senza vie d'uscita e, trovandosi alle strette, Dunbar si trincerava dietro un muro d'ignoranza,
sperando che intervenissero dei nuovi argomenti meno sgraditi.
Ma ogni giorno, come una macchia che resista a ogni tentativo di lavaggio, rimaneva sempre
una domanda cruciale.
<< Quanti altri uomini bianchi stanno arrivando? >>



(continua)
auroraageno
00venerdì 9 novembre 2007 14:23
(segue)

Gradatamente Mano Alzata cominciò ad attendere con piacere le ore che passava
nella pergola di ramaglia.
Ora che era stato accettato dalla tribù, Danza-con-i-lupi non rappresentava più il
grosso problema che era stato una volta. Il suo legame con la società dei bianchi
si era indebolito e mentre ciò che lui rappresentava continuava ad incutere paura,
il soldato bianco in se stesso non suscitava alcun timore.
Non aveva nemmeno più l'aspetto di un soldato.
Dapprima, la notorietà che circondava le attività che si svolgevano nella pergola
infastidirono Mano Alzata. Il fatto che facesse scuola a Danza-con-i-lupi, la sua
presenza all'accampamento e il suo ruolo determinante di intermediaria costituivano
dei perenni argomenti di conversazione in tutto il villaggio. La notorietà che questo
le procurava la faceva sentire a disagio, come se venisse costantemente osservata.
Era particolarmente sensibile al fatto che potesse essere criticata perché in questo
modo scansava i normali lavori pretesi da ogni donna comanci. Era vero che lo stesso
Uccello Saltellante l'aveva dispensata, ma lei si preoccupava comunque.
Dopo due settimane, però, nessuno di questi timori si era materializzato e il nuovo
rispetto di cui godeva stava avendo un benefico effetto sulla sua personalità. Ora,
sorrideva più prontamente e le sue spalle erano più diritte. L'importanza del suo
nuovo ruolo conferiva al suo portamento un senso di autorevolezza che tutti potevano
notare. La sua vita stava assumendo una nuova dimensione e dentro di sé Mano
Alzata sapeva che questo era una buona cosa.
Anche altra gente lo sapeva.
Stava raccogliendo della legna, una sera, quando una delle donne sue amiche, chinata
accanto a lei, disse improvvisamente con una punta di orgoglio: << La gente parla
di te. >>
Mano Alzata si era raddrizzata, incerta su come interpretare l'osservazione.
<< Che cosa dicono? >> chiese in tono indifferente.
<< Dicono che tu faccia dei riti magici. Dicono che forse dovresti cambiare il tuo nome. >>
<< Cambiarlo in che cosa? >>
<< Oh, non so >>, rispose l'amica. << Forse Lingua-che-ha-poteri-magici, o qualcosa
del genere. Sono soltanto chiacchiere. >>
Mentre ritornavano insieme al villaggio nella luce del crepuscolo, Mano Alzata rimuginò
su quanto le aveva riferito l'amica. Erano arrivate al limitare dell'accampamento quando
parlò nuovamente.
<< Il mio nome mi piace >>, disse, sapendo che l'accampamento sarebbe venuto
velocemente a conoscenza della sua opinione. << Non lo cambierò. >>
Alcune sere dopo stava tornando al tepee di Uccello Saltellante dopo aver fatto i propri
bisogni, quando udì qualcuno cantare in una tenda lì accanto. Si fermò ad ascoltare e
rimase stupita di ciò che udì.

I comanci hanno un ponte
che conduce verso un altro mondo
il ponte si chiama Mano Alzata.


Troppo confusa per sentire altro, si affrettò verso la sua tenda e il suo giaciglio. Ma mentre
si tirava le coperte sotto il mento non aveva dei cattivi pensieri riguardo alla canzone.
Pensava solamente alle parole che aveva udito e, riflettendoci, sembravano molto belle.
Quella notte dormì profondamente. Quando si svegliò la mattina dopo, era già l'alba.
Affannandosi per recuperare il ritardo, uscì in gran fretta dalla tenda e si fermò bruscamente.
Danza-con-i-lupi si stava allontanando dall'accampamento in groppa al piccolo cavallo
dal manto bruno fulvo. Si sentì mancare il cuore a quella vista, e più intensamente di
quanto avrebbe potuto immaginare. Il pensiero che lui se ne andasse non la turbava
più di tanto, ma il pensiero che lui non tornasse la deprimeva al punto che questa sua
emozione le traspariva chiaramente dal viso.
Mano Alzata arrossì all'idea che qualcuno potesse vederla in quel modo. Si guardò
rapidamente intorno e il suo viso si fece di porpora.
Uccello Saltellante la stava osservando.
Il cuore le batteva furiosamente mentre cercava di ricomporsi. Lo stregone si stava
avvicinando.
<< Oggi non parleremo >>, le disse, studiando il suo viso con un'attenzione che le fece
contorcere gli intestini.
<< Ho capito >>, commentò lei, cercando di dare un tono neutro alla sua voce.
Ma poteva leggere la curiosità negli occhi dello stregone, una curiosità che richiedeva
una spiegazione.
<< Mi piace parlare >>, continuò. << Sono felice di riuscire a dire le parole degli uomini
bianchi. >>
<< Lui vuole vedere il forte degli uomini bianchi. Ritornerà al tramonto. >>
Lo stregone la guardò di nuovo attentamente e aggiunse: << Domani parleremo ancora >>.


(continua)
auroraageno
00venerdì 9 novembre 2007 14:24
(segue)

La sua giornata trascorse lentissima.
Osservando il sole come un impiegato annoiato osserva ogni scatto della lancetta
dell'orologio. Nulla avanza più lentamente del tempo quando si aspetta che passi.
E a causa di questo le riusciva difficile concentrarsi sui lavori che doveva fare.
Quando non controllava il sole, sognava a occhi aperti.
Ora che lui era apparso come una persona reale, vi erano delle cose in lui che si
ritrovava ad ammirare. Alcune di queste potevano essere fatte risalire alla loro razza
bianca. Alcune riguardavano lui solo. Tutte loro suscitavano il suo interesse.
Sentiva un misterioso senso di orgoglio quando pensava a ciò che aveva compiuto
e al fatto che tutta la sua gente ne fosse a conoscenza.
Rideva, quando ricordava il suo modo teatrale di comportarsi. A volte era molto buffo.
Buffo ma non sciocco. Sotto tutti gli aspetti sembrava sincero, aperto, riguardoso
e pieno di buonumore. Era convinta che queste qualità fossero autentiche.
Dapprima, quando lo aveva visto con indosso il pettorale, le era apparso fuori posto,
esattamente come sarebbe stato fuori posto un comanci con in testa un cappello a
cilindro. Ma lui lo indossava continuamente, senza prestargli la minima attenzione.
E non se lo toglieva mai. Era ovvio che gli piaceva moltissimo.
I capelli di lui erano sottili e ricciuti come i suoi, non folti e diritti come quelli degli altri.
E non aveva cercato di cambiarli.
E non aveva nemmeno cambiato per quanto riguardava i suoi calzoni e i suoi stivali:
continuava a portarli nello stesso modo naturale in cui aveva preso gusto al pettorale.
Tutto questo la induceva a concludere che Danza-con-i-lupi era una persona onesta.
Ogni essere umano apprezza certe caratteristiche più di ogni altra, e per Mano Alzata
una di queste era l'onestà.
La sua mente non riusciva a distogliersi da lui e a mano a mano che il pomeriggio
passava, dei pensieri più arditi le si formarono nella mente. Si immaginò di vederlo
ritornare al tramonto. Si immaginò loro due, insieme, il giorno dopo.
E mentre si inginocchiava sulla riva del fiume per riempire un orcio, a pomeriggio
inoltrato, un'altra immagine attraversò la sua mente. Erano insieme, all'interno della
pergola. Lui stava parlando di sé e lei stava ascoltando. Ma vi erano soltanto loro
due.
Uccello Saltellante non c'era più.

I suoi sogni ad occhi aperti divennero realtà il giorno seguente.
Tutti e tre si erano appena sistemati e avevano cominciato a parlare, quando qualcuno
venne a riferire che un gruppo di guerrieri aveva dichiarato la propria intenzione di
scendere sul sentiero di guerra contro i pawnee. Poiché la cosa non era stata discussa
in precedenza e dato che i giovani guerrieri in questione erano inesperti, Dieci Orsi
aveva radunato in tutta fretta il consiglio della tribù.
Uccello Saltellante venne chiamato a partecipare e improvvisamente si ritrovarono da
soli.
Il presente silenzio che si era venuto a creare li rendeva entrambi nervosi. Entrambi volevano
parlare, ma il pensiero di che cosa dire e di come dirlo li faceva esitare. Erano senza
parola.
Finalmente, Mano Alzata prese la sua decisione, ma arrivò troppo tardi.
Lui stava già voltandosi verso di lei, pronunciando le parole in modo schivo ma deciso.
<< Voglio sapere di te >>, disse.
Lei girò il capo dall'altra parte, cercando di pensare. Formulare le parole in inglese era
ancora difficile per lei. Frammentando le parole nello sforzo di pensare, la frase le uscì
dalle labbra come un balbettio ma chiara.
<< Cheee... che cosa sapere... che cosa vuoi sapere? >> chiese.


(continua)
auroraageno
00venerdì 9 novembre 2007 14:27
(segue)

Per il resto della mattina lei gli parlò di sé, e il tenente ascoltò avidamente mentre lei
raccontava di quando era una ragazzina bianca, di quando era stata presa dai comanci
e della sua lunga vita come una di loro.
Quando lei cercava di terminare il racconto, lui le poneva delle altre domande. Per quanto
lo volesse, non riusciva ad abbandonare l'argomento di se stessa.
Lui le chiese come mai le avessero dato il nome di Mano Alzata e lei gli raccontò la storia
del suo arrivo all'accampamento, molti anni prima. Aveva dei ricordi confusi dei suoi primi
mesi, ma ricordava molto bene il giorno in cui aveva avuto quel nome.
Nessuno l'aveva ancora ufficialmnente adottata, né era stata accettata come un componente
della tribù. Lavorava solamente. A mano a mano che eseguiva con buoni risultati i compiti
che le venivano assegnati, il lavoro era diventato meno manuale e le avevano fornito
maggiori insegnamenti sui vari modi di vivere nel mezzo della prateria. Ma più lavorava
e più si risentiva per la sua umile condizione. E alcune donne dell'accampamento la
molestavano senza pietà.
Un mattino, al di fuori di una tenda, tirò una sventola alla peggiore tra di loro. Giovane e
inesperta com'era, non aveva alcuna speranza di riuscire a vincere uno scontro, ma il
colpo che le appioppò a braccio teso e con le dita chiuse a pugno fu duro e ben calcolato.
La prese in pieno alla mascella e la mise fuori combattimento. Per buona misura, diede
un calcio alla sua tormentatrice mentre questa era a terra intontita e fronteggiò le altre
donne con le mani chiuse a pugno, una ragazzina bianca pronta a sfidare chiunque si fosse
fatto avanti.
Nessuno raccolse la sua sfida. Rimasero soltanto a guardarla. In pochi minuti tutte erano ritornate
a quello che stavano facendo, lasciando la donna meschina dove era caduta.
Dopo di allora, nessuno l'aveva più punzecchiata. La famiglia che si era presa cura di lei divenne
molto gentile nei suoi confronti e le venne appianata la strada perché diventasse una vera
comanci. Da quel giorno, lei fu Mano Alzata.
A mano a mano che raccontava la storia, la pergola si permeava di un calore particolare.
Il tenente Dunbar volle sapere in quale punto della mascella lei avesse colpito la donna
e Mano Alzata, senza esitazioni, gli sfiorò la guancia con le nocche.
Dopo, il tenente restò a guardarla.
Roteò gli occhi verso l'alto e cadde svenuto.
Era uno scherzo piacevole e lei stette al gioco, scuotendolo leggermente per un braccio
per farlo rinvenire.
Questo piccolo scambio creò fra loro una nuova naturalezza ma, per quanto piacevole,
l'improvvisa familiarità provocava a Mano Alzata una certa preoccupazione. Non voleva
che lui le ponesse delle domande personali, delle domande sulla sua condizione di donna.
Intuiva che le domande stavano arrivando e questo spettro le toglieva la capacità di concentrarsi.
La rendeva nervosa e meno comunicativa.
Il tenente percepì che lei si stava tirando indietro e questo rendeva nervoso e meno comunicativo
anche lui.
Prima che se ne rendessero conto, fra di loro cadde nuovamente il silenzio.
Ma il tenente lo disse comunque. Non sapeva esattamente perché, ma era qualcosa che doveva
chiedere. Se non lo avesse fatto ora, non glielo avrebbe chiesto mai più. Così, glielo chiese.
Nel modo più noncurante possibile, stiracchiò una gamba e sbadigliò.
<< Sei sposata? >> chiese.
Mano Alzata abbassò il capo e tenne gli occhi fissi sul suo grembo. Scosse brevemente
la testa, a disagio, e disse: << No >>.
Il tenente era sul punto di chiederle perché, quando notò che lei stava lentamente abbassando
la testa fino a toccare il palmo delle mani. Aspettò un momento, chiedendosi se ci fosse
qualcosa che non andava.
Lei era assolutamente immobile.
Proprio mentre lui stava per parlare nuovamente, improvvisamente Mano Alzata si alzò
faticosamente in piedi e uscì dalla pergola.
Prima che Dunbar potesse chiamarla, lei se ne era già andata.
Sconvolto, rimase seduto dov'era, maledicendo se stesso per averle fatto la domanda e
sperando fino all'ultimo che qualunque cosa fosse andata nel modo sbagliato, potesse
essere rimediata. Ma non vi era nulla che lui potesse fare per questo. Non poteva chiedere
consiglio a Uccello Saltellante. Non poteva neppure parlargliene.
Per dieci, frustranti minuti restò seduto da solo nella pergola. Poi s'incamminò in direzione
del branco dei pony. Aveva bisogno di una passeggiata e di una cavalcata.
Anche Mano Alzata uscì a cavallo dal villaggio. Attraversò il fiume e si inoltrò per un sentiero
lungo la sponda, cercando di mettere ordine nei suoi pensieri.
Non aveva molta fortuna.
I suoi sentimenti nei confronti di Danza-con-i-lupi erano tremendamente confusi. Fino a non
molto tempo prima aveva odiato il solo pensiero di lui. Negli ultimi giorni non aveva pensato
a nient'altro che lui. E vi erano tante altre contraddizioni.
Con un sussulto si rese conto che non aveva avuto alcun pensiero per il marito. Solo poco
tempo fa lui era stato il centro della sua vita e ora lei lo aveva dimenticato. Il senso di colpa
la opprimeva.
Girò il cavallo e si avviò verso l'accampamento, scacciando Danza-con-i-lupi dalla sua
mente con una lunga serie di preghiere per il marito morto.
Non era ancora giunta in vista del villaggio, quando il suo pony sollevò la testa, sbuffando
come fanno i cavalli quando sono spaventati.
Udì il rumore di qualcosa di grosso che si spezzava nella boscaglia dietro di lei e sapendo
che un rumore di quel genere non poteva significare altro che un orso, Mano Alzata spronò
il suo pony.
Stava riattraversando il fiume quando il pensiero ozioso le attraversò la mente.
Chissà se Danza-con-i-lupi ha mai visto un orso, disse tra sé.
Allora, Mano Alzata si costrinse a fermarsi. Non poteva lasciare che questo accadesse,
questo pensare continuamente a lui. Era intollerabile.
Quando ebbe raggiunto la sponda opposta, la donna che era due persone aveva deciso
che il ruolo di traduttrice d'ora in avanti sarebbe stato soltanto una questione pratica,
come un commercio. Non sarebbe andata oltre questo. Neppure nella sua mente.
Lei lo avrebbe fatto cessare.



(continua)
auroraageno
00sabato 10 novembre 2007 12:02
(segue)

23



Nella sua solitaria cavalcata, anche il tenente Dunbar aveva raggiunto il fiume. Ma
mentre Mano Alzata si era diretta a sud lui aveva puntato verso nord.
Malgrado l'intensa calura del giorno, dopo un miglio o due si allontanò dal fiume.
Si inoltrò nella prateria con l'idea che con dello spazio aperto davanti a lui avrebbe
potuto sentirsi meglio.
Il morale del tenente era a terra.
Ripassò più volte mentalmente il momento in cui lei se ne era andata dalla pergola,
cercando di trovarvi un possibile appiglio. Ma la sua fuga aveva l'apparenza di un gesto
così definitivo, da dargli la spaventosa sensazione di essersi lasciato sfuggire dalle
mani qualcosa di meraviglioso proprio mentre lo stava raccogliendo.
Il tenente si maledì impietosamente per non averla seguita. Se lo avesse fatto, in quel
momento sarebbero stati felicemente intenti a parlare, la scabrosa questione ormai
risolta e dimenticata.
Aveva desiderato dirle qualcosa di sé. Ora questo avrebbe potuto non accadere mai
più. Voleva essere di nuovo con lei nella pergola. Invece era là fuori a dibattersi nel dubbio,
vagando come un'anima perduta sotto un sole cocente.
Non si era mai spinto così a nord dell'accampamento e fu sorpreso di notare la rapidità
con cui il paesaggio intorno a lui stava cambiando. Davanti a lui si elevavano delle vere
colline, non delle semplici protuberanze del terreno erboso, e nei fianchi di queste si
aprivano dei canyon profondi e frastagliati.
Il caldo gli faceva ribollire la mente, già in fermento per le continue recriminazioni. Si sentì
improvvisamente stordito e in preda alle vertigini. Diede un leggero colpo di ginocchia
a Cisco. A mezzo miglio davanti a lui aveva scorto l'imbocco di uno scuro canyon che
si estendeva nella prateria.
Le pareti ai lati del canyon erano alte una trentina di metri e l'oscurità in cui si trovarono
avvolti diede loro un immediato senso di frescura. Ma a mano a mano che procedevano
cautamente sul terreno disseminato di rocce, il luogo assumeva un aspetto sinistro. Il
canyon era andato via via restringendosi e le pareti incombevano su di loro fin quasi a
sfiorarli. Dunbar poteva sentire i muscoli di Cisco contrarsi nervosamente e nel silenzio
assoluto del pomeriggio era sempre più consapevole dei sordi battiti del proprio cuore.
Aveva la certezza di essersi inoltrato all'interno di qualcosa di antico. Forse di perverso.
Stava pensando di ritornare indietro quando il fondo del canyon improvvisamente
cominciò ad allargarsi. In lontananza, nello spazio fra le pareti, riuscì a vedere una macchia
di alberi, con la sommità che scintillava alla vivida luce del sole.
Dopo aver avanzato a fatica per gli ultimi metri dello stretto budello, lui e Cisco tutt'a un
tratto sbucarono nell'ampia radura dove si trovavano gli alberi. Persino nel pieno dell'estate
il luogo era eccezionalmente verde e sebbene non riuscisse a vedere nessun ruscello,
capì che doveva esserci dell'acqua.
Cisco inarcò il collo e annusò l'aria. Anche lui doveva aver sete, e Dunbar allentò le redini.
Il cavallo girò intorno al gruppo di alberi e proseguì per un altro centinaio di metri fino alla
base di una nuda parete di roccia, dove terminava il canyon. Lì si fermò.
Vicino alle sue zampe, ricoperta da uno strato di foglie e di alghe, vi era una piccola
sorgente larga circa un paio di metri. Prima che il tenente potesse balzare a terra, Cisco
aveva già immerso il muso attraverso lo strato in superficie e stava bevendo l'acqua a
lunghe sorsate.
Si era inginocchiato accanto al cavallo e stava appoggiandosi sulle mani vicino al bordo
della sorgente, quando qualcosa richiamò la sua attenzione. Alla base della parete rocciosa
vi era una fenditura. Si inoltrava dentro la roccia e l'ingresso era abbastanza alto perché
un uomo potesse entrarvi senza doversi curvare.
Il tenente Dunbar immerse la faccia nell'acqua e bevve rapidamente. Sfilò la briglia dalla
testa di Cisco, la lasciò cadere vicino alla sorgente ed entrò nell'oscurità della fenditura.
Dentro, era meravigliosamente fresco. Il terreno sotto i suoi piedi era soffice e, per quello
che riusciva a vedere, il luogo era vuoto. Ma scrutando il pavimento, capì che lì l'uomo
era cosa fissa. I resti di un migliaio di fuochi erano sparpagliati dappertutto come delle
piume di uccelli spennati.
Il soffitto cominciò ad abbassarsi e quando il tenente lo toccò, sui polpastrelli gli rimase
la fuliggine di quel migliaio di fuochi.
Sentendosi ancora stordito, si lasciò cadere seduto sul pavimento, urtando il terreno così
pesantemente da emettere un gemito.
Era rivolto verso la direzione da cui era venuto e l'entrata, a un centinaio di metri da lui,
adesso faceva da finestra al pomeriggio. Cisco pascolava soddisfatto in mezzo ai ciuffi
di erba accanto alla sorgente. Dietro di lui, gli alberi brillavano come degli specchi. A
mano a mano che la frescura lo avvolgeva, il tenente Dunbar si sentì colto da un senso
di spossatezza totale. Piegò le braccia dietro la testa a mo' di cuscino, si sdraiò sul terreno
liscio e sabbioso e rimase a osservare il soffitto sopra di lui.
La volta di solida roccia era annerita dal fumo e al disotto vi erano dei segni ben distinti.
Nella pietra vi erano delle profonde incisioni e, studiandole, Dunbar si rese conto che
erano state esguite da delle mani umane.
Il sonno stava per sopraffarlo, ma era affascinato dai disegni. Si sforzò di trovarvi un senso,
come qualcuno che osservi le stelle cercando di delineare la sagoma della costellazione
del Toro.
I disegni subito al disopra di lui improvvisamente presero forma. Vi era un bisonte, disegnato
rozzamente ma con tutti i dettagli essenziali, persino la piccola coda ritta.
Accanto al bisonte vi era un cacciatore. Aveva in mano un bastone, molto probabilmente una
lancia. Era puntata contro il bisonte.
Il sonno adesso era inarrestabile. Il pensiero che la sorgente potesse essere inquinata gli
attraversò la mente proprio mentre gli occhi gravati da un invisibile peso cominciavano a
chiudersi.
Anche a occhi chiusi continuava a vedere il bisonte e il cacciatore. Il cacciatore gli sembrava
familiare. Non era una copia esatta, ma nel suo volto vi era qualcosa di Uccello Saltellante,
qualcosa tramandato nel corso di centinaia di anni.
Poi, il cacciatore fu lui.
In quel momento perse conoscenza.



