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Pioggia di Vita, per chi crede e per chi non crede

Ultimo Aggiornamento: 11/01/2013 11:23
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VII settimana di Pasqua - Giovedì


Lettura:

Dal « Commento sul vangelo di Giovanni » di san Cirillo di Alessandria, vescovo


Se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore

Cristo aveva compiuto la sua missione sulla terra, e per noi era ormai venuto il momento di entrare in comunione con la natura del Verbo cioè di passare dalla vita naturale di prima a quella che trascende l'esistenza umana. Ma a ciò non potevamo arrivare se non divenendo partecipi dello Spirito Santo.
Il tempo più adatto alla missione dello Spirito e alla sua venuta su di noi era quello che seguì l'ascensione di Cristo al cielo.
Finché Cristo infatti viveva ancora con il suo corpo insieme ai fedeli, egli stesso, a mio parere, dispensava loro ogni bene. Quando invece giunse il momento stabilito di salire al Padre celeste, era necessario che egli fosse presente ai suoi seguaci per mezzo dello Spirito ed abitasse per mezzo della fede nei nostri cuori, perché, avendolo in noi, potessimo dire con fiducia « Abbà, Padre » e praticassimo con facilità ogni virtù e inoltre fossimo trovati forti e invincibili contro le insidie del diavolo e gli attacchi degli uomini, dal momento che possedevamo lo Spirito Santo onnipotente.
Che lo Spirito infatti trasformi in un'altra natura coloro nei quali abita e li rinnovi nella loro vita è facile dimostrarlo con testimonianze sia dell'Antico che del Nuovo Testamento.
Samuele infatti, ispirato, rivolgendo la parola a Saul dice: Lo Spirito del Signore ti investirà e sarai trasformato in altro uomo (cfr. 1 Sam 10, 6). San Paolo poi dice: E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore. Il Signore poi è Spirito (cfr. 2 Cor 3, 17-18).
Vedi come lo Spirito trasforma, per così dire, in un'altra immagine coloro nei quali abita? Infatti porta con facilità dal gusto delle cose terrene a quello delle sole cose celesti e da una imbelle timidezza ad una forza d'animo piena di coraggio e di grande generosità.
I discepoli erano così disposti e così rinfrancati nell'animo dallo Spirito Santo, da non essere per nulla vinti dagli assalti dei persecutori, ma fortemente stretti all'amore di Cristo.
E' vero dunque quello che dice il Salvatore: E' meglio per voi che io me ne ritorni in cielo (cfr. Gv 16, 7). Quello infatti era il tempo in cui sarebbe disceso lo Spirito Santo.


Responsorio: (Cfr. Gv 16, 7. 13)

Se non vado al Padre, non verrà a voi il Consolatore; ma quando sarò andato, ve lo manderò. Quando verrà lo Spirito di verità, vi guiderà alla verità tutta intera, alleluia.
Non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future.
Quando verrà lo Spirito di verità, vi guiderà alla verità tutta intera, alleluia.


Lettura breve:

1 Cor 2, 10-12


Lo spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi conosce i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato.


Responsorio:

Lo Spirito del Padre sarà in voi, alleluia, alleluia.
Lo Spirito del Padre sarà in voi, alleluia, alleluia.
Vi insegnerà ogni cosa.
Alleluia, alleluia.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Lo Spirito del Padre sarà in voi, alleluia, alleluia.


Invocazioni:

Benedetto sia Cristo Signore, perché per mezzo di lui possiamo presentarci tutti al Padre in un solo Spirito. Sollecitiamo la sua bontà:
O Cristo, accogli la nostra preghiera.

Manda il tuo Spirito come ospite dei nostri cuori,
- donaci la grazia di non contristarlo mai.
Tu che sei risuscitato dai morti e siedi alla destra di Dio,
- intercedi sempre per noi presso il Padre.
Unisci pastori e fedeli nella comunione del tuo Spirito,
- fa' che nulla, né vita, né morte, ci separi mai da te.
Rendici accoglienti e ospitali gli uni verso gli altri,
- come tu ci hai accolto per amore del Padre.


Padre nostro
che sei nei cieli
sia santificato il tuo nome
venga il tuo regno
sia fatta la tua volontà
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo
ai nostri debitori
e non c'indurre in tentazione
ma liberaci dal male.


Orazione:

Venga, Signore, il tuo Spirito e ci trasformi interiormente con i suoi doni; crei in noi un cuore nuovo, perché possiamo piacere a te e conformarci alla tua volontà. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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09/05/2008 07:01

Settima settimana di Pasqua - Venerdì


Lettura:

Dal « Trattato sulla Trinità » di sant'Ilario, vescovo


Il Dono del Padre in Cristo


Il Signore comandò di battezzare nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Il catecumeno viene battezzato professando perciò la fede nel Creatore, nell'Unigenito, nel Dono.
Unico è il Creatore di tutto. Uno infatti Dio Padre da cui hanno principio tutte le cose. Unico è anche l'Unigenito, il Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale tutte le cose furono create, e unico lo Spirito dato in dono a tutti.
Tutto è ordinato secondo le sue virtù e meriti; una la potenza da cui tutto procede; una la prole per cui tutto è stato fatto; uno il dono della perfetta speranza.
Non si troverà nulla che manchi ad una perfezione infinita. Nell'ambito della Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, tutto è perfettissimo: l'immensità nell'eterno, la manifestazione nell'immagine, il godimento nel dono.
Ascoltiamo dalle parole dello stesso Signore quale sia il suo compito nei nostri confronti. Dice: « Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso » (Gv 16, 12). E' bene per voi che io me ne vada, se me ne vado vi manderò il Consolatore (cfr. Gv 16, 7). Ancora: « Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità » (Gv 14, 16-17) « Egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio » (Gv 16, 13-14).
Insieme a tante altre promesse vi sono queste destinate ad aprire l'intelligenza delle alte cose. In queste parole vengono formulati sia la volontà del donatore, come pure la natura e il modo stesso del dono.
Siccome la nostra limitatezza non ci permette di intendere né il Padre, né il Figlio, il dono dello Spirito Santo stabilisce un certo contatto tra noi e Dio, e così illumina la nostra fede nelle difficoltà relative all'incarnazione di Dio.
Lo si riceve dunque per conoscere. I sensi per il corpo umano sarebbero inutili se venissero meno i requisiti per il loro esercizio. Se non c'è luce o non è giorno, gli occhi non servono a nulla; gli orecchi in assenza di parole o di suono non possono svolgere il loro compito; le narici se non vi sono emanazioni odorifere, non servono a niente. E questo avviene non perché venga loro a mancare la capacità naturale, ma perché la loro funzione è condizionata da particolari elementi. Allo stesso modo l'anima dell'uomo, se non avrà attinto per mezzo della fede il dono dello Spirito Santo, ha sì la capacità di intendere Dio, ma le manca la luce per conoscerlo.
Il dono, che è in Cristo, è dato interamente a tutti. Resta ovunque a nostra disposizione e ci è concesso nella misura in cui vorremo accoglierlo. Dimorerà in noi nella misura in cui ciascuno di noi vorrà meritarlo.
Questo dono resta con noi fino alla fine del mondo, è il conforto della nostra attesa, è il pegno della speranza futura nella realizzazione dei suoi doni, è la luce delle nostre menti, lo splendore delle nostre anime.



Responsorio: (Cfr. Gv 14, 1. 27; 16, 7)

Per me è giunta l'ora di tornare da colui che mi ha mandato; non siate tristi e non tema il vostro cuore. Io prego per voi il Padre, perché vi custodisca, alleluia.
Se non vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando sarò andato, ve lo manderò.
Io prego per voi il Padre, perché vi custodisca, alleluia.


Orazione:

O Dio nostro Padre, che con la glorificazione del tuo Cristo e con l'effusione dello Spirito Santo ci hai aperto il passaggio alla vita eterna, fa' che, partecipi di così grandi doni, possiamo crescere nella fede e impegnarci sempre più nel tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.







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10/05/2008 07:07

Settima settimana di Pasqua - Sabato


Lettura:

Dai « Discorsi » di un autore africano del sec. VI


L'unità della Chiesa parla in tutte le lingue


Gli apostoli hanno parlato in tutte le lingue. Così certamente Dio volle allora manifestare la presenza dello Spirito Santo, in modo che colui che l'avesse ricevuto, potesse parlare in tutte le lingue. Bisogna infatti comprendere bene, fratelli carissimi, che è proprio grazie allo Spirito Santo che la carità di Dio si trova nei nostri cuori. E poiché la carità doveva radunare la Chiesa di Dio da ogni parte del mondo, un solo uomo, ricevendo lo Spirito Santo, poté allora parlare tutte le lingue. Così ora la Chiesa, radunata per opera dello Spirito Santo, esprime la sua unità in tutte le lingue.
Perciò se qualcuno dirà a uno di noi: Hai ricevuto lo Spirito Santo, per quale motivo non parli in tutte le lingue? Devi rispondere: Certo che parlo in tutte le lingue, infatti sono inserito in quel corpo di Cristo cioè nella Chiesa, che parla tutte le lingue. Che cosa altro in realtà volle significare Dio per mezzo della presenza dello Spirito Santo, se non che la sua Chiesa avrebbe parlato in tutte le lingue?
Si compì in questo modo ciò che il Signore aveva promesso: Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi, ma si mette vino nuovo in otri nuovi e così ambedue si conservano (cfr. Lc 5, 37-38). Perciò quando si udì parlare in tutte le lingue alcuni a ragione andavano dicendo: « Costoro si sono ubriacati di mosto » (At 2, 13). Infatti erano diventati otri nuovi rinnovati dalla grazia della santità, in modo che ripieni di vino nuovo, cioè dello Spirito Santo, parlando tutte le lingue, erano ferventi, e rappresentavano con quel miracolo evidentissimo che la Chiesa sarebbe diventata cattolica per mezzo delle lingue di tutti i popoli.
Celebrate quindi questo giorno, come membra dell'unico corpo di Cristo. Infatti non lo celebrerete inutilmente se voi sarete quello che celebrate. Se cioè sarete incorporati a quella Chiesa, che il Signore colma di Spirito Santo, estende con la sua forza in tutto il mondo, riconosce come sua, venendo da essa riconosciuto.
Lo Sposo non ha abbandonato la sua Sposa, perciò nessuno gliene può dare un'altra diversa.
Solo a voi, infatti, che siete formati dall'unione di tutti i popoli, cioè a voi, Chiesa di Cristo, corpo di Cristo, sposa di Cristo, l'Apostolo dice: Sopportatevi a vicenda con amore e cercate di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace (cfr. Ef 4, 2). Vedete che dove comandò di sopportarci vicendevolmente, là pose l'amore. Dove constatò la speranza dell'unità, là mostrò il vincolo della pace.
Questa è la casa di Dio, edificata con pietre vive, nella quale egli si compiace di abitare e dove i suoi occhi non debbano essere offesi da nessuna sciagurata divisione.


Responsorio: (Cfr. At 15, 8-9; 11, 18)

Dio che conosce l'uomo, ha dato anche ai pagani lo Spirito Santo, come a noi, purificando i loro cuori con la fede, e non ha fatto differenze tra noi e loro, alleluia.
Dunque anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano per avere la vita;
e non ha fatto differenze tra noi e loro, alleluia.


Orazione:

Dio onnipotente ed eterno, che ci dai la gioia di portare a compimento i giorni della Pasqua, fa' che tutta la nostra vita sia una testimonianza del Signore risorto. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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11/05/2008 01:52

Domenica di PENTECOSTE

I n n o


Giorno d'immensa gioia
nella città di Dio:
la fiamma dello Spirito
risplende nel cenacolo.

Si rinnova il prodigio
degli antichi profeti:
una mistica ebbrezza
tocca le lingue e i cuori.

