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Pioggia di Vita, per chi crede e per chi non crede

Ultimo Aggiornamento: 11/01/2013 11:23
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1 Novembre - Tutti i santi


Salmo 15


Proteggimi, o Dio:
in te mi rifugio.
Ho detto a Dio: << Sei tu il mio Signore,
senza di te non ho alcun bene >>.

Per i santi, che sono sulla terra, uomini nobili,
è tutto il mio amore.

Si affrettino altri a costruire idoli:
io non spanderò le loro libazioni di sangue,
né pronunzierò con le mie labbra i loro nomi.

Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.
Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi,
la mia eredità è magnifica.

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio cuore mi istruisce.
Io pongo sempre innanzi a me il Signore,
sta alla mia destra, non posso vacillare.

Di questo gioisce il mio cuore,
esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,

perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro,
né lascerai che il tuo santo veda la corruzione.

Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena nella tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.


Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, com'era nel principio, ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen.



Antifona:
Ai tuoi santi, Signore,
hai indicato il sentiero della vita,
pienezza di gioia nella tua presenza.


Dai << Discorsi >> di san Bernardo, abate


A che serve dunque la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa
stessa nostra solennità? Perché ad essi gli onori di questa stessa terra quando, secondo la
promessa del Figlio, il Padre celeste li onora? A che dunque i nostri encomi per essi? I santi
non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. E' chiaro che quando
ne veneriamo la memoria, facciamo i nostri interessi, non i loro.
Per parte mia devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri.
Il primo desiderio, che la memoria dei santi o suscita o stimola maggiormente in noi, è quello
di godere della loro tanto dolce compagnia e di meritare di essere concittadini e familiari
degli spiriti beati, di trovarci insieme all'assemblea dei patriarchi, alle schiere dei profeti, al
senato degli apostoli, agli eserciti numerosi dei martiri, alla comunità dei confessori, ai cori
delle vergini, di essere insomma riuniti e felici nella comunione di tutti i santi.
Ci attende la primitiva comunità dei cristiani, e noi ce ne disinteresseremo? I santi desiderano
di averci con loro e noi ce ne mostreremo indifferenti? I giusti ci aspettano, e noi non ce ne
prenderemo cura? No, fratelli, destiamoci dalla nostra deplorevole apatia. Risorgiamo con
Cristo, ricerchiamo le cose di lassù, quelle gustiamo. Sentiamo il desiderio di coloro che ci
desiderano, affrettiamoci verso coloro che ci aspettano, anticipiamo con i voti dell'anima
la condizione di coloro che ci attendono. Non soltanto dobbiamo desiderare la compagnia
dei santi, ma anche di possederne la felicità. Mentre dunque bramiamo di stare insieme a loro,
stimoliamo nel nostro cuore l'aspirazione più intensa a condividerne la gloria. Questa bramosia
non è certo disdicevole, perché una tale fame di gloria è tutt'altro che pericolosa.
Vi è un secondo desiderio che viene suscitato in noi dalla commemorazione dei santi, ed è
quello che Cristo, nostra vita, si mostri anche a noi come a loro, e noi pure facciamo con lui
la nostra apparizione nella gloria. Frattanto il nostro capo si presenta a noi non come ora in
cielo, ma nella forma che ha voluto assumere per noi qui in terra. Lo vediamo quindi non
coronato di gloria, ma circondato dalle spine dei nostri peccati.
Si vergogni perciò ogni membro di far sfoggio di ricercatezza sotto un capo coronato di
spine. Comprenda che le sue eleganze non gli fanno onore, ma lo espongono al ridicolo.
Giungerà il momento della venuta di Cristo, quando non si annunzierà più la sua morte.
Allora sapremo che anche noi siamo morti e che la nostra vita è nascosta con lui in Dio.
Allora Cristo apparirà come capo glorioso e con lui brilleranno le membra glorificate. Allora
trasformerà il nostro corpo umiliato, rendendolo simile alla gloria del capo, che è lui stesso.
Nutriamo dunque liberamente la brama della gloria. Ne abbiamo ogni diritto. Ma perché la
speranza di una felicità così incomparabile abbia a diventare realtà, ci è necessario il
soccorso dei santi. Sollecitiamolo premurosamente. Così, per loro intercessione, arriveremo
là dove da soli non potremo mai pensare di giungere.




_________Aurora Ageno___________
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2 Novembre - Commemorazione dei defunti -


Antifona:
Dal potere delle tenebre,
salva, Signore, la mia anima.

Cantico Isaia 38,10-14. 17-20


Io dicevo: << A metà della mia vita
me ne vado alle porte degli inferi;
sono privato del resto dei miei anni >>.

Dicevo: << Non vedrò più il Signore
sulla terra dei viventi,
non vedrò più nessuno
fra gli abitanti di questo mondo.

La mia tenda è stata divelta e gettata lontano,
come una tenda di pastori.

Come un tessitore hai arrotolato la mia vita,
mi recidi dall'ordito.
In un giorno e una notte mi conduci alla fine >>.

Io ho gridato fino al mattino.
Come un leone, così egli stritola tutte le mie ossa.
Come una rondine io pigolo,
gemo come una colomba.

Sono stanchi i miei occhi
di guardare in alto.

Tu hai preservato la mia vita
dalla fossa della distruzione,
perché ti sei gettato dietro le spalle
tutti i miei peccati.

Poiché non ti lodano gli inferi,
né la morte ti canta inni;
quanti scendono nella fossa
nella tua fedeltà non sperano.

Il vivente, il vivente ti rende grazie
come io faccio quest'oggi.
Il padre farà conoscere ai figli
la fedeltà del tuo amore.

Il Signore si è degnato di aiutarmi;
per questo canteremo sulle cetre
tutti i giorni della nostra vita,
canteremo nel tempio del Signore.


Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo, com'era nel principio, ora e sempre,
nei secoli dei secoli. Amen.


Antifona:
Dal potere delle tenebre,
salva, Signore, la mia anima.


Dal libro << Sulla morte del fratello Satiro >> di sant'Ambrogio, vescovo

Dobbiamo riconoscere che anche la morte può essere un guadagno e la vita un castigo.
Perciò anche san Paolo dice: << Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno >>
(Fil 1,21). E come ci si può trasformare completamente nel Cristo, che è spirito di vita,
se non dopo la morte corporale?
Esercitiamoci, perciò, quotidianamente a morire e alimentiamo in noi una sincera
disponibilità alla morte. Sarà per l'anima un utile allenamento alla liberazione dalle
cupidigie sensuali, sarà un librarsi verso posizioni inaccessibili alle basse voglie
animalesche, che tendono sempre a invischiare lo spirito. Così, accettando di esprimere
già ora nella nostra vita il simbolo della morte, non subiremo poi la morte quale castigo.
Infatti la legge della carne lotta contro la legge dello spirito e consegna l'anima stessa
alla legge del peccato. Ma quale sarà il rimedio? Lo domandava già san Paolo, dandone
anche la risposta: << Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? >> (Rm 7,24).
La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore (cfr. Rm 7, 25 ss).
Abbiamo il medico, accettiamo la medicina. La nostra medicina è la grazia di Cristo, e
il corpo mortale è il corpo nostro. Dunque andiamo esuli dal corpo per non andare esuli
dal Cristo. Anche se siamo nel corpo cerchiamo di non seguire le voglie del corpo.
Non dobbiamo, è vero, rinnegare i legittimi diritti della natura, ma dobbiamo però dar
sempre la preferenza ai doni della grazia.
Il mondo è stato redento con la morte di uno solo. Se Cristo non avesse voluto morire,
poteva farlo. Invece egli, non ritenne di dover fuggire la morte quasi fosse una debolezza,
né ci avrebbe salvati meglio che con la morte. Pertanto la sua morte è la vita di tutti. Noi
portiamo il sigillo della sua morte; quando preghiamo la annunziamo; offrendo il sacrificio
la proclamiamo; la sua morte è vittoria, la sua morte è sacramento, la sua morte è l'annuale
solennità del mondo.
E che cosa dire ancora della sua morte, mentre possiamo dimostrare con l'esempio divino
che la morte sola ha conseguito l'immortalità e che la morte stessa si è redenta da sé?
La morte allora, causa di salvezza universale, non è da piangere. La morte che il Figlio
di Dio non disdegnò e non fuggì, non è da schivare.
A dire il vero, la morte non era insita nella natura, ma divenne connaturale solo dopo. Dio
infatti non ha stabilito la morte da principio, ma la diede come rimedio. Fu per la condanna
del primo peccato che cominciò la condizione miseranda del genere umano nella fatica
continua, fra dolori e avversità. Ma si doveva porre fine a questi mali perché la morte
restituisse quello che la vita aveva perduto, altrimenti, senza la grazia, l'immortalità
sarebbe stata più di peso che di vantaggio.
L'anima nostra dovrà uscire dalle ristrettezze di questa vita, liberarsi delle pesantezze della
materia e muovere verso le assemblee eterne.
Arrivarvi è proprio dei santi. Là canteremo a Dio quella lode che, come ci dice la lettura
profetica, cantano i celesti sonatori d'arpa: << Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore
Dio onnipotente, giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti. Chi non temerà, o Signore, e
non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei santo. Tutte le genti verranno e si prostreranno
dinanzi a te >> (Ap 15, 3-4).
L'anima dovrà uscire anche per contemplare le tue nozze, o Gesù, nelle quali, al canto gioioso
di tutti, la sposa è accompagnata dalla terra al cielo, non più soggetta al mondo, ma unita
allo spirito: << a te viene ogni mortale >> (Sal 64,3).
Davide santo sospirò, più di ogni altro, di contemplare e vedere questo giorno. Infatti disse:
<< Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore >> (Sal 26,4).


Responsorio:

Coloro che si addormentano nella morte con la fede dei padri avranno una magnifica ricompensa.
Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro:
avranno una magnifica ricompensa.


Orazione:

Ascolta, o Dio, la preghiera che la comunità dei credenti innalza a te nella fede del Signore
risorto, e conferma in noi la beata speranza che insieme ai nostri fratelli defunti risorgeremo
in Cristo a vita nuova. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti
i secoli dei secoli.



_________Aurora Ageno___________
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06/11/2007 03:24

Dalla Costituzione pastorale << Gaudium et spes >> e Inno Te Deum

Dalla Costituzione pastorale << Gaudium et spes >> del Concilio ecumenico
Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo



Promuovere la pace


La pace non è semplicemente assenza di guerra, né si riduce solamente a
rendere stabile l'equilibrio delle forze contrastanti e neppure nasce da un
dominio dispotico, ma si definisce giustamente e propriamente << opera della
giustizia >> (Is 32,17). Essa è frutto dell'ordine impresso nella società umana
dal suo fondatore. E' un bene che deve essere attuato dagli uomini che anelano
ad una giustizia sempre più perfetta.
Il bene comune del genere umano è regolato nella sua sostanza, dalla legge
eterna, ma, con il passare del tempo, è soggetto, per quanto riguarda le sue
esigenze concrete, a continui cambiamenti. Perciò la pace non è mai acquisita
una volta per tutte, ma la si deve costruire continuamente. E siccome per di più
la volontà umana è labile e, oltre tutto, ferita dal peccato, l'acquisto della pace
richiede il costante dominio delle passioni di ciascuno e la vigilanza della
legittima autorità.
Tuttavia questo non basta ancora. Una pace così configurata non si può ottenere
su questa terra se non viene assicurato il bene delle persone e se gli uomini
non possono scambiarsi in tutta libertà e fiducia le ricchezze del loro animo e
del loro ingegno. Per costruire la pace, poi, sono assolutamente necessarie la
ferma volontà di rispettare gli altri uomini e gli altri popoli, l'impegno di ritener
sacra la loro dignità e, infine, la pratica continua della fratellanza. Così la pace
sarà frutto anche dell'amore, che va al di là di quanto la giustizia da sola può
dare.
La pace terrena, poi, che nasce dall'amore del prossimo, è immagine ed effetto
della pace di Cristo che promana da Dio Padre. Infatti lo stesso Figlio di Dio,
fatto uomo, principe della pace, per mezzo della sua croce ha riconciliato tutti
gli uomini con Dio e, ristabilendo l'unità di tutti in un solo popolo e in un solo
corpo, ha distrutto nella sua carne l'odio (cfr. Ef 2,16; Col 1,20. 22). Nella gloria
della sua risurrezione ha diffuso nei cuori degli uomini lo Spirito di amore.
Perciò tutti i cristiani sono fortemente chiamati a << vivere secondo la verità nella
carità >> (Ef 4,15) e a unirsi con gli uomini veramente amanti della pace per
implorarla e tradurla in atto.
Mossi dal medesimo Spirito, non possiamo non lodare coloro che, rinunziando
ad atti di violenza nel rivendicare i loro diritti, ricorrono a quei mezzi di difesa
che sono del resto alla portata anche dei più deboli, purché questo si possa fare
senza ledere i diritti e i doveri degli altri o della comunità.