(continua)
auroraageno
00sabato 10 novembre 2007 12:04
(segue)

Gli alberi erano spogli.
Sul terreno vi erano dei cumuli di neve.
Faceva molto freddo.
Un enorme cerchio composto da innumerevoli soldati semplici, con a fianco i propri
fucili, attendeva immoto.
Lui passò dall'uno all'altro, fissando i loro volti bluastri e irrigiditi, cercando qualche segno
di vita. Nessuno mostrò di riconoscerlo.
Fra di loro trovò suo padre, con la valigetta da medico appesa a una mano come
un'aggiunta naturale al suo corpo. Vide un suo amico d'infanzia che era morto annegato.
Vide l'uomo che possedeva una stalla nella sua vecchia città e che picchiava i cavalli
quando non stavano allineati. Vide il generale Grant, immobile come una sfinge, con un
berretto da soldato piazzato in cima alla testa. Vide un uomo dagli occhi lacrimosi con un
colletto da prete. Vide la donna dall'enorme seno che era stata la sua maestra alla scuola
elementare. Vide il dolce viso di sua madre, con le guance rigate di lacrime ghiacciate.
L'imponente esercito della sua vita si spiegava davanti ai suoi occhi come se non avesse
mai fine.
Vi erano dei cannoni, dei grossi mortai del colore del bronzo montati su ruote.
Qualcuno si stava avvicinando al cerchio dei soldati in attesa.
Era Dieci Orsi. Camminava agilmente nel freddo pungente, con una coperta avvolta intorno
alle spalle. Con l'aria di un turista, andò a piazzarsi davanti a uno dei mortai. Una mano
ramata sporse dalla coperta per sentire la canna al tatto.
Il grosso mortaio sparò e Dieci Orsi scomparve in una nuvola di fumo. La parte superiore
del suo corpo volteggiò lentamente nell'immoto cielo invernale. Là dove prima vi era il suo
addome, il sangue zampillava come dell'acqua da una manichetta.
Altri mortai spararono e, come Dieci Orsi, le tende del suo villaggio volarono in aria.
Rotearono nello spazio come dei pesanti coni di carta e quando ritornarono a terra, i tepee
si infilzarono con le punte nel terreno duro come l'acciaio.
Adesso, l'esercito era privo di volto. Come un'orda di festosi bagnanti che si affrettino verso
la spiaggia in una giornata afosa, calò sulla gente che le tende spazzate via dai mortai
avevano lasciato allo scoperto.
I primi a essere falciati furono i bambini e i neonati. Volarono in aria. I loro piccoli corpi si
infilzarono nei rami dei nudi alberi e rimasero là a contorcersi, con il sangue che colava
giù per i tronchi mentre l'esercito continuava il proprio lavoro.
Aprirono gli uomini e le donne come se fossero dei regali di Natale: sparando loro alla testa
e togliendo la calotta del cranio come un coperchio, squarciando i ventri con le baionette
e aprendo i lembi della pelle con mani impazienti; recidendo gli arti e scrollandoli.
Dentro a ogni indiano vi era del denaro. Dai loro arti sgorgava dell'argento. Dai loro ventri
scaturivano delle banconote. I loro crani contenevano dell'oro come delle caramelle in un
barattolo.
L'enorme esercito si stava ritirando su dei carri stracarichi di ricchezze. Alcuni soldati
correvano di lato ai carri, raccattando dal terreno quello che traboccava.
Fra i ranghi dell'esercito scoppiarono delle zuffe violente e il clamore dei loro scontri
continuò a risuonare dietro le montagne come degli improvvisi scoppi di tuoni per molto
tempo dopo che erano scomparsi.
Un soldato era rimasto indietro. Si muoveva triste e stordito in mezzo alla massa di cadaveri.
Era lui stesso.
I cuori delle persone fatte a pezzi battevano ancora, palpitando all'unisono come dei tamburi
in una cadenza che risuonava come della musica.
Infilò una mano sotto la giubba e la guardò sollevarsi e abbassarsi al battito del proprio cuore.
Vide il suo alito gelare nell'aria pungente. Presto, anche lui sarebbe gelato.
Si sdraiò sul terreno in mezzo ai cadaveri e mentre si distendeva, un lungo, lugubre sospiro
gli sfuggì dalle labbra. Invece di affievolirsi, il sospiro diventò più forte. Si sparse in cerchio
sopra il terreno della carneficina, allontanandosi velocemente dalle sue orecchie, gemendo
un messaggio che non riusciva a comprendere.

Il tenente Dunbar sentì il freddo penetrargli nelle ossa.
Era buio.
Il vento entrava fischiando dalla fenditura.
Balzò in piedi, sbatté la testa contro il soffitto di solida roccia e ricadde sulle ginocchia.
Attraverso l'intontimento del colpo poteva vedere una luce argentea brillare dalla fenditura.
Il chiarore della luna.
Preso dal panico, Dunbar si mosse in fretta verso la luce, curvo sulla schiena come una scimmia
e con una mano sollevata sopra la testa per tastare il soffitto. Quando riuscì a stare diritto,
corse verso l'uscita e non rallentò fino a che non si trovò fuori nella radura illuminata dalla luna.
Cisco non c'era.
Il tenente emise un fischio alto e acuto.
Niente.
Si inoltrò nella radura e fischiò nuovamente. Sentì qualcosa muoversi in mezzo agli alberi.
Poi sentì un leggero nitrito e il manto bruno fulvo di Cisco balenò come dell'ombra alla
luce della luna, mentre emergeva dal folto degli alberi.
Dunbar si stava dirigendo verso la sorgente dove aveva lasciato la briglia, quando avvertì
il rumore di qualcosa che svolazzava nell'aria. Si girò in tempo per scorgere la sagoma
di un grosso gufo selvatico passare rapido oltre la testa di Cisco e salire bruscamente,
per poi scomparire fra i rami dell'albero più alto.
Il volo del gufo gli parve paurosamente sinistro e doveva aver avuto lo stesso effetto su
Cisco, perché quando lo raggiunse, il piccolo cavallo stava ancora tremando dallo spavento.



(continua)
auroraageno
00sabato 10 novembre 2007 12:06
(segue)

Tornarono indietro attraverso il canyon e quando furono nuovamente all'aperto nella prateria,
fu con lo stesso senso di sollievo di un nuotatore che risalga in superficie dopo una lunga
e profonda immersione.
Il tenente Dunbar spostò il peso leggermente in avanti e Cisco partì al leggero galoppo
sull'argentea distesa erbosa.
Mentre cavalcava, il tenente si sentiva rinfrancato, eccitato al pensiero di essere sveglio
e vivo e di mettere della distanza fra lui e lo strano, inquietante sogno. Non importava
da dove fosse venuto il sogno e non importava che cosa significasse. Le immagini erano
troppo fresche e troppo intense per rimuginarvi sopra in quel momento. Respinse
l'allucinazione a favore di altri pensieri, mentre ascoltava il tonfo soffocato degli zoccoli
di Cisco.
Sentiva una sensazione di forza impossessarsi di lui e aumentare a ogni miglio che
percorreva. Poteva avvertirla nei movimenti sciolti del galoppo di Cisco e sentirsi
tutt'uno con il suo cavallo e la prateria e la prospettiva di tornare intero al villaggio che
adesso era la sua casa. In fondo alla mente sapeva che vi sarebbe stata una resa dei conti
con Mano Alzata e che il grottesco sogno avrebbe dovuto essere assimilato da qualche
parte lungo la linea del suo futuro.
Per il momento, però, erano cose di scarsa importanza. Non si sentiva per nulla intimorito
o minacciato, perché era dominato dal pensiero che la sua vita come essere umano
improvvisamente era uno spazio vuoto e che dalla lavagna della sua storia era stato
cancellato tutto. Il futuro era aperto come il giorno in cui era nato e questo gli dava un senso
di euforia. Era il solo uomo sulla terra, un re senza sudditi che errava attraverso l'infinito
territorio della sua vita.
Era felice che fossero comanci e non kiowa, perché adesso ricordava il loro soprannome,
udito o letto da qualche parte nel passato.
I Signori delle Pianure: era così che venivano chiamati. E lui era uno di loro.
In un accesso di fantasticheria lasciò andare le redini e incrociò le braccia, appoggiando i
palmi delle mani sul pettorale che gli ricopriva il torace.
<< Io sono Danza-con-i-lupi >>, gridò ad alta voce. << Io sono Danza-con-i-lupi. >>


Uccello Saltellante, Vento-nei-capelli e alcuni altri uomini erano seduti attorno al fuoco,
quando lui arrivò all'accampamento quella sera.
Lo stregone si era abbastanza preoccupato da mandare un piccolo gruppo di uomini a
cavallo a perlustrare in ogni direzione in cerca dell'uomo bianco. Ma non vi fu nessun
allarme generale. Tutto venne fatto sommessamente. Gli uomini ritornarono senza nulla
da riferire e Uccello Saltellante accantonò la faccenda dalla sua mente. Quando si trattava
di questioni che andavano oltre la sua sfera d'influenza, faceva sempre affidamento sulla
saggezza del Grande Spirito. Più che dalla scomparsa di Danza-con-i-lupi era rimasto
impressionato da ciò che aveva visto sul viso e nell'atteggiamento di Mano Alzata.
Quando lo aveva nominato, aveva percepito in lei un vago disagio, come se avesse
qualcosa da nascondere.
Ma anche questo, concluse, era qualcosa che non dipendeva dalla sua volontà. Se fra di
loro era successo qualcosa di importante, sarebbe stato rivelato al momento adatto.
Fu sollevato di vedere il cavallo dal manto bruno fulvo e il suo cavaliere profilarsi nella
luce del fuoco.
Il tenente smontò agilmente e salutò gli uomini seduti attorno al fuoco in comanci. Questi
restituirono il saluto, in attesa di vedere se avrebbe detto qualche cosa di rilevante a
proposito della sua scomparsa.
Dunbar rimase in piedi di fronte a loro come un ospite non invitato, rigirandosi fra le mani
le redini di Cisco mentre li osservava. Appariva evidente a tutti che aveva qualcosa per
la mente. Dopo alcuni secondi il suo sguardo si puntò direttamente su Uccello Saltellante.
Lo stregone pensò che non aveva mai visto il tenente con quell'aria così calma e decisa.
Poi, Dunbar sorrise. Era un sorriso appena accennato, pieno di sicurezza.
In perfetto comanci disse: << Io sono Danza-con-i-lupi >>.
Quindi voltò le spalle al fuoco e condusse Cisco giù al fiume per una lunga abbeverata.



(continua)
auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 14:50
(segue)

24



Il consiglio riunito da Dieci Orsi non arrivò ad alcuna conclusione, ma il giorno dopo
il ritorno del tenente Dunbar ne venne tenuto un altro e questa volta venne raggiunto
un valido compromesso.
Invece di partire immediatamente, come avevano voluto i giovani guerrieri, il gruppo
che sarebbe sceso sul sentiero di guerra contro i pawnee avrebbe atteso una settimana
per fare i necessari preparativi. Venne anche deciso che dei guerrieri esperti li avrebbero
accompagnati.
Alla loro guida vi sarebbe stato Vento-nei-capelli e anche Uccello Saltellante si sarebbe
unito al gruppo, per fornire gli indispensabili consigli consultando gli spiriti su questioni
pratiche come la scelta dei luoghi in cui accamparsi e dei tempi per sferrare l'attacco,
nonché per le sue doti di divinazione nei riguardi di eventi inattesi di buon o di cattivo
auspicio che non avrebbero mancato di manifestarsi. Si sarebbe trattato di un gruppo
di circa venti guerrieri, con lo scopo di andare in cerca di un bottino di guerra, anziché
di vendetta.
Il gruppo era al centro dell'interesse generale perché molti dei giovani guerrieri ne avrebbero
fatto parte per la prima volta in qualità di guerrieri a pieno titolo, e il fatto che a guidarli
vi fossero degli uomini così prestigiosi provocava abbastanza eccitazione da sconvolgere
la normale routine, solitamente placida e tranquilla, del villaggio di Dieci Orsi.
Anche la routine del tenente Dunbar, già scossa dallo strano giorno e dalla strana notte
passati nell'antico canyon, venne sconvolta. Con tutto quello che stava succedendo, gli
incontri all'ombra della pergola venivano continuamente interrotti e dopo due giorni
vennero sospesi del tutto.
Assediato com'era, Uccello Saltellante fu felice di rivolgere tutta la sua attenzione alla
preparazione dei piani per l'incursione contro i pawnee. Mano Alzata fu lieta di questo
periodo di pausa e anche il tenente Dunbar lo accolse con piacere. Gli appariva chiaro
che lei stava facendo uno sforzo supplementare per mantenersi a distanza e fu sollevato
di veder porre fine alle lezioni se non altro per quel motivo.
I preparativi per il gruppo che sarebbe sceso sul sentiero di guerra lo incuriosivano e cercò
di seguire Uccello Saltellante come un'ombra.
Lo stregone sembrava essere in contatto con l'intero accampamento e Danza-con-i-lupi
fu lietissimo di poter partecipare ai preparativi, anche se soltanto come osservatore.
Sebbene la sua padronanza del dialetto comanci fosse ancora scarsa, adesso arrivava
ad afferrare il nocciolo dei discorsi ed era diventato così abile con il linguaggio dei segni
che Mano Alzata venne di rado chiamata a intervenire durante gli ultimi giorni prima della
partenza del gruppo.
Per il tenente Dunbar si trattò di un'istruzione di primo grado. Presenziò a numerose riunioni
durante le quali a ogni componente del gruppo vennero assegnati i rispettivi compiti con
una cura e con un tatto eccezionali. Leggendo fra le righe, poté notare che fra le molte,
straordinarie qualità di Uccello Saltellante, nessuna contava maggiormente della sua
abilità di far sì che ogni uomo si sentisse importante e indispensabile per la missione
che stava per aver luogo.
Danza-con-i-lupi passò anche del tempo con Vento-nei-capelli. Dato che Vento-nei-capelli
aveva combattuto i pawnee in molte occasioni, i suoi resoconti di questi scontri erano
molto richiesti. In effetti, erano di vitale importanza per la preparazione dei guerrieri più
giovani del gruppo. Nella tenda di Vento-nei-capelli e attorno a questa vennero tenuti dei
corsi informali di tattica di guerra e a mano a mano che i giorni passavano veloci, Danza-
con-i-lupi ne fu contagiato.
Si trattò dapprima di una cosa blanda, niente di più che delle semplici considerazioni su
come avrebbe potuto essere il sentiero di guerra. Ma alla fine venne colto da un forte
desiderio di andare ad affrontare i nemici dei comanci.
Aspettò pazientemente che si presentasse il momento opportuno per poter chiedere di
unirsi al gruppo. Ebbe varie occasioni, ma i momenti arrivarono e passarono senza che lui
riuscisse a ritrovare la parola. Era intimidito dalla paura che qualcuno gli dicesse di no.
Due giorni prima della prevista partenza del gruppo, nelle vicinanze dell'accampamento
venne avvistato un grosso branco di antilocapre e un gruppo di guerrieri, compreso Danza-
con-i-lupi, lasciò il villaggio a caccia di carne.
Adottando la stessa tecnica dell'accerchiamento usata con i bisonti, gli uomini riuscirono
a uccidere un gran numero di animali, circa una sessantina di capi.
La carne fresca era sempre la benvenuta, ma ancora più importante era il fatto che la
comparsa delle antilocapre e l'esito favorevole della caccia venivano interpretati come
un segno che la piccola guerra contro i pawnee avrebbe avuto successo.
Gli uomini della spedizione si sarebbero sentiti rassicurati al pensiero che loro famiglie
non avrebbero avuto problemi di cibo, anche se avessero dovuto rimanere assenti dal
villaggio per parecchie settimane.
La stessa sera ebbe luogo una danza di ringraziamento e il morale di tutti era altissimo.
A eccezione di quello di Danza-con-i-lupi. A mano a mano che le ore della notte trascorrevano,
rimase a osservare a distanza, diventando sempre più immusonito. Pensava unicamente
che lui veniva escluso, e adesso questo pensiero gli riusciva insopportabile.
Cercò di avvicinarsi a Mano Alzata e quando la danza si interruppe, si ritrovò al suo fianco.
<< Voglio parlare con Uccello Saltellante >>, disse.
Qualcosa non va, pensò lei. Lo guardò negli occhi cercando di leggervi qualcosa, ma non
vide nulla.
<< Quando? >>
<< Adesso. >>


(continua)
auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 14:51
(segue)


Per qualche motivo non riusciva a mantenersi calmo. Era insolitamente nervoso e
irrequieto e mentre si dirigevano verso la tenda, sia Mano Alzata sia Uccello Saltellante
potevano rendersene conto.
Il suo nervosismo era ancora evidente, dopo che si furono messi a sedere nel tepee di
Uccello Saltellante. Lo stregone saltò le consuete formalità e venne rapidamente
al punto.
<< Parla pure >>, disse, rivolgendosi a lui per il tramite di Mano Alzata.
<< Voglio andare anch'io. >>
<< Andare dove? >> chiese lei.
Danza- con-i-lupi si agitò inquieto, facendo appello a tutto il suo coraggio.
<< Contro i pawnee. >>
La frase venne trasmessa a Uccello Saltellante.
Gli occhi dello stregone si allargarono leggermente, ma per il resto Uccello Saltellante non
sembrò turbato.
<< Perché vuoi combattere i pawnee? >> fu la sua domanda logica. << Loro non ti hanno
fatto nulla. >>
Danza-con-i-lupi pensò per un momento.
<< Sono nemici dei comanci. >>
A Uccello Saltellante la faccenda non piaceva. C'era qualcosa di forzato nella richiesta.
Danza-con-i-lupi aveva troppa fretta.
<< Solo i guerrieri comanci possono partecipare a questa spedizione >>, disse con tono
asciutto.
<< Sono un guerriero dell'esercito dell'uomo bianco da molto più tempo di quanto alcuni
dei giovani che vi prendono parte abbiano fatto addestramento. Alcuni di loro fanno la
guerra per la prima volta. >>
<< Sono stati preparati alla maniera comanci >>, disse lo stregone a bassa voce. << Tu non
lo sei stato. La maniera dell'uomo bianco non è la maniera comanci. >>
Danza-con-i-lupi perse un po' della sua risolutezza. Capì che stava perdendo. La sua voce
calò di tono.
<< Non posso imparare la maniera comanci di fare la guerra se resto all'accampamento >>,
replicò sottovoce.
Per Uccello Saltellante era difficile. Desiderava che la cosa non stesse succedendo.
Nutriva un profondo affetto per Danza-con-i-lupi. Lui era stato responsabile del soldato
bianco e il soldato bianco aveva dimostrato di essere degno dei rischi che Uccello Saltellante
si era assunto. Più che degno.
D'altro canto, lo stregone aveva raggiunto una posizione importante e di grande rispetto
dedicandosi con impegno alla ricerca della saggezza. Adesso era saggio ed era in grado
di capire il mondo abbastanza bene da essere di grande servigio al suo popolo.
Uccello Saltellante era diviso fra l'affetto per un uomo e la dedizione verso la sua gente.
Ma sapeva che non vi erano dubbi. Tutta la sua saggezza gli diceva che sarebbe stato
sbagliato portare Danza-con-i-lupi con loro.
Mentre lottava per venire a capo della faccenda, lo sentì dire qualcosa a Mano Alzata.
<< Chiede che tu parli della sua richiesta con Dieci Orsi >>, disse lei.
Uccello Saltellante guardò fissamente gli occhi speranzosi del suo protetto ed esitò.
<< Lo farò >>, disse.

