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Pioggia di Vita, per chi crede e per chi non crede

Ultimo Aggiornamento: 11/01/2013 11:23
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23/07/2008 07:16

Sedicesima settimana del Tempo Ordinario - Mercoledì


Lettura:

Dal libro della « Imitazione di Cristo »


Il regno di Dio è pace e gioia
nello Spirito Santo


Convèrtiti di tutto cuore al Signore, abbandona questo misero mondo, e l'anima tua riposerà, perché il regno di Dio è pace e gioia nello Spirito Santo. Verrà a te Cristo e ti mostrerà la sua consolazione, se però tu gli avrai preparato nell'intimo una degna dimora. Tutta la sua gloria e ogni suo splendore vien dall'interno (cfr. Sal 44, 14) e quivi si compiace. Frequente è la sua visita all'uomo interiore. dolce il suo discorrere, gradita la sua consolazione, molta la sua pace, e la familiarità stupenda assai. Su, anima fedele, apri a questo sposo il tuo cuore, così che abbia a degnarsi di venire a te e abitare in te. Dice infatti così: « Se uno mi ama, osserva la mia parola, e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui » (Gv 14, 23). Da' luogo a Cristo, dunque.
Quando hai Cristo, sei ricco e ti basta. Sarà lui il tuo provveditore e il tuo procuratore in tutto, tanto che non occorrerà più sperare negli uomini.
Poni tutta la tua fiducia in Dio, e sia lui il tuo timore e il tuo amore. Risponderà lui per te, e farà bene, farà quel che sarà meglio. Non hai qui la tua « città stabile » (Eb 13, 14); e dovunque tu sia, tu sei un estraneo e un pellegrino, né avrai mai riposo sintanto che non ti sarai intimamente unito a Cristo.
Il tuo pensiero stia sempre presso l'Altissimo e la tua supplica s'innalzi a Cristo senza interruzione. Se non riesci a speculare nelle cose alte e celesti, riposati nella passione di Cristo, e fa' volentieri dimora nelle sacre ferite di lui.
Sopporta te stesso con Cristo e per Cristo se vuoi regnare con Cristo. Se entrassi una volta perfettamente nella intimità di Gesù e sentissi, sia pure in piccola misura, il sapore del suo amore ardente, allora non ti cureresti più per nulla del tuo comodo o incomodo, ma piuttosto gioiresti degli obbrobri a te fatti, perché l'amore di Gesù fa che uno disprezzi se stesso.


Responsorio: (Cfr. Sal 70, 1-2. 5)

In te mi rifugio, Signore, ch'io non resti confuso in eterno. Salvami e difendimi, per la tua giustizia.
sei tu, Signore, la mia speranza, la mia fiducia fin dalla giovinezza:
Salvami e difendimi, per la tua giustizia.


Oraziome:

Sii propizio a noi tuoi fedeli, Signore, e donaci i tesori della tua grazia, perché ardenti di fede, speranza e carità, restiamo sempre fedeli ai tuoi comandamenti. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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24/07/2008 07:25

Sedicesima settimana del Tempo Ordinario - Giovedì


Lettura:

Dal « Commento sui salmi » di sant'Ambrogio, vescovo


Risplenda su di noi, Signore,
la luce del tuo volto


« Perché nascondi il tuo volto? » (Sal 43, 25). Noi crediamo che Dio distolga da noi il suo volto quando ci troviamo in qualche tribolazione. Allora sul nostro spirito si stende un velo tenebroso, che ci impedisce di scorgere il fulgore della verità. Ma se Dio fa attenzione alla nostra intelligenza e si degna di visitare la nostra mente, siamo sicuri che nulla ci può gettare nell'oscurità. Già il volto dell'uomo è come una luce per chi lo guarda: Da esso veniamo a conoscere uno sconosciuto o riconosciamo una persona nota. Chi mostra il volto viene per ciò stesso identificato. Se allora il volto dell'uomo è come una luce, quanto più non lo sarà il volto di Dio per chi lo guarda? « E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo » (2 Cor 4, 6). Abbiamo sentito dunque dove Cristo brilla per noi. Egli infatti è lo splendore eterno delle anime, mandato dal Padre sulla terra per illuminarci con la luce del suo volto, perché potessimo osservare le cose eterne e celesti, noi che prima eravamo immersi nelle tenebre della terra.
Ma perché parlare di Cristo, quando anche l'apostolo Pietro disse a quello storpio dalla nascita: « Guarda verso di noi »? (At 3, 4). Egli guardò verso Pietro e fu illuminato dalla grazia della fede; infatti non avrebbe ricevuto il rimedio della sanità se non avesse creduto con fede.
Nonostante tutta questa luce di gloria, presente negli apostoli, Zaccheo preferì, giustamente, quella di Cristo. Sentendo che passava il Signore, salì su un albero, perché essendo di bassa statura e piccolo non poté vederlo in mezzo alla folla. Vide Cristo e trovò la luce; lo vide, e mentre prima rubava le cose altrui, dopo distribuì le sue.
« Perché nascondi il tuo volto? » (Sal 43, 25). O meglio: anche se distogli lo sguardo da noi, rimane ugualmente in noi l'impronta luminosa del tuo volto (cfr. Sal 4, 7). La teniamo nei nostri cuori e risplende nell'intimo dello spirito: nessuno infatti può sussistere, se tu distogli completamente da noi il tuo volto.


Responsorio: (Sal 4, 7; cfr. Eb 10, 32)

Molti dicono: chi ci farà vedere il bene? Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.
Richiamate alla memoria quei primi giorni, quando, ormai illuminati, avete dovuto sopportare una grande e penosa lotta.
Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.



Orazione:

Sii propizio a noi tuoi fedeli, Signore, e donaci i tesori della tua grazia, perché ardenti di fede, speranza e carità, restiamo sempre fedeli ai tuoi comandamenti. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.








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25/07/2008 07:31

Sedicesima settimana del Tempo Ordinario


25 luglio - SAN GIACOMO, APOSTOLO

Il 25 luglio ricorre la festa di san Giacomo apostolo: figlio di Zebedeo e fratello dell'apostolo
Giovanni, nacque a Betsaida. Fu presente ai principali miracoli del Signore. Fu fatto uccidere da
Erode verso l'anno 42. E' venerato soprattutto in Spagna a Compostella, dove esiste la celebre
basilica a lui dedicata.


Lettura:

Dalle « Omelie sul vangelo di Matteo » di san Giovanni Crisostomo, vescovo


Partecipi alla passione di Cristo


I figli di Zebedeo chiedono al Cristo: « Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e
uno alla tua sinistra (Mc 10, 37). Cosa risponde il Signore? Per far loro comprendere che nella
domanda avanzata non vi è nulla di spirituale e che, se sapessero ciò che chiedono, non lo
domanderebbero, risponde: « Non sapete ciò che domandate », cioè non ne conoscete il valore,
la grandezza e la dignità, superiori alle stesse potenze celesti. E aggiunge: « Potete bere il
calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato? » (Mc 10, 38). Voi, sembra
dir loro, mi parlate di onori e di dignità; io vi parlo, invece, di lotte e sudori. Non è questo il tempo
dei premi, né la mia gloria si manifesta ora. Il presente è tempo di morte violenta, di guerre e di
pericoli.
Osservate quindi come rispondendo loro con un'altra domanda, li esorti e li attragga. Non chiede
se sono capaci di morire, di versare il loro sangue, ma domanda: « Potete voi bere il calice » e
per animarli aggiunge « che io devo bere? », in modo da renderli, con la partecipazione alle sue
sofferenze, più coraggiosi. Chiama la sua passione « battesimo » per far capire che tutto il
mondo ne avrebbe ricevuto una grande purificazione. I due discepoli rispondono: « Possiamo! ».
Promettono immediatamente, senza sapere ciò che chiedono, con la speranza che la loro
richiesta sia soddisfatta. E Gesù risponde: « Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il
battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete » (Mc 10, 39). Preannunzia loro grandi beni: Voi,
cioè, sarete degni di subire il martirio e soffrirete con me; finirete la vita con una morte eroica e
parteciperete a questi miei dolori. « Ma sedere però alla mia destra e alla mia sinistra non sta a
me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato » (Mc 10, 40).
Dopo aver preparato l'animo dei due discepoli e dopo averli fortificati contro il dolore, allora
corregge la loro richiesta.
« Gli altri dieci si sdegnarono con i due fratelli » (Mc 20, 24). Notate come tutti gli apostoli siano
ancora imperfetti, sia i due che vogliono innalzarsi sopra i dieci, sia gli altri che hanno invidia di
loro. Ma, come ho già detto, osservateli più tardi, e li vedrete esenti da tutte queste miserie.
Giovanni stesso che ora si fa avanti anche lui per ambizione, cederà in ogni circostanza il
primato a Pietro, sia nella predicazione, sia nel compiere miracoli, come appare dagli Atti degli
Apostoli. Giacomo, invece, non visse molto tempo dopo questi avvenimenti. Dopo la Pentecoste
infatti sarà tale il suo fervore che, lasciato da parte ogni interesse terreno, perverrà ad una virtù
così elevata da essere ritenuto maturo di ricevere subito il martirio.


Responsorio: (Sal 18, 5)

Con il loro sangue hanno fecondato la chiesa di Dio. Hanno bevuto al calice del Signore, sono
diventati suoi amici.
Per tutta la terra si è diffusa la loro voce, ai confini del mondo la loro parola.
Hanno bevuto al calice del Signore, sono diventati suoi amici.


Orazione:

O Dio onnipotente ed eterno, tu hai voluto che san Giacomo, primo fra gli apostoli, sacrificasse
la sua vita per il Vangelo: per la sua gloriosa testimonianza conferma la tua Chiesa e sostienila
sempre con la tua protezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e
regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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26/07/2008 07:30

Sedicesima settimana del Tempo Ordinario


26 luglio - SANTI GIOACCHINO E ANNA GENITORI DELLA BEATA VERGINE MARIA

Secondo un'antica tradizione che risale al II secolo, ebbero questo nome i genitori della beata Vergine Maria. Il culto di sant'Anna esisteva in oriente già nel secolo VI e si diffuse in occidente nel secolo X. Più recente è il culto di san Gioacchino.


Lettura:

Dai « Discorsi » di san Giovanni Damasceno, vescovo


Li conoscerete dai loro frutti


Poiché doveva avvenire che la Vergine Madre di Dio nascesse da Anna, la natura non osò precedere il germe della grazia; ma rimase senza il proprio frutto perché la grazia producesse il suo. Doveva nascere infatti quella primogenita dalla quale sarebbe nato il primogenito di ogni creatura « nel quale tutte le cose sussistono » (Col 1, 17). O felice coppia, Gioacchino ed Anna! A voi è debitrice ogni creatura, perché per voi la creatura ha offerto al Creatore il dono più gradito, ossia quella casta madre, che sola era degna del creatore.
Rallègrati Anna « sterile che non hai partorito, prorompi in grida di giubilo e di gioia tu che non hai provato i dolori » (Is 54, 1). Esulta, o Gioacchino, poiché dalla tua figlia è nato per noi un bimbo, ci è stato dato un figlio, e il suo nome sarà Angelo di grande consiglio, di salvezza per tutto il mondo, Dio forte (cfr. Is 9, 6). Questo bambino è Dio.
O Gioacchino ed Anna, coppia beata, veramente senza macchia! Dal frutto del vostro seno voi siete conosciuti, come una volta disse il Signore: « Li conoscerete dai loro frutti » (Mt 7, 16). Voi informaste la condotta della vostra vita in modo gradito a Dio e degno di colei che da voi nacque. Infatti nella vostra casta e santa convivenza avete dato la vita a quella perla di verginità che fu vergine prima del parto, nel parto e dopo il parto. Quella, dico che sola doveva conservare sempre la verginità e della mente e dell'anima e del corpo.
O Gioacchino ed Anna, coppia castissima! Voi conservando la castità prescritta dalla legge naturale, avete conseguito, per divina virtù, ciò che supera la natura: avete donato al mondo la madre di Dio che non conobbe uomo. Voi conducendo una vita pia e santa nella condizione umana, avete dato alla luce una figlia più grande degli angeli ed ora regina degli angeli stessi.
O vergine bellissima e dolcissima! O figlia di Adamo e madre di Dio. Beato il seno che ti ha dato la vita! Beate le braccia che ti strinsero e le labbra che ti impressero casti baci, quelle dei tuoi soli genitori, cosicché tu conservassi in tutto la verginità! « Acclami al Signore tutta la terra, gridate, esultate con canti di gioia » (Sal 97, 4). Alzate la vostra voce, gridate, non temete.