Responsorio

Tua, Signore, è la potenza, tuo è il regno; tu ti innalzi sovrano su ogni cosa: dona
la tua pace ai nostri tempi.
Dio, creatore di tutto, tremendo e potente, giusto e misericordioso,
dona la tua pace ai nostri tempi.


Inno Te Deum

Noi ti lodiamo, Dio,
ti proclamiamo Signore.
O eterno Padre,
tutta la terra ti adora.

A te cantano gli angeli
e tutte le potenze dei cieli:
Santo, Santo, Santo
il Signore Dio dell'universo.

I cieli e la terra
sono pieni della tua gloria.
Ti acclama il coro degli apostoli
e la candida schiera dei martiri;

le voci dei profeti si uniscono nella tua lode;
la santa Chiesa proclama la tua gloria,
adora il tuo unico Figlio,
e lo Spirito Santo Paraclito.

O Cristo, re della gloria,
eterno Figlio del Padre,
tu nascesti dalla Vergine madre
per la salvezza dell'uomo.

Vincitore della morte,
hai aperto ai credenti il regno dei cieli.
Tu siedi alla destra di Dio, nella gloria del Padre.
Verrai a giudicare il mondo alla fine dei tempi.

Soccorri i tuoi figli, Signore,
che hai redento col tuo sangue prezioso.
Accoglici nella tua gloria
nell'assemblea dei santi.

Salva il tuo popolo, Signore,
guida e proteggi i tuoi figli.
Ogni giorno ti benediciamo,
lodiamo il tuo nome per sempre.

Degnati oggi, Signore,
di custodirci senza peccato.
Sia sempre con noi la tua misericordia:
in te abbiamo sperato.

Pietà di noi, Signore,
pietà di noi.
Tu sei la nostra speranza,
non saremo confusi in eterno.




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07/11/2007 12:06

Salmo e Lettura


Invocazione a Dio nell'afflizione


Salmo 85


Signore, tendi l'orecchio, rispondimi,
perché io sono povero e infelice.
Custodiscimi perché sono fedele;
tu, Dio mio, salva il tuo servo, che in te spera.

Pietà di me, Signore,
a te grido tutto il giorno.
Rallegra la vita del tuo servo,
perché a te, Signore, innalzo l'anima mia.

Tu sei buono, Signore, e perdoni,
sei pieno di misericordia con chi ti invoca.
Porgi l'orecchio, Signore, alla mia preghiera
e sii attento alla voce della mia supplica.

Nel giorno dell'angoscia alzo a te il mio grido
e tu mi esaudirai.

Fra gli dèi nessuno è come te, Signore,
e non c'è nulla che uguagli le tue opere.

Tutti i popoli che hai creato verranno
e si prostreranno davanti a te, o Signore,
per dare gloria al tuo nome;

grande tu sei e compi meraviglie:
tu solo sei Dio.

Mostrami, Signore, la tua via,
perché nella tua verità io cammini;
donami un cuore semplice
che tema il tuo nome.

Ti loderò, Signore, Dio mio, con tutto il cuore
e darò gloria al tuo nome sempre,
perché grande con me è la tua misericordia:
dal profondo degli inferi mi hai strappato.

Mio Dio, mi assalgono gli arroganti,
una schiera di violenti attenta alla mia vita,
non pongono te davanti ai loro occhi.

Ma tu, Signore, Dio di pietà, compassionevole,
lento all'ira e pieno di amore, Dio fedele,

volgiti a me e abbi misericordia:
dona al tuo servo la tua forza,
salva il figlio della tua ancella.

Dammi un segno di benevolenza;
vedano e siano confusi i miei nemici,
perché tu, Signore, mi hai soccorso e consolato.



Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo, com'era nel principio, ora e sempre,
nei secoli dei secoli. Amen.



Lettura

Dalle << Catechesi >> di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo

La fede è una sola, ma il suo genere è duplice. Vi è infatti una fede che riguarda
i dogmi ed è la conoscenza e l'assenso dell'intelletto alle verità rivelate. Questa
fede è necessaria alla salvezza, secondo quel che dice il Signore: << Chi ascolta
la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va
incontro al giudizio >> (Gv 5,24), ed anche: Chi crede nel Figlio, non è giudicato,
ma passa dalla morte alla vita (cfr. Gv 3,18. 24).
O bontà straordinaria di Dio verso gli uomini! I giusti piacquero a Dio nelle fatiche
di lunghi anni. Ma quello che essi giunsero ad ottenere attraverso un diuturno ed
eroico servizio accetto a Dio, Gesù te lo dona in un breve spazio di tempo. Infatti
se tu credi che Gesù Cristo è il Signore e che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai
salvo e sarai ammesso in paradiso da colui che vi fece entrare il ladrone pentito.
E non avere alcun dubbio a questo riguardo, poiché colui che su questo santo
Golgota diede la salvezza al ladrone per la fede di un momento, egli stesso
salverà anche te, se crederai.
C'è un altro genere di fede, anch'esso dono di Cristo. E' scritto infatti: << A uno
viene concesso dallo Spirito il linguaggio della Sapienza, a un altro invece, per
mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello
stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni >> (1 Cor 12, 8-9).
Pertanto questa fede elargita dallo Spirito come un dono non riguarda soltanto
i dogmi, ma è anche causa di prodigi che superano tutte le forze dell'uomo.
Chi ha tale fede potrà dire a questo monte: << Spostati da qui a là, ed esso si
sposterà >> (Mt 17,20). Se veramente uno, senza dubitare nel suo interno, dice
queste parole mosso dalla fede, credendo che così avverrà, allora riceve quella
grazia.
Proprio di questa fede è detto: << Se avrete fede pari a un granellino di senapa

>>,
ecc. (Mt 17,20); il granello di senapa è piccolissimo in sé, ma è dotato di
straordinaria efficacia. Seminato in una piccola porzione di terreno, stende
tutt'intorno lunghi rami, e, quand'è cresciuto, può fare ombra agli uccelli del cielo.
Così la fede in brevissimo tempo opera nell'anima effetti prodigiosi.
La fede è una rappresentazione interiore che ha per oggetto Dio. E' un'intima
comprensione, che la mente, illuminata da Dio, riesce ad avere della sua
essenza nella misura consentita. La fede percorre la terra da una estremità
all'altra e, prima ancora della fine del presente ordine, vede come già in atto il
giudizio e pregusta già ora, il premio promesso.
Abbi dunque quella fede che dipende da te e si indirizza a Dio, perché egli ti
possa donare anche quella che opera oltre le forze umane.



Responsorio

L'uomo non è giustificato dalle opere della legge, ma soltanto per mezzo della
fede. Anche noi abbiamo creduto, per essere giustificati dalla fede in Cristo.
Dio lo ha destinato a strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo
sangue.
Anche noi abbiamo creduto, per essere giustificati dalla fede in Cristo.




_________Aurora Ageno___________
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08/11/2007 06:29

Lettura e Salmo

Dalla Costituzione pastorale << Gaudium et spes >> del Concilio ecumenico
Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo


Compito dei cristiani nell'edificazione della pace


I cristiani cooperino volentieri e di tutto cuore all'edificazione dell'ordine
internazionale nel rispetto delle legittime libertà e in amichevole fraternità con
tutti. Tanto più che la massima parte degli uomini soffre ancora di miseria così
grande che Cristo stesso nelle persone dei poveri sembra reclamare quasi ad
alta voce la carità dei suoi discepoli. Non si dia questo scandalo agli uomini: che
cioè, mentre alcune nazioni, popolate da una maggioranza di persone che si
gloriano del nome di cristiani, godono di grande ricchezza di beni, altre per contro
sono prive del necessario per vivere e sono afflitte dalla fame, dalle malattie e da
ogni sorta di miserie. Infatti lo spirito di povertà e di carità è la gloria e la
testimonianza della Chiesa di Cristo.
Perciò si devono lodare e incoraggiare quei cristiani, specialmente i giovani, che
spontaneamente si offrono ad aiutare gli altri uomini e le altre nazioni. Anzi è
dovere di tutto il popolo di Dio, dietro la parola e l'esempio dei vescovi, di
sollevare, per quanto sta in loro, le miserie di questi tempi secondo l'antica
usanza della Chiesa, non solo con l'eccedenza, ma anche con gli stessi beni
patrimoniali.
Il modo di raccogliere e distribuire gli aiuti, pur senza essere rigido e uniforme,
avvenga tuttavia ordinatamente a livello diocesano, nazionale e mondiale e
dovunque appaia opportuno, con l'opera congiunta dei cattolici e degli altri fratelli
cristiani. Infatti lo spirito di carità, non solo non si oppone all'esercizio
provvidenziale e ordinato dell'azione caritativa, che anzi lo esige. Perciò è
necessario che coloro i quali intendono dedicarsi alle nazioni in via di sviluppo,
vengano anche debitamente formati in istituti specializzati.
La Chiesa deve essere assolutamente presente nella stessa comunità dei popoli
per alimentare e risvegliare la cooperazione tra gli uomini; e questo tanto
attraverso le sue pubbliche istituzioni, quanto mediante la piena e sincera
collaborazione di tutti i cristiani, animati dal solo desiderio del bene comune.
Questo scopo si raggiungerà in maniera più efficace se i fedeli stessi, coscienti
della loro responsabilità umana e cristiana, si daranno da fare per risvegliare,
già nell'ambito della loro vita, la volontà di collaborare prontamente con la
comunità internazionale. Si abbia una cura particolare nel formare in questo
i giovani, sia nell'educazione religiosa che in quella civile.
Infine è augurabile che i cattolici, per compiere bene il loro dovere, nella comunità
internazionale, si studino di cooperare fattivamente ed efficacemente sia con i
fratelli separati, che pure fanno professione di carità evangelica, sia con tutti gli
uomini che bramano la vera pace.



Responsorio

Ecco, io vengo, dice l'Onnipotente. Io, il Signore vostro Dio, stabilirò la pace.
Mi volgerò a voi, per rendervi fecondi e moltiplicarvi; confermerò la mia alleanza
con voi.
Io, il Signore vostro Dio, stabilirò la pace.


Antifona

Costruisci, o Dio, la nostra casa,
custodisci la tua città.

Salmo 126

Ogni fatica è vana senza il Signore


Se il Signore non costruisce la casa,
invano vi faticano i costruttori.
Se la città non è custodita dal Signore
invano veglia il custode.

Invano vi alzate di buon mattino,
tardi andate a riposare
e mangiate pane di sudore:
il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno.

Ecco, dono del Signore sono i figli,
è sua grazia il frutto del grembo.
Come frecce in mano a un eroe
sono i figli della giovinezza.

Beato l'uomo
che piena ne ha la farètra:
non resterà confuso quando verrà alla porta
a trattare con i propri nemici.


Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo, com'era nel principio, ora e sempre,
nei secoli dei secoli. Amen.


Antifona

Costruisci, o Dio, la nostra casa,
custodisci la tua città.




