(segue)
12
Vento-nei-capelli e gli altri uomini ritornarono per trovare il villaggio in lutto.
Il gruppo di guerrieri che era stato assente così a lungo per combattere gli ute era infine
tornato.
E le notizie non erano buone.
Avevano rubato soltanto sei cavalli, non abbastanza per coprire le loro stesse perdite.
Dopo tutto quel tempo lontani dal villaggio, i guerrieri erano a mani vuote.
Con loro vi erano quattro guerrieri gravemente feriti, e soltanto uno di loro sarebbe
sopravvissuto. Ma la vera tragedia era rappresentata dai sei uomini che erano stati
uccisi. Sei valorosi guerrieri. E, peggio ancora, c'erano soltanto quattro corpi avvolti
nelle coperte sulle rudimentali portantine tirate a strascico dai cavalli.
Non erano riusciti a recuperare due dei morti e, tristemente, i nomi di quegli uomini non
sarebbero stati mai più pronunciati.
Uno di loro era il marito di Mano Alzata.
Poiché si trovava nella tenda per le donne, la notizia dovette esserle trasmessa dall'esterno
da due degli amici di suo marito.
Dapprima sembrò accogliere impassibilmente la notizia, rimanendo seduta e immobile
come una statua sul pavimento della tenda, le mani incrociate sul grembo, la testa
leggermente abbassata. Rimase seduta in quel modo per gran parte del pomeriggio,
lasciando che il dolore si diffondesse lentamente in tutto il suo corpo, mentre le altre donne
badavano alle loro faccende.
La osservavano, però, in parte perché sapevano quanto Mano Alzata e suo marito fossero
stati uniti. Ma era una donna bianca, e questo, più di ogni altro, era il motivo per sorvegliarla.
Nessuna di loro sapeva come la mente di una donna bianca avrebbe reagito a un frangente
come questo. Così, la osservavano con un misto di affetto e di curiosità.
E fu un bene.
Mano Alzata era così profondamente sconvolta che non fece un solo movimento, non spostò
lo sguardo per tutto il pomeriggio. Non versò una lacrima. Rimase solamente seduta. La sua
mente correva pericolosamente. Pensò a ciò che aveva perduto, a suo marito e infine a se
stessa.
Rivide tutti gli avvenimenti della sua vita con lui, e tutto le appariva in dettagli frammentati ma
vividi. Uno di questi in particolare le riappariva ripetutamente... la sola e unica volta in cui
aveva pianto.
Era accaduto una notte, non molto tempo dopo la morte del loro secondo bambino. Aveva
resistito facendo di tutto per non sprofondare nel dolore. Stava ancora cercando di resistere,
quando erano venute le lacrime. Cercò di fermarle nascondendo il viso nella sua veste per
la notte. Avevano già parlato di una seconda moglie e lui aveva già pronunciato le parole:
<< Tu mi basti >>. Ma non era abbastanza per alleviare il dolore della morte del secondo
figlio, un dolore che sapeva condiviso da lui, e aveva affondato il viso bagnato di pianto
nella veste. Ma non riusciva a fermarsi e le lacrime diventarono dei singhiozzi.
Quando il pianto cessò, sollevò la testa e lo vide seduto quietamente accanto al fuoco.
Lo attizzava distrattamente, gli occhi che guardavano vacui attraverso le fiamme.
Quando i loro occhi si incontrarono, lei disse: << Io non sono niente >>.
Dapprima, lui non rispose. Ma la guardò fin nell'animo con un'espressione così quieta che
lei non poté resistere alla calma che questo le infondeva. Poi aveva visto il più debole dei
sorrisi apparire sulle sue labbra mentre le diceva: << Tu sei molto >>.
Lo ricordava così bene: si era alzato, aveva fatto scivolare le mani sotto la sua veste e l'aveva
stretta delicatamente fra le braccia.
Ricordava come, quasi inconsapevoli, avevano fatto l'amore, un amore così privo di gesti e
di parole e di forza. Era come sentirsi trasportare in alto per galleggiare indefinitamente
nell'acqua di un invisibile fiume. Fu la loro notte più lunga. Quando il sonno stava per coglierli,
in qualche modo cominciavano nuovamente a fare l'amore. E ancora. E ancora. Due persone
di una carne sola.