O stagione beata
della Chiesa nascente,
che accoglie nel suo grembo
le primizie dei popoli!

E' questo il giubileo
dell'anno cinquantesimo,
che riscatta gli schiavi
e proclama il perdono.

Manda su noi, Signore,
il dono del tuo Spirito,
concedi al mondo inquieto
la giustizia e la pace.

O luce di sapienza,
rivelaci il mistero
del Dio trino ed unico,
fonte d'eterno amore. Amen.



Lettura:

Dal trattato « Contro le eresie » di sant'Ireneo, vescovo


La missione dello Spirito Santo


Il Signore concedendo ai discepoli il potere di far nascere gli uomini in Dio, diceva loro: « Andate, ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo » (Mt 28, 19).
E' questo lo Spirito che, per mezzo dei profeti, il Signore promise di effondere negli ultimi tempi sui suoi servi e sulle sue serve, perché ricevessero il dono della profezia. Perciò esso discese anche sul Figlio di Dio, divenuto figlio dell'uomo, abituandosi con lui a dimorare nel genere umano, a riposare tra gli uomini e ad abitare nelle creature di Dio, operando in essi la volontà del Padre e rinnovandoli dall'uomo vecchio alla novità di Cristo.
Luca narra che questo Spirito, dopo l'ascensione del Signore, venne sui discepoli nella Pentecoste con la volontà e il potere di introdurre tutte le nazioni alla vita e alla rivelazione del Nuovo Testamento. Sarebbero così diventate un mirabile coro per intonare l'inno di lode a Dio in perfetto accordo, perché lo Spirito Santo avrebbe annullato le distanze, eliminato le stonature e trasformato il consesso dei popoli in una primizia da offrire a Dio.
Perciò il Signore promise di mandare lui stesso il Paràclito per renderci graditi a Dio. Infatti come la farina non si amalgama in un'unica massa pastosa, né diventa un unico pane senza l'acqua, così neppure noi, moltitudine disunita, potevamo diventare un'unica Chiesa in Cristo Gesù senza l' « Acqua » che scende dal cielo. E come la terra arida se non riceve l'acqua non può dare frutti, così anche noi, semplice e nudo legno secco, non avremmo mai portato frutto di vita senza la « Pioggia » mandata liberamente dall'alto.
Il lavacro battesimale con l'azione dello Spirito Santo ci ha unificati tutti nell'anima e nel corpo in quell'unità che preserva dalla morte.
Lo Spirito di Dio discese sopra il Signore come Spirito di sapienza e di intelligenza, Spirito di consiglio e di fortezza, Spirito di scienza e di pietà, Spirito del timore di Dio (cfr. Is 11, 2).
Il Signore poi a sua volta diede questo Spirito alla Chiesa, mandando dal cielo il Paràclito su tutta la terra, da dove, come disse egli stesso, il diavolo fu cacciato come folgore cadente (cfr. Lc 10, 18). Perciò è necessaria a noi la rugiada di Dio, perché non abbiamo a bruciare e a diventare infruttuosi e, là dove troviamo l'accusatore, possiamo avere anche l'avvocato.
Il Signore affida allo Spirito Santo quell'uomo incappato nei ladri, cioè noi. Sente pietà di noi e ci fascia le ferite, e dà i due denari con l'immagine del re. Così imprimendo nel nostro spirito, per opera dello Spirito Santo, l'immagine e l'iscrizione del Padre e del Figlio, fa fruttificare in noi i talenti affidatici perché li restituiamo poi moltiplicati al Signore.


Responsorio: (At 2, 1-2)

Al cinquantesimo giorno dopo Pasqua si trovavano tutti riuniti nello stesso luogo: tutti furono pieni di Spirito Santo, alleluia.
Venne all'improvviso dal cielo un fragore, come un soffio di vento impetuoso, e riempì la casa:
tutti furono pieni di Spirito Santo, alleluia.


Orazione:

O Dio, che nel mistero della Pentecoste santifichi la tua Chiesa in ogni popolo e nazione, diffondi i doni dello Spirito Santo sino ai confini della terra, e continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






[Modificato da auroraageno 11/05/2008 01:53]

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12/05/2008 07:05

12 Maggio - SAN PANCRAZIO, MARTIRE


Il 12 Maggio ricorre la memoria di san Pancrazio, martire.
Morì martire in Roma, probabilmente nella persecuzione di Diocleziano. Il suo sepolcro è conservato sulla via Aurelia e su di esso il papa Simmaco costruì una chiesa.


Lettura:

Dai « Discorsi » di san Bernardo, abate


Sono con lui nelle sventure


« Presso di lui sarò nella sventura » (Sal 90, 15), dice Dio: ed io frattanto che cosa cercherò se non la tribolazione? Il mio bene è stare vicino a Dio; non solo, ma anche « porre nel Signore il mio rifugio » (Sal 72, 28), perché « io lo salverò », dice « e lo renderò glorioso » (Sal 90, 15).
Sono con lui nella sventura. La mia delizia, aggiunge, è di trovarmi con gli uomini (cfr. Pro 8, 31). E' l'Emmanuele, Dio con noi. Discese per essere vicino ai tribolati di cuore, per essere con noi nella nostra sventura. Sarà con noi invero quando saremo rapiti tra le nubi incontro a Cristo nell'aria, e così saremo sempre con il Signore (cfr. 1 Ts 4, 17), se però nel frattempo ci daremo cura di averlo con noi, quale compagno di viaggio, egli ci ridonerà la patria, anzi sarà lui stesso allora la nostra patria, mentre ora è la via.
Il mio bene, o Signore, è stare nella tribolazione, purché tu sia con me. E' meglio che regnare senza di te, banchettare senza di te, gloriarmi senza di te.
Il mio bene, o Signore, è abbracciare piuttosto te nella tribolazione, averti con me nella fornace, che restare senza di te, sia pure in cielo. Che cos'altro c'è per me in cielo, e cos'altro bramo da te sulla terra? (cfr Sal 72, 25). Il crogiolo saggia l'oro e la prova della tribolazione saggia i giusti (cfr. Sir 27, 5). Là, o Signore, sei con essi; là stai in mezzo a quelli che sono riuniti nel tuo nome, come una volta con i tre fanciulli.
Che temiamo, perché siamo esitanti, perché tentiamo di evitare questa fornace? Infuria il fuoco, ma il Signore è con noi nella sventura. « Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? » (Rm 8, 31). Come pure se egli ci trae fuori, chi è capace di toglierci dalla sua mano? Infine, se egli glorifica, chi mai potrà rendere inglorioso? Se egli esalta, chi potrà umiliarci?
« Lo sazierò di lunghi giorni » (Sal 90, 16), come se dicesse più chiaramente: So bene ciò che desidera, so di che ha sete, che cosa gli piace. Non brama oro o argento, non piaceri, non il sapere, non una qualche dignità secolare. Tutto considera suo danno, tutto disprezza e considera come spazzatura. Egli ha svuotato completamente se stesso e non soffre di essere occupato da queste cose, delle quali sa di non potersi riempire.
Non ignora ad immagine di chi è stato creato, di quale grandezza sia capace e non tollera di crescere di poco per essere sminuito al massimo.
Perciò « Io lo sazierò di lunghi giorni », lui che non può essere ravvivato se non dalla luce vera, né essere riempito se non da quella eterna; perché quella lunga durata non ha termine, quello splendore non ha tramonto, quella sazietà non genera fastidio.


Responsorio:

Per il suo Dio san Pancrazio ha lottato fino alla morte, ha superato la prova: la sua forza era Cristo.
Alla vita in questo mondo ha preferito il regno dei cieli:
la sua forza era Cristo.


Orazione:

Esulti la tua Chiesa, Signore, nel ricordo del martire san Pancrazio, e per la sua intercessione si consacri con serena fiducia al servizio del Vangelo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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13/05/2008 07:11

Seconda settimana del Tempo ordinario - Martedì


Lettura:

Dalla « Lettera ai Corinzi » di san Clemente I, papa


Chi può spiegare il mistero della carità divina?


Colui che possiede la carità in Cristo, mette in pratica i comandamenti di Cristo. Chi è capace di svelare l'infinito amore di Dio? Chi può esprimere la magnificenza della sua bellezza? L'altezza a cui conduce la carità, non si può dire a parole.
La carità ci congiunge intimamente a Dio, « la carità copre una moltitudine di peccati » (1 Pt 4, 8), la carità tutto sopporta, tutto prende in santa pace. Nulla di volgare nella carità, nulla di superbo. La carità non suscita scismi, la carità opera tutto nella concordia. Nella carità tutti gli eletti di Dio sono perfetti, mentre senza la carità niente è gradito a Dio.
Con la carità Dio ci ha attirati a sé. Per la carità che ebbe verso di noi, il Signore nostro Gesù Cristo, secondo il divino volere, ha versato per noi il suo sangue e ha dato la sua carne per la nostra carne, la sua vita per la nostra vita.
Vedete, o carissimi, quanto è grande e meravigliosa la carità e come non si possa esprimere adeguatamente la sua perfezione. Chi è meritevole di trovarsi in essa, se non coloro che Dio ha voluto rendere degni? Preghiamo dunque e chiediamo dalla sua misericordia di essere trovati nella carità, liberi da ogni spirito di parte, irreprensibili.
Tutte le generazioni da Adamo fino al presente sono passate; coloro invece che per grazia di Dio sono trovati perfetti nella carità, restano, ottengono la dimora riservata ai buoni e saranno manifestati al sopraggiungere del regno di Cristo. Sta scritto infatti: Entrate nelle vostre stanze per un momento anche brevissimo fino a che non sia passata la mia ira e il mio furore. Allora mi ricorderò del giorno favorevole e vi farò sorgere dai vostri sepolcri (cfr. Is 26, 20; Ez 37, 12).
Beati noi, o carissimi, se praticheremo i comandamenti del Signore nella concordia della carità, perché per mezzo della carità ci siano rimessi i nostri peccati. E' scritto infatti: Beati coloro ai quali sono state rimesse le colpe e perdonata ogni iniquità. Beato l'uomo a cui Dio non imputa alcun male e sulla cui bocca non c'è inganno (cfr. Sal 31, 1). Questa proclamazione di beatitudine riguarda coloro che Dio ha eletto per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.


Responsorio: (1 Gv 4, 16.7)

Noi abbiamo creduto all'amore che Dio ha per noi. Chi sta nell'amore dimora in Dio, e Dio in lui.
Amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio.
Chi sta nell'amore dimora in Dio, e Dio in lui.