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09/11/2007 09:50

Dai << Discorsi >> di san Gregorio Nazianzeno, vescovo


<< Che cosa è l'uomo perché te ne ricordi? >> (Sal 8, 5). Qual nuovo e grande
mistero avvolge la mia esistenza? Perché sono piccolo e insieme grande, umile
eppure eccelso, mortale e immortale, terreno ma insieme celeste? La prima
condizione viene dal mondo inferiore, l'altra da Dio, quella dalla sfera materiale,
questa dallo spirito.
E' necessario che io sia sepolto con Cristo, che risorga con Cristo, che sia
coerede di Cristo, che diventi figlio di Dio, anzi che diventi come lo stesso Dio.
Ecco la profonda realtà che è racchiusa in questo nuovo e grande mistero.
Dio ha assunto in pieno la nostra umanità ed è stato povero per far risorgere
la carne, salvarne l'immagine primitiva e restaurare così l'uomo perché
diventiamo una cosa sola con Cristo. Egli si è comunicato interamente a noi.
Tutto ciò che egli è, è diventato completamente nostro. Sotto ogni aspetto noi
siamo lui. Per lui portiamo in noi l'immagine di Dio dal quale e per il quale siamo
stati creati. La fisionomia e l'impronta che ci caratterizza è quella di Dio. Perciò
solo lui può riconoscerci per quel che siamo. Conseguentemente passano in
seconda linea le differenze e le distinzioni fisiche e sociali, che pur certamente
esistono fra gli uomini. Per questo si può dire che non c'è più né maschio né
femmina, né barbaro né scita, né schiavo né libero (cfr. Col 3,11).
Dio voglia che anche nel futuro riusciamo a diventare quello che speriamo di
essere e che l'amore di Dio ci ha preparato! Egli esige poco da noi, però ora
e sempre fa grandi doni a coloro che lo amano. E allora, pieni di speranza in lui,
soffriamo tutto e sopportiamo tutto lietamente. Abbiamo il coraggio di rendergli
grazie sempre e dappertutto, nella gioia e nel dolore. Convinciamoci che le
tribolazioni sono strumento di salvezza. E poi non dimentichiamoci di
raccomandare al Signore le anime nostre e anche quelle di coloro che ci hanno
preceduto nel comune viaggio verso la casa paterna.
O Signore, sei tu che hai creato tutte le cose, tu che hai plasmato il mio essere.
Tu sei Dio, Padre e guida di tutti gli uomini. Sei il sovrano della vita e della morte.
Sei la difesa e la salvezza delle nostre anime. Sei tu che fai tutto. Sei tu che
dirigi il progresso di tutte le cose, scegliendo le scadenze più opportune e
ubbidendo alla tua infinita sapienza e provvidenza e sempre attraverso la tua
parola.

Accogli fra le tue braccia, o Signore, il mio fratello maggiore che ci ha lasciati.
A suo tempo accogli anche noi, dopo che ci avrai guidati lungo il pellegrinaggio
terreno fino alla meta da te stabilita. Fa' che ci presentiamo a te ben preparati
e sereni, non sconvolti dal timore, non in stato di inimicizia verso di te, almeno
nell'ultimo giorno, quello della nostra dipartita. Fa' che non ci sentiamo come
strappati e sradicati per forza dal mondo e dalla vita e non ci mettiamo quindi
contro voglia in cammino. Fa' invece che veniamo sereni e ben disposti, come
chi parte per la vita felice che non finisce mai, per quella vita che è in Cristo
Gesù, Signore Nostro, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.




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10 novembre - SAN LEONE MAGNO, PAPA E DOTTORE DELLA CHIESA

Il 10 novembre ricorre la memoria di san Leone Magno, papa e dottore della
Chiesa.

Nato in Toscana e salito sulla cattedra di Pietro nel 440, fu vero pastore e
autentico padre di anime. Cercò in ogni modo di mantenere salda e integra
la fede, difese strenuamente l'unità della Chiesa, arrestò, per quanto gli fu
possibile, le incursioni dei barbari, e meritò a buon diritto di essere detto
Leone << il grande >>. Morì nel 461.


Dai << Discorsi >> di san Leone Magno, papa


Tutta la Chiesa di Dio è ordinata in gradi gerarchici distinti, in modo che l'intero
sacro corpo sia formato da membra diverse. Ma, come dice l'Apostolo, tutti noi
siamo uno in Cristo (cfr. Gal 3, 28). La divisione degli uffici non è tale da
impedire che ogni parte, per quanto piccola, sia collegata con il capo. Per l'unità
della fede e del battesimo c'è dunque fra noi, o carissimi, una comunione
indissolubile sulla base di una comune dignità. Lo afferma l'apostolo Pietro:
<< Anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio
spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per
mezzo di Gesù Cristo >> (1 Pt 2, 5), e più avanti: << Ma voi siete la stirpe eletta,
il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato >>
(1 Pt 2, 9).
Tutti quelli che sono rinati in Cristo conseguono dignità regale per il segno della
croce. Con l'unzione dello Spirito Santo poi sono consacrati sacerdoti. Non c'è
quindi solo quel servizio specifico proprio del nostro ministero, perché tutti i
cristiani sono rivestiti di un carisma spirituale e soprannaturale, che li rende
partecipi della stirpe regale e dell'ufficio sacerdotale. Non è forse funzione regale
il fatto che un'anima, sottomessa a Dio, governi il suo corpo? Non è forse
funzione sacerdotale consacrare al Signore una coscienza pura e offrirgli
sull'altare del cuore i sacrifici immacolati del nostro culto? Per grazia di Dio
queste funzioni sono comuni a tutti. Ma da parte vostra è cosa santa e lodevole
che vi rallegriate per il giorno della nostra elezione come di un vostro onore
personale. Così tutto il corpo della Chiesa riconosce che il carattere sacro della
dignità pontificia è unico. Mediante l'unzione santificatrice, esso rifluisce
certamente con maggiore abbondanza nei gradi più alti della gerarchia, ma
discende anche in considerevole misura in quelli più bassi.
La comunione di tutti con questa nostra Sede è, quindi, o carissimi, il grande
motivo della letizia. Ma gioia più genuina e più alta sarà per noi se non vi
fermerete a considerare la nostra povera persona, ma piuttosto la gloria del
beato Pietro apostolo.
Si celebri dunque in questo giorno venerando soprattutto colui che si trovò vicino
alla sorgente stessa dei carismi e da essa ne fu riempito e come sommerso.
Ecco perché molte prerogative erano esclusive della sua persona e, d'altro canto,
niente è stato trasmesso ai successori che non si trovasse già in lui.
Allora il Verbo fatto uomo abitava già in mezzo a noi. Cristo aveva già dato tutto
se stesso per la redenzione del genere umano.



Responsorio (Cfr. Mt 16, 18; Sal 47, 9)

Gesù disse a Simone: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa;
le potenze degli inferi non la vinceranno,
Dio la rende stabile per sempre:
le potenze degli inferi non la vinceranno.


Orazione

O Dio, che non permetti alle potenze del male di prevalere contro la tua Chiesa,
fondata sulla roccia di Pietro, per l'intercessione del papa san Leone Magno fa'
che resti salda nella tua verità e proceda sicura nella pace. Per il nostro Signore
Gesù Cristo che è Dio, e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo per
tutti i secoli dei secoli. Amen.



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12/11/2007 07:04

11 novembre - SAN MARTINO DI TOURS, VESCOVO

L'11 novembre ricorre la memoria di san Martino di Tours, vescovo.

Nacque in Pannonia verso il 316 da genitori pagani.
Ricevuto il battesimo e abbandonato il servizio militare, fondò un monastero
presso Ligugé in Francia, dove condusse vita monastica sotto la guida di
sant'Ilario. Fu quindi ordinato sacerdote e in seguito eletto vescovo di Tours.
Fu buon pastore del suo popolo, fondò altri monasteri, curò l'istruzione del
clero ed evangelizzò i poveri. Morì nel 397.


Dalle << Lettere >> di Sulpicio Severo


Martino previde molto tempo prima il giorno della sua morte. Avvertì quindi i
fratelli, che ben presto avrebbe cessato di vivere. Nel frattempo un caso di
particolare gravità lo chiamò a visitare la diocesi di Candes. I chierici di quella
chiesa non andavano d'accordo tra loro e Martino, ben sapendo che ben poco
gli restava da vivere, desiderando di ristabilire la pace, non ricusò di mettersi in
viaggio per una così nobile causa. Pensava infatti che se fosse riuscito a
rimettere l'armonia in quella chiesa avrebbe degnamente coronato la sua vita
tutta orientata sulla via del bene.
Si trattenne quindi per qualche tempo in quel villaggio o chiesa dove si era
recato finché la pace non fu ristabilita. Ma quando già pensava di far ritorno al
monastero, sentì improvvisamente che le forze del corpo lo abbandonavano.
Chiamati perciò a sé i fratelli, li avvertì della morte ormai imminente. Tutti si
rattristarono allora grandemente, e tra le lacrime, come fosse uno solo a parlare,
dicevano: << Perché, o Padre, ci abbandoni? A chi ci lasci, desolati come
siamo? Lupi rapaci assaliranno il tuo gregge e chi ci difenderà dai loro morsi,
una volta colpito il pastore? Sappiamo bene che tu desideri di essere con
Cristo; ma il tuo premio è al sicuro. Se sarà rimandato non diminuirà. Muoviti
piuttosto a compassione di coloro che lasci quaggiù >>.
Commosso da queste lacrime, egli che, ricco dello spirito di Dio, si muoveva
sempre facilmente a compassione, si associò al loro pianto e, rivolgendosi al
Signore, così parlò dinanzi a quelli che piangevano: Signore, se sono ancora
necessario al tuo popolo, non ricuso la fatica: sia fatta la tua volontà.
O uomo grande oltre ogni dire, invitto nella fatica, invincibile di fronte alla morte!
Egli non fece alcuna scelta per sé. Non ebbe paura di morire e non si rifiutò di
vivere. Intanto sempre rivolto con gli occhi e con le mani al cielo, non rallentava
l'intensità della sua preghiera. I sacerdoti che erano accorsi intorno a lui, lo
pregavano di sollevare un poco il suo povero corpo mettendosi di fianco. Egli
però rispose: Lasciate, fratelli, lasciate che io guardi il cielo, piuttosto che la
terra, perché il mio spirito che sta per salire al Signore, si trovi già sul retto
cammino. Detto questo si accorse che il diavolo gli stava vicino. Gli disse allora:
Che fai qui, bestia sanguinaria? Non troverai nulla in me, sciagurato! Il seno di
Abramo mi accoglie.
Nel dire queste parole rese la sua anima a Dio.
Martino sale felicemente verso Abramo. Martino povero e umile entra ricco in
paradiso.




Responsorio:

Martino, uomo santo, non ha conosciuto la doppiezza, il giudizio cattivo e di
condanna. La sua bocca parlava solo di Cristo, di pace e di amore.
Uomo meraviglioso! Non ebbe paura della morte, e non rifiutò le fatiche della
vita.
La sua bocca parlava solo di Cristo, di pace e di amore.


Orazione:

O Dio che hai fatto risplendere la tua gloria nella vita e nella morte di san Martino
vescovo, rinnova in noi i prodigi della tua grazia, perché né morte né vita ci
possano mai separare dal tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, che è
Dio e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo. Amen.



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14/11/2007 06:22

Cantico e Salmo

Antifona:

Come in un manto
mi hai avvolto di salvezza e di giustizia.


Cantico Isaia 61, 10 - 62, 5


Io gioisco pienamente nel Signore,
la mia anima esulta nel mio Dio,

perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza,
mi ha avvolto con il manto della giustizia,
come uno sposo che si cinge il diadema
e come una sposa che si adorna di gioielli.

Poiché come la terra produce la vegetazione
e come un giardino fa germogliare i semi,
così il Signore Dio farà germogliare la giustizia
e la lode davanti a tutti i popoli.

Per amore di Sion non mi terrò in silenzio,
per amore di Gerusalemme non mi darò pace,
finché non sorga come stella la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada.

Allora i popoli vedranno la tua giustizia,
tutti i re la tua gloria;
ti si chiamerà con un nome nuovo
che la bocca del Signore avrà indicato.

Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.

Nessuno ti chiamerà più << Abbandonata >>,
né la tua terra sarà più detta << Devastata >>,
ma tu sarai chiamata << Mio compiacimento >>
e la tua terra, << Sposata >>,

perché si compiacerà di te il Signore
e la tua terra avrà uno sposo.

Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposerà il tuo creatore;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così per te gioirà il tuo Dio.


Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, com'era nel principio, ora e sempre,
nei secoli dei secoli. Amen.



Antifona:

Come in un manto
mi hai avvolto di salvezza e di giustizia.



Antifona:

Per tutta la mia vita
loderò il Signore.


Salmo 145


Loda il Signore, anima mia:
loderò il Signore per tutta la mia vita,
finché vivo canterò inni al mio Dio.

Non confidate nei potenti,
in un uomo che non può salvare.
Esala lo spirito e ritorna alla terra;
in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni.

Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe,
chi spera nel Signore suo Dio,
creatore del cielo e della terra,
del mare e di quanto contiene.

Egli è fedele per sempre,
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.

Il Signore libera i prigionieri,
il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti.

Il Signore protegge lo straniero,
egli sostiene l'orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie degli empi.

Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, per ogni generazione.



Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, com'era nel principio, ora e sempre,
nei secoli dei secoli. Amen.



Antifona:

Per tutta la mia vita
loderò il Signore.


[Modificato da auroraageno 14/11/2007 06:22]

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15/11/2007 06:35

15 novembre - SANT'ALBERTO MAGNO, VESCOVO E DOTTORE DELLA CHIESA

Il 15 novembre ricorre la memoria di sant'Alberto Magno, vescovo e dottore
della Chiesa.


