Salvatore Quasimodo - Biografia e raccolta Poesie

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Pagine: 1, 2, 3, [4]
auroraageno
00lunedì 28 gennaio 2008 07:08
S'UDIVANO STAGIONI AEREE PASSARE




Ambiguo riso tagliava la tua bocca
a darmi pieno soffrire,
un'eco di mature angosce
rinverdiva a toccare segni
alla carne oscuri di gioia.

S'udivano stagioni aeree passare,
nudità di mattini,
labili raggi urtarsi.

Altro sole, da cui venne
questo peso di parlarmi tacito.






auroraageno
00mercoledì 30 gennaio 2008 07:09
I MORTI



Mi parve s'aprissero voci,
che labbra cercassero acque,
che mani s'alzassero a cieli.

Che cieli! Più bianchi dei morti
che sempre mi destano piano;
i piedi hanno scalzi non vanno lontano.

Gazzelle alle fonti bevevano,
vento a frugare ginepri
e rami ad alzare le stelle?





auroraageno
00mercoledì 30 gennaio 2008 07:10
MAI TI VINSE NOTTE COSI' CHIARA




Mai ti vinse notte così chiara
se t'apri al riso e par che tutta tocchi
d'astri una scala
che già scese in sogno rotando
a pormi dietro nel tempo.

Era Iddio allora timore di chiusa stanza
dove un morto posa,
centro d'ogni cosa,
del sereno e del vento del mare e della nube.

E quel gettarmi alla terra,
quel gridare alto il nome nel silenzio,
era dolcezza di sentirmi vivo.






auroraageno
00mercoledì 30 gennaio 2008 07:11
TU CHIAMI UNA VITA




Fatica d'amore, tristezza,
tu chiami una vita
che dentro, profonda, ha nomi
di cieli e giardini.

E fosse mia carne
che il dono di male trasforma.





auroraageno
00mercoledì 30 gennaio 2008 07:13
FRESCA MARINA




A te assomiglio la mia vita d'uomo,
fresca marina che trai ciottoli e luce
e scordi a nuova onda
quella cui diede suono
già il muovere dell'aria.

Se mi desti t'ascolto,
e ogni pausa è cielo in cui mi perdo,
serenità d'alberi a chiaro della notte.





auroraageno
00mercoledì 30 gennaio 2008 07:14
SPECCHIO




Ed ecco sul tronco
si rompono gemme:
un verde più nuovo dell'erba
che il cuore riposa:
il tronco pareva già morto,
piegato sul botro.

E tutto mi sa di miracolo;
e sono quell'acqua di nube
che oggi rispecchia nei fossi
più azzurro il suo pezzo di cielo,
quel verde che spacca la scorza
che pure stanotte non c'era.





auroraageno
00mercoledì 30 gennaio 2008 07:17
NESSUNO




Io sono forse un fanciullo
che ha paura dei morti,
ma che la morte chiama
perché lo sciolga da tutte le creature:
i bambini, l'albero, gli insetti;
da ogni cosa che ha cuore di tristezza.

Perché non ha più doni
e le strade son buie,
e più non c'è nessuno
che sappia farlo piangere
vicino a te, Signore.






auroraageno
00mercoledì 30 gennaio 2008 07:19
VICOLO




Mi richiama talvolta la tua voce,
e non so che cieli ed acque
mi si svegliano dentro:
una rete di sole che si smaglia
sui tuoi muri ch'erano a sera
un dondolio di lampade
dalle botteghe tarde
piene di vento e di tristezza.

Altro tempo: un telaio batteva nel cortile,
e s'udiva la notte un pianto
di cuccioli e bambini.

Vicolo: una croce di case
che si chiamano piano,
e non sanno ch'è paura
di restare sole nel buio.






auroraageno
00mercoledì 30 gennaio 2008 07:20
AVIDAMENTE ALLARGO LA MIA MANO




In povertà di carne, come sono
eccomi, Padre; polvere di strada
che il vento leva appena in suo perdono.

Ma se scarnire non sapevo un tempo
la voce primitiva ancora rozza,
avidamente allargo la mia mano:
dammi dolore cibo cotidiano.






auroraageno
00mercoledì 30 gennaio 2008 07:21
I RITORNI




Piazza Navona, a notte, sui sedili,
stavo supino in cerca della quiete,
e gli occhi con rette e volute di spirali
univano le stelle,
le stesse che seguivo da bambino
disteso sui ciottoli del Platani
sillabando al buio le preghiere.

Sotto il capo incrociavo le mie mani
e ricordavo i ritorni:
odore di frutta che secca sui graticci,
di violaciocca, di zenzero, di spigo;
quando pensavo di leggerti, ma piano,
(io a te, mamma, in un angolo in penombra)
la parabola del prodigo,
che mi seguiva sempre nei silenzi
come un ritmo che s'apra ad ogni passo
senza volerlo.

Ma ai morti non è dato di tornare,
e non c'è tempo nemmeno per la madre
quando chiama la strada;
e ripartivo, chiuso nella notte
come che tema all'alba di restare.

E la strada mi dava le canzoni,
che sanno di grano che gonfia nelle spighe,
del fiore che imbianca gli uliveti
tra l'azzurro del lino e le giunchiglie;
risonanze nei vortici di polvere,
cantilene d'uomini e cigolìo di traini
con le lanterne che oscillano sparute
ed hanno appena il chiaro d'una lucciola.







auroraageno
00mercoledì 30 gennaio 2008 07:22
RIFUGIO D'UCCELLI NOTTURNI




In alto c'è un pino distorto;
sta intento ed ascolta l'abisso
col fusto piegato a balestra.

Rifugio d'uccelli notturni,
nell'ora più alta risuona
d'un battere d'ali veloce.

Ha pure un suo nido il mio cuore
sospeso nel buio, una voce;
sta pure in ascolto, la notte.






auroraageno
00mercoledì 30 gennaio 2008 07:23
ANCHE MI FUGGE LA MIA COMPAGNIA




Anche mi fugge la mia compagnia,
donne di ghetto, giullari di taverna,
fra cui passai gran tempo,
e morta è la ragazza
a cui ardeva il volto perenne
unto d'olio della pasta azzima
e la buia carne d'ebrea.

Forse è mutata pure mia tristezza,
come fossi non mio,
da me stesso scordato.






auroraageno
00mercoledì 30 gennaio 2008 07:25
IN ME SMARRITA OGNI FORMA




Altra vita mi tenne: solitaria
fra gente ignota; poco pane in dono.
In me smarrita ogni forma,
bellezza, amore, da cui trae inganno
il fanciullo e la tristezza poi.







_______________________0_____________________0_____________________




Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 05:13.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com