Responsorio: (Cfr. Lc 2, 37. 38; 7, 16)

Notte e giorno, con digiuni e preghiere servivano il Signore, aspettavano la redenzione di Israele.
Pregavano Dio di venire a visitare il suo popolo,
aspettavano la redenzione di Israele.


Orazione:

O Dio dei nostri padri, che ai santi Gioacchino e Anna hai dato il privilegio di avere come figlia Maria, madre del Signore, per loro intercessione concedi ai tuoi fedeli di godere i beni della salvezza eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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27/07/2008 07:02

Diciassettesima Domenica del Tempo Ordinario

Lettura:

Dalle « Omelie sulla seconda lettera ai Corinzi » di san Giovanni Crisostomo, vescovo


Sovrabbondo di gioia in ogni tribolazione


Paolo riprende il discorso sulla carità, moderando l'asprezza del rimprovero. Dopo aver infatti rimproverato e biasimato i Corinzi per il fatto che, pur amati, non avevano corrisposto all'amore, anzi erano stati ingrati e avevano dato ascolto a gente malvagia, mitiga il rimprovero dicendo: « Fateci posto nei vostri cuori » (2 Cor 7, 2) cioè, amateci. Chiede un favore assai poco gravoso, anzi più utile a loro che a lui. Non dice « amate », ma con squisita delicatezza: « Fateci posto nei vostri cuori ». Chi ci ha scacciati, sembra chiedere, dai vostri cuori? Chi ci ha espulsi? Per quale motivo siamo stati banditi dal vostro spirito? Dato che prima aveva affermato: « E' nei vostri cuori invece che siete allo stretto » (2 Cor 6, 12), qui esprime lo stesso sentimento dicendo: « Fateci posto nei vostri cuori ». Così li attira di nuovo a sé. Niente spinge tanto all'amore chi è amato quanto il sapere che l'amante desidera ardentemente di essere corrisposto.
« Vi ho già detto poco fa, continua, che siete nel nostro cuore per morire insieme e insieme vivere » (2 Cor 7, 3). Espressione massima dell'amore di Paolo: benché disprezzato, desidera vivere e morire con loro. Siete nel nostro cuore non superficialmente, in modo qualsiasi, ma come vi ho detto. Può capitare che uno ami, ma fugga al momento del pericolo: non è così per me.
« Sono pieno di consolazione » (2 Cor 7, 4). Di quale consolazione? Di quella che mi viene da voi: ritornati sulla buona strada mi avete consolato con le vostre opere. E' proprio di chi ama prima lamentarsi del fatto che non è amato, poi temere di recare afflizione per eccessiva insistenza nella lamentela. Per questo motivo aggiunge: « Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia ».
In altre parole: sono stato colpito da grande dispiacere a causa vostra, ma mi avete abbondantemente compensato e recato gran sollievo; non avete solo rimosso la causa del dispiacere, ma mi avete colmato di più abbondante gioia ».
Paolo manifesta la sua grandezza d'animo non fermandosi a dire semplicemente « sovrabbondo di gioia », ma aggiungendo anche « in ogni mia tribolazione ». E' così grande il piacere che mi avete arrecato che neppure la più grande tribolazione può oscurarlo, anzi è tale da farmi dimenticare con l'esuberanza della sua ricchezza, tutti gli affanni che mi erano piombati addossso e ha impedito che io ne rimanessi schiacciato.


Responsorio: (2 Cor 12, 12. 15)

In mezzo a voi si sono compiuti i segni del vero apostolo, in una pazienza a tutta prova, con segni, prodigi e miracoli.
Io mi prodigherò volentieri, anzi consumerò me stesso per le vostre anime
in una pazienza a tutta prova, con segni, prodigi e miracoli.


Orazione:

O Dio, nostra forza e nostra speranza, senza di te nulla esiste di valido e di santo; effondi su di noi la tua misericordia perché, da te sorretti e guidati, usiamo saggiamente dei beni terreni nella continua ricerca dei beni eterni. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.







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Diciassettesima settimana del Tempo Ordinario - Lunedì

Lettura:

Dai « Discorsi » di san Cesario di Arles, vescovo


La misericordia divina ed umana


« Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia » (Mt 5, 7); dolcissima è questa parola «
misericordia », fratelli carissimi, ma se è già dolce il nome, quanto più la realtà stessa. Sebbene
tutti vogliano che nei loro comfronti si usi misericordia, non tutti si comportano in modo da
meritarla. Mentre tutti vogliono che sia usata misericordia verso di loro, sono pochi quelli che la
usano verso gli altri.
O uomo, con quale coraggio osi chiedere ciò che ti rifiuti di concedere agli altri? Chi desidera di
ottenere misericordia in cielo deve concederla su questa terra. Poiché dunque tutti noi, fratelli
carissimi, desideriamo che ci sia fatta misericordia, cerchiamo di rendercela protettrice in
questo mondo, perché sia nostra liberatrice nell'altro. C'è infatti in cielo una misericordia, a cui
si arriva mediate le misericordie esercitate qui in terra. La Scrittura dice in proposito: O
Signore, la tua misericordia è in cielo (cfr. Sal 35, 6).
Esiste dunque una misericordia terrena e una celeste, una misericordia umana e una divina.
Quale è la misericordia umana? Quella che si volge a guardare le miserie dei poveri. Quale è
invece la misericordia divina? Quella, senza dubbio, che ti concede il perdono dei peccati.
Tutto ciò che la misericordia umana dà durante il nostro pellegrinaggio, la misericordia divina lo
restituisce in patria. Dio infatti su questa terra ha fame e sete nella persona di tutti i poveri, come
ha detto egli stesso: « Ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più
piccoli, lo avete fatto a me » (Mt 25, 40). Quel Dio che si degna di ricompensare in cielo vuole
ricevere qui in terra.
E chi siamo noi che quando Dio dona vogliamo ricevere e quando chiede non vogliamo dare?
Quando un povero ha fame, è Cristo che ha fame, come egli stesso ha detto: « Ho avuto fame e
non mi avete dato da mangiare » (Mt 25, 42). Non disprezzare dunque la miseria dei poveri, se
vuoi sperare con sicurezza il perdono dei peccati. Cristo, fratelli, ha fame; egli si degna di aver
fame e sete in tutti i poveri; quello che riceve sulla terra lo restituisce in cielo.
Che cosa volete, fratelli, e che cosa chiedete quando venite in chiesa? Certamente non altro che
la misericordia di Dio. Date dunque quella terrena ed otterrete quella celeste. Il povero chiede al
re; anche tu chiedi a Dio; ti chiede un pezzo di pane; tu chiedi la vita eterna. Da' al povero per
meritare di ricevere da Cristo. Ascolta le sue parole: « Date e vi sarà dato » (Lc 6, 38). Non so
con quale coraggio pretendi di ricevere quello che non vuoi dare. Quando perciò venite in
chiesa, non negate ai poveri un'elemosina, anche se piccola, secondo le vostre possibilità.


Responsorio: (Cfr. Lc 6, 36, 37-38; Mt 5, 7)

Siate pieni di misericordia, come il Padre vostro: perdonate e vi sarà perdonato: date e vi sarà
dato.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia;
perdonate e vi sarà perdonato: date e vi sarà dato.


Orazione:

O Dio, nostra forza e nostra speranza, senza di te nulla esiste di valido e di santo; effondi su di
noi la tua misericordia perché, da te sorretti e guidati, usiamo saggiamente dei beni terreni nella
continua ricerca dei beni eterni. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e
regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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Diciassettesima settimana del Tempo Ordinario


29 luglio - SANTA MARTA

Santa Marta fu sorella di Maria e di Lazzaro. A Betania ricevette il Signore come ospite, lo servì
con delicatezza e con le sue preghiere ottenne la risurrezione del fratello.

Lettura:

Dai « Discorsi » di sant'Agostino, vescovo


Felici coloro che hanno meritato di ricevere
il Signore nella propria casa


Le parole di nostro Signore Gesù Cristo ci vogliono ricordare che esiste un unico traguardo al
quale tendiamo, quando ci affatichiamo nelle svariate occupazioni di questo mondo. Vi tendiamo,
mentre siamo pellegrini e non ancora stabili; in cammino e non ancora nella patria; nel desiderio
e non ancora nell'appagamento. Ma dobbiamo tendervi senza svogliatezza e senza
intermissione, per poter giungere finalmente un giorno alla meta. Marta e Maria erano due
sorelle, non solo sul piano della natura, ma anche in quello della religione; tutte e due onoravano
Dio, tutte e due servivano il Signore presente nella carne in perfetta armonia di sentimenti. Marta
lo accolse come si sogliono accogliere i pellegrini, e tuttavia accolse il Signore come serva, il
Salvatore come inferma, il Creatore come creatura; lo accolse per nutrirlo nel suo corpo,
mentre lei doveva nutrirsi con lo Spirito. Il Signore infatti volle prendere la forma dello schiavo
ed essere nutrito in quella forma dai servi, per degnazione non per condizione. Infatti anche
questa fu una degnazione, cioè offrirsi per essere nutrito: aveva un corpo in cui sentiva fame e
sete.
Così dunque il Signore fu accolto come ospite, egli che « venne fra la sua gente, ma i suoi non
l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio » (Gv 1,
11-12). Ha adottato dei servi e li ha resi fratelli, ha riscattato dei prigionieri e li ha costituiti
coeredi. Tuttavia nessuno di voi osi esclamare: « Felici coloro che hanno meritato di ricevere
Cristo in casa propria! ». Non rammaricarti, non recriminare perché sei nato in un tempo in cui
non puoi vedere il Signore nella carne. Egli non ti ha privato di questo onore, perché ha
assicurato: « Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli,
l'avete fatto a me » (Mt 25, 40).
Del resto tu, Marta, sia detto con tua buona pace, tu, già benedetta per il tuo encomiabile
servizio, come ricompensa domandi il riposo. Ora se immersa in molteplici faccende, vuoi
ristorare dei corpi mortali, sia pure di persone sante. Ma dimmi: Quando sarai giunta a quella
patria, troverai il pellegrino da accogliere come ospite? Troverai l'affamato cui spezzare il
pane? L'assetato al quale porgere da bere? L'ammalato da visitare? Il litigioso da ricondurre alla
pace? Il morto da seppellire?
Lassù non vi sarà posto per tutto questo. E allora che cosa vi sarà? Ciò che ha scelto Maria: là
saremo nutriti, non nutriremo. Perciò sarà completo e perfetto ciò che qui Maria ha scelto: da
quella ricca mensa, raccoglieva le briciole della parola del Signore. E volete proprio sapere
quello che vi sarà lassù? Il Signore stesso afferma dei suoi servi: « In verità vi dico, li farà
mettere a tavola e passerà a servirli » (Lc 12, 37).


Responsorio: (Gv 12, 1-3)

A Betania, dove Gesù aveva risuscitato Lazzaro, gli fecero una cena, e Marta serviva a mensa il
Signore.
Maria cosparse i piedi di Gesù con una libbra di olio profumato, assai prezioso
e Marta serviva a mensa il Signore.