Orazione:

O Dio onnipotente ed eterno, che governi il cielo e la terra, ascolta con bontà le preghiere del tuo popolo e dona ai nostri giorni la tua pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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Sesta settimana del Tempo ordinario - Mercoledì


Lettura:

Dal « Commento sui Proverbi » di san Procopio di Gaza, vescovo


La Sapienza di Dio ci ha imbandito la tavola


« La sapienza si è costruita una casa » (Pro 9, 1). La potenza di Dio e del Padre, per se stessa sussistente, si è preparata, come propria dimora, l'universo intero, nel quale abita con la sua forza creatrice. Questo universo che è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, consta di natura visibile e invisibile.
« Ha intagliato le sue sette colonne » (Pro 9, 1). L'uomo fu formato dopo la creazione a somiglianza di Cristo, perché crescesse in lui e osservasse i suoi comandamenti. A lui Dio ha dato i sette carismi dello Spirito Santo. Essi mediante la scienza suscitano la fortezza e viceversa mediante la fortezza manifestano la scienza. Questi carismi perfezionano l'uomo spirituale, lo confermano nella fede e lo portano alla completa partecipazione delle realtà trascendenti.
Lo splendore naturale dello spirito viene esaltato dai vari doni.
La fortezza dispone a ricercare con fervore e a desiderare di compiere sempre e in tutte le cose, a seconda delle loro finalità, i divini voleri, conformi ai quali tutti gli esseri sono stati creati. Il consiglio discerne i santissimi voleri increati e immortali, capaci di essere pensati, rivelati e realizzati. La prudenza fa acconsentire e prestar fede a questi voleri e non agli altri.
Ha versato il suo vino nella coppa e imbandito la sua tavola (cfr. Pro 9, 2). Nell'uomo in cui viene fusa, come in una coppa, la natura spirituale e quella corporale, Dio infonde la scienza delle cose create e di se stesso, autore di tutto. L'intelletto fa sì che l'uomo sia inebriato, come per il vino, di tutto ciò che riguarda Dio. Egli, pane celeste, nutrendo di se stesso nella fortezza le anime, e arricchendole e dilettandole con la dottrina, dispone tutte queste cose come vivande per il convito spirituale di quanti desiderano parteciparvi.
Mandò i suoi servi ad invitare a gran voce e con insistenza al banchetto (cfr. Mt 22, 3). Mandò gli apostoli a servire la sua divina volontà con la proclamazione evangelica. Essa deriva dallo Spirito, sta al di sopra della legge scritta e di quella naturale, e chiama tutti a Cristo. Con l'incarnazione si è realizzata in lui senza confusione l'unione ipostatica della mirabile natura divina e di quella umana.
Per mezzo degli apostoli grida: Chi non ha la sapienza venga a me (cfr. Pro 9, 4). Cioè chi è stolto, e pensa quindi in cuor suo che Dio non esista, abbandoni l'empietà, si rivolga a me per mezzo della fede e riconosca che io sono il creatore e il Signore di tutte le cose. A coloro che abbisognano di sapienza dice: Venite, mangiate con me il pane e bevete il vino che ho versato per voi (cfr. Pro 9, 5). A coloro che sono privi delle opere della fede, anche se ricchi di dottrine elevate, dice: Venite, mangiate il mio corpo, pane che vi nutre nella fortezza, bevete il mio sangue, vino che vi rallegra nella scienza e vi fa diventare Dio. Ho infatti unito il sangue alla divinità per la vostra salvezza.


Responsorio: (Cfr. Pro 9, 1-2; Gv 6, 56)

La Sapienza si è costruita la casa, ha scolpito le sue sette colonne. Ha preparato il vino e imbandita la tavola.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, dimora in me e io in lui, dice il Signore.
Ha preparato il vino e imbandita la tavola.


Orazione:

O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.








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15/05/2008 05:49

Sesta settimana del Tempo ordinario - Giovedì


Lettura:

Dal « Commento sui Salmi » di sant'Ambrogio, vescovo


Apri la tua bocca alla parola di Dio


Sia sempre nel nostro cuore e sulla nostra bocca la meditazione della sapienza e la nostra lingua esprima la giustizia. La legge del nostro Dio sia nel nostro cuore (cfr. Sal 36, 30). Per questo la Scrittura ci dice: « Parlerai di queste cose quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per la via, quando ti coricherai e quando ti alzerai » (Dt 6, 7). Parliamo dunque del Signore Gesù, perché egli è la Sapienza, egli è la Parola, è la Parola di Dio. Infatti è stato scritto anche questo: Apri la tua bocca alla parola di Dio.
Chi riecheggia i suoi discorsi e medita le sue parole la diffonde. Parliamo sempre di lui. Quando parliamo della sapienza, è lui colui di cui parliamo, così quando parliamo della virtù, quando parliamo della giustizia, quando parliamo della pace, quando parliamo della verità, della vita, della redenzione, è di lui che parliamo.
Apri la tua bocca alla parola di Dio, sta scritto. Tu la apri, egli parla. Per questo Davide ha detto: Ascolterò che cosa dice in me il Signore (cfr. Sal 84, 9) e lo stesso Figlio di Dio dice: « Apri la tua bocca, la voglio riempire » (Sal 80, 11). Ma non tutti possono ricevere la perfezione della sapienza come Salomone e come Daniele. A tutti però viene infuso lo spirito della sapienza secondo la capacità di ciascuno, perché tutti abbiano la fede. Se credi, hai lo spirito di sapienza.
Perciò medita sempre, parla sempre delle cose di Dio, « quando sarai seduto in casa tua » (Dt 6, 7). Per casa possiamo intendere la chiesa, possiamo intendere il nostro intimo, per parlare all'interno di noi stessi. Parla con saggezza per sfuggire al peccato e per non cadere con il troppo parlare. Quando stai seduto parla con te stesso, quasi come dovessi giudicarti. Parla per strada, per non essere mai ozioso. Tu parli per strada se parli secondo Cristo, perché Cristo è la via. In cammino parla a te stesso, parla a Cristo. Senti come devi parlargli: « Voglio, dice, che gli uomini preghino ovunque si trovino, alzando al cielo mani pure senza ira e senza contese » (1 Tm 2, 8). Parla, o uomo, quando ti corichi affinché non ti sorprenda il sonno di morte. Senti come potrai parlare sul punto di addormentarti: « Non concederò sonno ai miei occhi né riposo alle mie palpebre, finché non trovi una sede per il Signore, una dimora per il Potente di Giacobbe » (Sal 131, 4-5).
Quando ti alzi, parlagli per eseguire ciò che ti è comandato. Senti come Cristo ti sveglia. La tua anima dice: « Un rumore! E' il mio diletto che bussa » (Ct 5, 2) e Cristo dice: « Aprimi sorella mia, mia amica ». Senti come tu devi svegliare Cristo. L'anima dice: « Io vi scongiuro, figlie di Gerusalemme, svegliate, ridestate l'amore » (Ct 3, 5). L'amore è Cristo.


Responsorio: (Cfr. 1 Cor 1, 30-31; Gv 1, 16)

Cristo Gesù è diventato per noi sapienza e giustizia, santificazione e redenzione. Come sta scritto: Chi si vanta, si vanti nel Signore.
Dalla tua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia.
Chi si vanta, si vanti nel Signore.


Orazione:

O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio è vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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16/05/2008 06:39

Sesta settimana del Tempo ordinario - Venerdì

Lettura:

Dai « Trattati sulla prima lettera di Giovanni » di sant'Agostino, vescovo


Il desiderio del cuore si spinge verso Dio


Che cosa ci è stato promesso? « Noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è » (1 Gv 3, 2). La lingua si è espressa meglio che ha potuto, ma il resto bisogna immaginarlo con la mente. Infatti cosa ha rivelato lo stesso Giovanni a paragone di colui che è, o che cosa possiamo dire noi creature che siamo così lontane dalla sua grandezza?
Ritorniamo perciò a soffermarci sulla sua unzione, su quella unzione che ci insegna interiormente quanto non siamo capaci di esprimere in parole. E poiché ora non potete avere questa visione, vostro compito è desiderarla.
L'intera vita del fervente cristiano è un santo desiderio. ciò che poi desideri, ancora non lo vedi, ma vivendo di sante aspirazioni ti rendi capace di essere riempito quando arriverà il tempo della visione.
Se tu devi riempire un recipiente e sai che sarà molto abbondante quanto ti verrà dato, cerchi di aumentare la capacità del sacco, dell'otre o di qualsiasi altro contenitore adottato. Ampliandolo lo rendi più capace. Allo stesso modo si comporta Dio.
Facendoci attendere, intensifica il nostro desiderio, col desiderio dilata l'animo e, dilatandolo, lo rende più capace.
Cerchiamo, quindi, di vivere in un clima di desiderio perché dobbiamo essere riempiti. Considerate l'apostolo Paolo che dilata il suo animo, per poter ricevere ciò che verrà. Dice infatti: « Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto » (Fil 3, 13).
Allora che cosa fai in questa vita, se non sei arrivato alla pienezza del desiderio? « Questo soltanto so: Dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù » (Fil 3, 13-14). Paolo ha dichiarato di essere proteso verso il futuro e di tendervi pienamente. era consapevole di non essere ancora capace di ricevere « quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo » (1 Cor 2, 9).
La nostra vita è una ginnastica del desiderio. Il santo desiderio sarà tanto più efficace quanto più strapperemo le radici della vanità ai nostri desideri. Già abbiamo detto altre volte che per essere riempiti bisogna prima svuotarsi. Tu devi essere riempito dal bene, e quindi devi liberarti dal male. Supponi che Dio voglia riempirti di miele. Se sei pieno di aceto, dove metterai il miele? Bisogna liberare il vaso da quello che conteneva, anzi occorre pulirlo. Bisogna pulirlo magari con fatica e impegno, perché sia idoneo a ricevere qualche cosa.
Quando diciamo miele, oro, vino, ecc., non facciamo che riferirci a quell'unica realtà che vogliamo enunziare, ma che è indefinibile.
Questa realtà si chiama Dio. E quando diciamo Dio, che cosa vogliamo esprimere? Queste due sillabe sono tutto ciò che aspettiamo. Perciò qualunque cosa siamo stati capaci di spiegare è al di sotto della realtà. Protendiamoci verso di lui perché ci riempia quando verrà. « Noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è » (1 Gv 3, 2).


Responsorio: (Sal 36, 4-5)

Cerca la gioia nel Signore: esaudirà i desideri del tuo cuore.
Manifesta al Signore la tua via, confida in lui:
esaudirà i desideri del tuo cuore.


Orazione:

O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano ed con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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17/05/2008 07:05

Sesta settimana del Tempo ordinario - Sabato


Lettura:


Da un discorso « Agli sposi novelli » di Pio XII, papa

(Discorsi e radiomessaggi, 11 marzo 1942)


La sposa è il sole della famiglia


Nel volgere della vostra vita, diletti sposi novelli, il ricordo, che della casa del Padre comune e della sua benedizione apostolica porterete con voi, vi accompagnerà come dolce conforto e augurio nel cammino che iniziate con mille liete speranze, sotto la protezione divina, in un tempo turbinoso qual è il presente, verso una meta che più o meno vi lascia intravvedere la caligine del futuro. Ma davanti a questa caligine il cuor vostro non teme: l'ardore e l'ardimento della giovinezza vi assiste; l'unione degli animi e dei desideri, dei passi e della vita, il medesimo sentiero che calcate non vi turbano la tranquillità dello spirito, anzi ve la rinnovellano e dilatano. Entro le pareti domestiche voi siete felici; non vedete caligine, la vostra famiglia ha un proprio sole, la sposa.
Udite come ne parla e ragiona la Sacra Scrittura: La grazia di una donna diligente rallegra il suo marito e il sapere di lei lo rende alacre ed ilare. Dono di Dio è una donna silenziosa, e un animo ben educato è cosa senza pari. Grazia sopra grazia è una donna santa e vereconda, e non vi è prezzo che uguagli un'anima casta. Come il sole che si leva sul mondo nel più alto dei cieli, così la bellezza di una donna virtuosa è l'ornamento della sua casa (cfr. Sir 26, 13-16).
Sì, la sposa e la madre è il sole della famiglia. è il sole con la sua generosità e dedizione, con la sua costante prontezza, con la sua delicatezza vigile e provvida in tutto ciò che vale a far lieta la vita al marito e ai figli. Intorno a sé ella diffonde luce e calore; e, se suol dirsi che allora un matrimonio è benavventurato, quando ognuno dei coniugi, nel contrarlo, mira a far felice non se stesso, ma l'altra parte, questo nobile sentimento ed intento, pur concernendo ambedue, è però prima virtù della donna, che nasce coi palpiti di madre e col senno del cuore: quel senno che, se riceve amarezze, non vuol dare che gioie; se riceve umiliazioni, non vuol rendere che dignità e rispetto; al pari del sole che rallegra il nebuloso mattino coi suoi albori e indora i nembi coi raggi del suo tramonto.
La sposa è il sole della famiglia con la chiarezza del suo sguardo e con la vampa della sua parola; sguardo e parola che penetrano dolcemente nell'anima, la piegano e inteneriscono e la sollevano fuori del tumulto delle passioni, e richiamano l'uomo alla letizia del bene e della conversazione familiare, dopo una lunga giornata di continuo e talvolta penoso lavoro professionale o campestre, o d'imperiosi affari di commercio o d'industria. Il suo occhio e il suo labbro gettano un lume e un accento, che hanno mille fulgori in un lampo, mille affetti in un suono. Sono lampi e suoni che balzano dal cuore di madre, creano e vivificano il paradiso della fanciullezza, e sempre irraggiano bontà e soavità, anche quando ammoniscono o rimproverano, perché gli animi giovanili, che più forte sentono, più intimamente e profondamente accolgono i dettami dell'amore.
La sposa è il sole della famiglia con la sua candida naturalezza, con la sua dignitosa semplicità e col suo cristiano e onesto decoro, così nel raccoglimento e nella rettitudine dello spirito, come nella sottile armonia del suo portamento e del suo abito, del suo acconciamento e del suo contegno insieme riservato e affettuoso. Sentimenti tenui, leggiadri cenni di volto, ingenui silenzi e sorrisi, un condiscendente moto del capo le danno la grazia di un fiore eletto e pur semplice, che apre la sua corolla a ricevere e riflettere i colori del sole. Oh se voi sapeste quali profondi sentimenti d'affezione e riconoscenza una tale immagine di sposa e di madre suscita e imprime nel cuore del padre di famiglia e dei figli!