Nacque a Lauingen sul Danubio (Baviera), verso l'anno 1206. Si dedicò agli
studi a Padova e a Parigi. Accolto fra i Padri Predicatori, insegnò con grande
frutto in molti luoghi.
Fu fatto vescovo di Ratisbona e si sforzò continuamente di stabilire la pace tra
i popoli e le città. Scrisse molto ed egregiamente su argomenti sacri e profani.
Morì a Colonia nel 1280.


Dal << Commento sul vangelo di Luca >> di sant'Alberto Magno, vescovo


<< Fate questo in memoria di me >> (Lc 22,19). Qui sono da sottolineare due
cose. La prima è il comando di usare di questo sacramento, quando dice:
<< Fate questo >>. La seconda poi è che esso sia il memoriale del Signore che
va alla morte per noi.
Dice dunque: << Fate questo >>. Non si poteva infatti domandare nulla di più
utile, nulla di più dolce, nulla di più salutare, nulla di più amabile, nulla di più
somigliante alla vita eterna.
Cerchiamo di considerare una per una tutte queste qualità.
Anzitutto l'Eucaristia è utile per la remissione dei peccati per chi è spiritualmente
morto, utilissima poi all'aumento della grazia per chi è spiritualmente vivo. Il
salvatore delle nostre anime ci istruisce su ciò che è utile per ricevere la sua
santificazione.
Ora la sua santificazione consiste nel suo sacrificio, in quanto nell'oblazione
sacramentale si offre per noi al Padre, e si offre a noi in comunione. << Per loro
io consacro me stesso >> (Gv 17,19). Cristo, che per mezzo dello Spirito Santo
offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere
morte, per servire il Dio vivente (cfr. Eb 9,14).
Niente noi possiamo fare di più dolce. Che cosa infatti vi potrebbe essere di più
delizioso del sacramento che contiene tutte le delizie divine? << Dal cielo hai
offerto loro un pane pronto senza fatica, pieno di ogni delizia e gradito a ogni
gusto. Questo tuo alimento manifestava la tua dolcezza verso i tuoi figli; si
adattava al gusto di chi ne mangiava, si trasformava in ciò che ognuno
desiderava >>. (Sap 16, 20-21).
Niente poteva essere comandato di più salutare. Questo sacramento infatti è il
frutto del legno della vita. Se qualcuno lo riceve con devozione e fede sincera,
non gusterà la morte in eterno.
<<E' un albero di vita per chi ad essa si attiene, e chi ad essa si stringe è beato>>
(Pro 3,18); << Colui che mangia di me, vivrà per me >> (Gv 6,57).
Niente ci poté essere comandato di più amabile. Questo infatti è il sacramento
che crea l'amore e l'unione. E' segno del massimo amore dare se stesso in cibo.
<< Non diceva forse la gente della mia tenda: A chi non ha dato delle sue carni
per saziarsi? >> (Gb 31,31); quasi avesse detto: tanto ho amato loro ed essi me,
che io volevo trovarmi dentro di loro ed essi ricevermi in sé, di modo che,
incorporati a me, diventassero mie membra. Non potevano infatti unirsi più
intimamente e più naturalmente a me, né io a loro.
Niente infine ci poteva essere comandato di più connaturale alla vita eterna.
Infatti la vita eterna esiste e dura perché Dio si comunica con tutta la sua felicità
ai santi che vivono nella condizione di beati.



Responsorio: (Cfr. Lc 22, 29; Gv 15, 16)

Io preparo per voi un regno, come il Padre l'ha preparato per me, perché
possiate mangiare e bere alla mia mensa nel cielo.
Io vi ho scelto e vi ho costituiti, perché andiate e portiate frutto;
perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel cielo.


Orazione:

O Dio, che hai reso grande sant'Alberto, vescovo, nel ricercare l'armonia tra la
sapienza umana e la verità rivelata, fa' che illuminati dal suo insegnamento,
attraverso il progresso scientifico possiamo crescere nella tua conoscenza
e nel tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo, che è Dio, e vive e regna
con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.



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16/11/2007 06:41

16 novembre - SANTA MARGHERITA DI SCOZIA


Il 16 novembre è memoria di santa Margherita di Scozia.

Nacque in Ungheria verso il 1046, dove si trovava il padre condannato all'esilio.
Data in sposa a Malcom III, re di Scozia, gli diede otto figli. Fu un modello di
madre e di regina per bontà e saggezza. Morì ad Edimburgo nel 1093.


Dalla Costituzione pastorale << Gaudium et spes >> del Concilio ecumenico
Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo



L'uomo e la donna, per il patto dell'amore coniugale << non sono più due, ma
una sola carne >> (Mt 19, 6). Si prestano aiuto e servizio vicendevole e
stabiliscono un'unione intima delle loro persone e delle loro attività. Sperimentano
il senso della loro unità e lo raggiungono di giorno in giorno più pienamente.
Questa stretta unione, in quanto donazione vicendevole di due persone, come
pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e reclamano la loro
indissolubile unità. Il genuino amore coniugale viene assunto nell'amore divino
ed è sostenuto ed arricchito dalla forza redentrice di Cristo e dell'azione
salvifica della Chiesa, affinché i coniugi siano condotti effettivamente a Dio e
siano aiutati e confortati nel compito sublime di padre e di madre.
Perciò i coniugi cristiani sono corroborati e come consacrati da un sacramento
particolare per i doveri e la dignità del loro stato. In virtù di esso, compiono il
loro dovere coniugale e familiare e sono ripieni dello spirito di Cristo. Pervadono
di fede, di speranza e di carità tutta la loro vita, progrediscono sempre di più
verso la loro perfezione e la mutua santificazione e, perciò stesso, alla
glorificazione di Dio. I figli, anzi tutti coloro che vivono nell'ambito della famiglia,
trovano più facilmente la via della formazione umana, della salvezza e della
santità. Certo, purché vi sia il sostegno del buon esempio da parte dei genitori
e della preghiera comune. I coniugi poi, che sono insigniti della dignità e
responsabilità di padri e di madri, in forza del sacramento potranno adempiere
con maggior diligenza il dovere dell'educazione, specialmente religiosa, che
spetta anzitutto ad essi.
I figli, in quanto membra vive della famiglia, concorreranno pure a loro modo alla
santificazione dei genitori. Risponderanno ai benefici dei genitori con
gratitudine d'animo, con amore e fiducia e li assisteranno, come si conviene a
figli, nelle avversità e nella solitudine della vecchiaia.
La vedovanza, accettata con animo coraggioso, come continuazione della
vocazione coniugale, sarà onorata da tutti. La famiglia metterà generosamente
in comune anche con le altre famiglie le sue ricchezze spirituali. La famiglia
cristiana, siccome nasce dal matrimonio che è immagine e partecipazione del
patto di amore di Cristo e della Chiesa, manifesterà a tutti la viva presenza del
Salvatore nel mondo e l'autentica natura della Chiesa con l'amore dei coniugi,
la fecondità generosa, l'unità e la fedeltà, e, infine, con l'amorevole cooperazione
di tutti i membri.



Responsorio: (Cfr. Pro 31, 30. 25. 31)

La donna che teme Dio è degna di lode. E' rivestita di forza e di bellezza.
Datele il frutto delle sue mani; le sue opere la onorino nell'assemblea dei santi.
E' rivestita di forza e di bellezza.


Orazione:

O Dio, che in santa Margherita di Scozia hai dato alla tua Chiesa un grande
esempio di carità verso i poveri, per sua intercessione fa' che anche noi
esprimiamo, nel rapporto con i nostri fratelli, l'immagine viva della tua bontà.
Per il nostro Signore, Gesù Cristo, che è Dio e vive e regna con te nell'unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.




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16/11/2007 06:44

Lo stesso giorno: 16 novembre - SANTA GELTRUDE, VERGINE

Il 16 novembre ricorre anche la memoria di santa Geltrude, vergine.

Nacque ad Eisleben in Turingia nel 1256. Ancora fanciulla, fu accolta presso
le monache Circestensi di Helfta, dove attese con fervore agli studi, imparando
anzitutto lettere e filosofia. Consacratasi completamente a Dio, percorse in
modo meraviglioso la via della perfezione, dedicandosi alla preghiera e alla
contemplazione. Morì il 17 novembre del 1301.


Dalle << Rivelazioni dell'amore divino >> di santa Geltrude, vergine.


L'anima mia ti benedica, o Signore Dio, mio creatore: l'anima mia ti benedica
e dall'intimo del mio cuore ti lodi la tua stessa misericordia, di cui il tuo amore
infinito mi ha circondato senza mio merito. Ringrazio, come meglio sono capace,
la tua immensa bontà e rendo gloria alla tua longanimità, alla tua pazienza e
alla tua indulgenza.
Ho trascorso tutti gli anni della mia infanzia, della mia fanciullezza, della mia
adolescenza e della mia gioventù fino all'età di venticinque anni come una cieca
e una pazza. Parlavo e agivo secondo i miei capricci e non sentivo alcun rimorso
di questa mia condotta. Ne prendo coscienza solo ora.
Non ti prestavo alcuna attenzione quando mi mettevi in guardia sui pericoli del
mio
comportamento o mediante una certa naturale avversione che sentivo verso il
male, o verso le attrattive al bene che mi sollecitavano, o anche per mezzo dei
rimproveri e delle riprensioni dei miei familiari. Vivevo come una pagana, che
dimora fra pagani, come una che mai avesse sentito dire che tu, mio Dio,
ricompensi il bene e punisci il male.
Ti ringrazio ancora che già dall'infanzia, esattamente fin dal quinto anno di età,
mi hai scelta per farmi vivere fra i tuoi santi amici nell'ambito della santa
religione.
Perciò per la conversione ti offro, o Padre amantissimo, tutta la passione del tuo
dilettissimo Figlio a cominciare dal momento che, posato sopra la paglia nel
presepio, emise il primo vagito e poi sopportò le necessità dell'infanzia, le
privazioni dell'adolescenza, le sofferenze della gioventù fino a quando, chinata
la testa, spirò sulla croce con un forte grido. Così pure, per supplire alle mie
negligenze, ti offro, o Padre amantissimo, tutto lo svolgersi della vita santissima
che il tuo Unigenito condusse in modo perfettissimo nei suoi pensieri, nelle
parole e azioni dal momento in cui fu mandato dall'altezza del tuo trono sulla
nostra terra, fino a quando presentò al tuo sguardo paterno la gloria della sua
carne vittoriosa.
In rendimento di grazie, mi immergo nel profondissimo abisso dell'umiltà e,
assieme alla tua impagabile misericordia, lodo e adoro la tua dolcissima bontà.
Tu, Padre della misericordia, mentre io sciupavo così la mia vita, hai nutrito a
mio riguardo pensieri di pace e non di sventura, e hai deciso di sollevarmi così
con la moltitudine e la grandezza dei tuoi benefici. Hai voluto anche, tra l'altro,
concedermi l'inestimabile familiarità della tua amicizia con l'aprirmi in diversi
modi quel nobilissimo scrigno della divinità, che è il tuo cuore divino e offrirmi
in esso, in grande abbondanza, ogni tesoro di gioia.
Hai attratto l'anima mia con la promessa sicura dei benefici che mi darai in
morte e dopo la morte. Per cui anche se non avessi altro dono, per questo solo
il mio cuore avrebbe ogni diritto di anelare a te con viva speranza.



Responsorio: (Cfr. Ger 31, 3; Os 2, 16. 21)

Con amore eterno il Signore ha amato Geltrude: per questo l'attirò a sé fin
dall'infanzia, la condusse nel deserto e parlò al suo cuore.
La fece sua sposa per sempre nella fedeltà e nell'amore,
e parlò al suo cuore.


Orazione:

O Dio, che ti sei preparato una degna dimora nel cuore di santa Geltrude,
vergine, rischiara le nostre tenebre perché possiamo gustare la gioia della
tua viva presenza nel nostro spirito. Per il nostro Signore, Gesù Cristo, che
è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei
secoli. Amen.





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17/11/2007 06:10

17 novembre - SANTA ELISABETTA DI UNGHERIA, RELIGIOSA

Oggi, 17 novembre, ricorre la memoria di santa Elisabetta di Ungheria, religiosa.

Nacque nel 1207 da Andrea, re di Ungheria. Ancora fanciulla fu data in sposa
a Ludovico IV, langravio di Turingia, al quale diede tre figli. Dedita alla
meditazione delle cose celesti ed avendo abbracciato, dopo la morte del
marito, una vita di povertà, costruì un ospedale in cui ella stessa serviva i malati.
Morì nel 1231.