Orazione:

O Dio onnipotente ed eterno il cui Figlio fu accolto come ospite a Betania nella casa di santa
Marta, concedi anche a noi di essere pronti a servire Gesù nei fratelli, perché al termine della
vita siamo da te accolti nella tua casa. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e
vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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Diciassettesima settimana del Tempo Ordinario - Mercoledì


Lettura:

Dalle « Catechesi » di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo


La Chiesa, cioè l'assemblea del popolo di Dio


La Chiesa senza dubbio è detta cattolica, cioè universale, per il fatto che è diffusa ovunque dall'uno all'altro dei confini della terra, e poiché universalmente e senza defezione insegna tutti i dogmi che devono giungere a conoscenza degli uomini, sia riguardo alle cose visibili, che alle invisibili, sia riguardo alle cose celesti, che alle terrestri. La Chiesa si dice cattolica anche perché è destinata a condurre tutto il genere umano, autorità e sudditi, dotti e ignorqanti, al giusto culto. E' cattolica, infine, perché cura e risana ogni genere di peccati che si compiono per mezzo dell'anima e del corpo. Essa poi possiede ogni genere di santità dell'agire, del parlare e anche quella dei carismi più diversi.
Con termine molto appropriato essa si chiama Chiesa, vale a dire assemblea convocata, poiché riunisce tutti e li raccoglie in unità, come dice il Signore nel Levitico: E convoca tutta l'assemblea davanti alla porta del convegno (cfr. Lv 8, 3). E' certamente cosa degna di nota che questo termine « convoca » sia adoperato per la prima volta nella Scrittura proprio in questo passo, dove si legge che il Signore costituisce Aronne sommo sacerdote. E nel Deuteronomio Dio dice a Mosè: Convoca il popolo, e io farò loro udire le mie parole, perché imparino a temermi (cfr. Dt 4, 10). Del nome chiesa fa pure nuovamente menzione quando, riguardo alle tavole, dice: E in esse vi erano scritte tutte le parole che il Signore aveva promulgato per voi sul monte, in mezzo al fuoco, nel giorno della chiesa (cfr. Dt 10, 4), cioè dell'assemblea convocata, come se dicesse più apertamente: « Nel giorno in cui, chiamati dal Signore, siete stati riuniti ». Anche il salmista dice: « Ti loderò, Signore, nella grande assemblea, ti celebrerò in mezzo a un popolo numeroso » (Sal 34, 18).
Prima il salmista aveva già cantato: « Benedite Dio nelle vostre assemblee, benedite il Signore, voi della stirpe di Israele » (Sal 67, 27). Dalle genti il Salvatore edificò una seconda santa Chiesa, la nostra di cristiani, riguardo alla quale disse a Pietro: « E su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa » (Mt 16, 18).
Ripudiata infatti quella chiesa, che era l'unica ad esistere in Giudea, in seguito per tutto il mondo si moltiplicano le chiese di Cristo, delle quali è stato detto nei salmi: « Cantate al Signore un canto nuovo, la sua lode nell'assemblea dei fedeli » (Sal 149, 1). A questi Giudei il profeta si rivolse con espressioni consimili: « Io non mi compiaccio di voi, dice il Signore degli eserciti », e subito soggiunge: « Per questo dall'oriente all'occidente grande è il mio nome fra le genti » (Ml 1, 10-11). A riguardo di questa stessa santa Chiesa cattolica, scrive Paolo a Timoteo: « Perché tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità » (1 Tm 3, 14).


Responsorio: (Cfr. 1 Pt 2, 9-10)

Voi siete la stirpe eletta, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato; proclamate le opere di lui, che dalle tenebre vi ha chiamati alla sua luce.
Voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio:
proclamate le opere di lui, che dalle tenebre vi ha chiamati alla sua luce.


Orazione:

O Dio, nostra forza e nostra speranza, senza di te nulla esiste di valido e di santo; effondi su di noi la tua misericordia perché, da te sorretti e guidati, usiamo saggiamente dei beni terreni nella continua ricerca dei beni eterni. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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31/07/2008 06:35

Diciassettesima settimana del Tempo Ordinario - Giovedì

Lettura:

Dalle « Catechesi » di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo


La Chiesa, sposa di Cristo


Chiesa « cattolica »: questo infatti è il nome proprio di questa santa madre di tutti noi, la quale è veramente anche la sposa del Signore nostro Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio. Sta scritto infatti: « Cristo ha amato la Chiesa, e ha dato se stesso per lei » (Ef 5, 25), e tutto quel che segue. Essa porta in sé la figura e l'immagine della Gerusalemme di lassù, che è libera e madre di tutti noi (cfr. Gal 4, 26). Essa prima era stata infeconda, ma ora è genitrice di numerosa prole.
Dio aveva ripudiato la precedente, mentre nella seconda, vale a dire in quella cattolica, pose anzitutto gli apostoli, come afferma Paolo, in secondo luogo i profeti, in terzo luogo i dottori, poi le autorità, infine i doni delle guarigioni, gli aiuti, i governi, i generi di linguaggi (cfr. 1 Cor 18, 28), e ogni specie di virtù: sapienza e intelletto, temperanza e giustizia, misericordia e benevolenza e infine pazienza invincibile di fronte alle persecuzioni. Questa Chiesa per mezzo delle armi della giustizia a destra e a sinistra, nella gloria e nel disonore, nelle persecuzioni e nelle prove, incoronò i santi martiri di corone intrecciate con i diversi e molteplici fiori della sofferenza. Ora invece, in tempi di pace, per grazia di Dio riceve i dovuti onori dai re e da uomini d'altissimo rango, ed infine da ogni classe e ceto di uomini. E mentre i re delle genti, sparse nei vari luoghi, hanno dei limiti nel loro potere, la santa Chiesa cattolica è la sola che per tutto l'orbe gode di un potere senza limiti. Dio infatti, come sta scritto, pose la pace come suo confine (cfr. Sal 147, 14).
Rimanendo dentro questa santa Chiesa cattolica e formati dai suoi precetti e dalle sue leggi di salvezza, noi possederemo il regno dei cieli, con l'eredità della vita eterna, per ottenere la quale dal Signore siamo disposti a sopportare ogni cosa. La nostra meta infatti non è cosa da poco, perché noi tendiamo alla vita eterna. Per questo nella professione di fede ci viene insegnato a credere, oltre che « nella risurrezione della carne » cioè dei morti, anche « nella vita eterna » che deve essere la meta di tutti gli sforzi del cristiano.
Perciò la vita, nella sua stessa realtà e verità, è il Padre che come una fonte versa sopra tutti noi i suoi doni celesti. E' la sua bontà infinita che comunica anche a noi uomini i beni divini della vita eterna.


Responsorio: (Sal 32, 12)

Felice il popolo, al quale il Dio dell'universo ha dato la sua benedizione e ha detto: Tu sei mia creatura e proprietà, Israele.
Beata la nazione il cui Dio è il Signore, il popolo che si è scelto come erede.
Tu sei mia creatura e proprietà, Israele.


Orazione:

Dio onnipotente ed eterno, esaudisci le preghiere della tua Chiesa che al mattino, a mezzogiorno e alla sera celebra le tue lodi; disperdi dal nostro cuore le tenebre del male, perché procediamo sicuri verso Cristo, vera luce che non tramonta. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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Diciassettesima settimana del Tempo Ordinario


1 Agosto - SANT'ALFONSO MARIA DE' LIGUORI, VESCOVO E DOTTORE DELLA CHIESA


Oggi ricorre la memoria di sant'Alfonso Maria de' Liguori. Nacque a Napoli nel 1696. Laureatosi in diritto civile ed ecclesiastico si fece sacerdote e fondò la Congregazione del santissimo Redentore. Attese alla predicazione per promuovere tra il popolo la vita cristiana e scrisse libri specialmente di teologia morale, della quale è ritenuto maestro. Eletto vescovo di Sant'Agata dei Goti, rinunziò poco dopo alla carica e morì nel 1787 presso i suoi a Nocera dei Pagani (Pagani) in Campania.


Lettura:

Dalla « Pratica di amare Gesù Cristo » di sant'Alfonso Maria de' Liguori, vescovo


L'amore di Cristo


Tutta la santità e la perfezione di un'anima consiste nell'amar Gesù Cristo nostro Dio, nostro sommo bene e nostro Salvatore. La carità è quella che unisce e conserva tutte le virtù che rendono l'uomo perfetto.
Forse Dio non si merita tutto il nostro amore? Egli ci ha amati sin dall'eternità. « Uomo, dice il Signore, considera ch'io sono stato il primo ad amarti. Tu non eri ancora al mondo, il mondo neppur v'era ed io già t'amavo. Da che sono Dio, io t'amo ». Vedendo Iddio che gli uomini si fan tirare da' benefici, volle per mezzo de' suoi doni cattivarli al suo amore. Disse pertanto: « Voglio tirare gli uomini ad amarmi con quei lacci con cui gli uomini si fanno tirare, cioè coi legami dell'amore ». Tali appunto sono stati i doni fatti da Dio all'uomo. Egli dopo di averlo dotato di anima colle potenze a sua immagine, di memoria, intelletto e volontà, e di corpo fornito dei sensi, ha creato per lui il cielo e la terra e tante altre cose tutte per amor dell'uomo; acciocché servano all'uomo, e l'uomo l'ami per gratitudine di tanti doni.
Ma Iddio non è stato contento di donarci tutte queste belle creature. Egli per cattivarsi tutto il nostro amore è giunto a donarci tutto se stesso. L'Eterno Padre è giunto a darci il suo medesimo ed unico Figlio. Vedendo che noi eravamo tutti morti e privi della sua grazia per causa del peccato, che fece? Per l'amor immenso, anzi, come scrive l'Apostolo, pel troppo amore che ci portava, mandò il Figlio diletto a soddisfare per noi, e così renderci quella vita che il peccato ci aveva tolta.
E dandoci il Figlio (non perdonando al Figlio per perdonare a noi), insieme col Figlio ci ha donato ogni bene: la sua grazia, il suo amore e il paradiso; poiché tutti questi beni sono certamente minori del Figlio: « Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? » (Rm 8, 32).


Responsorio: (Sal 144, 19-20; 1 Gv 3, 9)

Il Signore appaga il desiderio di quelli che lo temono, ascolta il loro grido e li salva. Il Signore protegge quanti lo amano.
Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché un germe divino dimora in lui.
Il Signore protegge quanti lo amano.


Orazione:

O Dio, che proponi alla tua Chiesa modelli sempre nuovi di vita cristiana, fa' che imitiamo l'ardore apostolico del santo vescovo Alfonso Maria de' Liguori nel servizio dei fratelli, per ricevere con lui il premio riservato ai tuoi servi fedeli. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.







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Diciassettesima settimana del Tempo Ordinario


2 Agosto - SANT'EUSEBIO DI VERCELLI, VESCOVO

Sant'Eusebio nacque in Sardegna all'inizio del secolo IV. Era sacerdote e si trovava a Roma
quando mel 345 fu eletto primo vescovo di Vercelli. Per mezzo della predicazione propagò
grandemente la religione cristiana e istituì la vita monastica nella sua diocesi. Cacciato in esilio
dall'imperatore Costanzo a motivo della fede cattolica, sopportò lunghe e gravi sofferenze.
Ritornato nella sua sede combatté valorosamente per ristabilire la retta fede contro gli Ariani.
Morì a Vercelli nel 371.