Responsorio: (Cfr. Sir 26, 13. 15. 16)

La grazia di una donna operosa allieta il marito. Grazia su grazia è una donna santa.
Il sole risplende sulle montagne del Signore, la bellezza di una donna virtuosa illumina la casa.
Grazia su grazia è una donna santa.


Orazione:

O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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18/05/2008 08:01

Prima Domenica dopo Pentecoste - SANTISSIMA TRINITA'


Lettura:

Dalle « Lettere » di sant'Atanasio, vescovo


Luce, splendore e grazia della Trinità


Non sarebbe cosa inutile ricercare l'antica tradizione, la dottrina e la fede della Chiesa cattolica, quella s'intende che il Signore ci ha insegnato. che gli apostoli hanno predicato, che i padri hanno conservato. Su di essa infatti si fonda la Chiesa, dalla quale se qualcuno si sarà allontanato, per nessuna ragione potrà essere cristiano, né venir chiamato tale.
La nostra fede è questa: la Trinità santa e perfetta è quella che è distinta nel Padre e nel Figlio e nello Spirito Santo, e non ha nulla di estraneo o di aggiunto dal di fuori, né risulta costituita del Creatore e di realtà create, ma è tutta potenza creatrice e forza operativa. Una è la sua natura, identica a se stessa. Uno è il principio attivo e una l'operazione. Infatti il Padre compie ogni cosa per mezzo del Verbo nello Spirito Santo e, in questo modo, è mantenuta intatta l'unità della santa Trinità. Perciò nella Chiesa viene annunziato un solo Dio che è al di sopra di ogni cosa, agisce per tutto ed è in tutte le cose (cfr. Ef 4, 6). E' al di sopra di ogni cosa ovviamente come Padre, come principio e origine. Agisce per tutto, certo per mezzo del Verbo. Infine opera in tutte le cose nello Spirito Santo.
L'apostolo Paolo, allorché scrive ai Corinzi sulle realtà spirituali, riconduce tutte le cose ad un solo Dio Padre come al principio, in questo modo: « Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito, e vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti » (1 Cor 12, 4-6).
Quelle cose infatti che lo Spirito distribuisce ai singoli, sono date dal Padre per mezzo del Verbo. In verità tutte le cose che sono del Padre sono pure del Figlio. Onde quelle cose che sono concesse dal Figlio nello Spirito sono veri doni del Padre. Parimenti quando lo Spirito è in noi, è anche in noi il Verbo dal quale lo riceviamo, e nel Verbo vi è anche il Padre, e così si realizza quanto è detto: « Verremo io e il Padre e prenderemo dimora presso di lui » (Gv 14, 23). Dove infatti vi è la luce, là vi è anche lo splendore; e dove vi è lo splendore, ivi vi è parimenti la sua efficacia e la sua splendida grazia.
Questa stessa cosa insegna Paolo nella seconda lettera ai Corinzi, con queste parole: « La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi » (2 Cor 13, 13). Infatti la grazia è il dono che viene dato nella Trinità, è concesswo dal Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Come dal Padre per mezzo del Figlio viene data la grazia, così in noi non può avvenire la partecipazione del dono se non nello Spirito Santo. E allora, resi partecipi di esso, noi abbiamo l'amore del Padre, la grazia del Figlio e la comunione dello stesso Spirito.



Responsorio: (Cfr. Cantico dei tre fanciulli, Dn 3, 56)

Adoriamo il Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito Santo: a te la lode, a te la gloria nei secoli!
Benedetto sei tu, o Dio, nel firmamento del cielo:
a te la lode, a te la gloria nei secoli!


Orazione:

O Dio Padre, che hai mandato nel mondo il tuo Figlio, Parola di verità, e lo Spirito santificatore per rivelare agli uomini il mistero della tua vita, fa' che nella professione della vera fede riconosciamo la gloria della Trinità e adoriamo l'unico Dio in tre persone. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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19/05/2008 06:50

Settima settimana del Tempo Ordinario - Lunedì


Lettura:

Dalle « Omelie sull'Ecclesiaste » di san Gregorio di Nissa, vescovo


Il saggio ha gli occhi in fronte


Se l'anima solleverà gli occhi verso il suo capo, che è Cristo, come dichiara Paolo, dovrà ritenersi felice per la potenziata acutezza della sua vista, perché terrà fissi gli occhi là dove non vi è l'oscurità del male.
Il grande apostolo Paolo, e altri grandi come lui, avevano « gli occhi in fronte » e così pure tutti coloro che vivono, che si muovono e sono in Cristo.
Colui che si trova nella luce non vede tenebre, così colui che ha il suo occhio fisso in Cristo, non può contemplare che splendore. Con l'espressione « occhi in fronte », dunque, intendiamo la mira puntata sul principio di tutto, su Cristo, virtù assoluta e perfetta in ogni sua parte, e quindi sulla verità, sulla giustizia, sull'integrità, su ogni forma di bene. Il saggio dunque ha gli occhi in fronte, ma lo stolto cammina nel buio (Qo 2, 14). Chi non pone la lucerna sul candelabro, ma sotto il letto, fa sì che per lui la luce divenga tenebra. Quanti si dilettano di realtà perenni e di valori autentici sono ritenuti sciocchi da chi non ha la vera sapienza. E' in questo senso che Paolo si diceva stolto per Cristo. Egli nella sua santità e sapienza non si occupava di nessuna di quelle vanità, da cui noi spesso siamo posseduti interamente. Dice infatti: Noi stolti a causa di Cristo (1 Cor 4, 10) come per dire: Noi siamo ciechi di fronte a tutte quelle cose che riguardano la caducità della vita, perché fissiamo l'occhio verso le cose di lassù. Per questo egli era un senza tetto, non aveva una sua mensa, era povero, errabondo, nudo, provato dalla fame e dalla sete.
Chi non lo avrebbe ritenuto un miserabile, vedendolo in catene, percosso e oltraggiato? Egli era un naufrago trascinato dai flutti in alto mare e portato da un luogo all'altro, incatenato. Però, benché apparisse tale agli uomini, non distolse mai i suoi occhi da Cristo, ma li tenne sempre rivolti al capo, dicendo: Chi ci separerà dalla carità che è in Cristo Gesù? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? (cfr. Rm 8, 35). Vale a dire: Chi mi strapperà gli occhi dalla testa? Chi mi costringerà a guardare ciò che è vile e spregevole?
Anche a noi comanda di fare altrettanto quando prescrive di gustare le cose di lassù (cfr. Col 3, 1-2) cioè di tenere gli occhi sul capo, vale a dire su Cristo.



Responsorio: (Cfr. Sal 122, 2; Gv 8, 12)

Ecco, come gli occhi dei servi sono rivolti alla mano dei padroni. I nostri occhi al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi.
Io sono la luce del mondo; chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita.
I nostri occhi al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi.


Orazione:

Il tuo aiuto, Padre misericordioso, ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito, perché possiamo attuare nelle parole e nelle opere ciò che è conforme alla tua volontà. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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20/05/2008 06:59

20 Maggio - SAN BERNARDINO DA SIENA, SACERDOTE


Il 20 Maggio ricorre la memoria di san Bernardino da Siena, sacerdote.

Nacque a Massa Marittima, in Toscana, nel 1380; entrò a far parte dei Frati Minori, venne poi consacrato sacerdote e percorse tutta l'Italia esercitando la predicazione con gran frutto delle anime. Propagò la devozione al santissimo nome di Gesù, si rese molto meritevole nel promuovere lo studio e la disciplina nel suo Ordine, e scrisse pure dei trattati teologici. Morì a L'Aquila nel 1444.



Lettura:

Dai « Discorsi » di san Bernardino da Siena, sacerdote

(Disc. 49 sul glorioso nome di Gesù Cristo, Opera Omnia)


Il nome di Gesù, splendore dei predicatori


Il nome di Gesù è la luce dei predicatori perché illumina di splendore l'annunzio e l'ascolto della sua parola. Donde credi si sia diffusa in tutto il mondo una luce di fede così grande, repentina e ardente, se non perché fu predicato Gesù? Non ci ha Dio chiamato alla sua ammirabile luce (cfr. 1 Pt 2, 9) con la luce e il sapore di questo nome? Ha ragione l'Apostolo di dire a coloro che sono stati illuminati e in questa luce vedono la luce: « Se un tempo eravate tenebre, ora siete luce nel Signore: comportatevi perciò come figli della luce » (Ef 5, 8).
Perciò si deve annunziare questo nome perché risplenda, non tenerlo nascosto. E tuttavia nella predicazione non lo si deve proclamare con un cuore vile o con una bocca profanata, ma lo si deve custodire e diffondere come da un vaso prezioso.
Per questo il Signore dice dell'Apostolo: Egli è per me un vaso eletto per portare il mio nome davanti ai popoli, ai re e ai figli d'Israele (cfr. At 9, 15). Un vaso eletto, dice, dove si espone un dolcissimo liquore da vendere, perché, rosseggiando e splendendo in vasi preziosi, inviti a bere: per portare, soggiunge, il mio nome.
Infatti come per ripulire i campi si distruggono con il fuoco le spine e i rovi secchi e inutili, e come al sorgere del sole, mentre le tenebre vengono respinte, i ladri, i nottambuli e gli scassinatori si dileguano, così quando la bocca di Paolo predicava ai popoli, come per il fragore di un gran tuono, o per l'avvampare irruente di un incendio o per il sorgere luminoso del sole, l'infedeltà era distrutta, la falsità periva, la verità splendeva come cera liquefatta dalle fiamme di un fuoco veemente.
L'Apostolo portava dovunque il nome di Gesù con le parole, con le lettere, con i miracoli e con gli esempi. Infatti lodava sempre il nome di Gesù e gli cantava inni con riconoscenza (cfr. Sir 51, 12).
E di più, san Paolo presentava questo nome, come una luce, « davanti ai re, ai popoli e ai figli di Israele » (At 9, 15) e illuminava le nazioni e proclamava dovunque: « La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente come in pieno giorno » (Rm 13, 12). E mostrava a tutti la lampada ardente e splendente sul candelabro, annunziando in ogni luogo « Gesù, e questi crocifisso » (1 Cor 2, 2).
Perciò la Chiesa, sposa di Cristo, sempre appoggiata alla sua testimonianza, giubila con il Profeta, dicendo: « Tu mi hai istruito, o Dio, fin dalla giovinezza, e ancora oggi proclamo i tuoi prodigi » (Sal 70, 17), cioè sempre. E anche il Profeta esorta a questo, dicendo: « Cantate al Signore, benedite il suo nome, annunziate di giorno in giorno la sua salvezza » (Sal 95, 2), cioè Gesù, suo salvatore.