Quella notte Danza-con-i-lupi dormì pochissimo, maledicendosi perché era troppo eccitato
per riuscire a riposare. Sapeva che non sarebbe stata presa alcuna decisione fino al
giorno seguente, e domani gli sembrava troppo lontano. Dormiva per dieci minuti restando
sveglio per altri venti, e così per l'intera notte. Mezz'ora prima dell'alba rinunciò definitivamente
e si avviò al fiume per fare un bagno.
Il pensiero di girare per l'accampamento in attesa di sapere qualcosa gli era intollerabile
e prese al volo l'occasione quando Vento-nei-capelli gli chiese se volesse andare a fare
una cavalcata di perlustrazione in cerca di bisonti. Si spinsero parecchio a est ed era
pomeriggio inoltrato quando rientrarono all'accampamento.
Lasciò che Faccia Sorridente riportasse Cisco nel branco dei pony e, con il cuore che gli
batteva furiosamente, entrò nella tenda di Uccello Saltellante.
La tenda era vuota.
Aveva deciso di aspettare fino a che qualcuno non fosse tornato, ma attraverso la parete
posteriore sentiva delle voci di donna mescolate con dei rumori che indicavano che
stavano lavorando a qualcosa, e più ascoltava e meno riusciva a immaginare che cosa
stesse succedendo. Non passarono molti minuti prima che la curiosità avesse il
sopravvento. Uscì all'esterno.
Subito dietro la tenda di Uccello Saltellante, a pochi metri dalla pergola, trovò Mano Alzata
e le mogli dello stregone che davano gli ultimi tocchi a una tenda appena innalzata.
Stavano finendo di cucire l'ultima giuntura delle pelli e lui rimase a vederle lavorare per
alcuni momenti prima di parlare.
<< Dov'è Uccello Saltellante? >>
<< Con Dieci Orsi >>, rispose Mano Alzata.
<< Lo aspetterò >>, disse Danza-con-i-lupi, voltandosi per andarsene.
<< Se vuoi >>, disse lei senza curarsi di sollevare gli occhi dal suo lavoro, << puoi aspettare
qui dentro. >>
Si fermò per asciugare con il dorso della mano le gocce di sudore che le colavano lungo la
tempia e si girò a guardarlo.
<< La stiamo facendo per te. >>




(continua)
auroraageno
00lunedì 12 novembre 2007 14:53
(segue)


Il colloquio con Dieci Orsi non durò a lungo o, perlomeno, la sostanza del discorso non
durò a lungo.
Il vecchio era di buonumore. Le sue ossa da tempo doloranti traevano giovamento da
quelle calde giornate estive e, anche se lui non vi avrebbe partecipato, la prospettiva
di una spedizione contro gli odiati pawnee coronata dal successo lo rallegrava notevolmente.
I suoi nipoti erano rotondi come delle palle di burro grazie all'abbondante cibo procurato
dalle cacce estive e ultimamente le sue tre mogli erano state particolarmente premurose
nei suoi confronti.
Uccello Saltellante non avrebbe potuto scegliere un momento migliore per conferire con
lui a proposito di una faccenda delicata.
Dieci Orsi ascoltò impassibile mentre Uccello Saltellante gli riferiva della richiesta di
Danza-con-i-lupi. Prima di rispondere, riempì nuovamente la pipa.
<< Mi hai detto che cosa c'è nel suo cuore >>, ansimò il vecchio. << Che cosa c'è nel tuo? >>
Offrì la pipa a Uccello Saltellante.
<< Il mio cuore dice che ha troppa fretta. Vuole troppo, e troppo presto. E' un guerriero, ma
non è un comanci. E non sarà un comanci per un po' di tempo. >>
Dieci Orsi sorrise.
<< Tu parli sempre bene, Uccello Saltellante. E vedi nel modo giusto. >>
Il vecchio accese la pipa e gliela passò.
<< Ora, dimmi >>, continuò, << su che cosa vorresti avere il mio consiglio? >>


Dapprima, fu una terribile delusione. L'unico confronto che potesse fare era quello di essere
stato degradato. Ma era ancora più deludente. Non era mai stato così deluso.
Tuttavia, era colpito dal fatto che il dolore della delusione fosse passato rapidamente. Era
sparito subito dopo che Uccello Saltellante e Mano Alzata se ne erano andati dalla tenda.
Si sdraiò sul giaciglio della sua nuova casa e pensò a questo cambiamento. Erano passati
soltanto dieci minuti da quando gli era stata comunicata la notizia, ma ora non era per niente
sconvolto. Adesso, era una piccola delusione.
E' qualcosa che ha a che fare con il fatto di essere qui, di stare con questa gente. E' qualcosa
che ha a che fare con il fatto di essere intatti e incontaminati.
Uccello Saltellante aveva fatto tutto con estrema precisione. Era arrivato seguito da due donne
che portavano delle pelli, Mano Alzata e una delle sue mogli. Dopo aver preparato il giaciglio,
la moglie se ne era andata e loro tre, Uccello Saltellante, Mano Alzata e Danza-con-i-lupi
erano rimasti l'uno di fronte all'altro al centro del tepee.
Uccello Saltellante non accennò alla spedizione o alla decisione in suo sfavore. Cominciò
semplicemente a parlare.
<< Sarebbe una buona cosa se tu e Mano Alzata continuaste a parlare durante la mia assenza.
Dovreste farlo nella mia tenda in modo che la mia famiglia possa vedere. Voglio che ti
conoscano mentre sono via e voglio che tu conosca loro. Mi sentirò meglio sapendo che ti stai
prendendo cura della mia famiglia mentre io non ci sono. Vieni a sederti accanto al mio fuoco
e a mangiare se hai fame.>>
Dopo aver fatto il suo invito a cena, lo stregone si voltò bruscamente e uscì, seguito da Mano
Alzata.
Guardandoli mentre lasciavano la tenda, Danza-con-i-lupi fu sorpreso di sentire il suo avvilimento
svanire del tutto. Al suo posto vi era una sensazione di euforia. Non si sentiva per niente piccolo.
Si sentiva ancora più grande.
La famiglia di Uccello Saltellante sarebbe stata sotto la sua protezione e provò un immediato
piacere all'idea di poter essere loro di aiuto in quel ruolo. Sarebbe stato nuovamente con Mano
Alzata e anche quel pensiero lo rincuorava.
Il gruppo che stava per scendere sul sentiero di guerra sarebbe rimasto assente per qualche
tempo, dandogli così l'opportunità di imparare parecchio del dialetto comanci. E, apprendendo,
sapeva che avrebbe imparato molto di più del solo linguaggio. Se avesse lavorato sodo, sarebbe
saltato a un livello completamente nuovo per quando i suoi mentori fossero ritornati.
Nel villaggio i tamburi avevano cominciato a rullare. La grande danza di commiato stava iniziando
e lui voleva parteciparvi. Gli piaceva moltissimo danzare.
Danza-con-i-lupi scivolò fuori del giaciglio e si guardò intorno. La sua tenda era vuota, ma entro
breve tempo avrebbe contenuto gli esigui ornamenti della sua vita, ed era piacevole pensare
di avere nuovamente qualcosa che potesse definire suo.
Uscì dalla tenda e si fermò nella luce del crepuscolo. Immerso nelle sue fantasticherie si era
dimenticato della cena, ma il fumo dei fuochi per cuocere il cibo riempiva ancora l'aria e si
sentì appagato dal suo odore.
Allora, un pensiero gli attraversò la mente.
Dovrei rimanere qui, disse a se stesso. E' senz'altro l'idea migliore.
Quando raggiunse il sentiero principale dell'accampamento, si imbatté in un paio di guerrieri
che conosceva. A gesti gli chiesero se quella sera avrebbe danzato. La risposta di Danza-con-i-
lupi fu talmente convinta che gli uomini scoppiarono a ridere.






(continua)

auroraageno
00martedì 13 novembre 2007 09:53
(segue)

25



Dopo la partenza del gruppo della spedizione contro i pawnee il villaggio si adagiò
in un ritmo di vita pastorale, una rotazione senza tempo dall'alba al giorno, al tramonto
e alla sera che faceva sembrare la prateria come l'unico luogo del mondo.
Danza-con-i-lupi si uniformò rapidamente a questo ciclo, vivendo il suo tempo in un
modo piacevole e quasi irreale. Una vita fatta di cavalcate, di caccia e di esplorazioni
era fisicamente impegnativa, ma il suo corpo vi si era ben adattato e una volta stabilito
il ritmo delle sue giornate, trovò agevoli e poco gravose la maggior parte di queste
attività.
La famiglia di Uccello Saltellante occupava molto del suo tempo. Le donne svolgevano
in pratica tutti i loro lavori all'interno dell'accampamento, ma lui si sentiva obbligato
a sorvegliare la loro vita giornaliera e quella dei bambini, con il risultato che non stava
certamente con le mani in mano.
Alla danza di commiato Vento-nei-capelli gli aveva fatto dono di un buon arco e di una
faretra di frecce. Il dono lo aveva entusiasmato ed era andato a cercare un guerriero
chiamato Coscia-di-pietra, che gli aveva insegnato come usarlo fin nei più sottili dettagli.
Nello spazio di una settimana fra i due si era instaurata una solida amicizia e Danza-con-i-
lupi si recava regolarmente alla tenda di Coscia-di-pietra.
Imparò come aver cura delle armi e ripararle rapidamente. Imparò le parole di numerosi
canti e come cantarli. Osservò Coscia-di-pietra ottenere il fuoco usando dei bastoncini
di legno e lo vide preparare i suoi amuleti personali.
Era un allievo volonteroso e imparava con rapidità, così rapidamente che Coscia-di-pietra
gli diede il soprannome di Veloce.
Come la maggior parte degli altri uomini, ogni giorno usciva in esplorazione per alcune
ore. Lasciavano il villaggio in un gruppo di tre o quattro uomini e in breve tempo Danza-con-
i-lupi arrivò ad avere una conoscenza rudimentale delle cose necessarie, come leggere
le tracce e capire da quanto tempo erano state lasciate e stabilire le condizioni del tempo
e gli eventuali cambiamenti.
I bisonti arrivavano e se ne andavano nel loro modo misterioso. In alcuni giorni non ne
avvistavano del tutto, in altri ne avvistavano in così gran numero che la cosa diventò uno
scherzo.
Per quanto riguardava i due aspetti che contavano, le esplorazioni giornaliere davano ottimi
risultati. Vi era carne fresca da cacciare e il territorio era libero da nemici.
Dopo soltanto pochi giorni si chiedeva perché tutti non vivessero in una tenda. Quando
pensava ai posti in cui aveva vissuto prima, non riusciva a figurarsi che un insieme di camere
banali.
Per lui, la tenda era una vera casa. Era fresca nei giorni più caldi e indipendentemente dal
trambusto che poteva esserci nell'accampamento, il cerchio di spazio all'interno sembrava
pieno di pace.
Arrivò ad assaporare con piacere il tempo che vi passava da solo.
La parte del giorno che preferiva era il tardo pomeriggio e il più delle volte lo si poteva
trovare seduto davanti all'entrata della tenda mentre eseguiva qualche lavoretto come
pulire i suoi stivali e osservava le nubi che cambiavano forma, o ascoltava il leggero
fischiare del vento.
Senza alcuno sforzo da parte sua, questo tempo passato da solo arrestava il meccanismo
dei suoi pensieri, lasciando riposare la sua mente in modo gradevole e ristoratore.

Non ci volle molto tempo, però, perché un aspetto della sua vita predominasse su tutti
gli altri.
Si trattava di Mano Alzata.
Avevano ripreso le loro conversazioni, questa volta sotto gli occhi noncuranti, ma sempre
presenti, della famiglia di Uccello Saltellante.
Lo stregone aveva dato disposizioni perché gli incontri continuassero, ma senza Uccello
Saltellante a fare da guida non vi erano dei precisi argomenti sui quali orientare le lezioni.
Per i primi giorni si dedicarono a un meccanico, monotono ripasso.
Sotto un certo aspetto, non faceva alcuna differenza. Lei era ancora confusa e impacciata.
La monotonia dei loro primi incontri a due rendeva più facile riprendere il filo del passato.
Le consentiva la necessaria distanza per abituarsi di nuovo a lui.
Danza-con-i-lupi era disposto ad assecondarla. La noia dei loro scambi verbali era
contrappesata dal suo sincero desiderio di riparare alla meglio qualunque cosa avesse
compromesso il legame fra di loro, e aspettò pazientemente durante i primi giorni,
sperando che la situazione diventasse meno tesa.
Il suo apprendimento del comanci procedeva bene, ma presto diventò evidente che il
restare seduti nella tenda tutta la mattina poneva delle limitazioni alla rapidità con la
quale poteva impararlo. Molte delle cose che doveva imparare a conoscere si trovavano
all'esterno. Le interruzioni da parte della famiglia erano incessanti.
Ma lui continuò ad attendere senza lamentarsi, lasciando che Mano Alzata tralasciasse
le parole che non era in grado di spiegare.
Un pomeriggio, subito dopo il pasto di metà giornata, quando non riuscì a spiegargli
la parola << erba >>, Mano Alzata finalmente lo portò fuori della tenda. Una parola tirò
l'altra e quel giorno rimasero all'esterno per più di un'ora. Girovagarono per l'accampamento
talmente assorti nei loro studi che il tempo passò senza che se ne rendessero conto.
La cosa si ripeté e con sempre maggiore frequenza nei giorni successivi. Divenne
un'abitudine vederli girare per il villaggio, ignari di tutto al di fuori delle cose che riguardavano
il loro lavoro: osso, pelle, sole, zoccolo, cane, bastone, cielo, bambino, capelli, pelle di
bisonte, faccia, lontano, vicino, qui, là, brillante, scialbo e via di seguito.
Ogni giorno il linguaggio attecchiva sempre più profondamente in lui e presto Danza-con-
i-lupi fu in grado di dire qualcosa di più delle sole parole. Le frasi cominciarono a prendere
forma e lui iniziò a metterle insieme con un ardore che gli faceva commettere parecchi
errori.
<< Il fuoco cresce nella prateria. >>
<< Mangiare l'acqua mi fa bene. >>
<< Quell'uomo è un osso? >>
Era come un buon podista che faccia una caduta ogni tre falcate, ma continuò caparbiamente
ad aprirsi un varco nel groviglio della nuova lingua e con la sola forza di volontà fece dei
notevoli progressi.
Nessun errore o fallimento riusciva a fiaccargli il morale e affrontava ogni ostacolo con quel
buonumore e quella determinazione che rendono spassosa una persona.
Passavano sempre meno tempo nella tenda. L'esterno era libero da ogni impedimento e
nel villaggio regnava ora una calma straordinaria. Era diventato insolitamente tranquillo.
Tutti stavano pensando agli uomini che erano partiti per affrontare degli eventi incerti nella
terra dei pawnee. A mano a mano che i giorni senza tempo passavano, i parenti e gli
amici degli uomini scesi sul sentiero di guerra pregavano sempre più devotamente per la loro
incolumità. Sembrava che improvvisamente le preghiere fossero diventate la caratteristica
più evidente della vita dell'accampamento, trovando il modo di infilarsi in ogni pasto, in
ogni incontro e in qualsiasi lavoro, per quanto piccolo o di breve durata che fosse.
La sacralità che avvolgeva l'accampamento forniva a Danza-con-i-lupi e a Mano Alzata
un ambiente perfetto in cui operare. Immersi com'erano in questo tempo di attesa e di
preghiera, gli altri prestavano scarsa attenzione alla coppia di bianchi. Mano Alzata e
Danza-con-i-lupi andavano in giro per il villaggio come se fossero racchiusi in una bolla
ben protetta, un'entità a sé.
Ogni giorno trascorrevano insieme tre o quattro ore, senza sfiorarsi e senza parlare di
loro. In apparenza veniva rispettata un'attenta formalità. Ridevano insieme e parlavano
di normali eventi come il tempo. Ma ogni sentimento che li riguardasse rimaneva sempre
occultato. Mano Alzata era molto cauta per quanto riguardava i suoi sentimenti e Danza-
con-i-lupi rispettava questo suo atteggiamento.



(continua)
auroraageno
00mercoledì 14 novembre 2007 06:33
(segue)


Due settimane dopo che il gruppo di guerrieri aveva lasciato l'accampamento, avvenne
un profondo cambiamento.
Sul finire di un pomeriggio, al rientro di un lungo giro di esplorazione sotto un sole cocente,
Danza-con-i-lupi si diresse alla tenda di Uccello Saltellante. Tovandola vuota e pensando
che la famiglia si fosse recata al fiume, si incamminò per raggiungerli.
Le mogli di Uccello Saltellante erano nell'acqua intente a strofinare energicamente i
bambini. Mano Alzata non c'era. Restò lì quanto bastava perché i bambini lo spruzzassero
con l'acqua, poi si avviò nuovamente su per il sentiero che portava al villaggio.
Il sole era ancora forte e quando vide la pergola il pensiero della sua ombra lo attrasse
irresistibilmente..
Era ormai entrato, quando si accorse che lei era là. Le normali lezioni avevano già avuto
luogo ed entrambi rimasero sconcertati.
Danza-con-i-lupi si sedette a ragionevole distanza da lei e la salutò.
<< Fa... fa molto caldo >>, rispose lei, come se volesse fornire una scusa per la sua
presenza.
<< Sì >>, convenne lui, << fa davvero molto caldo. >>
Anche se non ne aveva bisogno, si portò una mano alla fronte. Era un modo stupido per
assicurarsi che lei capisse che lui era lì per la stessa ragione.
Ma mentre compiva quel gesto simulato, Danza-con-i-lupi si arrestò bruscamente.
All'improvviso, aveva sentito l'impulso di parlare, di dire ciò che provava.
Cominciò semplicemente a parlare. Le disse che era disorientato. Le disse quanto fosse
piacevole per lui trovarsi lì. Le disse della tenda e di quanto fosse contento di averla. Prese
il pettorale di ossa con entrambe le mani e le disse che cosa ne pensava, che per lui
rappresentava qualcosa di speciale. Lo portò alla guancia e disse: << Mi piace immensamente >>.
Poi aggiunse: << Ma io sono un bianco... e sono un soldato. E' giusto che io sia qui o è
una cosa insensata? Mi sto comportando in modo assurdo? >>
Lesse nei suoi occhi che lo stava ascoltando con attenzione.
<< Non è... non lo so >>, rispose Mano Alzata.
Vi fu un attimo di silenzio. Comprese che lei stava aspettando.
<< Non so dove andare >>, continuò lui sommessamente. << Non so dove stare. >>
Lei voltò lentamente il capo e fissò oltre l'entrata della pergola.
<< Lo so >>, disse.
Era ancora immersa nei suoi pensieri, con lo sguardo fisso al pomeriggio là fuori, quando
lui disse: << Voglio restare qui >>.
Lei si voltò a guardarlo. Il suo viso sembrava immenso. Il sole che stava calando gli aveva
conferito una tenue luminosità. E i suoi occhi, colmi di comprensione, avevano la stessa
luce.
<< Sì >>, disse, intuendo esattamente ciò che lui provava.
Mano Alzata chinò il capo. Quando tornò a guardarlo, Danza-con-i-lupi si sentì inghiottito,
la medesima sensazione che aveva provato nella prateria con Timmons la prima volta.
I suoi occhi erano gli occhi di una persona piena di sentimento, colmi di una bellezza che
pochi uomini potevano comprendere. Erano eterni.
Quando vide tutto questo, Danza-con-i-lupi si innamorò.
Mano Alzata si era già innamorata. Accadde nel momento in cui lui cominciò a parlare,
non all'improvviso ma gradatamente fino a quando, alla fine, non poté negarlo. Vide se
stessa in lui. Vide che potevano essere una persona sola.
Parlarono ancora un poco, poi tacquero. Per alcuni minuti rimasero a fissare la luce del
pomeriggio oltre la soglia della pergola, ciascuno di loro sapendo che cosa sentisse
l'altro ma non osando parlare.
L'incanto venne rotto quando uno dei bambini di Uccello Saltellante passò lì vicino,
guardò dentro e chiese loro che cosa stessero facendo.
Mano Alzata sorrise di questa innocente intrusione e disse al bambino in comanci:
<< Fa molto caldo. Stiamo seduti all'ombra >>.
Al bambino la cosa parve talmente logica che entrò nella pergola e andò ad accoccolarsi
in grembo a Danza-con-i-lupi. Lottarono scherzosamente per alcuni minuti, ma il gioco
non durò a lungo.
Il bambino improvvisamente si alzò e disse a Mano Alzata che aveva fame.
<< D'accordo >>, disse lei in comanci, e lo prese per mano.
Poi rivolse uno sguardo a Danza-con-i-lupi.
<< Mangiare? >>
<< Sì, ho fame. >>
Uscirono dalla pergola e si avviarono verso la tenda di Uccello Saltellante per cominciare
ad accendere il fuoco.



(continua)
auroraageno
00giovedì 15 novembre 2007 06:43
(segue)

La sua prima incombenza, il mattino seguente, fu di fare visita a Coscia-di-pietra. Si
recò alla tenda del guerriero di buon mattino e venne immediatamente invitato a sedersi
e a fare colazione con loro.
Quando ebbero terminato di mangiare i due uomini uscirono a parlare, intanto che Coscia-
di-pietra lavorava a dei rami di salice per preparare una nuova scorta di frecce. A
eccezione dei suoi dialoghi con Mano Alzata, fu la conversazione più complessa che avesse
avuto con chiunque.
A Coscia-di-pietra fece una notevole impressione il fatto che questo Danza-con-i-lupi,
che era fra loro da così poco tempo, stesse già parlando in comanci. E che parlasse
bene.
L'anziano guerriero intuì anche che Danza-con-i-lupi voleva qualcosa e quando la conversazione
improvvisamente si spostò su Mano Alzata, capì che doveva trattarsi di quello.
Danza-con-i-lupi cercò di dare alla sua voce il tono più casuale possibile, ma Coscia-di-pietra
era una vecchia volpe e capì che la domanda era importante per il suo visitatore.
<< Mano Alzata è sposata? >>
<< Sì >>, rispose Coscia-di-pietra.
La rivelazione colpì Danza-con-i-lupi come la peggiore delle notizie. Tacque.
<< Dov'è suo marito? >> chiese infine. << Non mi è capitato di vederlo >>
<< E' morto. >>
Era una possibilità che non aveva mai considerato.
<< Quando è morto? >>
Coscia-di-pietra sollevò lo sguardo dal lavoro che stava facendo.
<< Non sta bene parlare dei morti >>, disse. << Ma tu sei nuovo, quindi te lo dirò. Era
all'incirca il tempo della luna dei ciliegi, in primavera. Il giorno in cui la trovasti e la
riportasti al villaggio, lei stava manifestando il suo dolore per la morte del marito. >>
Danza-con-i-lupi non fece altre domande, ma Coscia-di-pietra aggiunse spontaneamente
qualche altro particolare. Accennò al rango piuttosto elevato del defunto marito all'interno
della tribù e al fatto che non vi erano figli dal suo matrimonio con Mano Alzata.
Danza-con-i-lupi aveva bisogno di assimilare ciò che aveva sentito. Ringraziò il suo
informatore e si allontanò.

Danza-con-i-lupi fece la sola cosa sulla quale potesse fare affidamento per schiarirsi la
mente. Trovò Cisco in mezzo al branco dei pony e si avviò con lui fuori del villaggio.
Sapeva che Mano Alzata lo stava aspettando nella tenda di Uccello Saltellante, ma
quanto gli aveva detto Coscia-di-pietra continuava a vorticargli nella mente e non se la
sentiva di vederla ora.
Cavalcò lungo il fiume e dopo un miglio o due decise di spingersi fino a Fort Sedgewick.
Non era stato al forte da circa due settimane e adesso sentiva l'impulso di andarci
come se, in qualche strano modo, il luogo avrebbe potuto dirgli qualcosa.
Anche a distanza vide che i temporali di fine estate avevano dato il colpo di grazia al
riparo a tenda. Era stato quasi completamente strappato dai sostegni. Anche la tela
era stracciata. Ciò che ne restava sventolava come la vela maestra a brandelli di una
nave fantasma.
Due Calzini aspettava vicino al promontorio. Gettò al vecchio lupo il pezzo di carne
essiccata che si era portato per mangiucchiare qualcosa: non aveva fame.
I topi fuggirono da tutte le parti quando sbirciò nel deposito dei rifornimenti ormai
imputridito. Avevano distrutto l'unica cosa che vi avesse lasciato, un sacco di tela
ruvida pieno di gallette ammuffite.
Nella baracca di terra che era stata la sua abitazione si sdraiò per qualche minuto
sul piccolo giaciglio e rimase a fissare le pareti che si stavano sgretolando.
Tolse l'orologio da tasca di suo padre dal piolo con l'intenzione di portarlo con sé.
Ma lo osservò per alcuni secondi e lo rimise dov'era prima.
Suo padre era morto da sei anni. O sette? Sua madre era morta molto tempo
prima di lui. Riusciva a ricordare i particolari della sua vita con loro, ma loro... loro
sembrava che se ne fossero andati da cent'anni.
Notò il diario appoggiato su uno degli sgabelli da campo e lo raccolse. Sfogliarne
le pagine gli dava una strana sensazione. Anche loro sembravano vecchie e lontane
nel tempo, come qualcosa che appartenesse a una vita passata.
Ciò che aveva scritto talora lo faceva ridere ma, tutto sommato, era commosso. La
sua vita era stata rifatta, e scritte lì dentro vi erano le annotazioni di questa testimonianza.
Adesso, era soltanto una curiosità e non aveva alcuna attinenza con il suo futuro. Ma
era interessante ritornare indietro a vedere quanta strada avesse percorso.
Alla fine del diario vi erano alcune pagine in bianco e gli venne l'idea bizzarra che ci
volesse una nota di chiusura, qualcosa di arguto e magari misterioso.
Ma quando sollevò lo sguardo per pensare, contro il vuoto della parete di terra non vide
altro che lei. Vide i polpacci ben torniti apparire da sotto l'orlo del suo abito di pelle
di daino. Vide le lunghe, bellissime mani che si protendevano dalle maniche. Vide il
morbido rigonfio dei seni sotto il corpetto. Vide gli zigomi alti, le folte sopracciglia
espressive, e gli occhi immutabili e la massa di capelli arruffati color rosso ciliegia.
Pensò ai suoi improvvisi accessi di collera e alla luce che le circondava il volto, là
nella pergola. Pensò alla sua modestia, alla sua dignità e al suo dolore.
E tutto ciò che vedeva, tutto ciò a cui pensava, lui l'adorava.
Quando il suo sguardo si posò nuovamente sulla pagina in bianco del diario che teneva
aperto in grembo, seppe che cosa scrivere: estate avanzata, 1863: amo Mano Alzata.
Danza-con-i-lupi. Era felice di vederlo prendere vita con delle parole.
Chiuse il diario e lo appoggiò con cura al centro del letto, pensando volubilmente che
lasciava ai posteri di scervellarsi sull'enigma.
Quando uscì all'esterno, fu sollevato di vedere che Due Calzini era scomparso. Sapendo
che non lo avrebbe più rivisto, disse una preghiera per il suo vecchio nonno lupo,
augurandogli una buona vita per tutti gli anni a venire.
Poi saltò in groppa a Cisco, gridò un addio in comanci e partì al galoppo.
Quando gettò uno sguardo all'indietro verso Fort Sedgewick, vide soltanto la vasta,
ondulata distesa della prateria.