Nemmeno l'arrivo del sole li fermò. Per la prima e unica volta nella loro vita insieme, nessuno
dei due lasciò la tenda quella mattina.
Quando il sonno, alla fine, li colse, avvenne simultaneamente, e Mano Alzata ricordò che si era
addormentata con la sensazione che il peso dell'essere due persone improvvisamente era così
lieve che aveva smesso di avere importanza.
Si ricordò che non si sentiva più né indiana né bianca. Si sentiva un solo essere, una sola
persona non più divisa.
Mano Alzata batté le palpebre e ritornò al presente e al luogo dove si trovava.
Non era più una moglie, una comanci, o persino una donna. Adesso, non era niente. Che cosa
stava aspettando?
A poca distanza da lei, sul pavimento, vi era uno degli arnesi usati per raschiare le pelli. Vide
la sua mano afferrarlo. La vide affondarlo fino in fondo nel suo petto.
Mano Alzata attese il momento in cui l'attenzione generale era rivolta altrove. Si dondolò avanti
e indietro alcune volte poi si gettò in avanti, coprendo a carponi la distanza fra lei e l'arnese.
La sua mano lo afferrò saldamente e in un lampo la lama fu davanti al suo viso. Lo sollevò più
in alto, gettò un grido e lo calò con entrambe le mani, come se afferrasse un oggetto a lei
molto caro.
Nella frazione di secondo necessaria perché l'arnese compisse la traiettoria, arrivò la prima
donna. Anche se mancò le mani che trattenevano l'arnese, l'urto fu sufficiente perché questo
deviasse. La lama passò di lato, lasciando una sottile traccia sul corpetto della veste di Mano
Alzata mentre sfiorava il suo seno sinistro, penetrò nella manica di pelle di daino e affondò
nel braccio appena sopra il gomito.
Mano Alzata lottò come una furia e le donne fecero parecchia fatica a toglierle la lama di mano.
Quando vi riuscirono, la furia di Mano Alzata svanì di colpo. Crollò fra le braccia delle sue
amiche e come il getto che scaturisce quando una valvola ostinata viene finalmente liberata,
cominciò a singhiozzare convulsamente.
Le donne un po' trasportarono e un po' trascinarono quel piccolo fagotto di tremiti e di lacrime
verso il giaciglio. Mentre un'amica la cullava come un bambino, altre due di loro fermarono
il sangue che usciva dalla ferita e le fasciarono il braccio.
Pianse così a lungo che le donne dovettero avvicendarsi a tenerla abbracciata. Finalmente,
il suo respiro cominciò a farsi meno affannoso e i singhiozzi cessarono fino a diventare un
pianto sommesso. Allora, senza aprire gli occhi resi gonfi dalle lacrime, parlò, ripetendo le
stesse parole, cantandole a bassa voce a nessun altro che a se stessa.
<< Non sono niente. Non sono niente. Non sono niente. >>
Quando venne la sera, riempirono un corno cavo con del brodo leggero e glielo fecero bere.
Cominciò con dei piccoli sorsi esitanti, ma più ne beveva e più ne sentiva il bisogno. Lo
terminò con un lungo sorso e si sdraiò sul giaciglio, con gli occhi spalancati che fissavano
verso l'alto.
<< Non sono niente >>, ripeté nuovamente. Ma ora il tono della sua affermazione era sereno
e le altre donne si resero conto che aveva superato la fase più pericolosa del suo dolore.
Mormorandole dolcemente alcune parole di incoraggiamento, pettinarono i suoi capelli
arruffati e le rimboccarono l'orlo di una coperta attorno alle spalle.
Circa nello stesso momento in cui la prostrazione fece scivolare Mano Alzata in un sonno
profondo e senza sogni, il tenente Dunbar venne svegliato da un sordo rumore di zoccoli
all'entrata della baracca.
Non riconoscendo il suono e con la mente ancora annebbiata dal lungo sonno, il tenente
rimase sdraiato, sbattendo le palpebre per svegliarsi, mentre la sua mano annaspava sul
terreno vicino al giaciglio per prendere la pistola. Prima che potesse trovarla, riconobbe
il suono. Era Cisco. Era tornato un'altra volta.