Dalla << Lettera >> scritta da Corrado di Marburgo, direttore spirituale di
santa Elisabetta.



Elisabetta incominciò presto a distinguersi in virtù e santità di vita. Ella aveva
sempre consolato i poveri, ma da quando fece costruire un ospedale presso
un suo castello, e vi raccolse malati di ogni genere, da allora si dedicò
interamente alla cura dei bisognosi.
Distribuiva con larghezza i doni della sua beneficenza non solo a coloro che ne
facevano domanda presso il suo ospedale, ma in tutti i territori dipendenti da
suo marito. Arrivò al punto da erogare in beneficenza i proventi dei quattro
principati di suo marito e da vendere oggetti di valore e vesti preziose per
distribuirne il prezzo ai poveri.
Aveva preso l'abitudine di visitare tutti i suoi malati personalmente, due volte al
giorno, al mattino e alla sera. Si prese cura diretta dei più ripugnanti. Nutrì alcuni,
ad altri procurò un letto, altri portò sulle proprie spalle, prodigandosi sempre in
ogni attività di bene, senza mettersi tuttavia per questo in contrasto con suo
marito.
Dopo la morte di lui, tendendo alla più alta perfezione, mi domandò con molte
lacrime che le permettessi di chiedere l'elemosina di porta in porta.
Un Venerdì santo, quando gli altari sono spogli, poste le mani sull'altare in una
cappella del suo castello, dove aveva accolto i Frati Minori, alla presenza di
alcuni intimi, rinunziò alla propria volontà, a tutte le vanità del mondo e a tutto
quello che nel Vangelo il Salvatore ha consigliato di lasciare. Fatto questo,
temendo di poter essere riassorbita dal rumore del mondo e dalla gloria umana,
se rimaneva nei luoghi in cui era vissuta insieme al marito e in cui era tanto ben
voluta e stimata, volle seguirmi a Marburgo, sebbene io non volessi. Quivi
costruì un ospedale ove raccolse i malati e gli invalidi e servì alla propria mensa
i più miserabili e i più derelitti.
Affermo davanti a Dio che raramente ho visto una donna così contemplativa
come Elisabetta, che pure era dedita a molte attività. Alcuni religiosi e religiose
constatarono assai spesso che, quando ella usciva dalla sua preghiera privata,
emanava dal volto un mirabile splendore e che dai suoi occhi uscivano come
dei raggi di sole.
Prima della morte ne ascoltai la confessione e le domandai cosa si dovesse fare
dei suoi averi e delle suppellettili. Mi rispose che quanto sembrava sua proprietà
era tutto dei poveri e mi pregò di distribuire loro ogni cosa, eccetto una tunica
di nessun valore di cui era rivestita, e nella quale volle essere seppellita.
Fatto questo, ricevette il Corpo del Signore. Poi, fino alla sera, spesso ritornava
su tutte le cose belle che aveva sentito nella predicazione. Infine raccomandò a
Dio, con grandissima devozione, tutti coloro che le stavano dintorno, e spirò
come addormentandosi dolcemente.



Responsorio: Gdt 15, 11; At 10, 4

Hai agito con forza e costanza; era saldo il tuo cuore in un casto affetto; per questo
ti loderanno in eterno.
Le tue preghiere e le tue elemosine restavano presenti al Signore:
per questo ti loderanno in eterno.



Orazione:

O Dio, che a santa Elisabetta hai dato la grazia di riconoscere e onorare Cristo
nei poveri, concedi anche a noi, per sua intercessione, di servire con
instancabile carità coloro che si trovano nella sofferenza e nel bisogno. Per il nostro
Signore Gesù Cristo che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito
Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.



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18/11/2007 06:44

18 novembre - DEDICAZIONE DELLE BASILICHE DEI SANTI PIETRO E
PAOLO, APOSTOLI



Fin dal secolo XII nella basilica vaticana di san Pietro e in quella di san Paolo
sulla via Ostiense, si celebravano gli anniversari delle loro dedicazioni fatte
nel secolo IV dai santi Pontefici Silvestro e Siricio. La celebrazione di questa
commemorazione in tempi più recenti fu estesa a tutte le chiese di rito romano.
Come nell'anniversario della dedicazione della basilica di santa Maria Maggiore
(5 agosto) si celebra la maternità della Vergine Madre di Dio, così in questo
giorno si onorano i due più grandi apostoli di Cristo.


Dai << Discorsi >> di san Leone Magno, papa


<< Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi fedeli >> (Sal 115, 15) e
nessun genere di crudeltà può distruggere una religione, che si fonda sul mistero
della croce di Cristo. La Chiesa infatti non diminuisce con le persecuzioni, anzi
si sviluppa, e il campo del Signore si arricchisce di una messe sempre più
abbondante, quando i chicchi di grano, caduti a uno a uno, tornano a rinascere
moltiplicati.
Dalla divina semente sono nati i due nostri straordinari germogli, Pietro e Paolo.
Da essi si è sviluppata una discendenza innumerevole, come dimostrano le
migliaia di santi martiri, che, emuli dei trionfi degli apostoli, hanno suscitato
intorno alla nostra città una moltitudine di popoli, rivestiti di porpora e rifulgenti
da ogni parte di splendida luce, e hanno coronato la chiesa di Roma di un'unica
corona ornata di molte e magnifiche gemme.
Noi di tutti i santi celebriamo con gioia la festa. Sono infatti un dono di Dio, un
aiuto alla nostra debolezza, un esempio di virtù e un sostegno alla nostra fede.
Però, se con ragione celebriamo tutti i santi in letizia, un'esultanza speciale
sentiamo nel commemorare i due apostoli Pietro e Paolo, perché, fra tutte le
membra privilegiate del corpo mistico, essi hanno avuto da Dio una funzione
davvero speciale. Essi sono quasi i due occhi di quel capo, che è Cristo.
Nei loro meriti e nelle loro virtù, che superano ogni capacità di espressione, non
dobbiamo vedere nessuna diversità, nessuna distinzione, perché l'elezione li ha
resi pari, il lavoro apostolico li ha fatti simili e la morte li ha uniti nella stessa sorte.
D'altra parte è la nostra esperienza, confermata dalla testimonianza dei nostri
antenati a farci credere fermamente che in tutti i travagli di questa vita saremo
sempre aiutati dalle preghiere di questi due grandi protettori, per conseguire la
misericordia di Dio. Avviene quindi che, come siamo precipitati in basso per le
nostre colpe, così veniamo sollevati in alto dai meriti di questi apostoli.




Responsorio:

I santi apostoli, servi di Cristo, guidati dallo Spirito fondarono le chiese con il
loro sangue. Bevvero al calice del Signore e divennero amici di Dio.
Uniti in vita come fratelli, non furono separati dalla morte.
Bevvero al calice del Signore e divennero amici di Dio.



Orazione:

Guida e sostieni, Signore, la tua Chiesa, che dalla predicazione degli apostoli
Pietro e Paolo ha ricevuto il primo annunzio del Vangelo, e fa' che per il loro
patrocinio progredisca nella fede e nell'amore, sino alla fine dei tempi.
Per il nostro Signore Gesù Cristo che è Dio, e vive e regna con te nell'unità
dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.




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21/11/2007 07:10

21 novembre - PRESENTAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA


Il 21 novembre è memoria della Presentazione della Beata Vergine Maria.

In questo giorno della dedicazione (543) della chiesa di S. Maria Nuova,
costruita presso il tempio di Gerusalemme, celebriamo insieme ai cristiani
d'Oriente quella << dedicazione >> che Maria fece a Dio di se stessa fin
dall'infanzia, mossa dallo Spirito Santo, della cui grazia era stata ricolma nella
sua immacolata concezione.


Inno all'Ufficio delle letture


Ave, speranza nostra,
ave, benigna e pia,
ave, piena di grazia,
o Vergine Maria.

Ave, fulgida rosa,
roveto sempre ardente,
ave, pianta fiorita
della stirpe di Iesse.

In te vinta è la morte,
la schiavitù è redenta,
ridonata la pace,
aperto il paradiso.

O Trinità santissima,
a te l'inno di grazie,
per Maria nostra Madre,
nei secoli dei secoli. Amen.



Dai << Discorsi >> di sant'Agostino, vescovo


Fate attenzione, vi prego, a quello che disse il Signore Gesù Cristo, stendendo
la mano verso i suoi discepoli: << Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché
chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello,
sorella e madre >> (Mt 12, 49-50). Forse che non ha fatto la volontà del Padre
la Vergine Maria, la quale credette in virtù della fede, concepì in virtù della fede,
fu scelta come colei dalla quale doveva nascere la nostra salvezza tra gli uomini,
fu creata da Cristo, prima che Cristo in lei fosse creato? Ha fatto, sì certamente
ha fatto la volontà del Padre Maria santissima e perciò conta di più per Maria
essere stata discepola di Cristo, che essere stata madre di Cristo. Lo ripetiamo:
fu per lei maggiore dignità e maggiore felicità essere stata discepola di Cristo
che essere stata madre di Cristo. Perciò Maria era beata, perché, anche prima
di dare alla luce il Maestro, lo portò nel suo grembo.
Osserva se non è vero ciò che dico. Mentre il Signore passava, seguito dalle
folle, e compiva i suoi divini miracoli, una donna esclamò: << Beato il grembo
che ti ha portato! >> (Lc 11, 27). Felice il grembo che ti ha portato! E perché la
felicità non fosse cercata nella carne, che cosa rispose il Signore? << Beati
piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano >> (Lc 11, 28).
Anche Maria proprio per questo è beata, perché ha ascoltato la parola di Dio e
l'ha osservata. Ha custodito infatti più la verità nella sua mente, che la carne nel
suo grembo. Cristo è verità, Cristo è carne; Cristo è verità nella mente di Maria,
Cristo è carne nel grembo di Maria. Conta di più ciò che è nella mente, di ciò
che è portato nel grembo.
Santa è Maria, beata è Maria, ma è migliore la Chiesa che la Vergine Maria.
Perché? Perché Maria è una parte della Chiesa: un membro santo, un membro
eccellente, un membro che tutti sorpassa in dignità, ma tuttavia è sempre un
membro rispetto all'intero corpo. Se è membro di tutto il corpo, allora certo vale
più il corpo che un suo membro. Il Signore è capo, e il Cristo totale è capo e
corpo. Che dire? Abbiamo un capo divino, abbiamo per capo Dio.
Perciò, o carissimi, badate bene: anche voi siete membra di Cristo, anche voi
siete corpo di Cristo. Osservate in che modo lo siete, perché egli dice: << Ecco
mia madre, ed ecco i miei fratelli >> (Mt 12, 49). Come potrete essere madre di
Cristo? Chiunque ascolta e chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli,
egli è per me fratello, sorella e madre (cfr. Mt 12, 50).
Quando dico fratelli, quando dico sorelle, è chiaro che intendo parlare di una sola
e medesima eredità. Perciò anche nella sua misericordia, Cristo, essendo unico,
non volle essere solo, ma fece in modo che fossimo eredi del Padre e suoi
coeredi nella medesima sua eredità.



Responsorio: (Cfr. Is 61, 10; Lc 1, 46-47)

Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha
rivestita di salvezza, come una sposa ornata di gioielli.
L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché mi ha rivestita di salvezza, come una sposa ornata di gioielli.


Orazione:

Guarda, Signore, il tuo popolo riunito nel ricordo della beata Vergine Maria, e fa'
che per sua intercessione partecipi alla pienezza della tua grazia. Per il nostro
Signore Gesù Cristo, che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito
Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.


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22/11/2007 07:55

22 novembre - SANTA CECILIA, VERGINE E MARTIRE


Il 22 novembre ricorre la memoria di santa Cecilia, vergine e martire.

Il culto di santa Cecilia, da cui prende il nome la basilica innalzata a Roma nel
secolo V, si diffuse dappertutto, prendendo l'avvio da una << passione >> nella
quale ella viene esaltata come esempio perfettissimo di donna cristiana, che
abbracciò la verginità e sostenne il martirio per amore di Cristo.