(continua)
auroraageno
00venerdì 16 novembre 2007 06:53
(segue)


Mano Alzata aveva aspettato per circa un'ora, prima che una delle mogli di Uccello
Saltellante chiedesse: << Dov'è Danza-con-i-lupi? >>
L'attesa era stata molto difficile. Durante ciascuno di quei minuti la sua mente non aveva
smesso di pensare a lui. Quando le venne posta la domanda, cercò di formulare la sua
risposta con un tono che nascondesse ciò che provava.
<< Oh, sì... Danza-con-i-lupi. No, non so dove sia. >>
Uscì quindi per chiedere alla gente lì intorno. Qualcuno lo aveva visto andarsene a
cavallo dal villaggio di buon mattino verso sud, e lei dedusse che era diretto al forte
dell'uomo bianco.
Non voleva sapere perché se ne fosse andato, così si dedicò con impegno a finire
le bisacce alle quali stava lavorando, cercando di estraniarsi da quanto la circondava
in modo da concentrare la propria mente soltanto su di lui.
Ma non bastava.
Voleva essere sola con lui, anche se questo avveniva solo nei suoi pensieri, e dopo
il pasto di metà giornata si avviò lungo il sentiero che portava al fiume.
Solitamente, dopo il pasto, vi era sempre un momento di quiete, e fu lieta di vedere
che presso l'argine del fiume non c'era nessuno. Si tolse i mocassini, camminò sopra
un grosso tronco che si protendeva come un pontile e vi si sedette a cavalcioni,
immergendo i piedi nelle fresche pozze d'acqua.
L'aria era quasi immobile, c'era soltanto una brezza leggera ma sufficiente per attenuare
la calura della giornata. Poggiò le mani sulle cosce, rilassò i muscoli delle spalle e
guardò con gli occhi semichiusi l'acqua del fiume che scorreva lentamente.
Se lui fosse venuto da lei ora. Se l'avesse guardata con quei suoi occhi pieni di forza
e avesse riso in quel modo buffo, se le avesse detto: << Andiamo >>. Lei sarebbe
andata subito; dove, non importava.
Improvvisamente ricordò il loro primo incontro, in modo chiaro come se fosse stato
il giorno prima. Lui che la riportava, semisvenuta e sanguinante, al villaggio. Ricordò
il senso di sicurezza che aveva provato, il braccio di lui attorno a lei, la sua faccia premuta
contro la stoffa dall'odore strano della sua giubba.
Ora comprendeva che cosa significasse. Capì che ciò che sentiva ora era quello che aveva
sentito allora. Allora, non si era trattato che di un seme, sepolto e nascosto, e non aveva
capito quale fosse il suo significato. Ma il Grande Spirito lo sapeva. Il Grande Spirito
aveva fatto crescere il seme. Il Grande Spirito, in tutto il suo grande mistero, aveva stimolato
il seme a venire alla luce a ogni passo del suo cammino.
Quella sensazione che provava, quella sensazione di sicurezza. Ora capiva che non si
trattava della sicurezza che si prova di fronte a un nemico, o a un violento temporale,
o a un pericolo. Non era per nulla una cosa fisica. Era una sicurezza che aveva sentito
nel cuore. Era sempre stata là, fin dall'inizio.
Di tutte le cose di questa vita, era accaduta la più straordinaria, pensò. Il Grande Spirito
ci ha uniti.
La sua mente turbinava per la meraviglia di come tutto fosse potuto avvenire, quando udì
un leggero sciacquio a breve distanza da lei.
Lui era accovacciato su un piccolo spiazzo sabbioso e si spruzzava l'acqua sul viso con
gesti lenti, senza fretta. La guardò e, senza preoccuparsi dell'acqua che gli gocciolava
lungo la faccia, le sorrise come un bambino.
<< Salve >>, disse. << Sono stato al forte. >>
Lo disse come se fossero stati insieme da una vita intera. Lei rispose nello stesso modo.
<< Lo so. >>
<< Possiamo parlare un po'? >>
<< Sì >>, disse lei. << E' ciò che stavo aspettando di fare. >>
Da lontano giunsero delle voci, nei pressi della sommità del sentiero.
<< Dove possiamo andare? >> chiese lui.
<< Conosco un posto. >>
Mano Alzata si alzò dal tronco su cui era seduta e, con Danza-con-i-lupi a un passo o due
dietro di lei, si diresse verso il vecchio sentiero laterale che aveva imboccato il giorno
in cui Uccello Saltellante le aveva chiesto di ricordare la lingua dei bianchi.
Camminarono in silenzio, circondati dal rumore attutito dei loro passi, dal fruscio dei rami
dei salici e dal canto degli uccelli che nidificavano numerosi lungo le sponde del fiume.
Dentro di sé, sentivano i loro cuori battere con violenza per il presentimento di ciò che
stava per accadere e l'ansia di dove e quando questo si sarebbe verificato.
La radura isolata e riparata dove lei aveva ricordato il passato si aprì infine davanti
a loro. Sempre in silenzio, si sedettero a gambe incrociate davanti al grosso pioppo
che fronteggiava il fiume.
Non riuscirono a parlare. Sembrava che ogni altro rumore fosse cessato. Tutto era
silenzioso.
Mano Alzata chinò il capo e vide che la cucitura dei calzoni di lui aveva uno strappo
all'altezza della coscia, dove teneva appoggiata una mano.
<< Sono strappati >>, mormorò lei, toccando leggermente con le dita la stoffa sdrucita.
Dopo, non riuscì a ritrarre la mano. Le sue dita rimasero appoggiate, immobili.
Come se fossero guidati da qualche forza esterna, dolcemente le loro teste si avvicinarono.
Le loro dita si intrecciarono e il contatto li estasiò come se stessero facendo l'amore.
Nessuno dei due avrebbe saputo dire come avvenne, ma un momento dopo si stavano
baciando.
Non fu un vero bacio, solo uno sfioramento e una leggera pressione delle labbra.
Ma suggellò l'amore fra loro.
Restarono vicini guancia a guancia, e mentre ognuno respirava l'odore dell'altro, scivolarono
in un sogno. Nel sogno fecero l'amore e quando, dopo l'amore, rimasero sdraiati fianco
a fianco sotto il grosso pioppo, Danza-con-i-lupi la guardò negli occhi e vide che erano
pieni di lacrime.
Attese a lungo, ma lei non parlava.
<< Dimmi >>, mormorò.
<< Sono felice >>, disse lei. << Sono felice che il Grande Spirito mi abbia fatto vivere così
a lungo. >>
<< Anch'io provo la stessa sensazione >>, disse lui, mentre gli occhi gli si inumidivano.
Lei si strinse forte a lui e cominciò a piangere. Danza-con-i-lupi la tenne stretta a sé;
non aveva paura della gioia che le scorreva lungo le guance.


Fecero l'amore per tutto il pomeriggio, e quando non facevano l'amore, parlavano a
lungo. Quando le ombre cominciarono infine a calare sulla radura, si drizzarono a
sedere, consapevoli entrambi che la loro assenza sarebbe stata notata se si fossero
fermati più a lungo.
Stavano osservando i barbagli di luce sull'acqua quando lui disse: << Ho parlato con
Coscia-di-pietra... So perché sei fuggita quel giorno... il giorno in cui ti ho chiesto se
eri sposata >>.
Lei allora si alzò in piedi e gli tese una mano. Lui la prese e lei lo aiutò a mettersi in piedi.
<< Sono stata bene con lui. Se ne è andato via da me perché tu stavi arrivando. E' ciò
che credo ora. >>
Lo condusse fuori della radura e si avviarono verso il villaggio, tenendosi abbracciati
mentre camminavano. Quando udirono delle voci chiamare debolmente dall'accampamento,
si fermarono ad ascoltare. Il sentiero principale era proprio davanti a loro.
Con una stretta di mano i due amanti si ritrassero furtivamente in mezzo ai salici e, come
se questo li avrebbe aiutati a superare la notte di separazione che stava per arrivare,
si unirono nuovamente in un amplesso rapido come un affrettato bacio d'addio.
A pochi passi dal sentiero che conduceva al villaggio, si fermarono nuovamente e mentre
si abbracciavano, lei gli mormorò nell'orecchio: << Sono in lutto e la mia gente non
approverebbe, se sapesse del nostro amore. Dobbiamo custodirlo attentamente fino
a quando verrà il momento in cui tutti potranno vederlo >>.
Lui fece un cenno di assenso con il capo. Si abbracciarono un'ultima volta e lei si
incamminò furtivamente attraverso il sottobosco.
Danza-con-i-lupi attese in mezzo ai salici per una decina di minuti, poi la seguì. Mentre
risaliva a passi strascicati la collina in direzione del villaggio, fu lieto di trovarsi da solo.
Andò direttamente alla sua tenda e sedette sul giaciglio, guardando al di là dell'apertura
ciò che rimaneva della luce, sognando del loro pomeriggio davanti al pioppo.
Quando fu buio si sdraiò sulle folte pelli e si rese conto di essere esausto. Mentre si
girava nel giaciglio, si accorse che una mano aveva ancora l'odore di lei. Sperando
che vi sarebbe rimasto per tutto il resto della notte, scivolò nel sonno.




(continua)
auroraageno
00venerdì 16 novembre 2007 20:47
(segue)


26



Per Danza-con-i-lupi e Mano Alzata i giorni che seguirono furono molto felici.
Le bocche erano perennemente sorridenti, le loro guance erano colorite e
dovunque andassero, sembrava che i loro piedi non toccassero terra.
In compagnia degli altri erano molto riservati, attenti a non mostrare alcun segno
esteriore di affetto. Erano talmente immedesimati nel loro sforzo di mantenere
il segreto che le lezioni di lingua erano più metodiche e impersonali che mai.
Se capitava loro di trovarsi da soli nella tenda, approfittavano dell'occasione
per tenersi per mano, facendo l'amore con le loro dita.
Ma non andavano oltre.
Cercavano di incontrarsi segretamente almeno una volta al giorno, solitamente
al fiume. Non potevano farne a meno, ma ci voleva del tempo per trovare l'isolamento
completo e Mano Alzata, in special modo, si preoccupava che venissero scoperti.
Il matrimonio fu nei loro pensieri sin dall'inizio. Era qualcosa che volevano entrambi.
E quanto prima tanto meglio. Ma la sua vedovanza era un grosso ostacolo. Nel modo
di vivere dei comanci non vi era un periodo di lutto stabilito e soltanto il padre della
donna poteva liberarla da questo stato. Se non aveva padre, questa responsabilità
sarebbe toccata al guerriero che provvedeva direttamente a lei. Nel caso di Mano
Alzata, per essere liberata dal lutto poteva rivolgersi soltanto a Uccello Saltellante.
Soltanto lui avrebbe deciso quando lei non sarebbe più stata una vedova. E la cosa
poteva richiedere parecchio tempo.
Danza-con-i-lupi cercò di rassicurarla, dicendole che le cose si sarebbero sistemate
e che non doveva preoccuparsi. Ma lei si preoccupava comunque. In un accesso di
scoraggiamento lei gli suggerì di fuggire insieme. Ma lui si limitò a ridere e l'idea
non venne più riproposta.
Corsero dei rischi. Due volte, nei quattro giorni successivi al loro primo incontro al
fiume, lei lasciò la tenda di Uccello Saltellante nell'oscurità prima dell'alba e scivolò
non vista nel tepee di Danza-con-i-lupi. Restarono sdraiati insieme fino alle prime
luci del mattino, parlando sottovoce e tenendosi stretti l'uno all'altra, con i corpi nudi
sotto la pelle di bisonte.
Tutto sommato, si comportarono altrettanto bene di quanto ci si potrebbe aspettare
da due persone che si siano completamente arrese all'amore. Erano dignitosi,
prudenti e disciplinati.
E non imbrogliarono praticamente nessuno.
Chiunque, all'accampamento, fosse abbastanza vcchio da sapere che aspetto avessero
le faccende d'amore, lo poteva riconoscere sui volti di Mano Alzata e di Danza-con-i-lupi.
La maggior parte della gente non se la sentiva di condannarli, indipendentemente
dalle circostanze. Quei pochi che avrebbero potuto ritenere offensiva la cosa,
tennero a freno la lingua in mancanza di prove certe. Ma, soprattutto, l'attrazione che
vi era fra loro due non rappresentava alcuna minaccia per la tribù in generale.
Persino i componenti più anziani e conservatori ammettevano con se stessi che
la potenziale unione aveva un senso.
Dopotutto, entrambi erano dei bianchi.

La quinta notte dopo quel pomeriggio al fiume, Mano Alzata doveva nuovamente incontrarsi
con lui. Aveva atteso che tutti, nella tenda di Uccello Saltellante, si addormentassero.
Molto tempo dopo che i primi suoni di un leggero russare avevano riempito il tepee, stava
ancora aspettando, per essere sicura che nessuno si accorgesse di nulla.
Si era appena resa conto che nell'aria vi era un forte odore di pioggia quando un improvviso
clamore di voci eccitate ruppe il silenzio. Le voci erano abbastanza forti da svegliare chiunque
e pochi secondi dopo tutti, nella tenda, stavano balzando fuori dai loro giacigli per precipitarsi
all'esterno.
Era successo qualcosa. L'intero villaggio era in piedi. Si affrettò lungo il sentiero principale
con una folla di altre persone, tutte dirette verso il grande fuoco che sembrava essere il
centro dell'attenzione. Nel caos, cercò invano Danza-con-i-lupi, ma non lo vide fino a quando
non riuscì a spingersi avanti, nei pressi del fuoco.
Mentre si infilavano fra la gente per avvicinarsi l'un l'altro, lei notò degli indiani che non
appartenevano all'accampamento in piedi accanto al fuoco. Erano una mezza dozzina.
Sul terreno vi erano altri uomini, alcuni di loro morti, altri orrendamente feriti. Erano kiowa,
amici di lunga data e compagni di caccia dei comanci.
I sei uomini che erano illesi erano fuori di sé dalla paura. Si agitavano nervosamente,
parlando a gesti con Dieci Orsi e due o tre dei suoi consiglieri. La gente era ammutolita
e in grande aspettativa, mentre osservava i kiowa raccontare la loro storia.
Mano Alzata e Danza-con-i-lupi erano quasi riusciti a superare lo spazio che li divideva
quando le donne cominciarono a gridare. Un momento dopo l'assembramento si sciolse
di colpo, mentre le donne correvano precipitosamente verso le loro tende, scontrandosi
fra di loro in preda al panico. Attorno a Dieci Orsi i guerrieri erano in fermento e dalla
bocca di ognuno usciva una parola sola. Stava risonando in tutto l'accampamento nello
stesso modo in cui il rombo del tuono aveva cominciato a diffondersi attraverso il cielo
cupo sopra di loro.
Era una parola che Danza-con-i-lupi conosceva bene, perché l'aveva udita menzionare
molte volte, nelle storie e nei normali discorsi.
<< Pawnee. >>
Con Mano Alzata al suo fianco, si spinse più vicino ai guerrieri che si affollavano intorno
a Dieci Orsi. Mentre osservavano, lei gli parlò all'orecchio, dicendogli che cosa fosse
successo ai kiowa.
Avevano lasciato il loro accampamento, un piccolo gruppo, meno di venti uomini, in cerca
di bisonti a circa dieci miglia a nord dell'accampamento comanci. Erano stati assaliti
da un grosso gruppo di guerrieri pawnee sul sentiero di guerra, almeno ottanta uomini,
forse di più. Erano stati attaccati nel riverbero del tramonto e nessuno di loro sarebbe
sfuggito se non fosse stato per l'oscurità e per il fatto che conoscevano perfettamente
il territorio.
Avevano cercato di lasciare meno tracce possibili durante la ritirata, ma con un esercito
così numeroso era solo una questione di tempo perché i pawnee localizzassero
l'accampamento comanci. Era possibile che si stessero già avvicinando. I kiowa pensavano
che non restassero al massimo che alcune ore per prepararsi. Che ci sarebbe stato un
attacco, probabilmente all'alba, era un fatto scontato.
Dieci Orsi cominciò a impartire degli ordini che né Mano Alzata né Danza-con-i-lupi
riuscirono a udire. Tuttavia, era chiaro dalla sua espressione che il vecchio era preoccupato.
Dieci dei più validi guerrieri erano lontani dall'accampamento con Uccello Saltellante e
Vento-nei-capelli. Gli uomini che rimanevano sapevano combattere, ma con ottanta pawnee
che stavano arrivando, sarebbero stati pericolosamente inferiori di numero.
La riunione attorno al fuoco si concluse in uno strano genere di anarchia, con i guerrieri
minori che se ne andavano in direzioni diverse dietro all'uomo che ritenevano li avrebbe
saputi guidare meglio.
Danza-con-i-lupi provò una strana sensazione di inquietudine. Tutto sembrava così
disorganizzato. Sopra di loro, i tuoni ora erano più ravvicinati e la pioggia sembrava
inevitabile. Avrebbe aiutato a coprire l'avvicinamento dei pawnee.
Ma adesso si trattava del suo villaggio. Si precipitò a cercare Coscia-di-pietra con un solo
pensiero in mente.
<< Verrò con voi >>, gli disse quando lo ebbe raggiunto.
Coscia-di-pietra lo squadrò con aria severa.
<< Questo sarà un duro combattimento >>, disse. << I pawnee non vengono mai per i cavalli.
Vengono per ammazzare. >>
Danza-con-i-lupi fece un cenno di assenso con il capo.
<< Prendi le tue armi e vieni alla mia tenda >>, ordinò l'anziano guerriero.
<< Vado io a prenderle >>, si offrì Mano Alzata, e tirandosi su il vestito fino alle cosce si mise
a correre, mentre Danza-con-i-lupi seguiva Coscia-di-pietra.
Stava cercando di calcolare quante cartucce aveva per il fucile e per la rivoltella, quando si
ricordò di qualcosa che lo fece fermare di botto.
<< Coscia-di-pietra >>, gridò. << Coscia-di-pietra. >>
Il guerriero si girò verso di lui.
<< Ho dei fucili >>, sbottò Danza-con-i-lupi. << Nascosti nel terreno vicino al forte dell'uomo
bianco ci sono molti fucili. >>
Fecero immediatamente dietrofront e tornarono indietro verso il fuoco.
Dieci Orsi stava ancora interrogando i cacciatori kiowa.
Alla vista di Danza-con-i-lupi i poveracci, già sconvolti per il fatto di aver quasi perso la vita,
si ritrassero inorriditi e ci volle qualche rapida spiegazione perché si calmassero.
La faccia di Dieci Orsi mutò di colpo quando Coscia-di-pietra gli disse che c'erano dei
fucili.
<< Quali fucili? >> chiese ansiosamente Dieci Orsi.
<< I fucili del soldato bianco >>, rispose Danza-con-i-lupi.
Per Dieci Orsi si trattava di una decisione difficile. Anche se Danza-con-i-lupi incontrava
la sua approvazione, c'era qualcosa nel suo vecchio sangue comanci che lo induceva a
non fidarsi completamente dell'uomo bianco. I fucili erano nascosti nel terreno e ci sarebbe
voluto del tempo per scavare e tirarli fuori. I pawnee ora potevano essere vicini e lui aveva
bisogno di ogni uomo per difendere il villaggio. C'era da considerare il tempo che avrebbero
impiegato per raggiungere il forte e ritornare. E la pioggia non avrebbe tardato molto ad arrivare.
Ma si sarebbe trattato di un combattimento corpo a corpo e sapeva che i fucili avrebbero potuto
avere un'enorme importanza. Molto probabilmente i pawnee non ne avevano molti. Mancavano
ancora alcune ore all'alba e vi era tempo sufficiente per andare al forte e tornare.
<< I fucili sono chiusi in alcune casse di legno >>, disse Danza-con-i-lupi, interrompendo i
suoi pensieri. << Saranno sufficienti pochi uomini e qualche portantina per riportarli qui. >>
Il vecchio doveva correre il rischio. Disse a Coscia-di-pietra di prendere con sé Danza-con-
i-lupi con altri due uomini e sei pony, quattro per cavalcare e due per trasportare i fucili.
Disse loro di muoversi immediatamente.