Lettura:

Dalle « Lettere » di sant'Eusebio di Vercelli, vescovo


Ho terminato la corsa, ho conservato la fede


Ho saputo che voi, fratelli carissimi, state tutti bene, come io desideravo. Quanto a me, mi sono
sentito in mezzo a voi, quasi trasportato all'improvviso da lontanissima distanza, come Abacuc
che dall'angelo fu portato a Daniele, nel ricevere le vostre lettere e nel leggere, nei vostri scritti,
i buoni sentimenti e l'amore che nutrite per me.
Le lacrime si mescolavano alla mia gioia; il vivo desiderio di leggere era impedito dal pianto.
Passai in questo stato d'animo alcuni giorni nei quali mi sembrava di parlare con voi e riuscivo a
dimenticare le fatiche passate. Mi sentivo come investito da ogni parte di ricordi consolanti che
mi facevano rivivere la vostra fede, il vostro affetto, i frutti della vostra carità, e così mi pareva di
non essere più in esilio, ma di trovarmi, quasi all'improvviso, in mezzo a voi.
Mi compiaccio molto, o fratelli, della vostra fede e mi rallegro della salvezza che essa ha portato
a tutti voi. Godo dei frutti da voi prodotti, che dispensate ai vicini e ai lontani. Siete davvero come
un albero sapientemente innestato che, proprio a causa della sua produttività, sfugge alla scure
e al rogo. Anche noi vogliamo unirci, in certo qual modo, a voi, non solo con una semplice
solidarietà umana, ma con l'offrire la nostra vita stessa per la vostra salvezza.
Sappiate che a stento siamo riusciti a stendere questa lettera, pregando continuamente Dio di
tenere a bada, almeno per qualche tempo, i sorveglianti. Volevamo che, per quanto riguarda la
nostra persona, il diacono vi portasse questo biglietto di saluti, modesto quanto si voglia, ma pur
sempre preferibile a sole notizie incresciose.
Approfitto per raccomandarvi caldamente di custodire con ogni cura la vostra fede, di
mantenervi concordi, di essere assidui all'orazione, di ricordarvi sempre di noi, perché il
Signore si degni di dare libertà alla sua Chiesa, ora oppressa su tutta la terra, e perché noi, che
siamo perseguitati, possiamo riacquistare la libertà e rallegrarci con voi.
Supplico ancora ciascuno di voi, per la misericordia di Dio, di gradire il saluto che gli rivolgo con
la presente, perché questa volta, per necessità, non mi è consentito di scrivere a ciascuno
secondo il mio solito. Con questa mia mi rivolgo a tutti voi, miei fratelli, e sante sorelle, figli e
figlie, fedeli dei due sessi e d'ogni età, perché vogliate accontentarvi di questo semplice saluto e
porgere i nostri ossequi anche a quelli che sono fuori della Chiesa, ma che si degnano di nutrire
per noi sentimenti di amore.


Responsorio: (Lc 12, 35-36; Mt 24, 42)

Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese, come chi aspetta il padrone quando
torna dalle nozze.
Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore verrà,
come chi aspetta il padrone quando torna dalle nozze.


Orazione:

O Dio onnipotente, concedi ai tuoi fedeli di imitare la fortezza del vescovo sant'Eusebio,
assertore intrepido della divinità del Cristo, perché nella ferma adesione alla fede, di cui egli fu
maestro e testimone, possiamo entrare in comunione di vita con il nostro Signore Gesù Cristo,
tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei
secoli. Amen.






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Diciottesima Domenica del Tempo Ordinario


Lettura:

Dalla « Lettera », detta di Barnaba


La speranza della vita è il principio e il termine
della nostra fede


Salute a voi nella pace, figli e figlie, nel nome del Signore che ci ha amato. Grandi e copiosi sono i favori che Dio vi ha concesso. Per questo molto mi rallegro sapendo quanto le vostre anime siano belle e liete per la grazia e i doni spirituali che hanno ricevuto. Ma ancor maggiore è la mia gioia sentendo nascere in me una viva speranza di salvezza nel vedere con quanta generosità la sorgente divina abbia effuso su di voi il suo Spirito. Davvero splendido lo spettacolo che avete offerto alla mia vista!
Persuaso di essermi avvantaggiato molto nella via santa del Signore parlando con voi, mi sento spinto ad amarvi più della mia stessa vita, anche perché vedo in voi grande fede e carità per la speranza della vita divina.
Per l'amore che vi porto voglio mettervi a parte di quanto ho avuto, sicuro di ricevere beneficio dal servizio che vi rendo. Vi scrivo dunque alcune cose perché la vostra fede arrivi ad essere conoscenza perfetta.
Tre sono le grandi realtà rivelate dal Signore: la speranza della vita, inizio e fine della nostra fede; la salvezza, inizio e fine del piano di Dio; il suo desiderio di farci felici, pegno e promessa di tutti i suoi interventi salvifici.
Il Signore ci ha fatto capire, per mezzo dei profeti, le cose passate e presenti, e ci ha messo in grado di gustare le primizie delle cose future. E poiché vediamo ciascuna di esse realizzarsi proprio come ha detto, dobbiamo procedere sempre più sulla via del santo timore di Dio.
Per parte mia vi voglio indicare alcune cose che giovino al vostro bene già al presente. Vi parlo però non come maestro, ma come fratello.
I tempi sono cattivi e spadroneggia il Maligno con la sua attività diabolica. Badiamo perciò a noi stessi e ricerchiamo accuratamente i voleri del Signore. Timore e pazienza devono essere il sostegno della nostra fede, longanimità e continenza le nostre alleate nella lotta. Se praticheremo queste virtù e ci comporteremo come si conviene dinanzi al Signore, avremo la sapienza, l'intelletto, la scienza e la conoscenza. Queste sono le cose che Dio vuole da noi. Il Signore infatti ci ha insegnato per mezzo di tutti i profeti che egli non ha bisogno di sacrifici, né di olocausti, né di offerte. Che m'importa, dice, dei vostri sacrifici senza numero? Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco. Non presentatevi nemmeno davanti a me per essere visti. Infatti chi ha mai richiesto tali cose dalle vostre mani? Non osate più calpestare i miei atri. Se mi offrirete fior di farina, sarà vano; l'incenso è un abominio per me. I vostri noviluni e i vostri sabati non li posso sopportare (cfr. Is 1, 11-13).


Responsorio: (Cfr. Gal 2, 16; Gn 15, 6)

Sappiamo che l'uomo è giustificato soltanto per mezzo della fede: noi abbiamo creduto, per essere giustificati dalla fede in Cristo.
Abramo credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia;
noi abbiamo creduto, per essere giustificati dalla fede in Cristo.


Orazione:

Mostraci la tua continua benevolenza, o Signore, e assisti il tuo popolo, che ti riconosce suo pastore e guida; rinnova l'opera della tua creazione e custodisci ciò che hai rinnovato. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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04/08/2008 06:51

Diciottesima settimana del Tempo Ordinario


4 agosto - SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY, SACERDOTE

San Giovanni Maria Vianney nacque presso Lione nel 1786. Superate molte difficoltà, poté essere iniziato al sacerdozio e resse e fece rifiorire mirabilmente la parrocchia affidatagli nel villaggio di Ars nella Diocesi di Belley con l'efficace predicazione, con la mortificazione, la preghiera, la carità. Essendo molto stimato nella direzione spirituale, i fedeli accorrevano a lui da ogni parte e ricevevano con venerazione i suoi consigli. Morì nel 1859.


Lettura:

Dal « Catechismo » di san Giovanni Maria Vianney, sacerdote


L'opera più bella dell'uomo
è quella di pregare e amare


Fate bene attenzione, miei figliuoli: il tesoro del cristiano non è sulla terra, ma in cielo. Il nostro pensiero perciò deve volgersi dov'è il nostro tesoro. questo è il bel compito dell'uomo: pregare ed amare. Se voi pregate ed amate, ecco, questa è la felicità dell'uomo sulla terra.
La preghiera nient'altro è che l'unione con Dio. Quando qualcuno ha il cuore puro e unito a Dio, è preso da una certa soavità e dolcezza che inebria, è purificato da una luce che si diffonde attorno a lui misteriosamente. In questa unione intima, Dio e l'anima sono come due pezzi di cera fusi insieme, che nessuno può più separare.
Come è bella questa unione di Dio con la sua piccola creatura! E' una felicità questa che non si può comprendere. Noi eravamo diventati indegni di pregare. Dio però, nella sua bontà, ci ha permesso di parlare con lui. La nostra preghiera è incenso a lui quanto mai gradito.
Figliuoli miei, il vostro cuore è piccolo, ma la preghiera lo dilata e lo rende capace di amare Dio. La preghiera ci fa pregustare il cielo, come qualcosa che discende a noi dal paradiso. Non ci lascia mai senza dolcezza. Infatti è miele che stilla nell'anima e fa che tutto sia dolce.
Nella preghiera ben fatta i dolori si sciolgono come neve al sole. Anche questo ci dà la preghiera: che il tempo scorra con tanta velocità e tanta felicità dell'uomo che non si avverte più la sua lunghezza. Ascoltate: quando ero parroco di Bresse, dovendo per un certo tempo sostituire i miei confratelli, quasi tutti malati, mi trovavo spesso a percorrere lunghi tratti di strada; allora pregavo il buon Dio, e il tempo, siatene certi, non mi pareva mai lungo.
Ci sono alcune persone che si sprofondano completamente nella preghiera come un pesce nell'onda, perché sono tutte dedite al buon Dio. Non c'è divisione alcuna nel loro cuore. O quanto amo queste anime generose! San Francesco d'Assisi e santa Coletta vedevano nostro Signore e parlavano con lui a quel modo che noi ci parliamo gli uni agli altri.
Noi invece quante volte veniamo in chiesa senza sapere cosa dobbiamo fare o domandare! Tuttavia, ogni qualvolta ci rechiamo da qualcuno, sappiamo bene perché ci andiamo. Anzi vi sono alcuni che sembrano dire così al buon Dio: « Ho soltanto due parole da dirti, così mi sbrigherò presto e me ne andrò via da te ». Io penso sempre che, quando veniamo ad adorare il Signore, otterremmo tutto quello che domandiamo, se pregassimo con fede proprio viva e con cuore totalmente puro.


Responsorio: (2 Cor 4, 17; 1 Cor 2, 9)

Il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria.
Occhio non vide, orecchio non udì, né mai entrò in mente umana, ciò che Dio ha preparato per quelli che lo amano:
ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria.


Orazione:

O Dio onnipotente e misericordioso, che in san Giovanni Maria Vianney ci hai offerto un mirabile pastore, pienamente consacrato al servizio del tuo popolo, per la sua intercessione e il suo esempio fa' che dedichiamo la nostra vita per guadagnare a Cristo i fratelli e godere insieme con loro la gioia senza fine. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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Diciottesima settimana del Tempo Ordinario - Martedì


Lettura:

Dalla « Lettera » detta di Barnaba


Una nuova creazione


Il Signore accettò di dare il suo corpo alla morte, perché ci fossero rimessi i peccati e fossimo santificati mediante il lavacro del suo sangue. Di lui infatti è stato scritto: Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità; per le sue piaghe noi siamo stati guariti; come agnello fu condotto al macello, come pecora muta di fronte ai sui tosatori (cfr. Is 53, 5-7). Queste parole riguardano il popolo ebreo, ma anche noi.
Dobbiamo dunque rendere grazie al Signore perché ci ha mostrato le cose passate, ci ha istruito sulle presenti, e non ci ha lasciati privi della conoscenza delle cose future.
Fratelli miei, il Signore ha voluto subire la morte per la nostra vita, lui padrone di tutto il mondo, lui, al quale Dio disse nella creazione del mondo: « Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza » (Gn 1, 26). Come dunque ha potuto subire la morte per mano di uomini? Rispondono i profeti, che furono illuminati dai suoi carismi proprio per parlare di lui.
Egli doveva apparire nella carne, e così distruggere la morte e mostrare la risurrezione dai morti. Doveva accettare di soffrire per compiere le promesse fatte ai Padri. Si sarebbe preparato un popolo nuovo, e avrebbe dimostrato, già durante la sua vita terrena, che, dopo la risurrezione finale, sarebbe stato il giudice di tutti.