Dal << Commento sui salmi >> di sant'Agostino, vescovo


<< Lodate il Signore con la cetra, con l'arpa a dieci corde a lui cantate. Cantate
al Signore un canto nuovo! >> (Sal 32, 2. 3). Spogliatevi di ciò che è vecchio
ormai; avete conosciuto il nuovo canto. Un uomo nuovo, un testamento nuovo,
un canto nuovo. Il nuovo canto non si addice ad uomini vecchi. Non lo imparano
se non gli uomini nuovi, uomini rinnovati, per mezzo della grazia, da ciò che era
vecchio, uomini appartenenti ormai al nuovo testamento, che è il regno dei cieli.
Tutto il nostro amore ad esso sospira e canta un canto nuovo. Elevi però un
canto nuovo non con la lingua, ma con la vita.
Cantate a lui un canto nuovo, cantate a lui con arte (cfr. Sal 32, 3). Ciascuno si
domanda come cantare a Dio. Devi cantare a lui, ma non in modo stonato. Non
vuole che siano offese le sue orecchie. Cantate con arte, o fratelli. Quando,
davanti a un buon intenditore di musica, ti si dice: Canta in modo da piacergli; tu,
privo di preparazione nell'arte musicale, vieni preso da trepidazione nel cantare,
perché non vorresti dispiacere al musicista; infatti quello che sfugge al profano,
viene notato e criticato da un intenditore dell'arte. Orbene, chi oserebbe
presentarsi a cantare con arte a Dio, che sa ben giudicare il cantore, che
esamina con esattezza ogni cosa e che tutto ascolta così bene? Come potresti
dimostrare un'abilità così perfetta nel canto, da non offendere in nulla orecchie
così perfette?
Ecco egli ti dà quasi il tono della melodia da cantare: non andare in cerca delle
parole, come se tu potessi tradurre in suoni articolati un canto di cui Dio si diletti.
Canta nel giubilo. Cantare con arte a Dio consiste proprio in questo: Cantare
nel giubilo. Che cosa significa cantare nel giubilo? Comprendere e non saper
spiegare a parole ciò che si canta col cuore. Coloro infatti che cantano sia
durante la mietitura, sia durante la vendemmia, sia durante qualche lavoro
intenso, prima avvertono il piacere, suscitato dalle parole dei canti, ma, in
seguito, quando l'emozione cresce, sentono che non possono più esprimerla
in parole e allora si sfogano in sola modulazione di note. Questo canto lo
chiamiamo << giubilo >>.
Il giubilo è quella melodia, con la quale il cuore effonde quanto non gli riesce di
esprimere a parole. E verso chi è più giusto elevare questo canto di giubilo, se
non verso l'ineffabile Dio? Infatti è ineffabile colui che tu non puoi esprimere.
E se non lo puoi esprimere, e d'altra parte non puoi tacerlo, che cosa ti rimane
se non << giubilare >>? Allora il cuore si aprirà alla gioia, senza servirsi di
parole, e la grandezza straordinaria della gioia non conoscerà i limiti delle
sillabe. Cantate a lui con arte nel giubilo (cfr. Sal 32, 3).



Responsorio: (Cfr. Sal 70, 8. 23; 9, 3)

Risuoni la mia bocca della tua lode, proclami la tua gloria tutto il giorno. Narrando
i tuoi prodigi, esulteranno le mie labbra.
Gioisco in te ed esulto, canto inni al tuo nome, o Altissimo.
Narrando i tuoi prodigi, esulteranno le mie labbra.


Orazione:

Ascolta, Signore, la nostra preghiera e per intercessione di santa Cecilia, vergine
e martire, rendici degni di cantare le tue lodi. Per il nostro Signore Gesù Cristo,
che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli
dei secoli. Amen.




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23/11/2007 06:54

23 novebre - SAN CLEMENTE I, PAPA E MARTIRE


Il 23 novembre è la memoria di san Clemente I, papa e martire.

Clemente resse la chiesa di Roma, come terzo papa, dopo Pietro, verso la fine
del primo secolo. Scrisse una memorabile lettera ai Corinzi per rinsaldare la
pace e la concordia tra di loro.




Dalla << Lettera ai Corinzi >> di san Clemente I, papa


Quanto sono mirabili e preziosi i doni di Dio, fratelli carissimi! La vita
nell'immortalità, lo splendore nella giustizia, la verità nella libertà, la fede nella
confidenza, la padronanaza di sé nella santità: tutto questo è stato messo alla
portata della nostra intelligenza.
Quali saranno allora i beni che sono preparati per coloro che lo aspettano?
Solo il Creatore e il Padre dei secoli, il Santo per eccellenza ne conosce la
quantità e la bellezza. Noi dunque, al fine di essere partecipi dei doni promessi,
facciamo di tutto per ritrovarci nel numero di coloro che lo aspettano.
E come si verificherà questo, fratelli carissimi? Si verificherà se la nostra
intelligenza sarà salda in Dio con la fede, se cercheremo con diligenza ciò che
è gradito e accetto a lui, se faremo ciò che è conforme alla sua santissima
volontà, se seguiremo la via della verità, insomma se ci terremo lontani da ogni
ingiustizia, perversità, avarizia, rissa, malizia e inganno.
Questa è la via, fratelli carissimi, in cui troviamo la nostra salvezza, Gesù Cristo,
mediatore del nostro sacrificio, difensore a aiuto della nostra debolezza.
Per mezzo di lui possiamo guardare l'altezza dei cieli, per mezzo di lui
contempliamo il volto purissimo e sublime di Dio, per lui sono stati aperti gli
occhi del nostro cuore, per lui la nostra mente insensata e ottenebrata rifiorisce
nella luce, per mezzo di lui il Padre ha voluto che noi gustassimo la conoscenza
immortale. Egli, essendo l'irradiazione della gloria di Dio, è tanto superiore agli
angeli, quanto più eccellente è il nome che ha ereditato (cfr. Eb 1, 3-4).
Perciò, fratelli, combattiamo con tutte le forze sotto i suoi irreprensibili comandi.
I grandi non possono restare senza i piccoli, né i piccoli senza i grandi. Tutti sono
frammisti, di cui il vantaggio reciproco. Prendiamo ad esempio il nostro corpo.
La testa senza i piedi non è nulla, come pure i piedi senza la testa. Anche le
membra più piccole del nostro corpo sono necessarie e utili a tutto il corpo; anzi
tutte si accordano e si sottomettono al medesimo fine, perché tutto il corpo sia
saldo.
Si assicuri perciò la salvezza di tutto il nostro corpo in Cristo Gesù, e ciascuno
sia soggetto al suo prossimo secondo il dono della grazia che gli è stata affidata.
Chi è forte si prenda cura di chi è debole, il debole rispetti il forte. Il ricco soccorra
il povero, il povero lodi Dio perché gli ha dato uno che viene a colmare la sua
indigenza. Il sapiente mostri la sua sapienza non con le parole ma con le opere
buone; l'umile non renda testimonianza a se stesso, ma lasci che sia un altro a
dargliela. Avendo da Dio tutte queste cose, dobbiamo ringraziarlo di tutto. A lui
la gloria nei secoli dei secoli. Amen.



Responsorio:

Ecco l'uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia e non aveva
inganno sulla sua bocca.
Dio l'ha scelto come suo sacerdote.
Ecco il pontefice, che nei suoi giorni piacque al Signore e fu trovato giusto:
Dio l'ha scelto come suo sacerdote.



Orazione:

O Dio, mirabile nei tuoi santi, benedici e rallegra la tua Chiesa nel glorioso
ricordo del papa san Clemente I, che, sacerdote e martire del tuo Figlio,
testimoniò con il sangue il mistero che celebrava, e confermò con la vita
l'annunzio del Vangelo. Per il nostro Signore, Gesù Cristo, che è Dio e vive
e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.






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24/11/2007 06:42

Lo stesso giorno: 23 novembre - SAN COLOMBANO, ABATE


Il 23 novembre è anche memoria di san Colombano, abate.

Nato in Irlanda nella prima metà del sec. VI, fu istruito nelle lettere sacre e
profane.
Abbracciata la vita monastica, passò in Francia dove fondò moltissimi monasteri
che governò con disciplina severa. Costretto all'esilio, venne in Italia e fu il
fondatore del monastero di Bobbio. Promosse attivamente la vita cristiana e
religiosa. Morì nel 615.


Dalle << Istruzioni >> di san Colombano, abate


Mosè ha scritto nella legge: Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza
(cfr. Gen 1, 27. 26). Considerate, vi prego, la grandezza di questa espressione.
Dio onnipotente, invisibile, incomprensibile, ineffabile, inestimabile, plasmò
l'uomo dal fango della terra e lo nobilitò con la dignità della sua immagine. Che
cosa vi può essere di comune tra l'uomo e Dio, tra il fango e lo spirito? << Dio >>
infatti, << è spirito >> (Gv 4, 24). Quale grande degnazione è stata questa, che Dio
abbia dato all'uomo l'immagine della sua eternità e la somiglianza del suo divino
operare! Grande dignità deriva all'uomo da questa somiglianza con Dio, purché
sappia conservarla. Gravissimo titolo di condanna è invece per lui la
profanazione
di quella immagine. Se l'uomo userà rettamente di quelle facoltà che Dio ha
concesso alla sua anima, allora sarà simile a Dio. Ricordiamoci che gli dobbiamo
restituire tutti quei doni che egli ha depositato in noi quando eravamo nella
condizione originaria. Ce ne ha insegnato il modo con i suoi comandamenti.
Il primo di essi è quello di amare il Signore nostro con tutto il cuore, perché egli
per primo ci ha amati, fin dall'inizio dei tempi, prima ancora che noi venissimo
alla luce di questo mondo.
L'amore di Dio è la rinnovazione della sua immagine. Ama veramente Dio chi
osserva i suoi comandamenti, poiché egli ha detto: << Se mi amate, osserverete
i miei comandamenti >> (Gv 14, 15). Il suo comandamento è l'amore reciproco.
Così è stato detto: << Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli
altri, come io vi ho amati >> (Gv 15, 12).
Il vero amore però non si dimostra con le sole parole << ma coi fatti e nella
verità >> (1 Gv 3, 18). Dobbiamo quindi restituire al Dio e Padre nostro la sua
immagine non deformata, ma conservata integra mediante la santità della vita,
perché egli è santo. Per questo è stato detto: << Siate santi, perché io sono
santo >> (Lv 11, 44). Dobbiamo restituirgliela nella carità, perché egli è carità,
secondo quanto dice Giovanni: << Dio è carità >> (1 Gv 4, 18). Dobbiamo
restituirgliela nella bontà e nella verità, perché egli è buono e verace.
Non siamo dunque pittori di un'immagine diversa da questa. Dipinge in sé
l'immagine di un tiranno chi è violento, facile all'ira e superbo. Perché non avvenga
che dipingiamo nel nostro animo immagini tiranniche, intervenga Cristo stesso
e tracci nel nostro spirito i lineamenti precisi di Dio. Lo faccia proprio
trasfondendo in noi la sua pace, lui che ha detto: << Vi lascio la mia pace, vi do
la mia pace >> (Gv 14, 27). Che cosa tuttavia ci servirebbe sapere che la pace
è in sé buona, se poi non fossimo capaci di conservarla? In genere le cose migliori
sono anche le più fragili. Le cose più preziose poi esigono la vigilanza più cauta
e diligente. E' troppo fragile quello che si spezza con una sola parola o che va
in rovina per la più piccola offesa al fratello. Nulla piace tanto agli uomini quanto
parlare delle cose altrui, darsi pensiero degli affari degli altri e passare il tempo
in inutili conversazioni, mormorando degli assenti.
Tacciano quelli che non possono dire: << Il Signore mi ha dato una lingua da
iniziati, perché io sappia indirizzare allo sfiduciato una parola >> (Is 50, 4) e,
se dicono qualcosa, sia una parola di pace.




Responsorio: (Cfr. Lc 6, 47-48; Sir 25, 11)


Beato chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica! E' simile a
un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le
fondamenta sopra la roccia.
Felice chi ha trovato il timore del Signore; a chi potrà essere paragonato?
E' simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo
e ha posto le fondamenta sopra la roccia.





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25/11/2007 14:12

Oggi, 25 novembre, è la solennità del Signore Gesù Cristo, Re dell'universo.


(dal "foglio parrocchiale" di questa domenica)


La festa di Cristo re è rigorosamente biblica, anche se è stata istituita da pochi
decenni (Pio XI nel 1925, con l'enciclica Quas primas). Per capire in che senso
parliamo di Cristo re è necessario aver presente la sua passione, che rovescia
l'idea della regalità mondana. Parlare di passione non significa qui richiamare
un significato passivo e negativo, quasi che il termine fosse un sinonimo di
sofferenza e di dolore. "Passione" qui è qualche cosa di diverso. Non è amore
per il dolore e per la privazione, ma lotta sino in fondo per ciò che si ritiene il
valore positivo più importante della vita.
Quando parliamo di "passione per l'arte" o "passione per una persona" si intende
proprio una carica di entusiasmo e di amore capaci di sfidare e superare tutte le
difficoltà e tutte le contraddizioni. La passione di Gesù è prima di tutto il progetto
di corrispondere al progetto di Dio, che né la sofferenza né la morte potranno
arrestare: un progetto di fraternità, di amore. Gesù è re perché vincitori non sono
coloro che lo hanno crocifisso, ma lui, il crocifisso. Lui ha sconfitto il potere con
l'umiltà, è risorto ed è stato reso signore della vita arrendendosi a chi gli voleva
dare la morte.