(continua)
auroraageno
00sabato 17 novembre 2007 06:15
(segue)


Quando raggiunse la sua tenda, vi trovò Cisco già imbrigliato e in attesa. Dentro era stato
acceso un fuoco e Mano Alzata, accovacciata lì accanto, stava mescolando qualcosa
in una piccola ciotola.
Le sue armi, il fucile, la grossa rivoltella della marina, la faretra piena di frecce e il coltello
con la lunga lama erano disposti in buon ordine sul pavimento.
Si stava allacciando il cinturone della rivoltella quando lei gli si avvicinò con la ciotola.
<< Dammi la tua faccia >>, ordinò.
Lui restò immobile, mentre lei rimestava con dito la sostanza rossa contenuta nella ciotola.
<< Dovresti essere tu a farlo, ma non c'è tempo e non sai come si deve fare. Lo farò
io per te. >>
Con movimenti rapidi e sicuri, tracciò una linea orizzontale sulla fronte e due verticali
lungo ciascuna guancia. Picchiettando con il polpastrello disegnò l'impronta di una
zampa di lupo sopra la riga di una guancia, poi fece un passo indietro per guardare
il suo lavoro.
Fece un cenno di approvazione con il capo, mentre Danza-con-i-lupi si metteva in spalla
l'arco e la faretra.
<< Sai sparare? >> le chiese.
<< Sì >>, rispose lei.
<< Allora, prendi questo. >>
Le porse il fucile.
Non ci furono abbracci né parole di saluto.
Lui uscì dalla tenda, balzò in groppa a Cisco e se ne andò.

Cavalcarono tenendosi distanti dal fiume, cercando di seguire il più possibile una linea retta
attraverso la distesa erbosa.
Il cielo era terrificante. Sembrava che quattro temporali stessero convergendo tutti insieme.
I lampi balenavano tutt'intorno come un fuoco d'artiglieria.
Dovettero fermarsi quando una delle portantine si staccò dalle corde con cui veniva trainata
e mentre veniva nuovamente legata al cavallo, Danza-con-i-lupi fu colto da un pensiero
raggelante. E se non fosse riuscito a trovare i fucili? Non vedeva la costola di bisonte che
aveva lasciato per segnare il posto da parecchio tempo. Anche se fosse stata ancora là
dove lui l'aveva conficcata nel terreno, non sarebbe stato facile trovarla. Soffrì intimamente
a questa prospettiva.
Quando raggiunsero il forte, la pioggia aveva cominciato a cadere a grosse gocce. Li
condusse fino a quello che riteneva essere il posto, ma non riuscì a vedere nulla nel buio.
Disse loro che cosa dovevano cercare e i quattro si sparpagliarono per il terreno sui loro
pony, scrutando nell'erba alla ricerca di un lungo, bianco osso. Ora aveva cominciato a
piovere a dirotto ed erano passati dieci minuti senza trovare traccia dell'osso. Il vento
soffiava con violenza e ogni pochi secondi il buio era rotto dai lampi. La luce improvvisa
con cui illuminavano il terreno veniva annullata dall'effetto accecante che produceva sugli
uomini che stavano cercando.
Dopo una ventina di deprimenti minuti, il morale di Danza-con-i-lupi aveva toccato il fondo.
Stavano perlustrando nuovamente lo stesso terreno e ancora non c'era nulla.
Poi, al disopra del rumore del vento e dei tuoni, gli parve di sentire un suono secco sotto
uno degli zoccoli di Cisco.
Danza-con-i-lupi chiamò gli altri e saltò giù dal cavallo. Tutti e quattro si misero carponi in
mezzo all'erba, tastando con le mani alla cieca intorno a loro.
Coscia-di-pietra balzò improvvisamente in piedi. Stava agitando una lunga, bianca scheggia
della costola.
Danza-con-i-lupi rimase nel punto in cui era stata trovata e aspettò il prossimo lampo. Quando
il cielo si illuminò nuovamente, guardò rapidamente verso Fort Sedgewick e, usandolo come
punto di riferimento, cominciò ad avanzare un passo dopo l'altro verso nord.
Dopo alcuni passi, sentì del terreno molle sotto gli stivali e gridò per chiamare gli altri. Gli
uomini accorsero per aiutarlo a scavare. La terra cedette facilmente e pochi minuti dopo
due lunghe casse piene di fucili vennero estratte dalla loro tomba fangosa.
Avevano cavalcato soltanto per mezz'ora quando il temporale li investì con estrema violenza.
L'acqua veniva giù a torrenti mista a raffiche di vento. Era impossibile vedere e i quattro
uomini che scortavano le due portantine attraverso la prateria dovettero cercare a tentoni la
strada del ritorno.
Ma l'importanza della missione era il loro pensiero predominante. Non si fermarono mai e
compirono il viaggio di ritorno in un lasso di tempo sbalorditivo.
Quando furono in vista del villaggio, il temporale stava cessando. Alcune strisce di colore
grigio avevano cominciato ad apparire nel cielo al disopra delle nubi temporalesche e
attraverso quella debole luce del giorno videro che il villaggio era ancora indenne. Avevano
appena cominciato a scendere lungo l'avvallamento che conduceva all'accampamento,
quando uno spettacolare fuoco di fila di lampi scoppiò a monte del fiume. Per due o tre
secondi i fulmini illuminarono il paesaggio con la chiarezza della luce del giorno.
Danza-con-i-lupi la vide, e la videro anche gli altri.
Una lunga fila di uomini a cavallo stava attraversando il fiume a non più di mezzo miglio
dal villaggio.
Vi furono altri lampi e in questi sprazzi di luce videro il nemico scomparire oltre il terrapieno
della sponda del fiume. Il piano era evidente. Sarebbero venuti da nord, sfruttando il fitto
fogliame lungo il fiume per avanzare fino a poca distanza dal villaggio. Poi, avrebbero
attaccato.
Entro una ventina di minuti i pawnee avrebbero raggiunto la posizione da cui sferrare
l'attacco.


(continua)
auroraageno
00sabato 17 novembre 2007 16:51
(segue)


In ogni cassa vi erano ventiquattro fucili. Danza-con-i-lupi li distribuì personalmente
agli uomini radunati attorno alla tenda di Dieci Orsi, mentre il vecchio impartiva le istruzioni
dell'ultimo minuto.
Anche se sapeva che l'assalto principale sarebbe venuto dal fiume, era probabile che
i pawnee adottassero la tattica diversiva di mandare una parte dei loro uomini dalla
prateria, dando così ai veri attaccanti la possibilità di sopraffare il villaggio alle spalle.
Incaricò due autorevoli guerrieri e un pugno di altri uomini di respingere il previsto
attacco dalla prateria. Poi, diede a Danza-con-i-lupi un colpetto sulla spalla e i guerrieri
rimasero ad ascoltarlo mentre parlava.
<< Se tu fossi un soldato bianco >>, disse il vecchio con tono ironico, << e avessi tutti
questi uomini con dei fucili, che cosa faresti? >>
Danza-con-i-lupi pensò rapidamente.
<< Mi nasconderei nel villaggio... >>
Dalle bocche dei guerrieri che erano a portata d'orecchi uscirono delle grida di derisione.
Dieci Orsi li zittì con un gesto della mano e con un ammonimento.
<< Danza-con-i-lupi non ha ancora finito di rispondere >>, disse severamente.
<< Mi nasconderei nel villaggio, dietro le tende. Sorveglierei soltanto il terrapieno del fiume
e non gli eventuali attaccanti dalla prateria. Lascerei che fosse il nemico a mostrarsi per primo.
Lascerei pensare al nemico che stiamo combattendo sull'altro lato e che sarà facile per lui
prendere l'accampamento. Poi farei saltar fuori questi uomini da dietro le tende perché
si lancino sui nemici con i coltelli e le ascie di pietra. Respingerei i nemici dentro il fiume
e ne ammazzerei un tal numero che non oseranno più ritornare da queste parti. >>
Il vecchio aveva ascoltato attentamente. Guardò i guerrieri intorno a lui e parlò a voce alta.
<< Danza-con-i-lupi e io siamo dello stesso parere. Dobbiamo ucciderne in così gran numero
che non oseranno più venire da queste parti. Prepariamoci ad affrontarli senza far rumore. >>
Gli uomini si sparsero furtivamente per il villaggio con i loro nuovi fucili e si appostarono
dietro le tende che fronteggiavano il fiume.
Prima di prendere il suo posto accanto a loro, Danza-con-i-lupi sgattaiolò nella tenda di
Uccello Saltellante. I bambini erano stati fatti nascondere sotto delle pelli di bisonte. Sedute
in silenzio accanto a loro c'erano le donne. Le mogli di Uccello Saltellante tenevano in grembo
delle mazze. Mano Alzata aveva il suo fucile. Non dissero nulla e nemmeno Danza-con-i-lupi
parlò. Aveva soltanto voluto accertarsi che fossero pronte. Passò oltre la pergola e si fermò
dietro la sua stessa tenda. Era una di quelle più vicino al fiume. Coscia-di-pietra era
sull'altro lato. Si scambiarono un cenno di assenso e rivolsero entrambi la loro attenzione
sul terreno aperto davanti a loro. Degradava per circa un centinaio di metri, prima di
arrivare al terrapieno.
La pioggia ora era meno forte, ma contribuiva comunque a nascondere la vista. Delle fitte
nubi incombevano sopra di loro e nella semioscurità dell'alba era come se non vi fosse
nessuna luce. Non riuscivano a vedere, ma sapevano che erano là.
Danza-con-i-lupi guardò la fila di tepee alla sua destra e alla sua sinistra. Dietro ogni tenda
erano assiepati guerrieri comanci, in attesa con i loro fucili. C'era anche Dieci Orsi.
La luce adesso era più intensa. Le nubi temporalesche si stavano alzando e la pioggia se
ne stava andando con loro. Il sole comparve all'improvviso tra le nuvole e un minuto dopo
dal terreno si stava sollevando del vapore come una nebbia.
Danza-con-i-lupi strizzò gli occhi per scrutare il terrapieno al di là della nebbia e vide delle
sagome scure che si muovevano in mezzo ai salici come degli spiriti.
Stava cominciando a provare qualcosa che non sentiva da molto tempo. Era quella cosa
intangibile che faceva scurire i suoi occhi, che metteva in moto la macchina che non poteva
essere fermata.
Per quanto fossero numerosi, forti o potenti, gli uomini che avanzavano nella nebbia non
erano nulla di cui aver paura. Erano il nemico ed erano sulla soglia della sua casa. Voleva
combatterli. Non vedeva l'ora di combatterli.
Dietro di lui risuonarono dei colpi di fucile. L'attacco diversivo aveva impegnato il piccolo
gruppo di difensori sull'altro fronte.
Mentre il rumore dello scontro andava aumentando, controllò la linea di posizione. Alcune
teste calde cercarono di abbandonare il proprio posto per correre dove si stava svolgendo
il combattimento, ma i guerrieri più anziani fecero un buon lavoro nel tenerli sotto controllo
e nessuno si allontanò.
Scrutò nuovamente la foschia che ricopriva il terrapieno. Stavano avanzando lentamente,
alcuni a piedi, altri a cavallo. Risalivano gradualmente il pendio, dei nemici che si muovevano
come ombre, il cranio rasato con una corta criniera nel mezzo, e che già pregustavano il
massacro.
Dietro agli uomini appiedati veniva la cavalleria pawnee. Danza-con-i-lupi la voleva davanti.
Voleva che fossero gli uomini a cavallo a trovarsi sotto il fuoco dei fucili.
Fateli venire avanti, li supplicò silenziosamente. Fateli venire avanti.
Guardò gli uomini appostati intorno a lui, sperando che avrebbero aspettato ancora qualche
secondo, e fu sorpreso di vedere che molti occhi erano fissati su di lui. Continuarono a
fissarlo, come se aspettassero un segnale.
Danza-con-i-lupi sollevò un braccio al disopra della testa.
Un suono gutturale, vibrante, si levò dal pendio. Diventava sempre più forte, esplodendo
nella quiete del piovoso mattino con la forza di un'onda di pressione. I pawnee avevano
dato il segnale di attacco.
Mentre si lanciavano alla carica, la cavalleria balzò in avanti, superando gli uomini a piedi.
Danza-con-i-lupi lasciò cadere il braccio e saltò fuori da dietro la tenda con il fucile alzato.
Gli altri comanci lo imitarono.
Il fuoco dei loro fucili colpì gli uomini a cavallo a una distanza di venti metri, falciando la
carica dei pawnee in modo altrettanto netto di un coltello affilato che incida un lembo di
pelle. Gli uomini crollarono dai loro cavalli come dei giocattoli fatti cadere con una scrollata
da uno scaffale, e quelli che non erano stati colpiti rimasero sbigottiti dalla forza d'urto
di quaranta fucili.
Mentre sparavano, i comanci contrattaccarono, riversandosi attraverso la cortina di fumo
azzurrognolo per buttarsi sul nemico sbalordito.
L'impeto della carica fu tale, che Danza-con-i-lupi letteralmente si catapultò contro il primo
pawnee che gli si parò davanti. Mentre rotolavano sul terreno, conficcò la canna della pistola
nella faccia dell'indiano e fece fuoco.
Dopo, sparò a quegli altri pawnee che riusciva ad individuare in mezzo al parapiglia,
uccidendone due in rapida successione.
Qualcosa di grosso lo urtò da dietro la schiena, quasi buttandolo a terra. Era uno dei pony
da guerra dei pawnee.
Afferrò la briglia e gli saltò in groppa.
I pawnee erano come delle galline assalite dai lupi e stavano già arretrando, cercando
disperatamente di mettersi in salvo oltre il terrapieno. Danza-con-i-lupi individuò un
guerriero alto che fuggiva e lo inseguì. Tirò il grilletto mirando alla nuca ma non vi fu alcuna
detonazione. Con un rapido movimento delle dita capovolse la rivoltella e, tenendola per
la canna, con il calcio colpì al cranio il guerriero in fuga. Il pawnee crollò a terra proprio
davanti a lui e Danza-con-i-lupi sentì gli zoccoli del pony passare sopra il corpo mentre
proseguivano la loro corsa.
Non molto distante da lui un altro pawnee, con una striscia di stoffa di un colore rosso vivo
che gli cingeva la testa, stava cercando di battersela. Anche lui correva verso il terrapieno.
Danza-con-i-lupi piantò i talloni nei fianchi del pony e, quando furono all'altezza del fuggitivo,
si buttò su di lui, afferrandolo con una presa di testa mentre scivolava giù dal dorso del pony.
Lo slancio li fece barcollare per un tratto di terreno scoperto finché urtarono violentemente
contro un grosso albero. Danza-con-i-lupi afferrò la testa dell'uomo fra le mani. Stava
fracassandogli il cranio contro il tronco quando si accorse dagli occhi del guerriero che
questo era già morto. Un ramo basso spezzato lo aveva infilzato come un pezzo di carne.
Fece un passo indietro per sottrarsi a quella vista e il corpo del guerriero scivolò in avanti,
con le braccia che penzolavano pietosamente sbattendo contro i fianchi di Danza-con-i-lupi
come se volesse abbracciare il suo uccisore. Danza-con-i-lupi arretrò e il corpo si staccò
dall'albero cadendo pesantemente a faccia in giù sul terreno.
Nello stesso istante, si accorse che le grida erano cessate.
Il combattimento era finito. Sentendosi improvvisamente debole, si avviò barcollando lungo
il bordo del terrapieno, raggiunse il sentiero principale e scese giù al fiume, scansando
i corpi dei pawnee disseminati per il terreno mentre camminava.
Una dozzina di comanci a cavallo, con Coscia-di-pietra in testa fra questi, stavano inseguendo
quanto rimaneva della forza di attacco dei pawnee sulla sponda opposta.
Danza-con-i-lupi rimase ad osservare fino a quando gli uomini impegnati nella scaramuccia
scomparvero alla vista. Poi si voltò e si avviò lentamente verso il pendio. Mentre risaliva,
gli giunsero delle urla. Quando ebbe raggiunta la cima, la vista del campo di battaglia gli
si parò davanti agli occhi.
Sembrava un luogo per il picnic abbandonato in fretta e furia. I rifiuti erano sparsi dappertutto.
Il terreno era costellato dei cadaveri dei pawnee e i guerrieri comanci si aggiravano eccitati
intorno a loro.
<< Questo l'ho ucciso io >>, gridava qualcuno.
<< Questo respira ancora >>, urlava un altro, e subito chiunque si trovasse lì vicino accorreva
per aiutarlo a finirlo.
Le donne e i bambini erano usciti dalle tende e stavano accorrendo disordinatamente sul
campo di battaglia. Alcuni cadaveri venivano mutilati.
Danza-con-i-lupi restò impalato, troppo esausto per ridiscendere il pendio e troppo nauseato
per fare un passo in avanti.
Uno dei guerrieri lo vide e lanciò un grido.
<< Danza-con-i-lupi! >>
Prima che se ne rendesse conto, i guerrieri comanci erano tutti intorno a lui. Come delle
formiche che facciano rotolare un sassolino in salita, lo sospinsero verso il campo di
battaglia, cantando il suo nome.
Sbalordito, si lasciò trascinare, incapace di capire perché fossero così felici. Erano pieni
di gioia per la morte e la distruzione che giacevano ai loro piedi e Danza-con-i-lupi non
riusciva a capirlo.
Ma mentre era lì fra loro e li sentiva gridare il suo nome, cominciò a comprendere. Non si
era mai trovato in quel genere di combattimento, ma gradatamente cominciò a vedere
la vittoria in un modo nuovo.
Quegli uomini non erano stati uccisi in nome di qualche oscuro fine politico. Non si trattava
di una battaglia per conquistare dei territori o delle ricchezze o per dare agli uomini la
libertà. Quella battaglia non aveva alcuna presunzione.
Era stata intrapresa per difendere le proprie case che si trovavano a pochi metri da lì.
E per proteggere le mogli, i bambini e i propri cari rannicchiati all'interno. Era stata
combattuta per conservare le scorte di cibo che avrebbero consentito loro di superare
l'inverno, quelle riserve di cibo che ognuno di loro aveva dovuto faticare a mettere
assieme.
Per ogni membro della tribù, era una grande vittoria personale.
Improvvisamente si sentì fiero di sentir gridare il suo nome e quando i suoi occhi misero
di nuovo a fuoco le immagini, abbassò lo sguardo e riconobbe uno degli uomini che aveva
ucciso.
<< L'ho ucciso io >>, urlò.
Qualcuno gli gridò nell'orecchio.
<< Sì, ti ho visto quando gli hai sparato. >>
Ben presto, Danza-con-i-lupi marciava con loro attraverso il campo di battaglia, gridando
a voce alta il nome dei compagni comanci a mano a mano che li riconosceva.
La luce del sole si diffuse per il villaggio e gli uomini che avevano combattuto iniziarono
una spontanea danza della vittoria, esortandosi a vicenda con delle manate sulle spalle
e delle grida di trionfo mentre saltellavano attraverso il campo cosparso dei cadaveri dei
pawnee.

Due dei nemici erano stati uccisi dal gruppo che difendeva il fronte del villaggio. Sul terreno
dello scontro principale vi erano ventisette morti. Altri quattro vennero trovati in prossimità
del terrapieno e il gruppo di inseguitori guidati da Coscia-di-pietra riuscì a ucciderne tre.
Nessuno sapeva quanti pawnee fossero fuggiti dopo essere stati feriti.
Sette comanci erano rimasti feriti, solo due gravemente, ma il vero miracolo consisteva
nel numero dei morti. I comanci non avevano perso neanche un guerriero. Persino i
vecchi non riuscivano a ricordare che si fosse mai verificata una vittoria così schiacciante.
Per due giorni il villaggio festeggiò il suo trionfo. A tutti gli uomini vennero tributati onori
a profusione, ma un guerriero spiccava fra tutti. Era Danza-con-i-lupi.
Durante tutti i mesi che aveva passato nelle pianure, la visione primitiva che avevano
avuto di lui era mutata molte volte. E ora il cerchio si era chiuso. Ora lo vedevano in un
modo che era molto vicino alla loro idea originaria. Nessuno si fece avanti per proclamarlo
un dio, ma nel modo di vivere di quella gente era la migliore alternativa subito dopo
questo.
A qualsiasi ora del giorno era possibile vedere dei giovani guerrieri che ciondolavano
attorno alla sua tenda. Le ragazze da marito civettavano apertamente con lui. Il suo nome
era in cima ai pensieri di tutti. Nessuna conversazione, qualunque fosse l'argomento, seguiva
il proprio corso senza qualche accenno a Danza-con-i-lupi.
Il massimo encomio venne da Dieci Orsi. Con un atto che non aveva precedenti, fece dono
all'eroe di una delle sue pipe.
A Danza-con-i-lupi piacevano tutte queste attenzioni, ma non faceva nulla per incoraggiarle.
L'immediata e duratura notorietà sconvolgeva il normale andamento delle sue giornate.
Sembrava che ci fosse sempre qualcuno fra i piedi. La cosa peggiore era che tutto questo
gli lasciava poco tempo per stare con Mano Alzata.
Fra tutta la gente dell'accampamento, Danza-con-i-lupi fu forse il più sollevato nel veder
ritornare Uccello Saltellante e Vento-nei-capelli.
Dopo aver seguito una pista per qualche settimana, non avevano ancora impegnato il nemico
quando delle improvvise tormente di neve, non normali per la stagione, li avevano sorpresi
sulle colline ai piedi di una catena montuosa.
Interpretandolo come un segno di un inverno precoce e particolarmente avverso, Uccello
Saltellante aveva annullato la spedizione e si erano affrettati a ritornare per fare i preparativi
per il grande esodo verso sud.




(continua)

auroraageno
00domenica 18 novembre 2007 19:58
(segue)

27



Se il gruppo di Uccello Saltellante nutriva qualche apprensione riguardo al fatto che
ritornassero a mani vuote, queste vennero spazzate via dall'incredibile notizia della
disfatta inflitta ai pawnee.
Un effetto collaterale immediato del loro ritorno fu che questo smorzò il fervore della
notorietà di cui Danza-con-i-lupi era stato circondato. Continuò a essere tenuto in grande
considerazione e rispetto, ma a causa dell'alto rango e del loro tradizionale prestigio,
gran parte dell'attenzione venne dirottata su Uccello Saltellante e Vento-nei-capelli e
venne più o meno ristabilita la vecchia routine.
Anche se non lo manifestò pubblicamente, Uccello Saltellante rimase sbalordito dei
progressi di Danza-con-i-lupi. Il suo coraggio e la sua abilità nel respingere l'attacco
dei pawnee non potevano essere ignorati, ma erano i suoi progressi come comanci,
soprattutto la sua padronanza del linguaggio, a meravigliare lo stregone.
Aveva cercato di imparare qualcosa della razza bianca ed era difficile, persino per un
uomo della sua esperienza, accettare il fatto che questo solitario soldato bianco, che
fino ad alcuni mesi prima non aveva mai visto un indiano, adesso fosse un comanci.
Ancora più difficile da credere era che avesse guidato dei guerrieri comanci.
Ma le prove erano lì davanti agli occhi di tutti: nei giovani guerrieri che lo ricercavano
e nel modo in cui la gente ne parlava.
Uccello Saltellante non riusciva a capire perché tutto questo fosse successo. Alla fine,
arrivò alla conclusione che non si trattasse che di un'altra manifestazione del mistero
che circondava il Grande Spirito.
Fu una fortuna che fosse riuscito ad accettare questi rapidi sviluppi, perché questo
contribuì ad aprire la strada a un'altra sorpresa. Sua moglie gliene parlò quando
andarono a dormire, la prima notte del suo ritorno.
<< Ne sei sicura? >> le chiese, decisamente sconcertato. << Mi risulta difficile crederlo. >>
<< Quando li vedrai insieme, te ne renderai conto tu stesso >>, mormorò lei in tono
confidenziale. << Chiunque lo può notare. >>
<< Credi che sia una buona cosa? >>
Sua moglie rispose alla domanda con una risatina.
<< E non è sempre una buona cosa? >> lo stuzzicò lei, stringendosi un po' più vicino a lui.