Il Signore per mezzo della remissione dei peccati, ci fece creature nuove e innocenti come bambini. Ci diede una dignità singolare quando disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza, domini sugli animali della terra, gli uccelli del cielo e i pesci del mare (cfr. Gn 1, 26). Riferendosi poi alla seconda creazione, da lui operata, disse ancora: Ecco che io faccio le ultime cose come le prime. Di questo stato di nuova creatura parla l'autore sacro quando afferma: Entrate nella terra dove scorre latte e miele e prendetene possesso (cfr. Es 33, 3).
Ecco allora che noi siamo stati formati una seconda volta. Lo afferma il profeta: Ecco, dice il Signore, strapperò da loro (cioè da quelli predestinati dallo Spirito divino) i cuori di pietra e vi metterò cuori di carne (cfr. Ez 11, 19). Per questo si fece carne e abitò fra noi. Da allora il nostro cuore è diventato tempio santo e dimora del Signore.
In altro luogo il Verbo si domanda: Dove mi presenterò a Dio, mio Signore, per celebrarlo? E risponde: Ti celebrerò nell'adunanza dei miei fratelli e canterò a te nel mezzo della riunione dei santi (cfr. Sal 21, 23).
Vedete che siamo noi quelli della terra promessa!


Responsorio: (At 3, 25; Gal 3, 8)

Voi siete i figli dei profeti e dell'alleanza che Dio stabilì con i vostri padri, quando disse ad Abramo:
Nella tua discendenza saranno benedetti tutti i popoli della terra.
La Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunziò ad Abrano:
Nella tua discendenza saranno benedetti tutti i popoli della terra.


Orazione:

Mostraci la tua continua benevolenza, o Signore, e assisti il tuo popolo, che ti riconosce suo pastore e guida; rinnova l'opera della tua creazione e custodisci ciò che hai rinnovato. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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Diciottesima settimana del Tempo Ordinario


6 Agosto - TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE


Lettura:

Dal « Discorso tenuto il giorno della Trasfigurazione del Signore » da Anastasio sinaita, vescovo


E' bello restare con Cristo!


Il mistero della sua Trasfigurazione Gesù lo manifestò ai suoi discepoli sul monte Tabor. Egli aveva parlato loro del regno di Dio e della sua seconda venuta nella gloria. Ma ciò forse non aveva avuto per loro una sufficiente forza di persuasione. E allora il Signore, per rendere la loro fede ferma e profonda e perché, attraverso i fatti presenti, arrivassero alla certezza degli eventi futuri, volle mostrare il fulgore della sua divinità e così offrire loro un'immagine prefigurativa del regno dei cieli. E proprio perché la distanza di quelle realtà avvenire non fosse motivo di una fede più languida, li preavvertì dicendo: Vi sono alcuni fra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell'uomo venire nella gloria del Padre suo (cfr. Mt 16, 28).
L'evangelista, per parte sua, allo scopo di provare che Cristo poteva tutto ciò che voleva, aggiunse: « Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E là fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosé ed Elia, che conversavano con lui » (Mt 17, 1-3).
Ecco le realtà meravigliose della solennità presente, ecco il mistero di salvezza che trova compimento per noi oggi sul monte, ecco ciò che ora ci riunisce: la morte e insieme la gloria del Cristo.
Per penetrare il contenuto intimo di questi sacri e ineffabili misteri insieme con i discepoli scelti e illuminati da Cristo, ascoltiamo Dio che con la sua misteriosa voce ci chiama a sé insistentemente dall'alto. Portiamoci là sollecitamente. Anzi, oserei dire, andiamoci come Gesù, che ora dal cielo si fa nostra guida e battistrada. Con lui saremo circondati di quella luce che solo l'occhio della fede può vedere. La nostra fisionomia spirituale si trasformerà e si modellerà sulla sua. Come lui entreremo in una condizione stabile di trasfigurazione, perché saremo partecipi della divina natura e verremo preparati alla vita beata.
Corriamo fiduciosi e lieti là dove ci chiama, entriamo nella nube, diventiamo come Mosé ed Elia, come Giacomo e Giovanni.
Come Pietro lasciamoci prendere totalmente dalla visione della gloria divina. Lasciamoci trasfigurare da questa gloriosa trasfigurazione, condurre via dalla terra e trasportare fuori del mondo. Abbandoniamo la carne, abbandoniamo il mondo creato e rivolgiamoci al Creatore, al quale Pietro in estasi e fuori di sé disse: « Signore, è bello per noi restare qui » (Mt 17, 4).
Realmente, o Pietro, è davvero « bello stare qui » con Gesù e qui rimanervi per tutti i secoli. Che cosa vi è di più felice, di più prezioso, di più santo che stare con Dio, conformarsi a lui, trovarsi nella sua luce?
Certo ciascuno di noi sente di avere con sé Dio e di essere trasfigurato nella sua immagine. Allora esclami pure con gioia: « E' bello per noi restare qui », dove tutte le cose sono splendore, gioia, beatitudine e giubilo. Restare qui dove l'anima rimane immersa nella pace, nella serenità e nelle delizie; qui dove Cristo mostra il suo volto, qui dove egli abita col Padre. Ecco che egli entra nel luogo dove ci troviamo e dice: « Oggi la salvezza è entrata in questa casa » (Lc 19, 9). Qui si trovano ammassati tutti i tesori eterni. Qui si vedono raffigurate come in uno specchio le immagini delle primizie e della realtà dei secoli futuri.


Responsorio: (Cfr. Mt 17, 2. 6. 3; Lc 9, 32)

Il volto di Gesù brillò come il sole: i discepoli furono presi da timore e stupore grande al vedere la sua gloria.
Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con il Signore:
i discepoli furono presi da timore e stupore grande al vedere la sua gloria.


Orazione:

O Dio, che nella gloriosa Trasfigurazione del Cristo Signore, hai confermato i misteri della fede e dei profeti e hai mirabilmente preannunziato la nostra definitiva adozione a tuoi figli, fa' che ascoltiamo la parola del tuo amatissimo Figlio per diventare coeredi della sua vita immortale. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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07/08/2008 07:23

Diciottesima settimana del Tempo Ordinario

7 Agosto - SANTI SISTO II, PAPA, E COMPAGNI, MARTIRI

Sisto, fu ordinato vescovo della chiesa di Roma nel 257. L'anno successivo, mentre celebrava la
sacra liturgia nel cimitero di Callisto, fu arrestato in omaggio all'editto di Valeriano e ucciso sul
posto insieme a quattro diaconi romani il 6 agosto. Fu sepolto nel medesimo cimitero.


Lettura:

Dalle « Lettere » di san Cipriano, vescovo e martire


Per i soldati di Cristo
non c'è morte, ma la corona della gloria


Mio caro fratello, non ho potuto inviarti subito un mio scritto perché nessuno dei chierici di
questa chiesa poteva muoversi, trovandosi tutti sotto la bufera della persecuzione, che però,
grazie a Dio, li ha trovati interiormente dispostissimi a passare subito al cielo.
Ti comunico ora le notizie in mio possesso.
Sono ritornati i messi che io avevo spedito a Roma perché appurassero e riferissero la decisione
presa dalle autorità a mio riguardo, di qualsiasi genere essa potesse essere, e metter fine, così,
a tutte le illazioni e ipotesi incontrollate che circolavano. Ed ecco ora qual è la verità
debitamente accertata.
L'imperatore Valeriano ha spedito al senato il suo rescritto col quale ha deciso che vescovi,
sacerdoti e diaconi siano subito messi a morte. I senatori, i notabili e quelli che hanno il titolo di
cavalieri romani siano privati di ogni dignità ed anche dei beni. Se poi, anche in seguito alla
confisca, dovessero irrigidirsi nella professione cristiana, devono essere condannati alla pena
capitale. Le matrone cristiane subiscano la confisca di tutti i beni e poi siano mandate in esilio. A
tutti i funzionari imperiali, che hanno già confessato la fede cristiana o dovessero confessarla al
presente, siano parimenti confiscati tutti i beni. Siano poi arrestati e immatricolati fra gli addetti
ai possedimenti imperiali.
Al rescritto Valeriano aggiunse anche copia di una sua lettera inviata ai governatori delle
province e che riguarda la mia persona. Di questa lettera sono in attesa di giorno in giorno, anzi
l'affretto con la speranza, saldo e forte nella fede. La mia decisione di fronte al martirio è netta.
Lo attendo, pieno di fiducia, come sono, di ricevere la corona della vita eterna dalla bontà e
generosità di Dio.
Vi comunico che Sisto ha subìto il martirio con quattro diaconi il 6 agosto, mentre si trovava nella
zona del cimitero.
Le autorità di Roma hanno come norma che quanti vengono denunciati quali cristiani, debbano
essere giustiziati e subire la confisca dei beni a beneficio dell'erario imperiale.
Chiedo che quanto ho riferito sia portato a conoscenza anche degli altri nostri colleghi
nell'episcopato, perché dalle loro esortazioni la nostra comunità possa venir incoraggiata e
predisposta sempre meglio al combattimento spirituale. Ciò sarà di stimolo a considerare più il
bene dell'immortalità che la morte, e a consacrarsi al Signore con fede ardente e fortezza
eroica, a godere più che temere al pensiero di dover confessare la propria fede. I soldati di Dio e
di Cristo sanno benissimo che la loro immolazione non è tanto una morte, quanto una corona di
gloria.
A te, fratello carissimo, il mio saluto nel Signore.


Responsorio: (Cfr. 2 Cor 4, 11; Sal 43, 23)

A causa di Gesù veniamo esposti alla morte, perché anche la sua vita sia manifestata nella
nostra carne mortale.
Per il Signore ogni giorno siamo messi a morte, stimati come pecore da macello,
perché anche la sua vita sia manifestata nella nostra carne mortale.


Orazione:

O Dio, che hai dato al papa san Sisto II e ai suoi compagni la forza di rischiare la propria vita per
l'annunzio del Vangelo, concedi anche a noi di essere interiormente rinnovati dalla potenza del
tuo Spirito, per diventare docili discepoli e forti testimoni della fede. Per il nostro Signore Gesù
Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli
dei secoli. Amen.



______________________________________________________________________

Lo stesso giorno: 7 Agosto


SAN GAETANO, SACERDOTE

Nacque a Vicenza nel 1480. Studiò diritto a Padova. Ordinato sacerdote, fondò a Roma, in ordine
all'apostolato, la società dei Chierici regolari (Teatini) e la diffuse nella Signoria veneta e nel
regno di Napoli. Si dedicò assiduamente alla preghiera e all'esercizio della carità verso il
prossimo. Morì a Napoli nel 1547.