Di fronte ad un re si ha timore e trepidazione, ma di fronte a Gesù noi avvertiamo
il calore dell'amore, quell'amore che ci ha donato in modo insuperabile sulla
croce per salvarci. Per questo anche oggi osiamo chiedergli perdono, affinché
ci prenda per mano e ci guidi verso il bene.





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27/11/2007 20:50

Lettura: Dai << Trattati su Giovanni >> di sant'Agostino, vescovo



A paragone degli infedeli, noi cristiani siamo ormai luce. Perciò dice l'Apostolo:
<< Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore; comportatevi perciò
come i figli della luce >> (Ef 5, 8). E altrove disse: << La notte è avanzata, il
giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi
della luce. Comportiamoci onestamente come in pieno giorno >> (Rm 13, 12-13).
Ma poiché, in confronto di quella luce alla quale stiamo per giungere, anche il
giorno in cui ci troviamo è quasi notte, ascoltiamo l'apostolo Pietro. Egli ci dice
che a Cristo Signore dalla divina maestà fu rivolta questa parola: << Tu sei il mio
Figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Questa voce, prosegue, noi
l'abbiamo udita scendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte >>
(2 Pt 1, 17-18). Noi però non c'eravamo sul monte e non abbiamo udito questa
voce scendere dal cielo e perciò lo stesso Pietro soggiunge: Noi abbiamo una
conferma migliore nella parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere
l'attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il
giorno e la stella del mattino non si levi nei vostri cuori (cfr. 2 Pt 1, 19).
Quando dunque verrà nostro Signore Gesù Cristo e, come dice l'apostolo Paolo,
<< metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori:
allora ciascuno avrà la sua lode da Dio >> (1 Cor 4, 5).
Allora, essendo un tal giorno così luminoso, non saranno più necessarie le
lucerne. Non ci verrà più letto il profeta, non si aprirà più il libro dell'Apostolo; non
andremo più a cercare la testimonianza di Giovanni, non avremo più bisogno del
vangelo stesso. Saranno perciò eliminate tutte le Scritture, che nella notte di
questo secolo venivano accese per noi come lucerne, perché non restassimo
nelle tenebre.
Eliminate tutte queste cose, giacché non avremo più bisogno della loro luce, e
venuti meno anche gli stessi uomini di Dio, che ne furono i ministri, perché
anch'essi vedranno con noi quella luce di verità in tutta la sua chiarezza, messi da
parte insomma tutti questi mezzi sussidiari, che cosa vedremo? Di che cosa si
pascerà la nostra mente? Di che cosa si delizierà la nostra vista? Da dove verrà
quella gioia, che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore d'uomo?
(cfr. 1 Cor 2, 9). Che cosa vedremo?
Vi scongiuro, amate con me, correte con me saldi nella fede: aneliamo alla patria
del cielo, sospiriamo alla patria di lassù; consideriamoci quali semplici pellegrini
quaggiù. Che vedremo allora? Ce lo dica ora il vangelo: << In principio era il
Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio >> (Gv 1, 1). Verrai alla
sorgente, da cui ti sono giunte poche stille di rugiada. Vedrai palesemente quella
luce, di cui solo un raggio, per vie indirette e oblique, ha raggiunto il tuo cuore,
ancora avvolto dalle tenebre e che ha ancora bisogno di purificazione. Allora
potrai vederla quella luce e sostenerne il fulgore.
<< Carissimi, dice lo stesso san Giovanni, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò
che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà
manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è >> (1 Gv
3, 2).
Mi accorgo che i vostri affetti si levano con me verso l'alto; ma << un corpo
corruttibile appesantisce l'anima e la tenda d'argilla grava la mente dai molti
pensieri >> (Sap 9, 15). Ecco che io sto per deporre questo libro e voi per
tornarvene ciascuno a casa sua. Ci siamo trovati assai bene sotto questa luce
comune, ne abbiamo davvero gioito, ne abbiamo davvero esultato: ma, mentre
ci separiamo gli uni dagli altri, badiamo bene a non allontanarci da lui.





Responsorio: (Ap 22, 5. 4)

Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce
di sole: il Signore Dio li illuminerà, e regneranno nei secoli dei secoli.
Vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla fronte;
il Signore Dio li illuminerà, e regneranno nei secoli dei secoli.



Orazione:

Ridesta, Signore, la volontà dei tuoi fedeli perché, collaborando con impegno
alla tua opera di salvezza, ottengano in misura sempre più abbondante i doni
della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo che è Dio, e vive e regna
con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.



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28/11/2007 06:37

Liturgia - Salmo, cantico e lettura breve -



Antifona:

Radunate i vostri tesori in cielo,
dice il Signore.


Salmo 48


Ascoltate, popoli tutti,
porgete orecchio abitanti del mondo,
voi nobili e gente del popolo,
ricchi e poveri insieme.

La mia bocca esprime sapienza,
il mio cuore medita saggezza;
porgerò l'orecchio a un proverbio,
spiegherò il mio enigma sulla cetra.

Perché temere nei giorni tristi,
quando mi circonda la malizia dei perversi?
Essi confidano nella loro forza,
si vantano della loro grande ricchezza.

Nessuno può riscattare se stesso,
o dare a Dio il suo prezzo.

Per quanto si paghi il riscatto di una vita,
non potrà mai bastare
per vivere senza fine, e non vedere la tomba.

Vedrà morire i sapienti,
lo stolto e l'insensato periranno insieme
e lasceranno ad altri le loro ricchezze.

Il sepolcro
sarà loro casa per sempre,
loro dimora per tutte le generazioni,
eppure hanno dato il loro nome alla terra.

Ma l'uomo nella prosperità non comprende,
è come gli animali che periscono.

Questa è la sorte di chi confida in se stesso,
l'avvenire di chi si compiace nelle sue parole.
Come pecore sono avviati agli inferi,
sarà loro pastore la morte;

scenderanno a precipizio nel sepolcro,
svanirà ogni loro parvenza:
gli inferi saranno la loro dimora.

Ma Dio potrà riscattarmi,
mi strapperà dalla mano della morte.

Se vedi un uomo arricchirsi, non temere,
se aumenta la gloria della sua casa.
Quando muore, con sé non porta nulla,
né scende con lui la sua gloria.

Nella sua vita si diceva fortunato:
<< Ti loderanno,
perché ti sei procurato del bene >>.

Andrà con la generazione dei suoi padri
che non vedranno mai più la luce.

L'uomo nella prosperità non comprende,
è come gli animali che periscono.



Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, com'era nel principio, ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen.


Antifona:

Radunate i vostri tesori in cielo,
dice il Signore.


Antifona:

Gloria a te, Agnello immolato,
a te potenza e onore nei secoli!


Cantico (cfr. Apocalisse 4, 11; 5, 9. 10. 12)

Tu sei degno, o Signore e Dio nostro,
di ricevere la gloria,
l'onore e la potenza,

perché tu hai creato tutte le cose,
per la tua volontà furono create,
per il tuo volere sussistono.

Tu sei degno, o Signore,
di prendere il libro
e di aprirne i sigilli,

perché sei stato immolato
e hai riscattato per Dio con il tuo sangue
uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione

e li hai costituiti per il nostro Dio
un regno di sacerdoti
e regneranno sopra la terra.

L'Agnello che fu immolato è degno di potenza,
ricchezza, sapienza e forza,
onore, gloria e benedizione.


Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, com'era nel principio, ora e sempre,
nei secoli dei secoli. Amen.



Antifona:

Gloria a te, Agnello immolato,
a te potenza e onore nei secoli!


Lettura breve - dalla lettera ai Romani 3, 23-25a:


Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati
gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo
Gesù. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo
della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia.


Responsorio:

Mi colmerai di gioia, Signore, alla tua presenza.
Mi colmerai di gioia, Signore, alla tua presenza.
Festa senza fine
alla tua presenza.
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.
Mi colmerai di gioia, Signore, alla tua presenza.


Orazione:

O Dio, a cui appartiene il giorno e la notte, fa' che il sole della giustizia non
tramonti mai nel nostro spirito, perché possiamo giungere alla luce gloriosa
del tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo, che è Dio, e vive e regna con
te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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29/11/2007 06:53

Dalle << Omelie sul vangelo di Matteo >> di san Giovanni Crisostomo, vescovo



Finché saremo agnelli, vinceremo e, anche se saremo circondati da numerosi
lupi, riusciremo a superarli. Ma se diventeremo lupi, saremo sconfitti, perché
saremo privi dell'aiuto del pastore. Egli non pasce lupi, ma agnelli. Per questo
se ne andrà e ti lascerà solo, perché gli impedisci di manifestare la sua potenza.
E' come se Cristo avesse detto: Non turbatevi per il fatto che, mandandovi fra i
lupi, io vi ordino di essere come agnelli e colombe. Avrei potuto dirvi il contrario
e risparmiarvi ogni sofferenza, impedirvi di essere esposti come agnelli ai lupi
e rendervi più forti dei leoni. Ma è necessario che avvenga così, poiché questo
vi rende più gloriosi e manifesta la mia potenza. La stessa cosa diceva a Paolo:
<< Ti basta la mia grazia, perché la mia potenza si manifesti pienamente nella
debolezza >> (2 Cor 12, 9). Sono io dunque che vi ho voluto così miti.
Per questo quando dice: << Vi mando come agnelli >> (Lc 10, 3), vuol far capire
che non devono abbattersi, perché sa bene che con la loro mansuetudine
saranno invincibili per tutti.
E volendo poi che i suoi discepoli agiscano spontaneamente, per non sembrare
che tutto derivi dalla grazia e non credere di essere premiati senza alcun motivo,
aggiunge: << Siate dunque prudenti come serpi e semplici come colombe >>
(Mt 10, 16). Ma cosa può fare la nostra prudenza, ci potrebbero obiettare, in
mezzo a tanti pericoli? Come potremo essere prudenti, quando siamo sbattuti da
tante tempeste? Cosa potrà fare un agnello con la prudenza quando viene
circondato da lupi feroci? Per quanto grande sia la semplicità di una colomba,
a che le gioverà quando sarà aggredita dagli avvoltoi? Certo, a quegli animali
non serve, ma a noi gioverà moltissimo.
E vediamo che genere di prudenza richieda: quella << del serpente >>. Come il
serpente abbandona tutto, anche il corpo, e non si oppone pur di risparmiare il
capo, così anche tu, pur di salvare la fede, abbandona tutto, i beni, il corpo e la
stessa vita.
La fede è come il capo e la radice. Conservando questa, anche se perderai tutto,
riconquisterai ogni cosa con maggiore abbondanza. Ecco perché non ordina di
essere solamente semplici o solamente prudenti, ma unisce queste due qualità,
in modo che diventino virtù. Esige la prudenza del serpente, perché tu non riceva
delle ferite mortali, e la semplicità della colomba, perché non ti vendichi di chi
ti ingiuria e non allontani con la vendetta coloro che ti tendono insidie. A nulla
giova la prudenza senza la semplicità.
Nessuno pensi che questi comandamenti non si possano praticare. Cristo
conosce meglio di ogni altro la natura delle cose. Sa bene che la violenza
non si arrende alla violenza, ma alla mansuetudine.



Responsorio:

Vi mando come pecore in mezzo ai lupi, dice il Signore. Siate prudenti come i
serpenti e semplici come le colombe.
Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce.
Siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.




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30/11/2007 07:24

30 novembre - SANT'ANDREA, APOSTOLO


Il 30 novembre ricorre la Festa di sant'Andrea, apostolo.

Andrea, nato a Bethsaida, fu prima discepolo di Giovanni Battista, poi seguì
Cristo, a cui condusse anche il fratello Pietro. Insieme a Filippo presentò a
Cristo stesso i gentili e indicò il ragazzo che portava i pesci ed il pane.
Secondo la tradizione, dopo la Pentecoste predicò in diverse regioni e fu
crocifisso in Acaia.