Il mattino dopo, come prima cosa, Uccello Saltellante si presentò all'entrata della tenda
di Danza-con-i-lupi, con una faccia talmente rannuvolata che questo ne fu preso alla
sprovvista.
Si scambiarono dei saluti e si misero a sedere.
Danza-con-i-lupi aveva appena cominciato a riempire la sua nuova pipa quando Uccello
Saltellante, con un'insolita manifestazione di scortesia, lo interruppe.
<< Parli molto bene >>, disse.
Danza-con-i-lupi smise di armeggiare con il fornello della pipa.
<< Grazie >>, rispose. << Mi piace parlare il comanci. >>
<< Allora, dimmi... che cos'è questa faccenda fra te e Mano Alzata? >>
Danza-con-i-lupi per poco non lasciò cadere la pipa. Balbettò qualche suono incomprensibile,
prima di riuscire infine a tirar fuori qualcosa di coerente.
<< Che cosa vuoi dire? >>
Il volto di Uccello Saltellante avvampò irosamente mentre ripeteva la sua domanda.
<< C'è qualcosa fra te e lei? >>
A Danza-con-i-lupi quel tono non piacque. Formulò la sua risposta come una sfida.
<< Io l'amo. >>
<< Vuoi sposarla? >>
<< Sì. >>
Uccello Saltellante rifletté. Sarebbe stato contrario a un amore fine a se stesso, ma se
questo rientrava nella prospettiva del matrimonio, non vi trovava niente da ridire.
Si alzò in piedi.
<< Aspetta qui nella tenda >>, disse con tono fermo. Prima che Danza-con-i-lupi potesse
replicare, se ne andò.

Uccello Saltellante si recò nella tenda di Vento-nei-capelli e a quella di Coscia-di-pietra,
fermandosi presso ognuna non più di cinque minuti.
Mentre si incamminava verso la propria tenda, si trovò a scuotere nuovamente la testa.
In qualche modo, se l'era aspettato. Ma lo rendeva comunque perplesso.
Ah, il grande mistero, sospirò fra sé. Cerco sempre di vederlo arrivare, ma non ci riesco
mai.
Mano Alzata era seduta nella tenda, quando lui entrò.
<< Mano Alzata >>, sbottò lui, richiamando la sua attenzione. << Tu non sei più una vedova. >>
Subito dopo infilò l'uscita della tenda e si incamminò in direzione del branco dei cavalli per
prendere il suo pony preferito. Aveva bisogno di fare una lunga, solitaria cavalcata.

Danza-con-i-lupi non era rimasto ad aspettare per molto tempo, quando Vento-nei-capelli
e Coscia-di-pietra apparvero all'entrata della sua tenda. Li vide infilare la testa e sbirciare
all'interno.
<< Che cosa stai facendo qui dentro? >> chiese Vento-nei-capelli.
<< Uccello Saltellante mi ha detto di aspettare. >>
<< Potresti trovarti ad aspettare per un po' >>, sogghignò lui. << Uccello Saltellante se ne
è andato con il suo pony verso la prateria pochi minuti fa. Sembrava non avesse nessuna
fretta. >>
Danza-con-i-lupi non sapeva che cosa dire o fare. Notò un sorriso furbo sul volto di Coscia-
di-pietra.
<< Possiamo entrare? >> chiese maliziosamente il robusto guerriero.
<< Certamente... vi prego, sedetevi. >>
I due visitatori si accoccolarono di fronte a Danza-con-i-lupi. Avevano un'aria compiaciuta
come degli scolaretti.
<< Sto aspettando Uccello Saltellante >>, disse lui laconicamente. << Che cosa volete? >>
Vento-nei-capelli si chinò leggermente in avanti. Stava ancora sorridendo con aria sorniona.
<< Si dice che tu voglia sposarti. >>
Il volto di Danza-con-i-lupi cominciò a cambiare colore. Nello spazio di pochi secondi passò
da una sfumatura leggermente rosata al rosso più intenso.
I suoi ospiti scoppiarono entrambi in una sonora risata.
<< Con chi? >> balbettò lui con voce rauca.
I due guerrieri si scambiarono un'occhiata dubbiosa.
<< Con Mano Alzata >>, disse Vento-nei capelli. << E' ciò che abbiamo sentito dire. Non è di lei
che si tratta? >>
<< Lei è in lutto >>, disse lui con tono lamentoso. << Lei è una... >>
<< Non più >>, lo interruppe Coscia-di-pietra. << Uccello Saltellante l'ha liberata oggi dal suo
lutto. >>
Danza-con-i-lupi inghiottì per schiarirsi la voce.
<< Davvero? >>
I due uomini annuirono, questa volta con aria seria, e Danza-con-i-lupi si rese conto che ora
gli si prospettava un'iniziativa legittima per arrivare al matrimonio. Il suo matrimonio.
<< Che cosa devo fare? >>
I suoi visitatori diedero una rapida occhiata alla tenda semivuota con un'espressione tetra.
Terminarono la loro breve ispezione scuotendo tristemente la testa.
<< Sei piuttosto povero, amico mio >>, disse Vento-nei-capelli. << Non so se potrai sposarti.
Devi dare qualcosa in cambio della sposa e non vedo gran che qui dentro. >>
Anche Danza-con-i-lupi si guardò intorno e a ogni secondo che passava la sua espressione
diventava più triste.
<< No, non possiedo molto >>, ammise.
Vi fu un momento di silenzio.
<< Potete aiutarmi? >> chiese.
I due uomini fecero la loro brava messinscena. Coscia-di-pietra storse la bocca in maniera vaga
e non impegnativa. Vento-nei-capelli chinò la testa e si grattò un sopracciglio.
Dopo quello che per Danza-con-i-lupi fu un lungo, angoscioso silenzio, Coscia-di-pietra tirò
un profondo sospiro e lo guardò dritto negli occhi.
<< Forse è possibile >>, disse.




(continua)
auroraageno
00domenica 18 novembre 2007 20:00
(segue)


Vento-nei-capelli e Coscia-di-pietra passarono una buona giornata. Scherzarono
parecchio a proposito di Danza-con-i-lupi, soprattutto delle espressioni buffe che
gli avevano visto in faccia, mentre camminavano per il villaggio prendendo accordi
per i cavalli.
Di norma le cerimonie nuziali erano delle occasioni tranquille, ma la particolarità
della sposa e dello sposo, che si univano in matrimonio a così breve distanza di tempo
dalla grande vittoria contro i pawnee, rendeva tutti traboccanti di simpatia e di aspettativa
per l'evento.
Erano tutti ansiosi di partecipare alla novità di fare una colletta per Danza-con-i-lupi.
In effetti, l'intero villaggio voleva prendervi parte.
Coloro che possedevano molti cavalli furono lieti di dare un contributo. Persino le famiglie
più povere vollero dare degli animali ai quali non potevano permettersi di rinunciare.
Fu un compito arduo respingere questi loro doni, ma lo fecero.
Seguendo un piano preordinato, al crepuscolo cominciò ad arrivare gente con dei cavalli
da tutto l'accampamento e quando spuntò la stella della sera, più di venti ottimi pony
erano raggruppati davanti alla tenda di Danza-con-i-lupi.
Con Coscia-di-pietra e Vento-nei-capelli che agivano da istitutori, il futuro sposo condusse
la fila di pony fino alla tenda di Uccello Saltellante e li lasciò legati per le briglie all'esterno.
La generosità della gente lo lusingava profondamente, ma voleva dare qualcosa di suo
a cui tenesse in modo particolare. Slacciò il cinturone con la grossa rivoltella della marina
e lo depositò all'entrata della tenda.
Poi tornò alla propria tenda, congedò i suoi istitutori e trascorse una notte di attesa,
dormendo solo per dei brevi momenti.
All'alba uscì di soppiatto per dare un'occhiata alla tenda di Uccello Saltellante. Vento-nei-
capelli aveva detto che se la proposta fosse stata accettata, i cavalli sarebbero spariti.
Altrimenti, si sarebbero trovati ancora là, fuori della tenda.
I cavalli non c'erano più.
Impiegò l'ora successiva a rendersi presentabile. Si rasò con cura, lucidò gli stivali, pulì
il pettorale e si passò della brillantina sui capelli.
Aveva appena terminato questi preparativi, quando sentì la voce di Uccello Saltellante
chiamare dall'esterno.
<< Danza-con-i-lupi. >>
Desiderando di non essere così solo, lo sposo si chinò per oltrepassare la soglia della
sua casa e uscì all'esterno.
Uccello Saltellante era fuori che attendeva, splendidamente abbigliato con tutti i suoi ornamenti.
Alle sue spalle, a pochi passi da lui, c'era Mano Alzata. L'intero villaggio si era riunito
dietro di loro e stava osservando con solennità.
Danza-con-i-lupi scambiò dei saluti formali con lo stregone e rimase ad ascoltare con
attenzione mentre Uccello Saltellante si lanciava in un discorso su quelli che erano i
doveri di un marito comanci.
Non riusciva a staccare gli occhi dalla piccola figura della sua sposa. Mano Alzata era
immobile, il capo leggermente chinato. Indossava lo stesso abito di pelle di daino con
i denti di alce sul corpetto. Ai piedi aveva nuovamente gli speciali mocassini con i
campanelli e al collo portava la collana di ossa.
Mentre Uccello Saltellante parlava, alzò una volta lo sguardo, e quando lui vide lo splendido
viso di lei nella sua interezza, si sentì rassicurato. Non si sarebbe mai stancato di guardarla.
Sembrava che Uccello Saltellante non finisse mai di parlare, ma alla fine concluse il suo
soliloquio.
<< Hai udito ciò che ho detto? >> domandò lo stregone.
<< Sì. >>
<< Bene >>, borbottò Uccello Saltellante. Si girò verso Mano Alzata e le disse di venire avanti.
Lei si avvicinò, sempre a capo chino e Uccello Saltellante le prese una mano. La porse a
Danza-con-i-lupi e gli disse di portare Mano Alzata nella sua tenda.
Il matrimonio ebbe luogo nel momento in cui ne oltrepassarono la soglia. Allora gli abitanti
del villaggio si dispersero silenziosamente e ritornarono alle proprie tende.
Per tutto il pomeriggio la gente dell'accampamento di Dieci Orsi venne a piccoli gruppi a
depositare dei doni davanti alla tenda degli sposi novelli, soffermandosi soltanto il tempo
necessario per lasciare i regali. Quando arrivò il tramonto, fuori della tenda era disposta
una notevole esposizione di doni.
Era come un Natale dell'uomo bianco.
Per il momento, quello splendido gesto collettivo passò inosservato alla nuova coppia.
Il giorno delle loro nozze non videro né la gente né i loro doni. Il giorno delle loro nozze
restarono a casa. E la pelle che fungeva da chiusura all'entrata della tenda rimase
abbassata.





(continua)
auroraageno
00lunedì 19 novembre 2007 07:54
(segue)

28




Due giorni dopo il matrimonio, venne riunito il consiglio della tribù. Le forti piogge cadute
di recente ed arrivate a stagione inoltrata avevano rinnovato l'erba della prateria e i membri
del consiglio avevano deciso di rimandare l'esodo invernale per favorire il branco dei pony.
Se fossero restati un po' più a lungo, i cavalli avrebbero potuto metter su qualche chilo in più,
il che avrebbe potuto dimostrarsi di estrema importanza nel superare l'inverno. La tribù
sarebbe rimasta altre due settimane all'accampamento estivo.
Nessuno era più contento di Mano Alzata e di Danza-con-i-lupi di questo sviluppo della
situazione. Stavano vivendo, incuranti di tutto, i primi giorni del loro matrimonio e non
volevano che nulla venisse a turbarne il ritmo. Era già difficile lasciare il giaciglio. Smontare
tutto e marciare per centinaia di miglia con una lunga e rumorosa colonna era, al momento,
impensabile.
Avevano deciso di far sì che Mano Alzata restasse incinta e la gente che passava di lì
raramente vedeva sollevata la pelle che chiudeva l'entrata.
Quelle volte in cui Danza-con-i-lupi emergeva dalla tenda, veniva inesorabilmente preso in
giro dai suoi pari. Vento-nei-capelli era particolarmente spietato nel punzecchiarlo. Se
Danza-con-i-lupi passava da lui per una fumatina di pipa, veniva invariabilmente accolto
con qualche formula di saluto con la quale si informava sullo stato di salute della sua
mascolinità, oppure con un'affettata manifestazione di viva sorpresa nel vederlo fuori dal
letto. Vento-nei-capelli cercò persino di affibbiargli il nome di Ape Ostinata, un'allusione
alla sua incessante impollinazione di un solo fiore, ma, fortunatamente per il marito novello,
il nomignolo non gli rimase appiccicato.
Danza-con-i-lupi non badava minimamente agli scherzi e alle allusioni. Avere la donna che
voleva lo faceva sentire invincibile e niente poteva costituire un'offesa.
E anche il tempo che trascorreva al di fuori della tenda lo faceva sentire appagato. Andava
a caccia ogni giorno, quasi sempre con Vento-nei-capelli e Coscia-di pietra. I tre erano
diventati grandi amici ed era raro vedere uno di loro lasciare l'accampamento senza gli
altri.
Gli incontri con Uccello Saltellante continuarono. Adesso la conversazione era scorrevole
e gli argomenti non avevano limiti. Il desiderio di imparare di Danza-con-i-lupi superava
di gran lunga quello di Uccello Saltellante e lo stregone dissertò ampiamente su tutto,
dalla storia della tribù alle erbe medicamentose. Fu fortemente stimolato dal vivo interesse
che il suo discepolo dimostrava nei confronti delle pratiche spiritiche e fu lieto di assecondare
il suo desiderio di sapere.
La religione comanci era semplice, in quanto basata sull'ambiente naturale degli animali
e degli elementi che li circondavano. Le pratiche religiose, però, erano complesse. Erano
piene di rituali e di tabù e questo argomento li tenne parecchio occupati.
La sua nuova vita era più ricca che mai e questo traspariva dal modo in cui Danza-con-i-lupi
si comportava. Senza atteggiamenti teatrali stava perdendo la sua ingenuità, ma senza
rinunciare al suo fascino. Stava diventando più virile senza abbandonare la sua vivacità
e si stava inserendo agevolmente nel suo ruolo come il dente di un ingranaggio senza
perdere l'impronta della sua personalità.
Uccello Saltellante, sempre intonato all'anima delle cose, era enormemente fiero del suo
protetto e una sera, al termine di una passeggiata dopo aver cenato, appoggiò una mano
sulla spalla di Danza-con-i-lupi e disse: << Vi sono molte piste in questa vita, ma pochi
sono gli uomini che sono capaci di percorrere quella che conta maggiormente... persino
degli uomini comanci. E' la pista di un vero essere umano. Io credo che tu stia su questa pista.
E' una buona cosa per me vederlo. Fa bene al mio cuore >>.
Danza-con-i-lupi si impresse queste parole nella memoria mentre le udiva e le serbò come
un tesoro. Ma non lo disse a nessuno, nemmeno a Mano Alzata. Le conservò come un suo
amuleto privato.



(continua)
auroraageno
00lunedì 19 novembre 2007 07:56
(segue)



Mancavano soltanto pochi giorni al grande esodo quando, un mattino, Uccello Saltellante
si recò alla tenda di Danza-con-i-lupi e disse che voleva fare una cavalcata fino a un luogo
particolare. Avrebbero impiegato tutto il giorno e forse parte della notte, ma se Danza-con-
i-lupi voleva andare con lui, sarebbe stato il benvenuto.
Si addentrarono nella prateria, cavalcando per diverse ore verso sud-est. L'enormità dello
spazio che avevano attraversato li faceva sentire insignificanti e nessuno dei due parlò
molto.
Verso mezzogiorno si diressero decisamente a sud e dopo circa un'ora si fermarono con
i loro pony sulla cima di un lungo pendio che degradava per più di un miglio fino a raggiungere
il fiume.
In lontananza a Est e a Ovest, potevano distinguere il colore e la forma dell'acqua. Ma davanti
a loro il fiume era scomparso.
Era nascosto da un'enorme foresta.
Danza-con-i-lupi batté gli occhi ripetutamente, come se cercasse di far sparire un miraggio.
Da quella distanza era difficile valutare esattamente le proporzioni, ma capì che gli alberi
erano alti. Alcuni di loro dovevano raggiungere i venti metri.
La foresta si estendeva lungo il fiume per un buon miglio e la sua imponenza creava un
deciso contrasto con il territorio piatto e sgombro su tutti i lati. Era come la creazione
fantastica di qualche misterioso spirito.
<< Ma questo posto è davvero reale? >> disse lui in tono semiserio.
Uccello Saltellante sorrise.
<< Forse no. Per noi è un luogo sacro... persino per alcuni dei nostri nemici. Si dice che sia
da qui che la nuova selvaggina abbia origine. Gli alberi offrono rifugio a ogni animale che
il Grande Spirito ha creato. Si dice che siano stati originati qui quando è iniziata la vita
e che ritornino continuamente sul luogo della loro nascita. E' molto tempo che non vengo
qui. Faremo bere i cavalli e daremo un'occhiata. >>
A mano a mano che si avvicinavano, lo spettro dei boschi assumeva maggior forza e quando
si inoltrarono nella foresta, Danza-con-i-lupi si sentì piccolo. Pensò al giardino dell'Eden.
Ma mentre gli alberi si infittivano attorno a loro, entrambi percepirono che vi era qualcosa
di strano.
Non si udiva alcun suono.
<< C'è molto silenzio >>, osservò Danza-con-i-lupi.
Uccello Saltellante non rispose. Stava ascoltando e scrutando con la stessa circospezione
di un gatto.
A mano a mano che si addentravano maggiormente, il silenzio diventò opprimente e Danza-
con-i-lupi si rese conto con un brivido che non vi era che una cosa soltanto che potesse creare
questo vuoto assoluto di suoni. Ne stava sentendo l'odore. Poteva sentirne il sapore sulla
punta della lingua.
La morte era nell'aria.
Uccello Saltellante improvvisamente si fermò. Il sentiero si era allargato e, guardando al disopra
della spalla del suo mentore, Danza-con-i-lupi rimase sbalordito di fronte alla bellezza di ciò
che vide.
Davanti a loro vi era un terreno aperto. Gli alberi erano abbastanza distanziati fra loro da
lasciare lo spazio necessario per ospitare tutte le tende e la gente dell'accampamento di
Dieci Orsi. Il sole creava larghi spiazzi luminosi e caldi sul terreno della foresta.
Si figurò un fantastico luogo immaginario, popolato da una razza sacra che conduceva una
vita serena in armonia con tutte le cose viventi.
Non vi era nulla che la mano dell'uomo potesse costruire per uguagliare la portata e la
bellezza di quella cattedrale all'aperto.
La mano dell'uomo, però, poteva distruggerla. E la prova era già lì. Il luogo era stato orrendamente
profanato.
Degli alberi di ogni dimensione erano stati abbattuti; alcuni giacevano gli uni sopra gli altri,
come degli stuzzicadenti rovesciati sopra una tovaglia. I rami non erano stati recisi e Danza-
con-i-lupi non riuscì a immaginare per quale motivo gli alberi fossero stati tagliati.
Ripresero ad avanzare e in quel mentre Danza-con-i-lupi percepì uno strano ronzio.
Dapprima, pensando che vi fosse uno sciame di api o di vespe, scrutò i rami al disopra di
lui, cercando di individuarne il nido.
Ma a mano a mano che procedevano verso il centro della cattedrale, si accorse che il rumore
non proveniva dall'alto. Saliva dal basso. E a provocarlo era il battito d'ali di migliaia di mosche
che banchettavano.
Dovunque volgesse lo sguardo, vedeva sul terreno delle carogne o dei pezzi smembrati di
animali. Si trattava di animali di piccole dimensioni: tassi, moffette, scoiattoli. Per la maggior
parte erano intatti. Alcuni erano privi della coda. Stavano marcendo nello stesso punto in cui
qualcuno li aveva uccisi a colpi di fucile, per nessun'altra ragione apparente se non quella
di fare del tiro al bersaglio.
Ma l'obiettivo principale del genocidio erano i cervi che giacevano sparsi tutt'intorno a lui.
Alcune carcasse erano intere ed erano stati asportati solo i tagli di carne migliori. La maggior
parte erano mutilate.
Gli occhi opachi e spenti lo fissavano dalle splendide teste tranciate rozzamente alla base
del collo. Alcune carcasse giacevano isolate sul terreno, altre erano state ammassate a
casaccio in mucchi di una mezza dozzina di animali.
In un punto del terreno le teste mozzate erano state disposte muso contro muso, come se
stessero facendo della conversazione. Doveva essere sembrata una cosa spiritosa.
Le zampe erano ancora più grottesche. Erano state anch'esse tranciate dai corpi che una
volta avevano retto. Lente a decomporsi, apparivano splendide e brillanti, come se fossero
ancora in buone condizioni.
Ma era triste: gli zoccoli delicati e le zampe aggraziate ricoperte di morbido pelo... che non
conducevano da nessuna parte. Gli arti erano accatastati come delle pila di legna da ardere
e, se si fosse preoccupato di contarli, il loro numero avrebbe superato il centinaio.
I due uomini erano stanchi per la lunga cavalcata, ma nessuno di loro accennò a scendere
da cavallo. Continuarono ad avanzare.
In un punto infossato dell'ampia radura scoprirono quattro decrepite baracche l'una di fianco
all'altra, quattro piaghe disgustose che imputridivano sul terreno della foresta.
Gli uomini che avevano abbattuto tutti quegli alberi evidentemente avevano visto esaurirsi la
loro ambizione di costruttori. Ma anche se si fossero applicati, il risultato probabilmente
sarebbe stato lo stesso. L'insediamento che avevano cercato di mettere in piedi era squallido
persino nella sua concezione iniziale.
Non era certamente un posto adatto per viverci.
Attorno alle orrende catapecchie erano sparse numerose bottiglie di whisky, lasciate cadere là
dove erano state scolate. C'erano una moltitudine di altre cose inutili: una tazza rotta, una
cinghia riparata per metà, il calcio frantumato di un fucile; tutti lasciati dove erano stati fatti
cadere.
Sul terreno fra due delle baracche scoprirono alcuni tacchini selvatici, legati insieme per le zampe
ma per il resto intatti.
Dietro le baracche trovarono un grosso pozzo, pieno fino all'orlo di cervi macellati privi di pelle,
zampe e teste.
Il ronzio delle mosche era così forte che Danza-con-i-lupi dovette gridare per farsi sentire.
<< Restiamo ad aspettare questa gente? >>
Uccello Saltellante non voleva gridare. Affiancò il suo pony a quello di Danza-con-i-lupi.
<< Se ne sono andati da una settimana, forse più. Faremo bere i cavalli e torneremo indietro.