Lettura:

Dalle « Lettere » di san Gaetano, sacerdote
(Lettera a Elisabetta Porto)


Cristo abiti per la fede nei nostri cuori


Io sono un peccatore e di me faccio poco conto, ma ricorro ai santi servi del Signore, perché
preghino per te Cristo benedetto e la sua Madre. Non dimenticare che tutti i santi non possono
renderti cara a Cristo quanto lo puoi tu. E' impresa tua, e se vuoi che Cristo ti ami e ti aiuti, tu
ama lui e volgi la tua volontà a piacergli sempre e non dubitare che, se anche ti abbandonassero
tutti i santi e tutte le creature, egli ti aiuterà sempre nelle tue necessità.
Sii certa che noi siamo sulla terra pellegrini e viaggiatori: la nostra patria è in cielo. Chi si
insuperbisce, va fuori strada e corre alla morte. Mentre viviamo quaggiù, dobbiamo acquistarci
la vita eterna, e tuttavia da soli non possiamo, perché l'abbiamo perduta per i nostri peccati, ma
Gesù Cristo ce l'ha ricuperata. Perciò bisogna che lo ringraziamo in ogni circostanza, lo
amiamo, gli obbediamo e facciamo tutto quello che ci è possibile per rimanere sempre con lui.
Egli si è dato per noi come nostro cibo. Infelice chi ignora un dono così grande. Ci è dato di
possedere Cristo, Figlio della Vergine Maria. Lo rifiuteremo? Guai a colui che non si cura di
riceverlo. Figlia, il bene che desidero per me, lo chiedo ardentemente anche per te, ma per
conseguirlo non c'è altra via che pregare spesso la Vergine Maria, perché venga a visitarti con il
glorioso suo Figlio. Anzi, ardisci di supplicarla che ti doni il Figlio suo, quale vero cibo dell'anima,
nel santissimo sacramento dell'altare. Ella te lo darà volentieri, e più volentieri egli verrà a
fortificarti perché possa inoltrarti con sicurezza in questa selva oscura, che è piena di insidie e
di nemici. Ma se ci affidiamo all'aiuto della Vergine non ne avremo alcun danno.
Figlia, non ricevere Gesù Cristo per servirtene secondo il tuo intendimento, ma piuttosto donati a
lui, tuo Dio e salvatore, e fatti ricevere da lui, perché sia lui a fare di te e in te tutto ciò che vuole.
Questo desidero e questo ti chiedo e, per quanto posso, questo sollecito da te.


Responsorio: (Cfr. Fil 1, 21)

Uomo giusto e santo, degno della nostra lode! La sua carità fu senza limiti: rinunziando alle
grandezze del mondo, ha meritato il regno dei cieli.
Per lui il vivere era Cristo e il morire un guadagno:
rinunziando alle grandezze del mondo, ha meritato il regno dei cieli.


Orazione:

O Dio, Padre misericordioso, che al sacerdote san Gaetano hai ispirato il proposito di vivere
secondo il modello della comunità apostolica, per il suo esempio e la sua intercessione concedi
anche a noi di confidare pienamente nella tua provvidenza e di cercare sempre il tuo regno. Per
il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito
Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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Diciottesima settimana del Tempo Ordinario

8 Agosto - SAN DOMENICO, SACERDOTE

Nacque a Caleruega (diocesi di Osma, Vecchia Castiglia) intorno all'anno 1170. Studiò teologia a
Palenza e venne fatto canonico della chiesa di Osma.
Si dedicò con grande frutto a combattere l'eresia degli Albigesi con la predicazione e con
l'esempio della vita. A questo scopo chiamò attorno a sé dei compagni e fondò l'Ordine dei
Predicatori (Domenicani). Morì a Bologna il 6 agosto del 1221.


Lettura:

Dalla « Storia dell'Ordine dei Predicatori »


O parlava con Dio, o parlava di Dio


Domenico era dotato di grande santità ed era sostenuto sempre da un intenso impeto di fervore
divino. Bastava vederlo per rendersi conto di essere di fronte a un privilegiato della grazia.
V'era in lui un'ammirabile inalterabilità di carattere, che si turbava solo per solidarietà col dolore
altrui. E poiché il cuore gioioso rende sereno il volto, tradiva la placida compostezza dell'uomo
interiore con la bontà esterna e la giovialità dell'aspetto.
Si dimostrava dappertutto uomo secondo il Vangelo, nelle parole e nelle opere. Durante il giorno
nessuno era più socievole, nessuno più affabile con i fratelli e con gli altri. Di notte nessuno era
più assiduo e più impegnato nel vegliare e pregare.
Era assai parco di parole e, se apriva la bocca, era o per parlare con Dio nella preghiera o per
parlare di Dio. Questa era la norma che seguiva e questa pure raccomandava ai fratelli.
La grazia che più insistentemente chiedeva a Dio era quella di una carità ardente, che lo
spingesse a operare efficacemente alla salvezza degli uomini. Riteneva infatti di poter arrivare a
essere membro perfetto del corpo di Cristo solo qualora si fosse dedicato totalmente e con tutte
le forze a conquistare anime. Voleva imitare in ciò il Salvatore, offertosi tutto per la nostra
salvezza.
A questo fine, ispirato da Dio, fondò l'Ordine dei Frati Predicatori, attuando un progetto
provvidenziale da lungo accarezzato.
Esortava spesso i fratelli, a voce e per lettera, a studiare sempre l'Antico e il Nuovo Testamento.
Portava continuamente con sé il vangelo di Matteo e le lettere di san Paolo, e meditava così
lungamente queste ultime da arrivare a saperle quasi a memoria.
Due o tre volte fu eletto vescovo; ma egli sempre rifiutò, volendo piuttosto vivere con i suoi
fratelli in povertà. Conservò illibato sino alla fine lo splendore della sua verginità.
Desiderava di essere flagellato, fatto a pezzi e morire per la fede di Cristo. Gregorio IX ebbe a
dire di lui: « Conosco un uomo, che seguì in tutto e per tutto il modo di vivere degli apostoli; non
v'è dubbio che egli in cielo sia associato alla loro gloria ».


Responsorio: (Cfr. Sir 38, 1; Ml 2, 6)

Simile al fuoco, sorse un nuovo araldo della salvezza. La sua parola bruciava come fiaccola.
Un insegnamento fedele era sulla sua bocca, né c'era falsità sulle sue labbra.
La sua parola bruciava come fiaccola.


Orazione:

Guida e proteggi, Signore, la tua Chiesa per i meriti e gli insegnamenti di san Domenico: egli, che
fu insigne predicatore della tua verità, interceda come nostro patrono davanti a te. Per il nostro
Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per
tutti i secoli dei secoli. Amen.






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Diciottesima settimana del Tempo Ordinario - Sabato

Lettura:

Dal trattato « Contro le eresie » di sant'Ireneo, vescovo


Io voglio l'amore più che il sacrificio


Dio non esigeva sacrifici e olocausti dagli Ebrei, ma fede, obbedienza e giustizia per la loro salvezza. Attraverso il profeta Osea esponeva loro la sua volontà con queste parole: « Voglio l'amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti » (Os 6, 6). Ma anche nostro Signore diede loro lo stesso insegnamento dicendo: « Se aveste compreso che cosa significa: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato persone senza colpa » (Mt 12, 7). Così rese testimonianza alla verità dei profeti, mentre accusava i suoi interlocutori, stolti e colpevoli.
Parimenti Cristo raccomandò ai suoi discepoli di offrire a Dio le primizie delle sue creature, non perché ne avesse bisogno, ma perché non fossero essi stessi senza frutto e ingrati. Per questo prese il pane, che proviene dal mondo creato, e rese grazie dicendo: « Questo è il mio corpo ». Allo stesso modo prese il calice del vino, proveniente anch'esso dalle realtà cosmiche alle quali noi stessi apparteniamo, lo chiamò suo sangue e disse che era oblazione nuova della Nuova Alleanza (cfr. Mt 26, 28).
La Chiesa ha ricevuto questa offerta dalle mani degli apostoli e la offre a quel Dio che ci dà gli alimenti, come primizia dei doni della Nuova Alleanza. Questa oblazione fu preannunziata da Malachia, uno dei dodici profeti, quando disse: « Non mi compiaccio di voi, dice il Signore degli eserciti, non accetto l'offerta dalle vostre mani! Poiché dall'oriente all'occidente grande è il mio nome tra le genti e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e un'oblazione pura, perché grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore degli eserciti » (Ml 1, 10-11). Con queste parole indicava nettamente che il primo popolo avrebbe cessato di fare offerte a Dio, mentre in ogni luogo un nuovo sacrificio sarebbe stato immolato a Dio, ma questo veramente puro, e così il suo nome sarebbe stato glorificato fra le nazioni.
E quale altro nome vi è che sia glorificato fra le genti se non quello di nostro Signore, per mezzo del quale è glorificato il Padre e riceve gloria l'uomo? Ma proprio perché questo è il nome del suo proprio Figlio e viene da lui (cfr. Mt 1, 21; Lc 1, 31) lo chiama suo.
Se un re dipingesse lui stesso l'immagine del suo figlio, giustamente direbbe suo quel ritratto, per il doppio motivo che è di suo figlio e che l'ha fatto lui stesso. Così avviene per il nome di Gesù Cristo, che riceve gloria in tutto il mondo nella Chiesa. Il Padre ha dichiarato suo questo nome, sia perché è di suo Figlio, sia perché l'ha inciso lui stesso, dandolo a salvezza degli uomini (cfr. At 4, 12).
Dunque il nome del Figlio appartiene come proprio al Padre e la Chiesa fa in ogni luogo la sua offerta a Dio onnipotente per mezzo di Gesù Cristo. Tenendo presente questo duplice fatto, il profeta poté dire a giusto titolo: « E in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e una oblazione pura » (Ml 1, 11). Questo incenso, secondo san Giovanni, è figura delle « preghiere dei santi » (Ap 5, 8).


Responsorio: (Cfr. Lc 22, 19. 20; Pro 9, 5)

Questo è il mio corpo, dato per voi; questo è il sangue della nuova alleanza, versato per voi, dice il Signore. Fate questo in memoria di me.
Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato.
Fate questo in memoria di me.


Orazione:

Mostraci la tua continua benevolenza, o Signore, e assisti il tuo popolo, che ti riconosce suo pastore e guida; rinnova l'opera della tua creazione e custodisci ciò che hai rinnovato. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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10/08/2008 06:53

Diciannovesima Domenica del Tempo Ordinario

Lettura:

Dal « Dialogo della Divina Provvidenza » di santa Caterina da Siena, vergine


Dio, abisso di carità


Signore mio, volgi l'occhio della tua misericordia sopra il popolo tuo e sopra il corpo mistico della santa Chiesa. Tu sarai glorificato assai più perdonando e dando la luce dell'intelletto a molti, che non ricevendo l'omaggio da una sola creatura miserabile, quale sono io, che tanto t'ho offeso e sono stata causa e strumento di tanti mali.
Che avverrebbe di me se vedessi me viva, e morto il tuo popolo? Che avverrebbe se, per i miei peccati e quelli delle altre creature, dovessi vedere nelle tenebre la Chiesa, tua Sposa diletta, che è nata per essere luce?
Ti chiedo, dunque, misericordia per il tuo popolo in nome della carità increata che mosse te medesimo a creare l'uomo a tua immagine e somiglianza.
Quale fu la ragione che tu ponessi l'uomo in tanta dignità? Certo l'amore inestimabile col quale hai guardato in te medesimo la tua creatura e ti sei innamorato di lei. Ma poi per il peccato commesso perdette quella sublimità alla quale l'avevi elevata.
Tu, mosso da quel medesimo fuoco col quale ci hai creati, hai voluto offrire al genere umano il mezzo per riconciliarsi con te. Per questo ci hai dato il Verbo, tuo unico Figlio. Egli fu il mediatore tra te e noi. Egli fu nostra giustizia, che punì sopra di sé le nostre ingiustizie. Ubbidì al comando che tu, Eterno Padre, gli desti quando lo rivestisti della nostra umanità. O abisso di carità! Qual cuore non si sentirà gonfio di commozione al vedere tanta altezza discesa a tanta bassezza, cioè alla condizione della nostra umanità?
Noi siamo immagine tua, e tu immagine nostra per l'unione che hai stabilito fra te e l'uomo, velando la divinità eterna con la povera nube dell'umanità corrotta di Adamo. Quale il motivo? Certo l'amore.
Per questo amore ineffabile ti prego e ti sollecito a usare misericordia alle tue creature.


Responsorio: (Sal 100, 1-3)

Amore e giustizia voglio cantare, voglio cantare inni a te, o Signore. Camminerò con cuore integro, dentro la mia casa.
Agirò con saggezza nella via dell'innocenza: quando verrai a me?
Camminerò con cuore integro, dentro la mia casa.