Responsorio: (Sir 51, 15; Sal 9, 3)

Sempre loderò il tuo nome; ti canterò inni con riconoscenza.
Gioisco in te ed esulto, glorifico il tuo nome, o Altissimo;
ti canterò inni con riconoscenza.


Orazione:

O Dio, che hai donato al tuo sacerdote san Bernardino da Siena un singolare amore per il nome di Gesù, imprimi anche nei nostri cuori, con il fuoco dello Spirito, questo sigillo della tua carità. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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21/05/2008 06:51

Settima settimana del Tempo Ordinario - Mercoledì


Lettura:

Dai « Capitoli sulla carità » di san Massimo Confessore, abate


Senza carità tutto è vanità delle vanità


La carità è la migliore disposizione dell'animo, che nulla preferisce alla conoscenza di Dio. Nessuno tuttavia potrebbe mai raggiungere tale disposizione di carità, se nel suo animo fosse esclusivamente legato alle cose terrene.
Chi ama Dio, antepone la conoscenza e la scienza di lui a tutte le cose create, e ricorre continuamente a lui con il desiderio e con l'amore dell'animo.
Tutte le cose che esistono hanno Dio per autore e fine ultimo. Dio è di gran lunga più nobile di quelle cose che egli stesso ha fatto come creatore. Perciò colui che abbandona Dio, l'Altissimo, e si lascia attirare dalle realtà create dimostra di stimare l'artefice di tutto molto meno delle cose stesse, che da lui sono fatte.
Chi mi ama, dice il Signore, osserverà i miei comandamenti (cfr. Gv 14, 15). E aggiunge « Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri » (Gv 15, 17). Perciò chi non ama il prossimo, non osserva i comandamenti di Dio, e chi non osserva i comandamenti non può neppure dire di amare il Signore.
Beato l'uomo che è capace di amare ugualmente ogni uomo. Chi ama Dio, ama totalmente anche il prossimo, e chi ha una tale disposizione non si affanna ad accumulare denaro, tutto per sé, ma pensa anche a coloro che ne hanno bisogno.
Ad imitazione di Dio fa elemosine al buono e al cattivo, al giusto e all'ingiusto. Davanti alle necessità degli altri non conosce discriminazione, ma distribuisce ugualmente a tutti secondo il bisogno. Né tuttavia si può dire che compie ingiustizia se al premio del bene antepone al malvagio colui che si distingue per virtù e operosità.
L'amore caritatevole non si manifesta solo nell'elargizione del denaro, ma anche, e molto di più, nell'insegnamento della divina dottrina e nel compimento delle opere di misericordia corporale.
Colui che, sordo ai richiami della vanità, si dedica con purezza di intenzione al servizio del prossimo, si libera da ogni passione e da ogni vizio e diventa partecipe dell'amore e della scienza divina.
Chi possiede dentro di sé l'amore divino, non si stanca e non viene mai meno nel seguire il Signore Dio suo, ma sopporta con animo forte ogni sacrificio e ingiuria e offesa, non augurando affatto il male a nessuno. Non dite, esclama il profeta Geremia, siamo tempio di Dio (cfr. Ger 7, 4). E neppure direte: La semplice e sola fede nel Signore nostro Gesù Cristo mi può procurare la salvezza. Questo infatti non può avvenire se non ti sarai procurato anche l'amore verso di lui per mezzo delle opere. Per quanto concerne infatti la sola fede: « Anche i demoni credono e tremano! » (Gc 2, 19).
Opera di carità è fare cordialmente un favore, l'essere longanime e paziente verso il prossimo; e così pure usare rettamente e ordinatamente le cose create.



Responsorio: (Gv 13, 34; cfr. 1 Gv 2, 10. 3)

Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato. Chi ama suo fratello, dimora nella luce.
Da questo sappiamo d'aver conosciuto Cristo: se osserviamo i suoi comandamenti.
Chi ama suo fratello, dimora nella luce.


Orazione:

Il tuo aiuto, Padre misericordioso, ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito, perché possiamo attuare nelle parole e nelle opere ciò che è conforme alla tua volontà. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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22/05/2008 07:42

Settima settimana del Tempo Ordinario - Giovedì


Lettura:

Dalla « Istruzioni » di san Colombano, abate

(Istr. 1° sulla fede; Opera, Dublino, 1957)


L'immensa profondità di Dio


Dio è dappertutto; egli è immenso e dovunque presente, secondo quanto egli ha detto di se stesso: Io sono un Dio vicino e non un Dio lontano (cfr. Ger. 23, 23). Non cerchiamo dunque Dio come se stesse lontano da noi, perché lo possiamo avere dentro di noi. Egli dimora in noi come l'anima nel corpo, purché siamo suoi membri sani, siamo morti al peccato e immuni dalla corruzione di una volontà perversa. Allora abita veramente in noi, perché lo ha detto egli stesso: abiterò in essi e camminerò fra loro (cfr. Lv 26, 12).
Se noi siamo degni che egli abiti in noi, allora siamo vivificati da lui nella verità, come sue membra vive. « In lui, come dice l'Apostolo, viviamo, ci muoviamo ed esistiamo » (At 17, 28).
Chi mai, dico, potrà investigare la sublime essenza di Dio, ineffabile ed incomprensibile? Chi potrà scrutare i suoi altissimi misteri? Chi oserà dire qualcosa di colui che è il Principio eternamente esistente di tutte le cose create? Chi potrà vantarsi di conoscere Dio infinito, che tutto riempie di sé e tutto abbraccia, tutto penetra e tutto trascende, tutto comprende e a tutto sfugge? Nessuno mai lo ha visto così com'è (cfr. Gv 1, 18). Nessuno pertanto presuma di investigare i misteri incomprensibili di Dio: che cosa sia, come sia, dove sia. Questi sono misteri ineffabili, inscrutabili, impenetrabili. Devi credere questo solo, però con tutta la forza del tuo cuore: che Dio è così, come è sempre stato e come sempre sarà, perché è immutabile.
Chi dunque è Dio? Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio. Non cercare altro di Dio, perché volendo conoscere la misteriosa profondità di Dio, è necessario innanzi tutto investigare la natura delle cose. La conoscenza della Trinità infatti viene giustamente paragonata alla profondità del mare, secondo il detto del Sapiente: E l'immensa profondità chi potrà trovarla? (cfr. Qo 7, 24). Come la profondità del mare è invisibile agli sguardi umani, così la divinità della Trinità si dimostra incomprensibile ai sensi dell'uomo. Se dunque qualcuno vuol conoscere quello che deve credere, deve rendersi conto che non potrà capire di più parlandone, che credendo. La conoscenza di Dio, infatti, quanto più viene discussa, tanto più sembra allontanarsi da noi.
Cerca perciò la conoscenza di Dio più alta, quella che non sta nelle dispute verbose, ma nella santità di una buona vita; non nel parlare, ma nella fede che sgorga dalla semplicità del cuore; non quella conoscenza che si ottiene mettendo insieme le opinioni di una dotta empietà.
Se cercherai colui che è ineffabile con le discussioni, egli « fuggirà da te più lontano » (Qo 7, 23) di quanto non fosse prima. Se invece lo cercherai con la fede troverai la sapienza presso le porte della città, dov'è la tua dimora. Lì almeno in parte la potrai vedere; anche allora però potrai raggiungerla solo in parte, proprio perché è invisibile ed incomprensibile. Dio è invisibile e tale dobbiamo crederlo, anche se è possibile averne qualche conoscenza da parte di chi ha il cuore puro.



Responsorio: (Sal 35, 6-7; cfr. Rm 11, 33)

Signore, la tua grazia è nel cielo, la tua fedeltà sino alle nubi; la tua giustizia è come i monti più alti, il tuo giudizio come il grande abisso.
O profondità della ricchezza, della sapienza e della scienza di Dio! Quanto impenetrabili sono i suoi giudizi!
La tua giustizia è come i monti più alti, il tuo giudizio come il grande abisso.


Orazione:

Dio onnipotente ed eterno, guarda benigno i popoli ancora immersi nell'ombra della morte, fa' risplendere su di essi il sole di giustizia, che ci ha visitato sorgendo dall'alto, Gesù Cristo nostro Signore. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.







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23/05/2008 07:43

Settima settimana del Tempo Ordinario - Venerdì

Lettura:

Dalla « Spiegazione dell'Ecclesiaste » di san Gregorio di Agrigento, vescovo


L'anima mia esulti nel Signore


Va', mangia con gioia il tuo pane, bevi con cuore lieto il tuo vino perché Dio ha già gradito le opere tue (Qo 9, 7).
Potremmo prendere queste parole come una sicura e sana norma di saggezza umana per la vita di tutti i giorni. Tuttavia la spiegazione anagogica ci porta ad una considerazione più alta, e ci insegna a considerare il pane celeste e mistico che è disceso dal cielo e ha portato la vita nel mondo. Così pure bere il vino spirituale con cuore sereno significa dissetarsi di quel vino che uscì dal costato della vera vite, al momento della sua passione salvifica. Di essi così parla il Vangelo della nostra salvezza: Avendo preso del pane, dopo averlo benedetto, Gesù disse ai suoi discepoli: Prendete e mangiate: questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi, in remissione dei peccati. Similmente prese anche il calice e disse: Bevetene tutti: questo è il mio sangue della nuova alleanza, sparso per voi e per molti in remissione dei peccati (cfr. Mt 26, 26-28). Coloro dunque che mangiano questo pane e bevono questo mistico vino gioiscono ed esultano e possono esclamare a gran voce: Hai portato la gioia nel nostro cuore (cfr. Sal 4, 7).
A mio giudizio, è proprio a questo pane e a questo vino che si riferisce la Sapienza di Dio sussistente, cioè Cristo nostro salvatore, quando ci invita alla comunione vitale con se stesso, Verbo divino. Lo fa con le parole del libro dei Proverbi: « Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato » (Pro 9, 5). Coloro ai quali viene rivolto questo invito, devono compiere opere di luce, in modo da avere le loro anime splendenti non meno della luce stessa, come dice il Signore nel vangelo: « Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli » (Mt 5, 16). Anzi in tal caso vedranno scendere sul loro capo anche l'olio, cioè lo Spirito di verità, che li proteggerà e li preserverà da ogni maleficio di peccato.



Responsorio: (Cfr. Sal 15, 8-9. 5)

Il Signore sta alla mia destra, non posso vacillare: per questo gioisce il mio cuore, la mia anima esulta.
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
per questo gioisce il mio cuore, la mia anima esulta.


Orazione:

Donaci, o Padre buono, di godere sempre della presenza del Figlio tuo, perché seguendo lui, nostro pastore e guida, progrediamo nella via dei tuoi comandamenti. Egli èDio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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24/05/2008 07:08

Settima settimana del Tempo Ordinario - Sabato


Prima Lettura:

Dal libro di Qoèlet 11,7 -- 12,14


Sentenze sulla vecchiaia


Dolce è la luce
e agli occhi piace vedere il sole.
Anche se vive l'uomo per molti anni
se li goda tutti,
e pensi ai giorni tenebrosi, che saranno molti:
tutto ciò che accade è vanità.
Sta' lieto, o giovane, nella tua giovinezza,
e si rallegri il tuo cuore nei giorni della tua gioventù.
Segui pure le vie del tuo cuore
e i desideri dei tuoi occhi.
Sappi però che su tutto questo
Dio ti convocherà in giudizio.
Caccia la malinconia dal tuo cuore,
allontana dal tuo corpo il dolore,
perché la giovinezza e i capelli neri sono un soffio.
Ricordati del tuo creatore
nei giorni della tua giovinezza,
prima che vengano i giorni tristi
e giungano gli anni di cui dovrai dire:
« Non ci provo alcun gusto »,
prima che si oscuri il sole,
la luce, la luna e le stelle
e ritornino le nubi dopo la pioggia;
quando tremeranno i custodi della casa
e si curveranno i gagliardi
e cesseranno di lavorare le donne che macinano,
perché rimaste in poche,
e si offuscheranno quelle che guardano dalle finestre
e si chiuderanno le porte sulla strada;
quando si abbasserà il rumore della mola
e si attenuerà il cinguettio degli uccelli
e si affievoliranno tutti i toni del canto;
quando si avrà paura delle alture
e degli spauracchi della strada;
quando fiorirà il mandorlo
e la locusta si trascinerà a stento
e il cappero non avrà più effetto,
poiché l'uomo se ne va nella dimora eterna
e i piagnoni si aggirano per la strada;
prima che si rompa il cordone d'argento
e la lucerna d'oro s'infranga
e si rompa l'anfora alla fonte
e la carrucola cada nel pozzo
e ritorni la polvere alla terra, com'era prima,
e lo spirito torni a Dio che lo ha dato.
Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
e tutto è vanità.