Sempre all'erta, Dunbar scese senza far rumore dal giaciglio e tenendosi abbassato scivolò
furtivamente accanto al cavallo e uscì dall'esterno.
Era scuro ma ancora presto. Nel cielo vi era soltanto la stella della sera. Il tenente rimase
in ascolto e osservò intorno. Non c'era nessuno.
Cisco lo aveva seguito sullo spiazzo. Il tenente Dunbar gli appoggiò distrattamente una mano
sul collo e sentì che il pelo era indurito dal sudore rappreso. Sogghignò e disse a voce alta:
<< Immagino che tu gliene abbia fatto vedere delle belle, vero? Hai bisogno di una buona
bevuta >>.
Mentre conduceva Cisco giù al fiume, si meravigliò di sentirsi così bene e in forze. Anche se
la ricordava chiaramente, la paralisi che lo aveva colto alla vista dell'incursione di quel pomeriggio
sembrava lontana. Non indistinta, ma lontana, come la storia. Era stato un battesimo, concluse,
un battesimo che lo aveva catapultato dalla fantasia alla realtà. Il guerriero che era venuto verso
di lui e che gli aveva abbaiato quelle frasi era reale: Gli uomini che avevano preso Cisco erano
reali. Ora li conosceva.
Mentre Cisco indugiava a giocherellare con l'acqua spruzzandola intorno con il muso, la mente
del tenente Dunbar continuava a rimuginare su quel pensiero. E come un cercatore d'oro che
improvvisamente trova il prezioso minerale, fece la sua scoperta.
Aspettare, pensò. Ecco quello che ho fatto.
Scosse la testa, ridendo dentro di sé. Ho aspettato. Lanciò un sasso nell'acqua. Aspettare
che cosa? Che qualcuno mi trovasse? Che gli indiani prendessero il mio cavallo? Di vedere
un bisonte?
Non riusciva a credere a se stesso. Aveva camminato sulle uova, ecco che cosa aveva fatto
per quelle ultime settimane. Camminare sulle uova, aspettando che succedesse qualcosa.
Meglio smetterla subito, si disse.
Prima che potesse continuare, i suoi occhi colsero qualcosa. Dall'altro lato del fiume, l'acqua
rifletteva del colore.
Il tenente Dunbar guardò in alto oltre il pendio dietro di lui.
Un'enorme luna piena stava sorgendo.
D'istinto, balzò in groppa a Cisco e risalì il pendio.
Era una vista magnifica, quella grossa luna risplendente come un tuorlo d'uovo che riempiva
il cielo notturno come se fosse un mondo completamente nuovo venuto a visitare proprio lui.
Scese agilmente dal cavallo, si preparò una sigaretta e rimase a osservare affascinato mentre
la luna saliva rapidamente, con i suoi rilievi nitidi come una mappa.
Mentre si alzava nel cielo, la prateria diventava sempre più luminosa. Nelle notti precedenti
aveva conosciuto solo l'oscurità e questo profluvio di chiarore era come un oceano
improvvisamente svuotato di tutta l'acqua.
Sentì il bisogno di immergervisi.
Cavalcarono lentamente per mezz'ora e Dunbar ne assaporò ogni minuto. Quando infine
ritornarono, si sentiva pieno di sicurezza.
Adesso era contento di tutto ciò che era successo. Non sarebbe più rimasto a ciondolare
avvilito, aspettando dei soldati che si rifiutavano di arrivare. Non avrebbe cambiato le sue
abitudini per quanto riguardava il sonno. Non sarebbe più uscito in perlustrazione effettuando
soltanto dei cauti giri intorno al forte e non avrebbe passato altre notti con un occhio e un
orecchio aperti.
Non avrebbe aspettato oltre. Sarebbe passato all'iniziativa.
L'indomani mattina sarebbe uscito a cavallo per trovare gli indiani.
E se lo avessero fatto a pezzi?
Be', che il diavolo si prendesse pure gli avanzi.
Ma lui non avrebbe più aspettato.
(continua)