Orazione:

Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa' crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell'eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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Diciannovesima settimana del Tempo Ordinario


11 Agosto - SANTA CHIARA, VERGINE


L'11 Agosto ricorre la memoria di santa Chiara, vergine. Nacque ad Assisi nel 1193. Seguì il suo concittadino Francesco nella via della povertà e con lui fondò il Secondo Ordine francescano, detto delle Clarisse. Condusse una vita austera, ma ricca di carità e di pietà. Morì nel 1253.


Lettura:

Dalla « Lettera alla beata Agnese di Praga » di santa Chiara, vergine


Rifletti sulla povertà, umiltà e carità di Cristo


Felice certamente chi può esser partecipe del sacro convito, in modo da aderire con tutti i sentimenti del cuore a Cristo, la cui bellezza ammirano senza sosta tutte le beate schiere dei cieli, la cui tenerezza commuove i cuori, la cui contemplazione reca conforto, la cui bontà sazia, la cui soavità ricrea, il cui ricordo illumina dolcemente, al cui profumo i morti riacquistano la vita e la cui beata visione renderà felici tutti i cittadini della celeste Gerusalemme.
Poiché questa visione è splendore di Gloria eterna, « riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia » (Sap 7, 26), guarda ogni giorno in questo specchio, o regina, sposa di Gesù Cristo. Contempla continuamente in esso il tuo volto, per adornarti così tutta interiormente ed esternamente, rivestirti e circondarti di abiti multicolori e ricamati, abbellirti di fiori e di vesti di tutte le virtù, come si addice alla figlia e sposa castissima del sommo Re. In questo specchio rifulge la beata povertà, la santa umiltà e l'ineffabile carità. Contempla lo specchio in ogni parte e vedrai tutto questo.
Osserva anzitutto l'inizio di questo specchio e vedrai la povertà di chi è posto in una mangiatoia ed avvolto in poveri panni. O meravigliosa umiltà, o stupenda povertà! Il Re degli angeli, il Signore del cielo e della terra è adagiato in un presepio!
Al centro dello specchio noterai l'umiltà, la beata povertà e le innumerevoli fatiche e sofferenze che egli sostenne per la redenzione del genere umano. Alla fine dello stesso specchio potrai contemplare l'ineffabile carità per cui volle patire sull'albero della croce ed in esso morire con un genere di morte di tutti il più umiliante. Perciò lo stesso specchio, posto sul legno della croce, ammoniva i passanti a considerare queste cose, dicendo: « Voi tutti che passate per la via, considerate e osservate se c'è un dolore simile al mio dolore! » (Lam 1, 12). Rispondiamo dunque a lui, che grida e si lamenta, con un'unica voce ed un solo animo: « Ben se ne ricorda e si accascia dentro di me la mia anima » (Lam 3, 20).
Così facendo ti accenderai di un amore sempre più forte, o regina del Re celeste.
Contempla inoltre le sue ineffabili delizie, le ricchezze e gli eterni onori, sospira con ardente desiderio ed amore del cuore, ed esclama: « Attirami dietro a te, corriamo al profumo dei tuoi aromi » (Ct 1, 3 volg.), o Sposo celeste. Correrò, né verrò meno fino a che non mi abbia introdotto nella tua dimora, fino a che la tua sinistra non stia sotto il mio capo e la tua destra mi cinga teneramente con amore (cfr. Ct 2, 4. 6).
Nella contemplazione di queste cose, ricòrdati di me, tua madre, sapendo che io ho scritto in modo indelebile il tuo ricordo sulle tavolette del mio cuore, ritenendoti fra tutte la più cara.


Responsorio: (Cfr. Sal 72, 26; Fil 3, 8. 9)

Vengono meno la mia carne e il mio cuore. La roccia del mio cuore è Dio; Dio è la mia sorte per sempre.
Tutto ho stimato una perdita, pur di guadagnare Cristo e di essere trovata in lui.
La roccia del mio cuore è Dio; Dio è la mia sorte per sempre.


Orazione:

Dio misericordioso, che hai ispirato a santa Chiara un ardente amore per la povertà evangelica, per sua intercessione concedi anche a noi di seguire Cristo povero e umile, per godere della tua visione nella perfetta letizia del tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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Diciannovesima settimana del Tempo Ordinario - Martedì


Lettura:

Dal « Trattato sull'incarnazione del Signore » di Teodoreto, vescovo di Ciro


Dalle piaghe del Signore la nostra guarigione


Le sofferenze del nostro Salvatore sono le nostre medicine. Il profeta volle insegnarci questo quando disse « Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge ... era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori » (Is 53, 4-7).
Il pastore che vede le pecore disperse ne prende una in braccio, la conduce a un pascolo tranquillo e, con l'esempio di questa, attrae a sé le rimanenti. Così il Verbo di Dio, avendo visto errante la stirpe degli uomini, assunse la natura di servo, la unì strettamente a sé e, per mezzo di essa, attirò l'intero genere umano, e condusse ai pascoli divini coloro che erano mal nutriti ed esposti ai lupi.
Per questo dunque il Salvatore nostro assunse la nostra natura, per questo Cristo Signore sostenne la passione, e la fece causa di salvezza, per questo fu dato in balìa alla morte, consegnato al sepolcro, e così abbatté l'antica tirannide e promise l'incorruttibilità a quelli che erano incatenati dalla corruzione.
Riedificando il tempio distrutto e risorgendo da morte, egli manifestò anche ai morti e a quanti attendevano la sua risurrezione, le vere e le indefettibili promesse.
In verità, disse, la natura che io ho preso da voi, ebbe la risurrezione per la divinità che abitava in lei e le era unita. Per la divinità si liberò dalla corruttibilità e dalla passibilità e conseguì l'incorruttibilità e l'immortalità. Così anche voi sarete liberati dalla dura schiavitù della morte, ed eliminata la corruzione assieme alle passioni, sarete rivestiti dell'immortalità.

Egli per mezzo degli apostoli diede il dono del battesimo a tutti gli uomini: « Andate dunque, disse, e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo » (Mt 28, 19). Il battesimo è una immagine e una figura della morte del Signore. « Se infatti », come dice l'apostolo Paolo, « siamo completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione » (Rm 6, 5).


Responsorio: (Cfr. Gv 10, 15. 18; Ez 34, 16)

Offro la mia vita per le pecore, dice il Signore; nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso: questo comando ho ricevuto dal Padre mio.
Cercerò la pecora perduta, fascerò quella ferita, le pascerò tutte con giustizia:
questo comando ho ricevuto dal Padre mio.


Orazione:

Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa' crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell'eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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Diciannovesima settimana del Tempo Ordinario - Mercoledì


Lettura:

Dal « Commento sui salmi » di sant'Agostino, vescovo


Venite, saliamo sul monte del Signore


« Come avevamo udito, così abbiamo visto » (Sal 47, 9). O Chiesa beata! In un primo tempo hai
udito, poi hai veduto. La Chiesa ha ascoltato, ricevendo le promesse, ora vede nella realtà; ha
ascoltato nelle profezie, ora contempla nel Vangelo. Infatti quel che ora si adempie, prima era
già stato profetizzato.
Alza gli occhi e getta uno sguardo sul mondo! Contempla la tua eredità estesa fino ai confini della
terra; vedo ormai che già si è realizzato ciò che era stato predetto: « A Lui tutti i re si
prostreranno, lo serviranno tutte le nazioni » (Sal 71, 11). Vedi come già si è compiuto quel che
fu detto: « Innalzati, Dio, sopra i cieli: su tutta la terra la tua gloria » (Sal 107, 6). Contempla colui
che ebbe mani e piedi trafitti dai chiodi, le cui ossa pendenti sulla croce furono contate e sulle
cui vesti furono gettate le sorti. Ammira regnante colui che essi hanno visto appeso in croce.
Contempla, assiso nei cieli, colui che essi disprezzarono, mentre era pellegrino sulla terra. Vedi
finalmente realizzate le parole: « Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra,
si prostreranno davanti a lui tutte le famiglie dei popoli » (Sal 21, 28). A questa vista, esclama
con gioia: « Come avevamo udito, così abbiamo visto » (Sal 47, 9).
A ragione viene così convocata la Chiesa da tutti i popoli: « Ascolta, figlia, guarda, porgi
l'orecchio, dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre » (Sal 44, 11). Ascolta e vedi; ascolta
prima ciò che non vedi, vedrai in seguito ciò che hai udito. Il Signore disse: « Un popolo che non
conoscevo mi ha servito; all'udirmi subito mi obbedivano » (Sal 17, 44-45). Il popolo ha obbedito
dopo aver solamente udito con gli orecchi. Dunque prima non aveva visto.
E non ricordi anche le parole: « Vedranno un fatto mai ad essi raccontato e comprenderanno ciò
che mai avevano udito »? (Is 52, 15). Coloro ai quali non furono inviati i profeti furono i primi ad
ascoltare e a comprendere i profeti; coloro che in un primo tempo non li avevano uditi, in
seguito, udendoli, ne rimasero ammirati. Coloro invece ai quali furono mandati i profeti,
rimasero insensibili, portando con sé i volumi della legge, ma senza comprenderne le verità.
Possedevano le tavole dell'alleanza, ma senza conseguirne l'eredità. Noi invece, « come
avevamo udito, così abbiamo visto ».
« Nella città del Signore degli eserciti, nella città del nostro Dio « (Sal 47, 9). Ivi abbiamo udito, ivi
abbiamo anche visto. « Dio l'ha fondata per sempre » (Sal 47, 9). Non si insuperbiscano quelli
che dicono: Ecco il Cristo è qui o è là. Chi dice: Ecco è qui, ecco è là, induce verso una parte. Ma
Dio ha promesso l'unità: I re si sono radunati insieme, non si sono divisi con gli scismi (cfr. Sal
47, 5). Ma forse, pensi, questa città, che ora domina il mondo, un giorno sarà distrutta! Non sarà
mai! « Dio l'ha fondata per sempre ». Orbene, se Dio l'ha fondata per l'eternità, perché temi che
il suo fondamento venga meno?


Responsorio: (Lv 26, 11-12; 2 Cor 6, 16)

Stabilirò la mia dimora in mezzo a voi e non vi respingerò; camminerò in mezzo a voi, sarò il
vostro Dio e voi sarete il mio popolo.
Noi siamo il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto:
sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo.


Orazione:

Illumina, Signore, i nostri sensi con la luce del tuo Spirito, perché possiamo essere sempre fedeli
a te, che con la tua sapienza ci hai creati e con la tua provvidenza ci guidi. Per il nostro Signore
Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i
secoli dei secoli. Amen.