Oltre essere saggio, Qoèlet insegnò anche la scienza al popolo; ascoltò, indagò e compose un gran numero di massime.
Qoèlet cercò di trovare pregevoli detti e scrisse con esattezza parole di verità. Le parole dei saggi sono come pungoli; come chiodi piantati, le raccolte di autori: esse sono date da un solo pastore. Quanto a ciò che è in più di questo, figlio mio, bada bene: i libri si moltiplicano senza fine ma il molto studio affatica il corpo.
Conclusione del discorso, dopo che si è ascoltato ogni cosa: Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo per l'uomo è tutto.
Infatti, Dio citerà in giudizio ogni azione, tutto ciò che è occulto, bene o male.


Responsorio: (Cfr. Sal 70, 17. 9; 15, 11)

Mi hai istruito, o Dio, fin dalla giovinezza; ancora oggi proclamo i tuoi prodigi. Nel tempo della vecchiaia non mi respingere.
Mi darai gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra.
Nel tempo della vecchiaia non mi respingere.


Seconda Lettura:

Dalla « Spiegazione dell'Ecclesiaste » di san Gregorio di Agrigento, vescovo


Avvicinatevi al Signore e sarete illuminati


E' dolce, dice l'Ecclesiaste, questa luce (cfr. Qo 11, 7) ed è cosa assai buona per la vista dei nostri occhi contemplare questo sole invisibile. Tolta infatti la luce, il mondo sarebbe senza bellezza e la vita senza anima. Perciò quel primo contemplativo di Dio che fu Mosè disse: E Dio vide la luce e disse che era una cosa buona (cfr. Gn 1, 3).
Ma a noi conviene considerare la grande, vera ed eterna luce che « illumina ogni uomo che viene in questo mondo » (Gv 1, 9) cioè Cristo Salvatore e redentore del mondo, il quale fattosi uomo, scese fino all'infimo grado della condizione umana. Di lui dice il profeta Davide: Cantate a Dio, inneggiate al suo nome , fate strada a colui che ascende ad occidente, a colui che si chiama Signore; ed esultate al suo cospetto (cfr. Sal 67, 5). Ha chiamato dolce la luce ed ha preannunziato come cosa buona il vedere coi propri occhi il sole della gloria, vale a dire colui che al tempo della divina incarnazione disse: « Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita » (Gv 8, 12). E di nuovo: « E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo » (Gv 3, 19). Il Signore promise di sostituire la luce che vediamo cogli occhi corporei con quel sole spirituale di giustizia che è veramente dolcissimo per coloro che sono stati ritenuti degni di essere ammaestrati da lui. Essi hanno potuto vederlo con i loro occhi quando viveva e s'intratteneva in mezzo agli uomini come un uomo qualunque, mentre invece non era uno qualunque degli uomini. Era infatti anche vero Dio, e per questo ha fatto sì che i ciechi vedessero, gli zoppi camminassero e i sordi udissero; ha mondato i malati di lebbra e con un semplice comando ha richiamato i morti alla vita.
Ma anche adesso è cosa veramente dolcissima volgere verso di lui gli occhi spirituali e contemplare e considerare la sua semplice e divina bellezza, essere illuminati e innalzati da questa stessa comunicazione e partecipazione, essere ricolmati di spirituale dolcezza, rivestirsi di santità, acquistare intelligenza, e infine essere ripieni di divina esultanza e sperimentarla tutti i giorni della vita presente. Ciò ha rivelato il sapiente Ecclesiaste quando disse: Poiché anche l'uomo vivrà per molti anni e in tutti questi troverà gioia (cfr. Qo 6, 3). Infatti di ogni gioia è interamente autore il Sole di giustizia, per quelli che lo contemplano. A questi il profeta Davide rivolge la sua esortazione: « Esultino davanti a Dio e cantino di gioia » (Sal 67, 4), e nuovamente: « Esultate, giusti, nel Signore: agli uomini retti si addice la lode » (Sal 32, 1).


Responsorio: (Sal 33, 4. 6; Col 1, 12-13)

Celebrate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome: guardate a lui e sarete raggianti.
Ci ha ammessi alla sorte dei santi nella luce, ci ha liberati dal potere delle tenebre:
guardate a lui e sarete raggianti.


Orazione:

O Dio nostro, principio e sorgente della salvezza, fa' che tutta la nostra vita sia una testimonianza del tuo amore, perché possiamo un giorno cantare la tua lode nell'assemblea festosa dei santi. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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25/05/2008 06:44

Domenica - SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO


I n n o


O pane vivo, memoriale
della passione del Signore,
fa' ch'io gusti quanto è soave
di te vivere, in te sperare.

Nell'onda pura del tuo sangue
immergimi, o mio redentore:
una goccia sola è un battesimo
che rinnova il mondo intero.

Fa' ch'io contempli il tuo volto
nella patria beata del cielo
con il Padre e lo Spirito Santo
nei secoli dei secoli. Amen.



Lettura:

Dalle « Opere » di san Tommaso d'Aquino, dottore della Chiesa

(Opusc. 57, nella festa del Corpo del Signore)


O prezioso e meraviglioso convito!


L'Unigenito Figlio di Dio, volendoci partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura e si fece uomo per far di noi da uomini dèi.
Tutto quello che assunse, lo valorizzò per la nostra salvezza. Offrì infatti a Dio Padre il suo corpo come vittima sull'altare della croce per la nostra riconciliazione. Sparse il suo sangue facendolo valere come prezzo e come lavacro, perché, redenti dalla umiliante schiavitù, fossimo purificati da tutti i peccati.
Perché rimanesse in noi, infine, un costante ricordo di così grande beneficio, lasciò ai suoi fedeli il suo corpo in cibo e il suo sangue come bevanda, sotto le specie del pane e del vino.
O inapprezzabile e meraviglioso convito, che dà ai commensali salvezza e gioia senza fine! Che cosa mai vi può essere di più prezioso? Non ci vengono imbandite le carni dei vitelli e dei capri, come nella legge antica, ma ci viene dato in cibo Cristo, vero Dio. Che cosa di più sublime di questo sacramento?
Nessun sacramento in realtà è più salutare di questo: per sua virtù vengono cancellati i peccati, crescono le buone disposizioni, e la mente viene arricchita di tutti i carismi spirituali. Nella Chiesa l'Eucaristia viene offerta per i vivi e per i morti, perché giovi a tutti, essendo stata istituita per la salvezza di tutti.
Nessuno infine può esprimere la soavità di questo sacramento. Per mezzo di esso si gusta la dolcezza spirituale nella sua stessa fonte e si fa memoria di quella altissima carità, che Cristo ha dimostrato nella sua passione.
Egli istituì l'Eucaristia nell'ultima cena, quando, celebrata la Pasqua con i suoi discepoli, stava per passare dal mondo al Padre.
L'Eucaristia è il memoriale della passione, il compimento delle figure dell'Antica Alleanza, la più grande di tutte le meraviglie operate dal Cristo, il mirabile documento del suo amore immenso per gli uomini.


Responsorio:

Riconoscete in questo pane, colui che fu crocifisso; nel calice, il sangue sgorgato dal suo fianco.
Prendete e mangiate il corpo di Cristo, bevete il suo sangue: poiché ora siete membra di Cristo.
Per non disgregarvi, mangiate questo vincolo di unità; per non svilirvi, bevete il prezzo del vostro riscatto:
poiché ora siete membra di Cristo.


Orazione:

Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell'Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa' che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione. Tu sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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26/05/2008 07:13

26 maggio - SAN FILIPPO NERI, SACERDOTE


Il 26 maggio ricorre la memoria di san Filippo Neri, sacerdote.
Nacque a Firenze nel 1515. Recatosi a Roma cominciò a lavorare per i giovani dedicandosi alla pratica della vita cristiana e fondando un'associazione per i malati poveri. Ordinato sacerdote nel 1551, fondò l'Oratorio, in cui si tenevano lezioni spirituali e canti, e si esercitavano opere di carità. Si distinse nell'amore per il prossimo, la semplicità evangelica e il lieto servizio di Dio. Morì nel 1595.


Lettura:

Dai « Discorsi » di sant'Agostino, vescovo


Rallegratevi nel Signore, sempre


L'Apostolo ci comanda di rallegrarci, ma nel Signore, non nel mondo. Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio (cfr. Gc 4, 4), come ci assicura la Scrittura. Come un uomo non può servire a due padroni, così nessuno può rallegrarsi contemporaneamente nel mondo e nel Signore.
Quindi abbia il sopravvento la gioia nel Signore, finché non sia finita la gioia nel mondo. Cresca sempre più la gioia nel Signore, mentre la gioia nel mondo diminuisca sempre finché sia finita. E noi affermiamo questo, non perché non dobbiamo rallegrarci mentre siamo nel mondo, ma perché, pur vivendo in questo mondo, ci rallegriamo già nel Signore.
Ma qualcuno potrebbe obiettare: Sono nel mondo, allora, se debbo gioire, gioisco là dove mi trovo. Ma che dici? Perché sei nel mondo, non sei forse nel Signore? Ascolta il medesimo Apostolo che parla agli Ateniesi e negli Atti degli Apostoli dice del Dio e Signore nostro creatore: « In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo » (At 17, 28).
Colui che è dappertutto, dove non è? Forse che non esortava a questo quando insegnava: « Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla »? (Fil 4, 5-6).
E' una ineffabile realtà questa: ascese sopra tutti i cieli ed è vicinissimo a coloro che si trovano ancora sulla terra. Chi è costui, lontano e vicino al tempo stesso, se non colui che si è fatto prossimo a noi per la sua misericordia?
Tutto il genere umano è quell'uomo che giaceva lungo la strada semivivo, abbandonato dai ladri. Il sacerdote e il levita, passando, lo disprezzarono, ma un samaritano di passaggio gli si accostò per curarlo e prestargli soccorso. Lontano da noi, immortale e giusto, egli discese fino a noi, che siamo mortali e peccatori, per diventare prossimo a noi.
« Non ci tratta secondo i nostri peccati » (Sal 102, 10). Siamo infatti figli. E come proviamo questo? Morì per noi l'Unico, per non rimanere solo. Non volle essere solo, egli che è morto solo. L'unico Figlio di Dio generò molti figli di Dio. Si acquistò dei fratelli con il suo sangue. Rese giusti i reprobi. Donandosi, ci ha redenti; disonorato, ci onorò; ucciso, ci procurò la vita.
Perciò, fratelli, rallegratevi nel Signore, non nel mondo; cioè rallegratevi nella verità, non nel peccato; rallegratevi nella speranza dell'eternità, non nei fiori della vanità. Così rallegratevi: e dovunque e per tutto il tempo che starete in questo mondo, « il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla » (Fil 4, 5-6).