Durante la prima ora del viaggio di ritorno nessuno dei due uomini proferì una parola. Uccello
Saltellante guardava addolorato davanti a sé mentre Danza-con-i-lupi teneva lo sguardo
fisso sul terreno, provando vergogna per la razza bianca a cui apparteneva e pensando
intensamente al sogno che aveva fatto nell'antico canyon.
Non ne aveva parlato con nessuno, ma ora sentiva che doveva farlo. Ora, dopotutto, non aveva
molto l'apparenza di un sogno. Poteva essersi trattato di una visione.
Quando si fermarono per far riposare i cavalli, disse a Uccello Saltellante del sogno che ricordava
ancora nitidamente, senza tralasciare alcun particolare.
Lo stregone restò ad ascoltare il lungo racconto di Danza-con-i-lupi senza interrompere. Quando
fu terminato, fissò malinconicamente il terreno ai suoi piedi.
<< Tutti noi eravamo morti? >>
<< Chiunque fosse presente >>, disse Danza-con-i-lupi, << ma non ho visto tutti. Non ho visto te. >>
<< Dieci Orsi dovrebbe venire a sapere del sogno. >>
Rimontarono a cavallo e galopparono veloci attraverso la prateria, raggiungendo l'accampamento
poco dopo il tramonto.





(continua)
auroraageno
00martedì 20 novembre 2007 09:33
(segue)



I due uomini riferirono della profanazione della foresta sacra, un atto che poteva essere
l'opera di un grosso gruppo di cacciatori bianchi. Gli animali uccisi nella foresta erano
indubbiamente un elemento secondario. I cacciatori probabilmente cercavano i bisonti
e li avrebbero decimati su una scala molto più vasta di quanto non avessero fatto laggiù.
Dieci Orsi ascoltò, assentendo con il capo più volte, ma non fece domande.
Allora, Danza-con-i-lupi raccontò un'altra volta il suo macabro sogno.
Il vecchio continuò a tacere, con un'espressione più che mai imperscrutabile. Quando
Danza-con-i-lupi terminò di parlare, non fece alcun commento. Raccolse invece la sua
pipa e disse: << Fumiamoci sopra >>.
Danza-con-i-lupi sapeva che Dieci Orsi stava riflettendo a fondo, ma a mano a mano che
la pipa veniva passata e ripassata, diventò impaziente, ansioso di liberarsi di qualcosa
che aveva dentro.
Alla fine, disse: << Vorrei dire ancora qualcosa >>.
Il vecchio fece un cenno di assenso con il capo.
<< Quando Uccello Saltellante ed io abbiamo iniziato a incontrarci e a parlare fra di noi >>,
esordì Danza-con-i-lupi, << mi venne fatta una domanda alla quale non seppi rispondere:
Uccello Saltellante mi chiedeva: 'Quanti uomini bianchi stanno arrivando?' e io rispondevo:
'Non lo so': Questo è vero. Non so quanti di loro verranno. Ma posso dirvi questo: credo
che ve ne saranno molti.
<< Gli uomini bianchi sono numerosi, più di quanto chiunque di noi riuscirebbe mai a contare.
Se vogliono combatterci, lo faranno con migliaia di soldati dalle facce coperte di peli. I
soldati avranno delle grosse armi da guerra che possono sparare dentro a un accampamento
come il nostro e distruggerlo completamente.
<< Questo mi fa paura. Ho persino paura del mio sogno perché so che potrebbe avverarsi.
Non sono in grado di dirvi che cosa bisogna fare. Ma vengo dalla razza dei bianchi e li
conosco. Li conosco come non li conoscevo prima. Ho paura per tutti i comanci. >>
Dieci Orsi aveva fatto dei cenni di assenso per tutto il tempo, ma Danza-con-i-lupi non avrebbe
saputo dire come la stesse prendendo il vecchio.
Traballando, il vecchio capo si alzò in piedi e mosse alcuni passi per la tenda, fermandosi
accanto al suo giaciglio. Allungò la mano, staccò dalla parete un fagotto dalle dimensioni
di un melone e ritornò sui propri passi accanto al fuoco.
Si mise a sedere con un grugnito.
<< Credo che tu abbia ragione >>, disse a Danza-con-i-lupi. << E' difficile sapere che cosa
fare. Sono un vecchio con molti inverni sulle spalle e sono anche incerto su che cosa fare
quando si tratta degli uomini bianchi e dei loro soldati dalle facce coperte di peli. Ma lascia
che ti mostri qualcosa. >>
Le sue dita contorte afferrarono la stringa di cuoio che teneva legato il fagotto e in un attimo
lo aprì. Abbassò i lembi del sacco, mostrando a poco a poco un pezzo di metallo arrugginito,
grande press'a poco come la testa di un uomo.
Uccello Saltellante non aveva mai visto l'oggetto prima di allora e non aveva alcuna idea di
che cosa potesse essere.
Nemmeno Danza-con-i-lupi lo aveva mai visto. Ma sapeva di che cosa si trattava. Aveva
visto un disegno di qualcosa di simile in un testo di storia militare. Era l'elmetto di un
conquistador spagnolo.
<< Queste persone furono le prime ad arrivare nella nostra terra. Vennero con i cavalli...
allora, noi non avevamo cavalli... e ci spararono addosso con dei grossi fucili tonanti che
non avevamo mai visto. Cercavano il metallo che luccica e noi avevamo paura di loro.
Questo fu al tempo del nonno di mio nonno.
<< Alla fine, li scacciammo. >>
Il vecchio aspirò a lungo e con decisione dalla sua pipa, tirandone qualche boccata.
<< Poi, cominciarono ad arrivare i messicani. Abbiamo dovuto combatterli e ci siamo
riusciti. Hanno molta paura di noi e non si spingono fino a qui.
<< Ai miei tempi cominciarono ad arrivare gli uomini bianchi. I texani. Si sono comportati
come tutte le altre genti che vogliono qualcosa dalla nostra terra. Prendono senza chiedere.
Si infuriano quando ci vedono qui nella terra che ci appartiene e quando non facciamo come
vogliono loro, cercano di ucciderci. Uccidono le donne e i bambini come se fossero dei
guerrieri.
<< Quando ero giovane ho combattuto i texani. Ne abbiamo uccisi in gran numero e abbiamo
rapito alcune donne e qualche bambino. Uno di questi bambini è la moglie di Danza-con-
i-lupi.
<< Dopo un po' di tempo parlammo di pace. Ci incontrammo con i texani e facemmo dei
trattati con loro. Questi trattati venivano sempre rotti. Non appena gli uomini bianchi volevano
qualcos'altro da noi, le parole sulla carta non esistevano più. E' sempre stato così.
<< Mi stancai di tutto questo e molti anni fa portai la gente della nostra tribù in questo luogo,
molto lontano dai bianchi. Da molto tempo viviamo qui in pace.
<< Ma questo è l'ultimo lembo della nostra terra. Non abbiamo nessun altro posto in cui
andare. Quando penso che adesso gli uomini bianchi stanno venendo nella nostra terra,
è come ho detto. E' difficile sapere che cosa fare.
<< Sono sempre stato un uomo che ama la pace, felice di essere nella mia terra e senza
volere nulla dagli uomini bianchi. Assolutamente nulla. Ma penso che tu abbia ragione.
Penso che continueranno ad arrivare.
<< Quando penso a questo, guardo questo fagotto, sapendo che cosa c'è dentro, e sono
certo che combatteremo per conservare la nostra terra e tutto ciò che essa contiene. La
nostra terra è tutto ciò che abbiamo. E' tutto ciò che vogliamo.
<< Combatteremo per conservarla.
<< Ma non credo che dovremo combattere quest'inverno e, dopo tutto ciò che mi hai detto,
penso che sia arrivato il momento di andare.
<< Domani mattina smonteremo il villaggio e ci metteremo in cammino verso l'accampamento
invernale. >>






(continua)
auroraageno
00martedì 20 novembre 2007 09:36
(segue)



29




Quella sera, mentre si stava addormentando, Danza-con-i-lupi si rese conto che qualcosa,
in fondo alla mente, aveva cominciato a tormentarlo. Quando si svegliò, la mattina dopo,
la sensazione era ancora là e sebbene sapesse che aveva a che fare con la presenza di
cacciatori bianchi a mezza giornata di cavallo dall'accampamento, con il suo sogno e con
quanto aveva detto Dieci Orsi, non riusciva a capire con chiarezza di che cosa si trattasse.
Un'ora dopo l'alba, mentre l'accampamento veniva smantellato, cominciò a pensare a
quanto si sentisse sollevato all'idea di andarsene. L'accampamento invernale sarebbe
stato un luogo ancora più remoto di quello. Mano Alzata pensava di essere incinta e lui
desiderava ardentemente la protezione che un accampamento isolato e distante avrebbe
rappresentato per la sua nuova famiglia.
Là nessuno avrebbe potuto raggiungerli. Sarebbero stati anonimi. Lui stesso avrebbe
cessato di esistere, tranne che agli occhi della gente che lo aveva adottato.
Poi, la cosa lo colpì, e così duramente da fargli battere il cuore come se fosse
improvvisamente impazzito.
Lui esisteva.
E stupidamente ne aveva lasciato la prova dietro di sé. L'intero resoconto del tenente
John J. Dunbar era messo per iscritto perché chiunque potesse leggerlo. Si trovava
sul giaciglio della baracca di terriccio, chiuso fra le pagine del suo diario.
Dato che non aveva molto da fare, Mano Alzata era andata ad aiutare qualcuna delle
altre famiglie. Ci sarebbe voluto un po' di tempo per trovarla in mezzo alla confusione
del trasferimento e lui non voleva perdere tempo in spiegazioni. Ogni minuto dell'esistenza
del diario adesso era una minaccia.
Si mise a correre verso il branco dei pony, incapace di pensare ad altro se non a recuperare
quella testimonianza rivelatrice.
Lui e Cisco stavano entrando nell'accampamento, quando s'imbatté in Uccello Saltellante.
Lo stregone si oppose a quanto Danza-con-i-lupi gli disse. Volevano essere già in cammino
per mezzogiorno e non avrebbero potuto aspettare, se il lungo tragitto per raggiungere il
forte dell'uomo bianco e ritornare avesse richiesto più tempo del previsto.
Ma Danza-con-i-lupi fu irremovibile e Uccello Saltellante, con riluttanza, gli disse di andare.
Se avesse tardato, la loro pista sarebbe stata abbastanza facile perché lui la potesse seguire
ma lo stregone lo esortò a fare in fretta. Non gli piaceva questo genere di sorprese dell'ultimo
minuto.


Il piccolo cavallo dal manto bruno fulvo era felice di correre attraverso la prateria. Negli ultimi
giorni l'aria si era fatta pungente e quel mattino si era alzato un leggero vento. A Cisco piaceva
sentire il vento che gli soffiava sul muso e percorsero agevolmente le miglia che li separavano
dal forte.
Davanti a loro si profilò l'ultima, familiare altura e Danza-con-i-lupi si appiattì sul dorso del suo
cavallo perché corresse a briglia sciolta per l'ultimo miglio.
Superarono l'altura e si precipitarono giù per il pendio verso il vecchio avamposto.
Danza-con-i-lupi vide ogni cosa come se un lampo prodigioso gli fosse esploso davanti agli
occhi. Fort Sedgewick brulicava di soldati.
Percorsero un altro centinaio di metri prima che lui riuscisse a fermare Cisco. Il cavallo si
impennò freneticamente su se stesso, e Danza-con-i-lupi ebbe difficoltà a calmarlo. Anche
lui stava lottando con se stesso cercando di capire la visione irreale di un accampamento
dell'esercito pieno di attività.
Attorno al vecchio deposito e alla baracca di terriccio era stata piantata una fila di tende di
tela. Due cannoni Hotchkiss, montati su degli affusti, erano piazzati nelle vicinanze dei suoi
vecchi alloggiamenti. Il recinto in rovina era stipato di cavalli. E l'intero posto pullulava di
uomini in uniforme. Si muovevano per il forte, parlavano e lavoravano.
A una cinquantina di metri di fronte a lui c'era un carro e sul fondo di questo, gli occhi fissi
su di lui e la faccia sbigottita, c'erano quattro soldati semplici.
I lineamenti dei loro volti non erano abbastanza nitidi perché potesse notare che erano dei
ragazzi.
I giovanissimi soldati non avevano mai visto un indiano selvaggio, ma durante le poche
settimane di addestramento dopo che erano stati arruolati, era stato loro ripetutamente
ricordato che presto avrebbero combattuto un nemico astuto, ingannevole e assetato
di sangue. Ciò che ora stavano fissando era la visione del nemico.
Furono presi dal panico.
Danza-con-i-lupi li vide alzare i fucili proprio mentre Cisco si impennava. Non vi era niente
che potesse fare. Presero male la mira e la salva lo mancò. Cadde a terra illeso.
Ma una delle pallottole colpì Cisco in pieno petto, trapassandogli il cuore. Morì prima ancora
di cadere al suolo.
Indifferente ai soldati schiamazzanti che correvano verso di lui, Danza-con-i-lupi si strascinò
a carponi verso il suo cavallo. Prese fra le mani la testa di Cisco e gli sollevò il muso. Ma non
vi era segno di vita.
L'indignazione lo sommerse. Una frase prese forma nella sua mente. Guardate che cosa
avete fatto. Si girò verso il rumore dei passi che stavano accorrendo, pronto a gridarla.
Proprio mentre stava voltando la faccia, il calcio di un fucile lo colpì con violenza. Tutto
diventò buio.




(continua)


auroraageno
00martedì 20 novembre 2007 09:38
(segue)



Sentiva odore di terra. La sua faccia era premuta contro il terreno. Udiva il suono di
voci soffocate e alcune parole gli giunsero distintamente alle orecchie.
<< Sergente Murphy... sta rinvenendo. >>
Danza-con-i-lupi girò la faccia sull'altro lato e fece una smorfia di dolore quando lo
zigomo fratturato toccò la superficie dura del terreno.
Si toccò la faccia ferita con un dito e si ritrasse nuovamente, mentre una fitta di dolore
gli si diffondeva per tutto il lato della testa.
Cercò di aprire entrambi gli occhi, ma vi riuscì soltanto con uno. L'altro era chiuso dal
gonfiore. Quando riuscì a mettere a fuoco l'occhio aperto, si rese conto di dove si
trovasse. Era nel vecchio deposito dei rifornimenti.
Qualcuno gli diede un calcio in un fianco.
<< Ehi, tu, tirati su. >>
La punta di uno stivale lo fece rotolare sulla schiena e Danza-con-i-lupi si sottrasse
rapidamente a quel contatto. La parete posteriore della baracca lo bloccò.
Rimase seduto a fissare con l'unico occhio aperto, dapprima la faccia del barbuto
sergente che lo sovrastava, poi le facce incuriosite dei soldati bianchi raggruppati
attorno alla porta.
Dietro di loro, qualcuno gridò improvvisamente: << Toglietevi di lì e fate passare il
maggiore Hatch >>, e le facce si ritrassero dal vano della porta.
Nel deposito entrarono due ufficiali, un giovane tenente rasato di fresco e un uomo
parecchio più anziano con delle basette grigie e un'uniforme che gli si adattava
malamente. Aveva gli occhi piccoli e le insegne dorate sulle spalline mostravano la
foglia d'acero del grado di maggiore.
Entrambi gli ufficiali lo guardarono con un'espressione di ripugnanza.
<< Di chi si tratta, sergente? >> chiese il maggiore con un tono formale e circospetto.
<< Non lo sappiamo ancora, signore. >>
<< Parla inglese? >>
<< Non sappiamo neanche questo, signore... Ehi, tu, parli inglese? >>
Danza-con-i-lupi batté la palpebra dell'occhio sano.
<< Parlare? >> chiese nuovamente il sergente, portandosi le dita alle labbra. << Parlare? >>
Diede un leggero calcio a uno degli stivali neri del prigioniero e Danza-con-i-lupi si
rizzò a sedere più diritto. Non era una mossa minacciosa ma mentre si raddrizzava,
vide i due ufficiali scattare all'indietro. Avevano paura di lui.
<< Parlare? >> chiese ancora una volta il sergente.
<< Parlo inglese >>, disse stancamente Danza-con-i-lupi. << Parlare mi provoca dolore...
uno dei vostri ragazzi mi ha rotto uno zigomo. >>
I soldati furono sbalorditi nel sentirlo parlare così perfettamente e restarono a fissarlo
ammutoliti.
Danza-con-i-lupi aveva l'aspetto di un bianco e anche quello di un indiano. Era stato
difficile distinguere quale delle due cose fosse veramente. Adesso, perlomeno, sapevano
che era un bianco.
Durante quei brevi attimi di silenzio altri soldati si erano di nuovo ammassati attorno
all'entrata della baracca e Danza-con-i-lupi parlò rivolto a loro.
<< Uno di quegli stupidi idioti ha ucciso il mio cavallo. >>
Il maggiore ignorò la sua osservazione.
<< Chi sei? >>
<< Sono il tenente John J. Dunbar, esercito degli Stati Uniti. >>
<< Perché sei vestito come un indiano? >>
Anche se lo avesse voluto, Danza-con-i-lupi non avrebbe saputo formulare una risposta
alla domanda. Ma non voleva farlo.
<< Sono stato assegnato a questo avamposto >>, disse. << Sono venuto qui da Fort Hays
in aprile, ma non vi ho trovato nessuno. >>
Il maggiore e il tenente si consultarono brevemente, bisbigliandosi qualche parola all'orecchio.
<< Sotto il giaciglio, nell'altra baracca, c'è un foglio di carta ripiegato in cui sono riportati
i miei ordini. Sul letto c'è il mio diario. Vi dirò tutto ciò che vi serve. >>
Per Danza-con-i-lupi era finita. Lasciò cadere il lato della faccia che non era dolorante
sul palmo di una mano. Gli si stava spezzando il cuore. La tribù non lo avrebbe sicuramente
aspettato. E quando fosse riuscito a togliersi da quel pasticcio, se mai vi fosse riuscito,
sarebbe stato troppo tardi per trovarli. Cisco era là fuori, morto. Aveva voglia di piangere.
Ma non osò. Abbassò soltanto la testa.
Qualcuno uscì dalla stanza, ma lui non alzò gli occhi per vedere di chi si trattasse. Passarono
alcuni secondi, poi sentì il sergente mormorare rudemente: << Sei diventato un indiano,
vero? >>
Danza-con-i-lupi alzò la testa. Il sergente era chino su di lui e lo guardava di traverso.
<< Vero? >>
Danza-con-i-lupi non rispose. Lasciò di nuovo cadere la testa sul palmo della mano, rfiutandosi
di sollevare ancora lo sguardo finché non riapparvero il tenente e il maggiore.
Questa volta, fu il tenente a parlare.
<< Come ti chiami? >>
<< Dunbar... D-u-n-b-a-r... John, J. >>
<< Sono questi i tuoi ordini? >>
Aveva in mano un foglio di carta ingiallito. Danza-con-i-lupi dovette socchiudere l'occhio sano
per riuscire a distinguerlo.
<< Sì >>
<< Il nome scritto sul foglio è Rumbar >>, disse seccamente il tenente. << La data è stata
apposta a penna, ma il resto è scritto con l'inchiostro. La firma dell'ufficiale che lo ha rilasciato
è sbavata. Non è leggibile. Che cos'hai da dire al riguardo? >>
Danza-con-i-lupi avvertì il sospetto nella voce del tenente. Cominciò a farsi strada in lui la
convinzione che quella gente non gli credeva.
<< Quelli sono gli ordini che mi sono stati dati a Fort Hays >>, disse con voce piatta.
Il tenente fece una smorfia. Non sembrava soddisfatto.
<< Leggete il diario >>, disse Danza-con-i-lupi.
<< Non c'è nessun diario >>, rispose il giovane ufficiale.
Danza-con-i-lupi lo guardò attentamente, sicuro che stesse mentendo.
Ma il tenente stava dicendo la verità.
Un componente del gruppo di avanguardia che per primo aveva raggiunto Fort Sedgewick
aveva trovato il diario. Si trattava di un soldato semplice analfabeta di nome Sheets e
si era infilato il diario nella giubba, pensando che avrebbe potuto farne buon uso come
carta igienica. Sheets adesso sentiva parlare di un certo diario che era sparito e che l'uomo
bianco selvaggio affermava che questo diario gli apparteneva. Forse, avrebbe dovuto
restituirlo. Gli avrebbero probabilmente dato una ricompensa. Ma, ripensandoci, temette
invece che avrebbe potuto ricevere una lavata di capo. O peggio. Aveva fatto più di un
turno di guardia come punizione per dei piccoli furti. Così il diario restò nascosto sotto
la sua uniforme.
<< Vogliamo che tu ci dia delle spiegazioni per quanto riguarda il tuo aspetto >>, continuò
il tenente. Adesso, sembrava un interrogatorio. << Se sei chi dici di essere, perché non
sei in uniforme? >>
Danza-con-i-lupi si spostò contro la parete del deposito.
<< Che cosa ci sta facendo qui l'esercito? >>
Il maggiore e il tenente bisbigliarono nuovamente fra di loro. E di nuovo fu il tenente a parlare.
<< Abbiamo il compito di recuperare i beni che sono stati trafugati, nonché di liberare i
prigionieri bianchi catturati nel corso di scorrerie. >>
<< Non vi sono state scorrerie e non vi sono dei prigionieri bianchi >>, mentì Danza-con-
i-lupi.
<< Lo accerteremo direttamente >>, ribatté il tenente.
Gli ufficiali ripresero nuovamente a mormorare fra di loro e questa volta la conversazione
andò avanti per un po', prima che il tenente si schiarisse la voce.
<< Ti daremo un'occasione per provare la tua lealtà verso il tuo paese. Se ci guiderai
fino agli accampamenti e ci farai da interprete, ne verrà tenuto conto per quanto riguarda
il giudizio sulla tua condotta. >>
<< Quale condotta? >>
<< Il tuo tradimento. >>
Danza-con-i-lupi sorrise.
<< Pensate che io sia un traditore? >>
La voce del tenente si alzò irosamente di tono.
<< Sei disposto a collaborare o no? >>
<< Non c'è niente per voi, là fuori. E' tutto ciò che ho da dire. >>
<< Allora non ci resta altra scelta che quella di metterti agli arresti. Puoi restare qui seduto
a riflettere sulla tua situazione. Se deciderai di collaborare, dillo al sergente Murphy e ne
parleremo. >>
Dopodiché il maggiore e il tenente uscirono dal deposito. Il sergente Wilcox assegnò due
uomini perché montassero la guardia alla porta e Danza-con-i-lupi fu lasciato solo.