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Diciannovesima settimana del Tempo Ordinario - Giovedì

Lettura:

Dal trattato « L'ideale perfetto del cristiano » di san Gregorio di Nissa, vescovo


Abbiamo Cristo che è la nostra pace
e la nostra luce


« Egli è la nostra pace, colui che ha fatto di due un popolo solo » (Ef. 2, 14). Pensando che Cristo è la pace, noi dimostreremo di portare degnamente il nome di cristiani, se per mezzo di quella pace che è in noi, esprimeremo Cristo con la nostra vita. Egli uccise l'inimicizia (cfr. Ef 2, 16), come dice l'Apostolo. Non dobbiamo dunque assolutamente permettere che essa riprenda vita in noi, ma mostrare chiaramente che è del tutto morta. Non risuscitiamola di nuovo dopo che è stata uccisa da Dio per la nostra salute, non adiriamoci a rovina delle nostre anime e non richiamiamo alla memoria le ingiurie subite, non commettiamo l'errore di riportare all'esistenza colei che è fortunatamente estinta.
Siccome possediamo Cristo che è la pace, così uccidiamo l'inimicizia per praticare nella nostra vita la fede in lui.
Egli abbatté in se stesso il muro che divideva i due uomini, ne fece uno solo, ristabilendo la pace non soltanto con quelli che ci combattono dal di fuori, ma anche con quelli che suscitano contese in noi stessi. Così la carne non potrà più avere desideri contrari allo spirito e lo spirito desideri contrari alla carne, ma la prudenza della carne sarà soggetta alla legge divina. Allora, ricostituiti in un uomo nuovo e amante della pace e, da due, fatti un uomo solo, diventeremo dimora della pace.
La pace è la concordia fra due esseri contrastanti. Quindi ora che è stata eliminata la guerra interna della nostra natura, coltiviamo in noi la pace, allora noi stessi diverremo pace e dimostreremo che questo appellativo di Cristo è vero e autentico anche in noi.
Cristo è la luce vera lontana da ogni menzogna. Impariamo da questo che anche la nostra vita deve essere illuminata dai raggi della vera luce. I raggi del sole di giustizia son le stesse virtù che splendono e ci illuminano perché respingiamo le opere delle tenebre e camminiamo onestamente come alla luce del giorno (cfr. Rm 13, 13). Detestiamo l'agire clandestino e tenebroso e operiamo tutto alla luce del giorno, e così anche noi diventeremo luce, e, come è proprio della luce, illumineremo gli altri mediante le nostre opere buone.
Cristo è la nostra santificazione, perciò asteniamoci dalle azioni e dai pensieri malvagi e impuri. Così ci mostreremo veramente partecipi del suo nome e manifesteremo la forza della santità non solo a parole, ma anche con le opere.


Responsorio: (Cfr. Lc 1, 78. 79)

Verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge: guiderà i nostri passi sulla via della pace.
Rischiarerà quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte,
guiderà i nostri passi sulla via della pace.


Orazione:

Dio onnipotente ed eterno, guarda benigno i popoli ancora immersi nell'ombra della morte, fa' risplendere su di essi il sole di giustizia, che ci ha visitato sorgendo dall'alto, Gesù Cristo nostro Signore. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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15/08/2008 05:27

Diciannovesima settimana del Tempo Ordinario

15 Agosto - ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

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Oggi è la solennità dell'assunzione della Beata Vergine Maria. Abbiamo cominciato questa
"Pioggia di Vita" proprio parlando del 15 Agosto, e sono stati riportati gli Inni del giorno, dalla
Liturgia delle Lodi, preghiere e riflessioni.
Concludiamo questo giro, che abbiamo percorso durante l'anno liturgico, riportando una delle
due letture dall'Ufficio delle Letture, e così sarà maggiormente arricchito il dono offerto: si
possono leggere i testi dell'inizio del topic "Pioggia di Vita", completando con le seguenti lettura
e preghiera.

Pioggia di Vita si può riprendere ogni giorno, partendo dall'inizio, e potrà essere nostro alimento
e conforto, accompagnandoci nel cammino della vita.


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Lettura:

Dalla Costituzione Apostolica « Munificentissimus Deus » di Pio XII, papa


Santità, splendore e gloria il corpo della Vergine


I santi padri e i grandi dottori nelle omelie e nei discorsi, rivolti al popolo in occasione della festa
odierna, parlavano dell'Assunzione della Madre di Dio come di una dottrina già viva nella
coscienza dei fedeli e da essi già professata; ne spiegavano ampiamente il significato, ne
precisavano e ne approfondivano il contenuto, ne mostravano le grandi ragioni teologiche. Essi
mettevano particolarmente in evidenza che oggetto della festa non era unicamente il fatto che le
spoglie mortali della beata Vergine Maria fossero state preservate dalla corruzione, ma anche il
suo trionfo sulla morte e la sua celeste glorificazione, perché la Madre ricopiasse il modello,
imitasse cioè il suo Figlio unico, Cristo Gesù.
San Giovanni Damasceno, che si distingue fra tutti come teste esimio di questa tradizione,
considerando l'Assunzione corporea della grande Madre di Dio nella luce degli altri suoi
privilegi, esclama con vigorosa eloquenza: « Colei che nel parto aveva conservato illesa la sua
verginità, doveva anche conservare senza alcuna corruzione il suo corpo dopo la morte. Colei
che aveva portato nel suo seno il Creatore, fatto bambino, doveva abitare nei tabernacoli divini.
Colei, che fu data in sposa dal Padre, non poteva trovar dimora che nelle sedi celesti. Doveva
contemplare il suo Figlio nella gloria alla destra del Padre, lei che lo aveva visto sulla croce, lei
che, preservata dal dolore, quando lo diede alla luce, fu trapassata dalla spada del dolore
quando lo vide morire. Era giusto che la Madre di Dio possedesse ciò che appartiene al Figlio, e
che fosse onorata da tutte le creature come Madre ed ancella di Dio ».
San Germano di Costantinopoli pensava che l'incorruzione e l'assunzione al cielo del corpo della
Vergine Madre di Dio, non solo convenivano alla sua divina maternità, ma anche alla speciale
santità del suo corpo verginale: « Tu, come fu scritto, sei tutta splendore (cfr. Sal 44, 14); e il tuo
corpo verginale è tutto santo, tutto casto, tutto tempio di Dio. Per questo non poteva conoscere il
disfacimento del sepolcro, ma, pur conservando le sue fattezze naturali, doveva trasfigurarsi in
luce di incorruttibilità, entrare in una esistenza nuova e gloriosa, godere della piena liberazione
e della vita perfetta ».
Un altro scrittore antico afferma: « Cristo, nostro salvatore e Dio, donatore della vita e
dell'immortalità, fu lui a restituire la vita alla Madre. Fu lui a rendere colei, che l'aveva generato,
uguale a se stesso nell'incorruttibilità del corpo, e per sempre. Fu lui a risuscitarla dalla morte e
ad accoglierla accanto a sé, attraverso una via che a lui solo è nota ».
Tutte queste considerazioni e motivazioni dei santi padri, come pure quelle dei teologi sul
medesimo tema, hanno come ultimo fondamento la Sacra Scrittura. Effettivamente la Bibbia ci
presenta la santa Madre di Dio strettamente unita al suo Figlio divino e sempre a lui solidale, e
compartecipe della sua condizione.
Per quanto riguarda la Tradizione, poi, non va dimenticato che fin dal secondo secolo la Vergine
Maria viene presentata dai santi padri come la novella Eva, intimamente unita al nuovo Adamo,
sebbene a lui soggetta. Madre e Figlio appaiono sempre associati nella lotta contro il nemico
infernale; lotta che, come era stato preannunziato nel protovangelo (cfr. Gn 3, 15), si sarebbe
conclusa con la pienissima vittoria sul peccato e sulla morte, su quei nemici, cioè, che l'Apostolo
delle genti presenta sempre congiunti (cfr. Rm capp. 5 e 6; 1 Cor 15, 21-26; 54-57). Come
dunque la gloriosa risurrezione di Cristo fu parte essenziale e il segno finale di questa vittoria,
così anche per Maria la comune lotta si doveva concludere con la glorificazione del suo corpo
verginale, secondo le affermazioni dell'Apostolo: « Quando questo corpo corruttibile si sarà
vestito di incorruttibilità e questo corpo mortale di immortalità, si compirà la parola della
Scrittura: La morte è stata ingoiata per la vittoria » (1 Cor 15, 54; cfr. Os 13, 14).
In tal modo l'augusta Madre di Dio, arcanamente unita a Gesù Cristo fin da tutta l'eternità « con
uno stesso decreto » di predestinazione, immacolata nella sua concezione, vergine illibata nella
sua divina maternità, generosa compagna del divino Redentore, vittorioso sul peccato e sulla
morte, alla fine ottenne di coronare le sue grandezze, superando la corruzione del sepolcro.
Vinse la morte, come già il suo Figlio, e fu innalzata in anima e corpo alla gloria del cielo, dove
risplende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale nei secoli.


Responsorio:

Ecco il giorno luminoso, nel quale la Madre di Dio è salita al cielo; lodiamo e acclamiamo tutti:
Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno.
Beata sei tu, santa Vergine Maria, e meritevole d'ogni lode: da te è nato il sole di giustizia, Cristo
Salvatore.
Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno.


Invocazioni:

Celebriamo il nostro Salvatore, che ha scelto di nascere da Maria Vergine e, confidando nel suo
amore per lei, preghiamo:
Per Maria, piena di grazia, ascoltaci.


Verbo eterno, che hai eletto Maria come arca incorruttibile della tua dimora,
- liberaci dalla corruzione del peccato.
Redentore nostro, che hai fatto di Maria il santuario degnissimo dello Spirito Santo,
- trasformaci in tempio vivo del tuo Spirito.
Re dei re, che hai voluto esaltare Maria con la sua assunzione al cielo in anima e corpo,
- fa' che ci sentiamo fin d'ora cittadini della Gerusalemme celeste.
Signore del cielo e della terra, che hai incoronato Maria regina dell'universo e l'hai posta alla tua
destra,
- donaci di condividere con lei l'eredità dei tuoi santi.


Padre nostro
che sei nei cieli
sia santificato il tuo nome
venga il tuo regno
sia fatta la tua volontà
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori
e non c'indiurre in tentazione
ma liberaci dal male.


Orazione:

O Dio onnipotente ed eterno, che hai innalzato alla gloria del cielo in corpo e anima l'immacolata
Vergine Maria, madre di Cristo tuo Figlio, fa' che viviamo in questo mondo costantemente rivolti
ai beni eterni, per condividere la sua stessa gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio,
che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.







_________Aurora Ageno___________
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Re: Leggetelo, vi prego!
auroraageno, 19/09/2007 15:08:



Salmo 138

Dio non è lontano da ciascuno di noi... in lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo
(Atti 17, 27. 28).



Signore, tu mi scruti e mi conosci,
tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
mi scruti quando cammino e quando riposo.

Ti sono note tutte le mie vie;
la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, già la conosci tutta.

Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
Stupenda per me la tua saggezza,
troppo alta, e io non la comprendo.

Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.

Se prendo le ali dell'aurora
per abitare all'estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.

Se dico: << Almeno l'oscurità mi copra
e intorno a me sia la notte >>;

nemmeno le tenebre per te sono oscure,
e la notte è chiara come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.

Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.

Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.

Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra.

Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati,
quando ancora non ne esisteva uno.

Quanto profondi per me i tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero, o Dio!
Se li conto sono più della sabbia,
se li credo finiti, con te sono ancora.

Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore,
provami e conosci i miei pensieri:
vedi se percorro una via di menzogna
e guidami sulla via della vita.





_____________________________________________________________________


Quanto amo questo Salmo e quanto mi colpisce fino in fondo ogni volta che lo leggo!

Tutti dovrebbero leggerlo, rileggerlo e lasciarlo penetrare nell'intimo..!

Tutti... anche chi pensa o crede di essere nato per caso, magari per un "incidente" capitato ai
genitori... Dovrebbe leggerlo, o sentirlo proclamare, chi si trova ad aspettare un figlio e non lo
aveva desiderato né cercato e sta pensando di "liberarsene".

Dovrebbe giungere, e il Signore sa quanto lo desidero e lo spero, a chi crede di essersi troppo
allontanato, di aver accumulato errori su errori, di essere ormai lontano da ogni speranza di
trovare un senso nella vita, di essere solo e destinato al nulla.


grazie Aurora, nn conoscevo questo Salmo..in effetti è un pò che nn frequento la chiesa..
vorrei tornare a credere,a sperare,ma sai...le croci che Dio mi ha dato da sopportare sono troppo pesanti x me,e mi sono allontanata un pò.
Lui è cmq sempre presente,ma nn sò più pregare. Tu devi avere un gran cuore. Metterò questa pagina tra i preferiti...cosi la leggerò quando mi sentirò sola...
grazie di cuore...calliope



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Non ho nulla da lasciarti in dote figlio mio,posso solo insegnarti l arte del perdono e dell amore incondizionato,solo quello possiedo.
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