Responsorio: (2 Cor 13, 11; Rm 15, 13)

Fratelli, state lieti, cercate ciò che è perfetto, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace: il Dio dell'amore e della pace sia con voi.
Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e serenità nella fede:
il Dio dell'amore e della pace sia con voi.


Orazione:

O Dio, che glorifichi i tuoi santi e li doni alla Chiesa come modelli di vita evangelica, infondi in noi il fuoco del tuo Spirito, che infiammò mirabilmente il cuore di san Filippo Neri. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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27/05/2008 07:14

Ottava settimana del Tempo Ordinario - Martedì


Lettura:

Dalle « Confessioni » di sant'Agostino, vescovo


A te, o Signore, chiunque io sia, sono manifesto


Conoscerò te, o mio conoscitore, ti conoscerò come anch'io sono conosciuto (cfr. 1 Cor 13, 12). Forza della mia anima, entra in essa e uniscila a te, per averla e possederla « senza macchia né ruga » (Ef 3, 27). Questa è la mia speranza, per questo oso parlare e in questa speranza gioisco, perché gioisco di cosa sacrosanta. Tutto il resto in questa vita, tanto meno richiede di essere rimpianto, quanto più si rimpiange, e tanto più merita di essere rimpianto, quanto meno si rimpiange. « Ma tu vuoi la sincerità del cuore » (Sal 50, 8), poiché chi la realizza, viene alla luce (cfr. Gv 3, 21). Voglio quindi realizzarla nel mio cuore davanti a te nella mia confessione e nel mio scritto davanti a molti testimoni. Davanti a te, o Signore, è scoperto l'abisso dell'umana coscienza: può esserti nascosto qualcosa in me, anche se m'impegnassi di non confessartelo? Se mi comportassi così, io nasconderei te a me, anziché me a te. Ma ora il mio gemito manifesta che io dispiaccio a me stesso, e che tu rifulgi e piaci e meriti di essere amato e desiderato, al punto che arrossisco di me e rifiuto me per scegliere te, e non bramo di piacere né a te né a me, se non in te.
Dunque, o Signore, tu mi conosci veramente come sono. Ho già espresso il motivo per cui mi manifesto a te. Non faccio questo con parole e voci della carne, ma con parole dell'anima e grida della mente, che il tuo orecchio ben conosce. Quando sono cattivo, l'atto di confessarmi a te non è altro che un dispiacere a me; quando invece sono buono, l'atto di confessarmi a te non è altro che un non attribuire a me questa bontà, poiché, « Signore, tu benedici il giusto » (Sal 5, 13), ma prima lo giustifichi quando è empio (cfr. Rm 4, 5). Perciò, o mio Dio, la mia confessione dinanzi a te avviene in forma tacita e non tacita: avviene nel silenzio, ma è forte il grido dell'affetto.
Tu solo, Signore, mi giudichi; infatti « chi conosce i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? » (1 Cor 2, 11). Tuttavia c'è qualcosa nell'uomo che non è conosciuto neppure dallo spirito che è in lui. Tu però, Signore, conosci tutto di lui, perché l'hai creato. Io invece, quantunque mi disprezzi davanti a te e mi ritenga terra e cenere, so di te qualcosa che non so di me.
« Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia » (1 Cor 13, 12), e perciò, fino a quando sono pellegrino lontano da te, sono più vicino a me stesso che a te, e tuttavia so che tu sei inviolabile in modo assoluto. Ma io non so a quali tentazioni possa resistere e a quali no. Io ho speranza, perché tu sei fedele e non permetti che siamo tentati oltre le nostre forze, ma con la tentazione tu ci darai anche la via d'uscita e la forza per sopportarla (cfr. 1 Cor 10, 13).
Confesserò, dunque, quello che so e quello che non so di me; perché anche quanto so di me, lo conosco per tua illuminazione; e quanto non so di me, lo ignorerò fino a quando la mia tenebra non diventerà come il meriggio alla luce del tuo volto (cfr. Is 58, 10).



Responsorio: (Cfr. Sal 138, 1. 2. 7)

Signore, tu mi scruti e mi conosci; i miei pensieri, da lontano tu li penetri.
Dove andare lontano dal tuo spirito, dove fuggire dalla tua presenza?
I miei pensieri, da lontano tu li penetri.


Orazione:

Concedi, Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace, e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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28/05/2008 06:59

Ottava settimana del Tempo Ordinario - Mercoledì

Lettura:

Dalle « Confessioni » di sant'Agostino, vescovo


Tutta la mia speranza
è riposta nella tua grande misericordia


Dove ti ho trovato per conoscerti? Sicuramente non eri presente alla mia memoria prima che ti conoscessi. Dove dunque ti ho trovato per conoscerti se non in te al di sopra di me? Ma tale sede non è per nulla un luogo. Ci allontaniamo e ci avviciniamo ad essa, è vero, ma, pur tuttavia, non è assolutamente un luogo. Dovunque ti trovi, o Verità, tu sei al di sopra di tutti quelli che ti interrogano e contemporaneamente rispondi a quanti ti interpellano sulle cose più diverse.
Tu rispondi con chiarezza, ma non tutti ti comprendono con chiarezza. Tutti ti interrogano su ciò che cercano, ma non sempre ascoltano quanto cercano. Si dimostra tuo servo migliore non colui che pretende di sentire da te quello che egli vuole, ma che piuttosto vuole quello che ha udito da te.
Tardi ti ho amato, o bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato! Ed ecco che tu eri dentro e io fuori, e lì ti cercavo. Deforme come ero, mi gettavo su queste cose belle che hai creato. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, che non esisterebbero se non fossero in te. Mi hai chiamato, hai gridato, e hai vinto la mia sordità. Hai mandato bagliori, hai brillato, e hai dissipato la mia cecità. Hai diffuso la tua fragranza, io l'ho respirata, e ora anelo a te. Ti ho assaporato, e ho fame e sete. Mi hai toccato, e aspiro ardentemente alla tua pace.
Quando aderirò a te con tutto me stesso, non vi sarà più posto per il dolore e la fatica, e la mia vita sarà viva, tutta piena di te. E' un fatto che tu sollevi chi riempi; e poiché io non sono ancora pieno di te, sono di peso a me stesso. In me le mie deprecabili gioie contrastano con le mie tristezze di cui dovrei rallegrarmi, e non so da quale parte stia la vittoria.
Ahimé! Abbi pietà di me, Signore. Le mie cattive tristezze contrastano con le gioie oneste, e non so da quale parte stia la vittoria. Ahimé! Abbi pietà di me, Signore! Ahimé! Ecco, io non nascondo le mie ferite: tu sei il medico, io il malato; tu sei misericordioso, io misero. Non ha forse un duro lavoro l'uomo sulla terra? (cfr. Gb 7, 1). Chi vorrebbe molestie e difficoltà? Tu ci comandi di sopportarle, non di amarle. Nessuno ama quello che sopporta, anche se ama di sopportare; avviene che uno può godere di sopportare, ma tuttavia preferisce che non esista quello che deve sopportare. Nelle avversità desidero prosperità, nella prosperità temo le avversità. Qual è il giusto mezzo tra questo estremi, dove l'uomo non abbia un simile duro lavoro sulla terra? Guai alle prosperità del mondo, doppiamente indesiderabili e per il timore dell'avversità e per la caducità della gioia! Guai alle avversità del mondo, e una e due e tre volte e per il desiderio della prosperità, e perché l'avversità stessa è ben dura e la sopportazione fa naufragio! La vita dell'uomo sulla terra non è forse un duro lavoro (cfr. Gb 7, 1) senza mai una pausa?
E allora ogni mia speranza è posta nella tua grande misericordia.



Responsorio: (Cfr. sant'Agost. Confess. 10, 27; Lc 19, 10)

Troppo tardi ti ho amato, bellezza sempre antica e sempre nuova! Hai chiamato, hai gridato e hai vinto la mia sordità.
Il Figlio dell'uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.
Hai chiamato, hai gridato e hai vinto la mia sordità.


Orazione:

Concedi, Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace, e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.




[Modificato da auroraageno 28/05/2008 07:01]

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29/05/2008 07:07

Ottava settimana del Tempo Ordinario - Giovedì


Lettura:

Dal « Commento al libro di Giobbe » di san Gregorio Magno, papa


Molteplice è la legge di Dio


Che cosa si deve intendere qui per legge di Dio se non la carità, per mezzo della quale sempre teniamo presente nella nostra mente come si debbano osservare nella pratica i precetti della vita?
Di questa legge infatti dice la voce della Verità: « Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri » (Gv 15, 12). Di essa Paolo afferma: « Pieno compimento della legge è l'amore » (Rm 13, 10). E della medesima dice ancora: « Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo » (Gal 6, 2). In verità per legge di Cristo nulla si può intendere più convenientemente della carità, che adempiamo quando portiamo per amore i pesi dei fratelli.
Ma questa stessa legge è detta molteplice, perché la carità si estende con amorosa sollecitudine alle opere di tutte le virtù.
Essa comincia certo da due precetti, ma si dilata a innumerevoli altri. Assai bene Paolo enumera la complessità di questa legge, col dire: « La carità è paziente, è benigna la carità, non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità » (1 Cor 13, 4-6).
« La carità è paziente », perché sopporta con serenità i torti ricevuti.
« E' benigna », perché in cambio dei mali offre beni con larghezza.
« Non è invidiosa », perché nulla desidera in questo mondo, e quindi non sa invidiare i successi terreni.
« Non si vanta », perché non si esalta dei beni esteriori, mentre desidera ardentemente il premio di una ricompensa interiore.
« Non manca di rispetto », perché dilatandosi nel solo amore di Dio e del prossimo, ignora tutto ciò che è contrario alla rettitudine.
« Non è ambiziosa », perché, occupandosi intensamente dei suoi beni interni, non sente affatto all'esterno il desiderio delle cose altrui.
« Non cerca il suo interesse », perché tutto quello che possiede in modo transitorio quaggiù lo trascura come fosse di altri, e non riconosce nulla di suo, se non quello che perdura con essa.
« Non si adira », perché, anche se provocata dalle ingiustizie, non si eccita ad alcun moto di vendetta, e attende maggiori ricompense future per i grandi travagli sostenuti.
« Non tiene conto del male ricevuto », perché, rinsaldando l'anima nell'amore del bene, svelle dalle radici ogni forma di odio e non sa trattenere nell'anima ciò che macchia.
« Non gode dell'ingiustizia », perché, anelando unicamente all'amore verso tutti, non si compiace in alcun modo della rovina degli avversari.
« Ma si compiace della verità », perché, amando gli altri come se stessa, e vedendo in essi la rettitudine, si rallegra come di un profitto e progresso proprio.
Complessa e polivalente dunque è questa legge di Dio.



Responsorio: (Cfr. Rm 13, 8. 10; Gal 5, 14)

Non abbiate debiti con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; chi ama il suo simile ha adempiuto la legge, e pieno compimento della legge è l'amore.
Tutta la legge ha la sua pienezza in un precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso;
e pieno compimento della legge è l'amore.