(continua)

auroraageno
00martedì 20 novembre 2007 18:34
(segue)



Uccello Saltellante cercò di prendere tempo più che poté, ma nel primo pomeriggio
l'accampamento di Dieci Orsi aveva iniziato la lunga marcia, dirigendosi a sud-ovest
attraverso le pianure.
Mano Alzata insistette per aspettare il marito e fu presa da un attacco di isterismo
quando la obbligarono ad andare. Le mogli di Uccello Saltellante dovettero ricorrere
alle maniere forti prima che, alla fine, si calmasse.
Ma Mano Alzata non era sola, tra i comanci, a essere preoccupata. Tutti lo erano.
Subito prima della partenza, venne tenuta una riunione dell'ultimo minuto del consiglio
della tribù. Tre giovani guerrieri con dei pony veloci vennero inviati in esplorazione al
forte dell'uomo bianco alla ricerca di Danza-con-i-lupi.


Danza-con-i-lupi era rimasto seduto per tre ore, lottando per ricacciare il dolore della
faccia malconcia, quando disse alla guardia che aveva bisogno di urinare.
Mentre camminava verso il promontorio, scortato da due soldati, provò un senso di
ripugnanza per quegli uomini e il loro accampamento. Non gli piaceva il loro odore.
Il suono delle voci risuonava aspro alle sue orecchie. Persino il modo in cui si muovevano
gli sembrava rozzo e sgraziato.
Urinò oltre il bordo del promontorio e i due soldati si avviarono per riportarlo indietro.
Stava pensando alla fuga, quando un carro carico di legname e con a bordo tre soldati
irruppe rumorosamente nell'accampamento, slittando sulle ruote frenate per poi arrestarsi
lì accanto.
Uno degli uomini sul carro chiamò un amico che era rimasto seduto all'accampamento
e Danza-con-i-lupi vide un soldato alto avviarsi con passo tranquillo verso il carro.
Gli uomini sul carro ridevano fra di loro mentre il soldato si avvicinava.
Sentì uno di loro dire: << Guarda che cosa ti abbiamo portato, Burns >>.
Afferrarono qualcosa e lo gettarono oltre la sponda del carro. Il soldato alto sotto di loro
fece un balzo all'indietro, spaventato, mentre il corpo di Due Calzini atterrava ai suoi
piedi con un tonfo sordo.
Gli uomini saltarono giù dal carro e lo schernirono, vedendolo indietreggiare davanti
al lupo morto.
Uno dei taglialegna gridò con voce stridula: << E' grosso, eh? Che te ne pare, Burns? >>
Due di loro sollevarono Due Calzini dal terreno, afferrandolo l'uno per la testa e l'altro
per le zampe posteriori. Poi, accompagnati dalle risate di tutti i soldati, cominciarono
a inseguire il soldato alto per tutto lo spiazzo.
Danza- con-i-lupi si mosse così velocemente che nessuno fece un gesto fino a che non
fu addosso ai due soldati che reggevano Due Calzini. Con dei secchi colpi a uncino
buttò a terra uno dei due privo di sensi.
Quindi si lanciò sul secondo, atterrandolo mentre questo cercava di scappare. Poi, le sue
mani furono sulla gola dell'uomo. La faccia stava diventando violacea e Danza-con-i-lupi
vide che gli occhi cominciavano ad appannarsi, quando qualcosa lo colpì alla nuca e il
buio fu nuovamente su di lui.
Quando ritornò in sé, era il crepuscolo. La sua testa pulsava così dolorosamente che
dapprima non notò nulla. Udì soltanto un leggero rumore metallico quando si mosse.
Poi, sentì il freddo del metallo. Le sue mani erano incatenate. Mosse i piedi. Anche
questi erano incatenati.
Quando il maggiore e il tenente ritornarono per fargli altre domande, rispose loro con
uno sguardo pieno di disprezzo e sputò una lunga sequela di insulti in comanci. Ogni
volta che gli chiedevano qualcosa, lui rispondeva in comanci. Alla fine, si stancarono
e se ne andarono.
Più tardi, verso sera, il grosso sergente gli mise davanti una ciotola di farina d'avena
cotta in acqua.
Con i piedi incatenati, Danza-con-i-lupi diede un calcio alla ciotola.


Gli esploratori di Uccello Saltellante riferirono la terribile notizia verso mezzanotte.
Avevano contato più di sessanta soldati armati al forte dell'uomo bianco. Avevano visto
il piccolo cavallo dal manto bruno fulvo sul terreno del pendio. E subito prima che
facesse buio, avevano visto Danza-con-i-lupi che veniva condotto al promontorio
presso il fiume, con le mani e i piedi incatenati.
La tribù passò immediatamente all'azione evasiva. Raggrupparono le loro cose e
si misero in cammino durante la notte, a piccoli gruppi di una dozzina di persone,
seguendo ognuno una direzione diversa. Si sarebbero ritrovati alcuni giorni più tardi
all'accampamento invernale.
Dieci Orsi sapeva che non sarebbe mai riuscito a trattenerli, quindi non ci provò.
Un gruppo di venti guerrieri, fra i quali Uccello Saltellante, Vento-nei-capelli e Coscia-
di-pietra, partì meno di un'ora dopo il rientro degli esploratori, promettendo di non
impegnare il nemico a meno che non fossero sicuri della riuscita della loro missione.




(continua)
auroraageno
00martedì 20 novembre 2007 18:36
(segue)



Il maggiore Hatch prese la sua decisione quella stessa notte. Non aveva voglia di
preoccuparsi dello spinoso problema di un uomo bianco, selvaggio e mezzo indiano,
seduto lì proprio sotto il suo naso. Il maggiore non era un idealista e fin dal primo
momento il suo esotico prigioniero lo aveva sconcertato e intimorito.
Al poco lungimirante ufficiale non venne in mente che avrebbe potuto usare Danza-con-
i-lupi con il massimo profitto come strumento di scambio. Voleva soltanto sbarazzarsene.
La sua presenza aveva già scombussolato il reparto.
Rimandarlo a Fort Hays sembrava un'idea brillante. Come prigioniero, per il maggiore
avrebbe avuto molto più valore laggiù che non lì all'avamposto. La cattura di un rinnegato
gli sarebbe tornata molto utile nei confronti dei pezzi grossi. L'esercito avrebbe parlato
di questo prigioniero, e se parlavano del prigioniero, il nome dell'uomo che lo aveva
catturato era destinato a saltar fuori altrettanto spesso.
Il maggiore spense la lampada e tirò su la coperta con uno sbadiglio di compiacimento.
Tutto si sarebbe risolto per il meglio, pensò. La campagna non avrebbe potuto avere
un inizio migliore.

Andarono a prendere il prigioniero il mattino dopo di buon'ora.
Due uomini agli ordini del sergente Murphy afferrarono Danza-con-i-lupi e lo tirarono su
in piedi. << Dobbiamo infilargli un'uniforme e metterlo un po' in ghingheri, signore? >>
Chiese il sergente al maggiore.
<< No, naturalmente >>, rispose il maggiore seccamente. << Fatelo salire sul carro. >>
Vennero assegnati sei uomini come scorta per il viaggio fino a Fort Hays: due a cavallo
davanti al carro e due al seguito, uno per condurre il carro e uno per sorvegliare il prigioniero.
Si diressero verso Est, attraverso la prateria ondulata che amava tanto. Ma in quel luminoso
mattino di ottobre nel cuore di Danza-con-i-lupi non vi era amore. Non disse nulla ai suoi
guardiani. Preferì restarsene a sobbalzare per gli scossoni in fondo al carro, ascoltando il
monotono rumore delle catene che sbattevano mentre la sua mente valutava le possibilità.
Non c'era modo di sopraffare la scorta. Avrebbe potuto ucciderne uno, o forse due, di loro.
Ma dopo avrebbero ucciso lui. Pensò di provarci comunque. Morire combattendo quegli
uomini non sarebbe poi stato tanto male. Sarebbe stato meglio che finire in qualche
miserabile prigione.
Ogni volta che pensava a lei, sentiva una fitta al cuore. Quando il suo viso cominciava ad
apparire nella sua mente, si sforzava di pensare ad altro. Dovette farlo a intervalli di pochi
minuti. Era la peggiore delle agonie.
Dubitava che sarebbero venuti per lui. Sapeva che avrebbero voluto farlo, ma non riusciva
a credere che Dieci Orsi avrebbe messo in pericolo la salvezza di tutta la sua gente per un
solo uomo. Lui stesso non lo avrebbe fatto.
D'altro canto, era sicuro che avessero mandato degli esploratori e che ora sapessero della
sua disperata situazione. Se erano rimasti nelle vicinanze abbastanza a lungo da vederlo
lasciare il forte nel carro, con soli sei uomini per scortarlo, avrebbe potuto esserci una
possibilità.
A mano a mano che il mattino passava lentamente, Danza-con-i-lupi si aggrappava a questo
pensiero come la sua unica speranza. Ogni volta che il carro rallentava per superare un'altura
o attraversava traballando il letto asciutto di un torrente, tratteneva il respiro, desiderando di
udire il sibilo di una freccia o il rumore secco di un colpo di fucile.
A mezzogiorno non aveva ancora udito niente.
Avevano proseguito lontano dal fiume per parecchio tempo, ma adesso lo avevano nuovamente
davanti a loro. Lo seguirono per un quarto di miglio, alla ricerca di un punto per passare a
guado, prima che i soldati che cavalcavano davanti al carro trovassero un passaggio aperto
dalle mandrie di bisonti.
Il fiume in quel punto non era molto largo, ma le faglie di terreno lungo gli argini erano
eccezionalmente alte, abbastanza alte per un'imboscata. Mentre il carro scendeva cigolando
lungo il pendio, Danza-con-i-lupi tenne gli occhi e le orecchie ben aperti.
Il sergente che comandava la scorta gridò al conducente del carro di fermarsi prima che
entrassero nell'acqua e rimasero ad aspettare, mentre il sergente e un altro soldato
attraversavano il fiume. Per un paio di lunghi minuti ispezionarono la sponda. Poi il sergente
mise le mani a coppa attorno alla bocca e gridò al carro di venire avanti.
Danza-con-i-lupi serrò i pugni e cambiò posizione, mettendosi accovacciato. Non vedeva
e non sentiva nulla.
Ma sapeva che erano là.
Al sibilo della prima freccia stava già scattando, più veloce della guardia nel carro che stava
ancora annaspando per imbracciare il fucile quando Danza-con-i-lupi gli passò attorno al
collo come un cappio la catena che gli teneva legate le mani.
Dietro di lui esplosero dei colpi di fucile. Diede un violento strattone e sentì la carne cedere,
mentre la catena sfondava la gola del soldato.
Con la coda dell'occhio vide il sergente crollare a testa in giù dal suo cavallo, con una freccia
conficcata fra le scapole. Il soldato che stava a cassetta era balzato giù dal carro e stava
facendo fuoco con una pistola in mezzo all'acqua che gli arrivava alle ginocchia.
Danza-con-i-lupi si lanciò sopra di lui. Vi fu una breve lotta nell'acqua, prima che Danza-con-
i-lupi riuscisse a districarsi. Impugnando la catena come una frusta con entrambe le mani,
colpì con forza il conducente del carro alla testa. Il soldato si afflosciò, rivoltandosi lentamente
nell'acqua poco profonda. Danza-con-i-lupi continuò a colpirlo finché vide l'acqua arrossarsi.
Lungo la corrente del fiume si udivano delle grida. Danza-con-i-lupi alzò gli occhi in tempo
per vedere l'ultimo dei soldati della scorta che cercava di fuggire. Doveva essere stato ferito
perché riusciva a malapena a reggersi in sella.
Subito dietro al soldato la cui sorte era ormai segnata, vi era Vento-nei-capelli. Quando i loro
cavalli si affiancarono, Danza-con-i-lupi udì il rumore sordo dell'ascia di pietra di Vento-nei-
capelli mentre fracassava il cranio dell'uomo.
Dietro di lui tutto era calmo. Si girò e vide nell'acqua i corpi senza vita degli uomini della
retroguardia.
Alcuni guerrieri stavano conficcando le loro lance nei cadaveri e Danza-con-i-lupi fu felice
di vedere che fra loro vi era Coscia-di-pietra.
Una mano lo afferrò per la spalla. Si voltò e si trovò davanti la faccia raggiante di Uccello
Saltellante.
<< E' stato un combattimento magnifico >>, esultò lo stregone. << Li abbiamo uccisi tutti
senza fatica e nessuno di noi è ferito. >>
<< Io ne ho uccisi due >>, gridò Danza-con-i-lupi di rimando. Sollevò in aria le mani incatenate
e aggiunse: << Con queste >>.
Il gruppo di soccorso non perse tempo. Dopo una ricerca frenetica trovarono le chiavi per
aprire le catene di Danza-con-i-lupi addosso al corpo del sergente.
Poi saltarono in groppa ai loro pony e si allontanarono al galoppo, prendendo una direzione
che deviava per parecchie miglia a sud e a Ovest di Fort Sedgewick.






(continua)
auroraageno
00mercoledì 21 novembre 2007 09:39
(segue)

30




Durante la fuga, qualche centimetro della prima neve cadde sulla gente di Dieci Orsi,
coprendo ogni traccia del loro cammino fino all'accampamento invernale.
Tutti procedettero a buona andatura e sei giorni più tardi i vari gruppi erano riuniti
in fondo all'enorme canyon che sarebbe stato la loro casa per parecchi mesi.
Il luogo era imbevuto di storia comanci e veniva chiamato, in maniera molto appropriata,
Qui-cammina-il-Grande-Spirito. Il canyon era lungo alcune miglia, per la maggior parte
largo un miglio, e alcune delle sue pareti a picco arrivavano a mezzo miglio di altezza.
Trascorrevano l'inverno in quel luogo sin da quando la maggior parte della gente riuscisse
a ricordare. Era un posto perfetto che assicurava il foraggio per i pony e acqua in abbondanza,
e che riparava efficacemente dalle bufere di neve che infuriavano alla sommità durante
tutto l'inverno. Ed era anche molto distante dai suoi nemici.
Anche delle altre tribù vi trascorrevano l'inverno e fu con grande letizia che vecchi amici e
parenti si rividero per la prima volta dalla primavera precedente.
Una volta che tutti si furono riuniti, però, l'accampamento di Dieci Orsi si dispose all'attesa,
incapaci di sentirsi sereni fino a che la sorte del gruppo di soccorso non fosse stata loro
nota.
Verso metà mattino del giorno dopo il loro ritorno, un esploratore irruppe al galoppo
nell'accampamento portando la notizia di aver avvistato il gruppo lungo la pista che
conduceva al canyon. Danza-con-i-lupi era con loro.
Mano Alzata si mise a correre davanti a tutti quanti verso l'imbocco del canyon. Correva
e piangeva, e quando gli uomini a cavallo si profilarono all'inizio della pista, gridò il
suo nome.
Non smise di gridare il nome del marito fino a che non lo ebbe raggiunto.


La prima neve fu il preludio di una paurosa tormenta che scoppiò quello stesso pomeriggio.
La gente rimase nei pressi delle proprie tende per i due giorni che seguirono.
Danza-con-i-lupi e Mano Alzata non videro quasi nessuno.
Uccello Saltellante fece il meglio che poté per la faccia malconcia di Danza-con-i-lupi,
facendone diminuire il gonfiore e cercando di accelerarne la guarigione con delle erbe
medicamentose. Non si poteva fare nulla, però, per quanto riguardava lo zigomo fratturato,
se non lasciare che si accomodasse da solo.
Danza-con-i-lupi non si preoccupava per la sua ferita. Qualcosa di ben peggiore lo opprimeva
e, mentre lottava con se stesso, non si sentiva disposto a vedere altra gente.
Parlava soltanto con Mano Alzata, ma anche a lei non diceva molto. Trascorreva la maggior
parte del tempo sdraiato nella tenda come un malato. Lei rimaneva accanto a lui, ponendosi
delle domande ma aspettando che fosse lui a parlargliene. Sapeva che, alla fine, lo avrebbe
fatto.
La tormenta durava ormai da tre giorni quando Danza-con-i-lupi lasciò la tenda per una lunga,
solitaria passeggiata. Quando ritornò, chiese a Mano Alzata di sedersi e le disse della sua
decisione irrevocabile.
Allora, lei si girò dall'altra parte e rimase seduta per quasi un'ora a capo chino, riflettendo
in silenzio.
<< E' così che deve essere? >> chiese infine, con gli occhi che luccicavano di tristezza.
Anche Danza-con-i-lupi era triste.
<< Sì >>, rispose lui in tono sommesso.
Lei emise un sospiro che era quasi un lamento, cercando di trattenere le lacrime.
<< Allora, lo sarà. >>


Danza-con-i-lupi chiese che venisse riunito il consiglio della tribù. Voleva parlare con Dieci
Orsi. Chiese anche che fossero presenti Uccello Saltellante, Vento-nei-capelli, Coscia-di-
pietra e chiunque altro Dieci Orsi ritenesse opportuno.
Si riunirono la sera seguente. La tormenta stava diminuendo gradatamente e tutti erano di
buonumore. Mangiarono e fumarono nel corso di tutta una serie di briosi preliminari, rievocando
animatamente l'episodio del combattimento presso il fiume e la liberazione di Danza-con-i-
lupi.
Lui aspettò di buon grado per tutto il tempo. Era felice di trovarsi con i suoi amici.
Ma quando finalmente la conversazione cominciò a esaurirsi, approfittò subito del primo
momento di silenzio per cominciare a parlare.
<< Voglio dirvi di ciò che mi preoccupa >>, esordì, e il consiglio ebbe ufficialmente inizio.
Gli uomini presenti capirono che stava per accadere qualcosa di importante e prestarono
la massima attenzione. Dieci Orsi girò l'orecchio dal quale sentiva meglio verso Danza-con-
i-lupi per non perdere nemmeno una parola.
<< Non è da molto tempo che sono con voi, ma dentro di me è come se fosse da una vita
intera. Sono fiero di essere un comanci. Sarò sempre fiero di essere un comanci. Amo il
modo di vivere comanci e amo ciascuno di voi come se fosse del mio stesso sangue.
Nel mio cuore e nel mio animo sarò sempre con voi. Dovete quindi comprendere quanto
sia difficile per me dirvi che devo lasciarvi. >>
Nella tenda esplose un coro di esclamazioni di sorpresa e di incontenibile incredulità.
Vento-nei-capelli balzò in piedi e si mise a camminare avanti e indietro, agitando
sdegnosamente le mani alla stupida idea che aveva appena udito.
Danza-con-i-lupi rimase seduto in silenzio in mezzo al trambusto che aveva sollevato.
Tenne gli occhi fissi sul fuoco, le mani congiunte tranquillamente in grembo.
Dieci Orsi alzò una mano e disse agli uomini di tacere. La tenda divenne nuovamente
silenziosa.
Ma Vento-nei-capelli continuò ad aggirarsi per la tenda e Dieci Orsi lo richiamò seccamente.
<< Vieni a sederti. Il nostro fratello non ha terminato di parlare. >>
Riluttante, Vento-nei-capelli ubbidì e quando si fu seduto, Danza-con-i-lupi proseguì.
<< Uccidere quei soldati al fiume è stata un'impresa valida. Mi ha ridato la libertà e il mio
cuore si è riempito di gioia nel vedere i miei fratelli accorrere in mio aiuto..
<< Non mi importa che quegli uomini siano stati uccisi. Sono stato lieto di averlo fatto.
<< Ma voi non conoscete la mente dei bianchi come la conosco io. I soldati mi considerano
come uno di loro che si è guastato, un rinnegato. Pensano che li abbia traditi. Ai loro occhi
io sono un traditore perché ho scelto di vivere in mezzo a voi. Non mi importa se abbiano
ragione o torto, ma vi dico sinceramente che questo è ciò che loro credono.
<< Gli uomini bianchi daranno la caccia a un traditore molto più a lungo di quanto non rinuncino
a dare la caccia a qualsiasi altro uomo. Per loro un traditore è la cosa peggiore che un
soldato possa essere. Quindi mi daranno la caccia finché non mi troveranno. Non rinunceranno.
<< E quando troveranno me, troveranno voi. Vorranno impiccarmi e vorranno punire voi
allo stesso modo. Forse vi puniranno anche se me ne sarò andato. Non lo so.
<< Se si trattasse soltanto di noi, potrei restare, ma si tratta di più di non che noi soli uomini.
Si tratta delle vostre mogli e dei vostri figli e di quelli dei vostri amici. Verrà fatto del male
a tutti loro.
<< Non devono trovarmi qui con voi. Questo è tutto. Ed è per questo che devo andarmene.
Ne ho parlato con Mano Alzata e ce ne andremo insieme. >>
Per alcuni secondi nessuno si mosse. Capivano che aveva ragione, ma nessuno di loro
sapeva che cosa dire.
<< Dove andrete? >> chiese infine Uccello Saltellante.
<< Non lo so. Lontano. Lontano da questa terra. >>
Nella tenda scese nuovamente il silenzio. Era ormai diventato insopportabile quando Dieci
Orsi tossì leggermente.
<< Hai parlato con parole giuste, Danza-con-i-lupi. Il tuo nome rimarrà vivo nei cuori della
nostra gente finché ci saranno dei comanci. Faremo in modo che non venga dimenticato.
Quando ve ne andrete? >>
<< Quando cesserà di nevicare >>, disse lui a bassa voce.
<< La neve cesserà domani >>, disse Dieci Orsi. << Adesso, dovremmo andare a dormire. >>




(continua)
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 05:44.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com