Prima lettura:

Dalla prima lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo


Fratelli, la parola della croce è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma
per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò
la sapienza dei sapienti e annullerò l'intelligenza degli intelligenti (Is 29, 14).
Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? (Is 33, 18). Dove mai il sottile ragionatore di
questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo?
Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza,
non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza
della predicazione. E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la
sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza
per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo
Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più
sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
Considerate infatti la vostra vocazione, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti
secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che
nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è
debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e
disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun
uomo possa gloriarsi davanti a Dio. Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù,
il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione
e redenzione, perché, come sta scritto: Chi si vanta si vanti nel Signore
(cfr. Ger 9, 22-24).
Anch'io, o fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunziarvi la
testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Io ritenni infatti di non
sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. Io venni in
mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; e la mia parola e
il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla
manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse
fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.


Responsorio:

Al lago di Galilea, il Signore vide Pietro e Andrea che gettavano la rete, e li
chiamò: Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini.
Erano pescatori di mestiere, e il Signore disse loro:
Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini.


Seconda lettura:

Dalle << Omelie sul vangelo di Giovanni >> di san Giovanni Crisostomo, vescovo


Andrea, dopo essere restato con Gesù e aver imparato tutto ciò che Gesù gli
aveva insegnato, non tenne chiuso in sé il tesoro, ma si affrettò a correre da suo
fratello per comunicargli la ricchezza che aveva ricevuto. Ascolta bene ciò che
gli disse: << Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo) >> (Gv 1, 41).
Vedi in che maniera notifica ciò che aveva appreso in poco tempo? Da una
parte mostra quanta forza di persuasione aveva il Maestro sui discepoli, e
dall'altra rivela il loro interessamento sollecito e diligente circa il suo
insegnamento.
Quella di Andrea è la parola di uno che aspettava con ansia la venuta del Messia,
che ne attendeva la discesa dal cielo, che trasalì di gioia quando lo vide arrivare,
e che si affrettò a comunicare agli altri la grande notizia.
Dicendo subito al fratello ciò che aveva saputo, mostra quanto gli volesse bene,
come fosse affezionato ai suoi cari, quanto sinceramente li amasse e come
fosse premuroso di porgere loro la mano nel cammino spirituale.
Guarda anche l'animo di Pietro, fin dall'inizio docile e pronto alla fede:
immediatamente corre senza preoccuparsi di nient'altro. Infatti dice: << Lo
condusse da Gesù >> (Gv 1, 42). Nessuno certo condannerà la facile
condiscendenza di Pietro nell'accogliere la parola del fratello senza aver prima
esaminato a lungo le cose. E' probabile infatti che il fratello gli abbia narrato i
fatti con maggior precisione e più a lungo, mentre gli evangelisti compendiano
ogni loro racconto preoccupandosi della brevità. D'altra parte non è detto
nemmeno che abbia creduto senza porre domande, ma che Andrea << lo
condusse da Gesù >>, affidandolo a lui perché imparasse tutto da lui
direttamente.
C'era insieme infatti anche un altro discepolo e anche lui fu guidato nello stesso
modo.
Se Giovanni Battista dicendo: Ecco l'Agnello di Dio, e ancora: Ecco colui che
battezza nello Spirito (cfr. Gv 1, 29, 33), lasciò che un più chiaro insegnamento
su questo venisse da Cristo stesso, certamente con motivi ancor più validi si
comportò in questo modo Andrea, non ritenendosi tale da dare una spiegazione
completa ed esauriente. Per cui guidò il fratello alla sorgente stessa della luce
con tale premura e gioia da non aspettare nemmeno un istante.



Responsorio:

Subito, alla voce del Signore che lo chiamava, Andrea abbandonò le reti, con
cui si guadagnava la vita, e seguì colui che dona la vita eterna.
Per amore di Cristo e del suo Vangelo soffrì il martirio,
e seguì colui che dona la vita eterna.


Orazione:

Dio onnipotente, esaudisci la nostra preghiera nella festa dell'apostolo
sant'Andrea; egli che fu annunziatore del Vangelo e pastore della tua Chiesa,
sia sempre nostro intercessore nel cielo. Per il nostro Signore, Gesù Cristo,
che è Dio e vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli
dei secoli. Amen.





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02/12/2007 04:42

Prima domenica di Avvento


Oggi, 2 dicembre, è la 1.a domenica di Avvento.
Andiamo incontro al S. Natale che viene per noi, e ci siano aiuto e compagne
la preghiera, la parola di Dio, la riflessione.


Inno alle Lodi mattutine


Chiara una voce dal cielo
si diffonde nella notte;
fuggano i sogni e le angosce,
splende la luce di Cristo.

Si desti il cuore dal sonno,
non più turbato dal male;
un astro nuovo rifulge,
fra le tenebre del mondo.

Ecco l'Agnello di Dio,
prezzo del nostro riscatto:
con fede viva imploriamo
il suo perdono e la pace.

Quando alla fine dei tempi
Cristo verrà nella gloria,
dal suo tremendo giudizio
ci liberi la sua grazia.

Sia lode a Cristo Signore,
al Padre e al Santo Spirito,
com'era nel principio,
ora e nei secoli eterni. Amen.


Dalle << Catechesi >> di san Cirillo di Gerusalemme, vescovo


Le due venute di Cristo



Noi annunziamo che Cristo verrà. Infatti non è unica la sua venuta, ma ve n'è una
seconda, la quale sarà molto più gloriosa della precedente. La prima, infatti,
ebbe il sigillo della soffferenza, l'altra porterà una corona di divina regalità.
Si può affermare che quasi sempre nel nostro Signore Gesù Cristo ogni evento
è duplice. Duplice è la generazione, una da Dio Padre, prima del tempo, e l'altra,
la nascita umana, da una vergine nella pienezza dei tempi.
Due sono anche le sue discese nella storia. Una prima volta è venuto in modo
oscuro e silenzioso, come la pioggia sul vello. Una seconda volta verrà nel futuro
in splendore e chiarezza davanti agli occhi di tutti.
Nella sua prima venuta fu avvolto in fasce e posto in una stalla, nella seconda si
vestirà di luce come di un manto. Nella prima accettò la croce senza rifiutare il
disonore, nell'altra avanzerà scortato dalle schiere degli angeli e sarà pieno di
gloria.
Perciò non limitiamoci a meditare solo la prima venuta, ma viviamo in attesa
della seconda. E poiché nella prima abbiamo acclamato: << Benedetto colui
che viene nel nome del Signore >> (Mt 21, 9), la stessa lode proclameremo
nella seconda. Così andando incontro al Signore insieme agli angeli e
adorandolo, canteremo<< Benedetto colui che viene nel nome del Signore >>
(Mt 21, 9).
Il Salvatore verrà non per essere di nuovo giudicato, ma per farsi giudice di
coloro che lo condannarono. Egli che tacque quando subiva la condanna,
ricorderà il loro operato a quei malvagi, che gli fecero subire il tormento della
croce, e dirà a ciascuno di essi: Tu hai agito così, io non ho aperto bocca
(cfr. Sal 38, 10).
Allora in un disegno di amore misericordioso venne per istruire gli uomini con
dolce fermezza, ma alla fine tutti, lo vogliano o no, dovranno sottomettersi per
forza al suo dominio regale.
Il profeta Malachia preannunzia le due venute del Signore: << E subito entrerà
nel suo tempio il Signore che voi cercate >> (Ml 3, 1). Ecco la prima venuta.
E poi riguardo alla seconda egli dice: << Ecco l'angelo dell'alleanza, che voi
sospirate, ecco viene... Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà
al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai.
Siederà per fondere e purificare >> (Mt 3, 1-3).
Anche Paolo parla di queste due venute scrivendo a Tito in questi termini:
<< E' apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che
ci insegna a rinnegare l'empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà,
giustizia e pietà in questo mondo, nell'attesa della beata speranza e della
manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo >>
(Tt 2, 11-13). Vedi come ha parlato della prima venuta ringraziandone Dio?
Della seconda invece fa capire che è quella che aspettiamo.
Questa è dunque la fede che noi proclamiamo: credere in Cristo che è salito al
cielo e siede alla destra del Padre. Egli verrà nella gloria a giudicare i vivi e i
morti. E il suo regno non avrà fine.
Verrà dunque, verrà il Signore nostro Gesù Cristo dai cieli; verrà nella gloria alla
fine del mondo creato, nell'ultimo giorno. Vi sarà allora la fine di questo mondo,
e la nascita di un mondo nuovo.



Responsorio:

Guardo da lontano, e vedo arrivare la potenza del Signore, come una nube che
copre la terra; andategli incontro e dite: Sei tu colui che aspettiamo, il Re della
casa d'Israele?

Voi tutti, abitanti della terra, figli dell'uomo, poveri e ricchi insieme,

andategli incontro, e dite:

Pastore d'Israele, ascolta, tu che guidi il tuo popolo come un gregge,

sei tu colui che aspettiamo?

Sollevate, porte, i vostri frontali; alzatevi, porte antiche: entri il Re della gloria,

il Re della casa d'Israele.

Ripetiamo:

Guardo da lontano, e vedo arrivare la potenza del Signore, come una nube che
copre la terra. Andategli incontro, e dite: Sei tu colui che aspettiamo, il Re della
casa d'Israele?



Orazione:

O Dio, nostro Padre, suscita in noi la volontà di andare incontro con le buone
opere al tuo Cristo che viene, perché egli ci chiami accanto a sé nella gloria a
possedere il regno dei cieli. Per il nostro Signore Gesù Cristo, che è Dio e vive
e regna con te nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.





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03/12/2007 07:35

Dalle << Lettere pastorali >> di san Carlo Borromeo, vescovo



<< Eccovi, amatissimi figliuoli, quel tempo così celebre e solenne. "Tempo",
come dice lo Spirito Santo, "favorevole". Tempo di salute, di pace e di
riconciliazione. Tempo, che come fu con tanti sospiri sommamente desiderato
da quelli antichi patriarchi e santi profeti, come all'ultimo, con allegrezza grande,
veduto da quel giusto Simeone, come sempre solennemente celebrato dalla
santa Chiesa, così ha da essere da noi piamente santificato, con lodare e
ringraziare perpetuamente il Padre eterno della sua infinita misericordia nel
mistero di questo tempo, cioè nella venuta del suo unigenito Figliuolo, che per
smisurato amore verso di noi peccatori, egli mandò per liberarci dalla tirannide
del demonio, per invitarci al cielo, per comunicarci i secreti celesti, per
dimostraci la verità, per insegnarci i costumi, per seminare in noi le virtù, per
arricchirci dei tesori della sua grazia e per farci figliuoli suoi, eredi e possessori
della vita eterna.
Questo mistero mentre ogni anno la Chiesa celebra, ella ci ammonisce a tener
perpetua memoria di così gran carità usataci dal misericordioso Dio; e insieme
ci insegna che la venuta del Signore non fu solamente per quelli, che avanti o
che allora si trovarono nel mondo quando egli venne, ma la virtù d'essa resta
sempre per beneficio di tutti noi ancora, se per mezzo della santa fede e dei
divini sacramenti vorremo ricevere la grazia che ci ha portata, e secondo quella
ordinare la vita nostra sotto la sua obbedienza. Vuole ancora che intendiamo,
che sì come egli venne una volta in carne al mondo, così, se per noi non resta,
è per venire ogn'ora, anzi in ogni momento, ad abitare spiritualmente nell'anime
nostre, con abbondanti doni.
Perciò la Chiesa, come madre pia e zelante della nostra salute, in occasione di
questo sacro tempo, con inni, cantici e altre voci dello Spirito Santo, e misteriosi
riti, ci istruisce perché riconosciamo il beneficio con animo grato e lo riceviamo
con frutto e procuriamo di fare alla venuta del Signore nei cuori nostri non minor
preparazione di quella che faremmo s'egli avesse a venire di presente al mondo;
né minore di quella che perciò fecero già i santi Padri del Vecchio Testamento,
e che con parole e esempi loro insegnarono a noi ancora di fare >>.



Responsorio: (Cfr. Gl 2, 15; Is 62, 11; Ger 4, 5)

Suonate la tromba nella città di Dio, convocate un'adunanza solenne, radunate il
popolo, e dite: Ecco, viene Dio, il nostro Salvatore.
Annunziatelo, fatelo sapere, gridate a piena voce:
Ecco, viene Dio, il nostro Salvatore.


Orazione:

Il tuo aiuto, Signore, ci renda perseveranti nel bene in attesa del Cristo, tuo Figlio;
quando egli verrà e busserà alla porta ci trovi vigilanti nella preghiera ed esultanti
nella lode. Per il nostro Signore, Gesù Cristo, che è Dio, e vive e regna con te
nell'unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.




_________Aurora Ageno___________
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