Orazione:

Concedi, Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace, e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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Ottava settimana del Tempo Ordinario - Venerdì


Lettura:

Dal « Commento al libro di Giobbe » di san Gregorio Magno, papa


La testimonianza interiore


« Chi è deriso dal suo amico, come lo sono io, invocherà Dio ed egli lo esaudirà » (Gb 12, 4 volg.). Spesso la mente inferma, quando per le buone azioni è raggiunta dalla lode e dal plauso umano, si lascia andare alle gioie esteriori, dà poca importanza alle aspirazioni interiori, e si adagia volentieri in ciò che sente dire. Così si rallegra più di essere proclamata buona, che di esserlo veramente. Mentre brama parole di lode, abbandona ciò che aveva incominciato a essere. Si allontana da Dio proprio per quelle lodi che sembravano unirla a lui.
Talvolta poi attende con impegno a operare rettamente, è tuttavia è tormentata dalla derisione degli uomini. Compie cose mirabili e ne riceve insulti; e mentre le lodi l'avrebbero tirata fuori di sé, gli oltraggi la costringono a rientrare in se stessa; e tanto più saldamente si attacca a Dio nel suo interno, quanto non ha trovato all'esterno dove riposare. Allora dirige tutta la speranza nel Creatore e, tra i biasimi e le derisioni, invoca unicamente il suo testimone interiore.
L'anima afflitta si fa tanto più vicina a Dio, quanto più si fa estranea alla stima e al favore umano; si dà subito alla preghiera, e, sotto la pressione esteriore, diventa più pura e più limpida, per penetrare più facilmente nel mondo interiore.
A ragione dunque si dice ora: « Chi è deriso dal suo amico, come lo sono io, invocherà Dio ed egli lo esaudirà »; i malvagi infatti, mentre rimproverano la coscienza dei buoni, dimostrano quale testimone cerchino delle loro azioni. E così i buoni vengono stimolati a raccogliersi in preghiera, e a procurarsi il favore divino nella sfera interiore proprio mentre vengono privati della lode umana nella sfera esteriore.
E' da notare poi quanto saggiamente si soggiunga: « Come lo sono io », perché vi sono alcuni che sono oppressi dalle irrisioni umane, e tuttavia non trovano ascolto alle orecchie di Dio. Quando infatti la derisione è diretta contro la colpa, non si acquista certo alcun merito di virtù nella derisione.
« Ma viene derisa la semplicità del giusto » (Gb 12, 4 volg.). La sapienza di questo mondo sta nel coprire con astuzia i propri sentimenti, nel velare il pensiero con le parole, nel mostrare vero il falso e falso il vero. Al contrario la sapienza del giusto, sta nel fuggire ogni finzione, nel manifestare con le parole il proprio pensiero, nell'amare il bene così com'è, nell'evitare la falsità, nel donare gratuitamente i propri beni, nel sopportare più volentieri il male che farlo, nel non cercare di vendicarsi delle ingiurie, nel ritenere un guadagno l'offesa subita a causa della verità.
Ma questa semplicità del giusto viene derisa, perché la purezza d'intenzione è creduta stoltezza dai sapienti di questo mondo. Infatti tutto ciò che si fa con innocenza, è ritenuto da questi senz'altro una cosa stolta; e tutto ciò che la verità approva nell'agire, suona come sciocchezza per la sapienza di questo mondo.



Responsorio: (Cfr. Sal 118, 104-105; Gv 6, 68)

Ho in odio ogni via di menzogna. Lampada ai miei passi è la tua parola, e luce sul mio cammino.
Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.
Lampada ai miei passi è la tua parola, e luce sul mio cammino.



Orazione:

Concedi, Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace, e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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31/05/2008 06:48

31 maggio - VISITAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA - Festa

Prima Lettura:

Dal Cantico dei cantici (2, 8-14; 8, 6-7)


La visita del Diletto


Una voce! Il mio diletto!
Eccolo, viene
saltando per i monti,
balzando per le colline.
Somiglia, il mio diletto, a un capriolo
o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta
dietro il nostro muro;
guarda dalla finestra,
spia attraverso le inferriate.
Ora parla, il mio diletto e mi dice:
« Alzati, amica mia,
mia tutta bella, e vieni!
Perché, ecco, l'inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n'è andata;
i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora si fa sentire
nella nostra campagna.
Il fico ha messo fuori i primi frutti
e le viti fiorite spandono fragranza.
Alzati, amica mia,
mia tutta bella, e vieni!
O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia,
nei nascondigli dei dirupi,
mostrami il tuo viso,
fammi sentire la tua voce,
perché la tua voce è soave,
il tuo viso è leggiadro.
Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l'amore,
tenace come gli inferi è la gelosia:
le sue vampe son vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!
Le grandi acque non possono spegnere l'amore
né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio ».



Responsorio: (Lc 1, 41b-43. 44)

Elisabetta, piena di Spirito Santo, esclamò a gran voce: Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?
Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.
A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?


Seconda Lettura:

Dalle « Omelie » di san Beda il Venerabile, sacerdote


Maria magnifica il Signore che opera in lei


« L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore » (Lc 1, 46). Con queste parole per prima cosa proclama i doni speciali a lei concessi, poi enumera i benefici universali con i quali non cessò di provvedere al genere umano per l'eternità.
Magnifica il Signore l'anima di colui che volge a lode e gloria del Signore tutto ciò che passa nel suo mondo interiore, di colui che, osservando i precetti di Dio, dimostra di pensare sempre alla potenza della sua maestà.
Esulta in Dio suo salvatore, lo spirito di colui che solo si diletta nel ricordo del suo creatore dal quale spera la salvezza eterna.
Queste parole, che stanno bene sulle labbra di tutte le anime perfette, erano adatte soprattutto alla Beata Madre di Dio. Per un privilegio unico essa ardeva d'amore spirituale per colui della cui concezione corporale ella si rallegrava. A buon diritto ella poté esultare più di tutti gli altri santi di gioia straordinaria in Gesù suo salvatore. Sapeva infatti che l'autore eterno della salvezza, sarebbe nato dalla sua carne, con una nascita temporale e in quanto unica e medesima persona, sarebbe stato nello stesso tempo suo figlio e suo Signore.
« Cose grandi ha fatto in me l'onnipotente e santo è il suo nome ».
Niente dunque viene dai suoi meriti, dal momento che ella riferisce tutta la sua grandezza al dono di lui, il quale essendo essenzialmente potente e grande, è solito rendere forti e grandi i suoi fedeli da piccoli e deboli quali sono. Bene poi aggiunse: « E Santo è il suo nome », per avvertire gli ascoltatori, anzi per insegnare a tutti coloro ai quali sarebbero arrivate le sue parole ad aver fiducia nel suo nome e ad invocarlo. Così essi pure avrebbero potuto godere della santità eterna e della vera salvezza, secondo il detto profetico: « E avverrà che chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato » (Gl 3, 5)
Infatti è questo stesso il nome di cui sopra si dice: « Ed esultò il mio spirito in Dio, mio salvatore ».
Perciò nella santa Chiesa è invalsa la consuetudine bellissima ed utilissima di cantare l'inno di Maria ogni giorno nella salmodia vespertina. Così la memoria abituale dell'incarnazione del Signore accende di amore i fedeli, e la meditazione frequente degli esempi di sua Madre, li conferma saldamente nella virtù. Ed è parso bene che ciò avvenisse di sera, perché la nostra mente stanca e distratta in tante cose, con il sopraggiungere del tempo del riposo si concentrasse tutta in se medesima.


Responsorio: (Cfr. Lc 1, 45-46; Sal 65, 16)

Beata se tu, che hai creduto: in te si compiranno le parole del Signore. E Maria disse: L'anima mia magnifica il Signore.
Venite, ascoltate, narrerò quanto Dio ha fatto per me.
L'anima mia magnifica il Signore.


Orazione:

O Dio onnipotente ed eterno, che nel tuo disegno di amore hai ispirato alla beata Vergine Maria, che portava in grembo il tuo Figlio, di visitare sant'Elisabetta, concedi a noi di essere docili all'azione del tuo Spirito, per magnificare con Maria il tuo santo nome. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





[Modificato da auroraageno 31/05/2008 06:51]

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01/06/2008 06:43

Nona Domenica del Tempo Ordinario


Lettura:

Dalle « Confessioni » di sant'Agostino, vescovo


Inquieto è il nostro cuore, finché non riposi in te


« Grande è il Signore e degno di ogni lode; la sua grandezza non si può misurare, la sua sapienza non ha confini » (Sal 47, 1; 95, 4; 144, 3; 146, 5). E l'uomo vuole lodarti, lui piccola parte di quanto hai creato; l'uomo che si porta attorno il suo essere mortale, l'uomo che viene accompagnato dalla testimonianza del suo peccato e dalla prova che tu resisti ai superbi. Nonostante ciò anche l'uomo, piccola parte di quanto hai creato, vuole lodarti. Tu lo spingi a trovare le sue delizie nel lodarti, perché ci hai creati per te e il nostro cuore è senza pace finché non riposa in te.
Concedimi, o Signore, di conoscere e comprendere se prima si deve invocarti o lodarti, se prima conoscerti o invocarti. Ma chi ti può invocare se non ti conosce? Chi non conosce, non sa a chi dirigere la sua invocazione. Ma, per caso, non sarà necessario invocarti per conoscerti? « Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? ». E « come potranno credere, senza averne sentito parlare? » (Rm 10, 14).
« Loderanno il Signore quanti lo cercano » (Sal 21, 27); poiché, cercandolo, lo troveranno e, trovandolo, lo loderanno. Che io ti cerchi, o Signore, invocandoti; che io ti invochi, credendo in te, perché sei stato annunziato a noi. O Signore, è la mia fede a invocarti, quella fede che tu mi hai donato, quella fede che, mediante l'opera del tuo annunziatore, mi hai ispirato per l'umanità del tuo Figlio fatto uomo.
Ma come invocherò il mio Dio, il Dio e Signore mio? Certo lo chiamerò in me stesso, quando lo invocherò. E qual posto esiste in me, in cui il mio Dio possa venire dentro di me, lui che creò il cielo e la terra? Esiste così qualcosa in me, Signore mio Dio, capace di contenerti? O forse il cielo e la terra che tu hai creato e nei quali hai creato anche me, ti possono contenere? Oppure, poiché senza di te nulla esisterebbe di quanto esiste, accade che quanto esiste ti contenga?
Intanto essendo che io esisto, perché ti chiedo di venire dentro di me, io che non esisterei se tu non fossi in me? Non sono ancora sceso negli inferi, sebbene tu sia presente anche là; infatti la Scrittura attesta: « Se scendo negli inferi, eccoti » (Sal 138, 8).
Dunque io non esisterei, o mio Dio, non esisterei affatto, se tu non fossi in me. Potrei forse esistere, se non fossi in te, dal quale, per il quale e nel quale tutto esiste? (cfr. 1 Cor 8, 6). E' così, Signore; sì, è così. Dove dunque vado a invocarti, se sono in te? Da dove tu verresti in me? Dove mi porterei, fuori dal cielo e dalla terra, perché di là venga in me il mio Dio che ha affermato: « Non riempio io il cielo e la terra? » (Ger 23, 24).
Chi mi farà riposare in te? Chi mi concederà che tu venga nel mio cuore, così che io possa dimenticare i miei mali e abbracciare te, unico mio bene? Che cosa sei tu per me? Abbi misericordia, perché possa parlare. Che cosa sono io per te, perché tu mi comandi di amarti, e se non obbedisco ti adiri contro di me e mi minacci grandi sventure? E' forse piccola, questa stessa sventura, il non amarti?
Oh, dimmi per tua misericordia, Signore mio Dio, che cosa tu sei per me. « Dimmi: Sono io la tua salvezza » (Sal 34, 3). Parla così, e io ascolterò. Ecco, il mio cuore ti ascolta, Signore; rendilo disponibile e dimmi « Sono io la tua salvezza » (Sal 34, 3). Inseguirò il suono di questa tua parola e ti raggiungerò. Non nascondermi il tuo volto: che io muoia per non morire, per vedere il tuo volto.


Responsorio: (Cfr. Sal 72, 25-26; 34, 3)

Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra. Vengono meno la mia carne e il mio cuore: Dio, la roccia del mio cuore; Dio, la mia sorte per sempre.
Egli dica all'anima mia: Sono io la tua salvezza.
Dio, la roccia del mio cuore; Dio, la mia sorte per sempre.


Orazione:

O Dio, che nella tua provvidenza tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza, allontana da noi ogni male e dona ciò che giova al nostro vero bene. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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