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Pioggia di Vita, per chi crede e per chi non crede

Ultimo Aggiornamento: 11/01/2013 11:23
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2 Novembre - Commemorazione dei defunti -


Antifona:
Dal potere delle tenebre,
salva, Signore, la mia anima.

Cantico Isaia 38,10-14. 17-20


Io dicevo: << A metà della mia vita
me ne vado alle porte degli inferi;
sono privato del resto dei miei anni >>.

Dicevo: << Non vedrò più il Signore
sulla terra dei viventi,
non vedrò più nessuno
fra gli abitanti di questo mondo.

La mia tenda è stata divelta e gettata lontano,
come una tenda di pastori.

Come un tessitore hai arrotolato la mia vita,
mi recidi dall'ordito.
In un giorno e una notte mi conduci alla fine >>.

Io ho gridato fino al mattino.
Come un leone, così egli stritola tutte le mie ossa.
Come una rondine io pigolo,
gemo come una colomba.

Sono stanchi i miei occhi
di guardare in alto.

Tu hai preservato la mia vita
dalla fossa della distruzione,
perché ti sei gettato dietro le spalle
tutti i miei peccati.

Poiché non ti lodano gli inferi,
né la morte ti canta inni;
quanti scendono nella fossa
nella tua fedeltà non sperano.

Il vivente, il vivente ti rende grazie
come io faccio quest'oggi.
Il padre farà conoscere ai figli
la fedeltà del tuo amore.

Il Signore si è degnato di aiutarmi;
per questo canteremo sulle cetre
tutti i giorni della nostra vita,
canteremo nel tempio del Signore.


Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo, com'era nel principio, ora e sempre,
nei secoli dei secoli. Amen.


Antifona:
Dal potere delle tenebre,
salva, Signore, la mia anima.


Dal libro << Sulla morte del fratello Satiro >> di sant'Ambrogio, vescovo

Dobbiamo riconoscere che anche la morte può essere un guadagno e la vita un castigo.
Perciò anche san Paolo dice: << Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno >>
(Fil 1,21). E come ci si può trasformare completamente nel Cristo, che è spirito di vita,
se non dopo la morte corporale?
Esercitiamoci, perciò, quotidianamente a morire e alimentiamo in noi una sincera
disponibilità alla morte. Sarà per l'anima un utile allenamento alla liberazione dalle
cupidigie sensuali, sarà un librarsi verso posizioni inaccessibili alle basse voglie
animalesche, che tendono sempre a invischiare lo spirito. Così, accettando di esprimere
già ora nella nostra vita il simbolo della morte, non subiremo poi la morte quale castigo.
Infatti la legge della carne lotta contro la legge dello spirito e consegna l'anima stessa
alla legge del peccato. Ma quale sarà il rimedio? Lo domandava già san Paolo, dandone
anche la risposta: << Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? >> (Rm 7,24).
La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore (cfr. Rm 7, 25 ss).
Abbiamo il medico, accettiamo la medicina. La nostra medicina è la grazia di Cristo, e
il corpo mortale è il corpo nostro. Dunque andiamo esuli dal corpo per non andare esuli
dal Cristo. Anche se siamo nel corpo cerchiamo di non seguire le voglie del corpo.
Non dobbiamo, è vero, rinnegare i legittimi diritti della natura, ma dobbiamo però dar
sempre la preferenza ai doni della grazia.
Il mondo è stato redento con la morte di uno solo. Se Cristo non avesse voluto morire,
poteva farlo. Invece egli, non ritenne di dover fuggire la morte quasi fosse una debolezza,
né ci avrebbe salvati meglio che con la morte. Pertanto la sua morte è la vita di tutti. Noi
portiamo il sigillo della sua morte; quando preghiamo la annunziamo; offrendo il sacrificio
la proclamiamo; la sua morte è vittoria, la sua morte è sacramento, la sua morte è l'annuale
solennità del mondo.
E che cosa dire ancora della sua morte, mentre possiamo dimostrare con l'esempio divino
che la morte sola ha conseguito l'immortalità e che la morte stessa si è redenta da sé?
La morte allora, causa di salvezza universale, non è da piangere. La morte che il Figlio
di Dio non disdegnò e non fuggì, non è da schivare.
A dire il vero, la morte non era insita nella natura, ma divenne connaturale solo dopo. Dio
infatti non ha stabilito la morte da principio, ma la diede come rimedio. Fu per la condanna
del primo peccato che cominciò la condizione miseranda del genere umano nella fatica
continua, fra dolori e avversità. Ma si doveva porre fine a questi mali perché la morte
restituisse quello che la vita aveva perduto, altrimenti, senza la grazia, l'immortalità
sarebbe stata più di peso che di vantaggio.
L'anima nostra dovrà uscire dalle ristrettezze di questa vita, liberarsi delle pesantezze della
materia e muovere verso le assemblee eterne.
Arrivarvi è proprio dei santi. Là canteremo a Dio quella lode che, come ci dice la lettura
profetica, cantano i celesti sonatori d'arpa: << Grandi e mirabili sono le tue opere, o Signore
Dio onnipotente, giuste e veraci le tue vie, o Re delle genti. Chi non temerà, o Signore, e
non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei santo. Tutte le genti verranno e si prostreranno
dinanzi a te >> (Ap 15, 3-4).
L'anima dovrà uscire anche per contemplare le tue nozze, o Gesù, nelle quali, al canto gioioso
di tutti, la sposa è accompagnata dalla terra al cielo, non più soggetta al mondo, ma unita
allo spirito: << a te viene ogni mortale >> (Sal 64,3).
Davide santo sospirò, più di ogni altro, di contemplare e vedere questo giorno. Infatti disse:
<< Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita, per gustare la dolcezza del Signore >> (Sal 26,4).


Responsorio:

Coloro che si addormentano nella morte con la fede dei padri avranno una magnifica ricompensa.
Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro:
avranno una magnifica ricompensa.


Orazione:

Ascolta, o Dio, la preghiera che la comunità dei credenti innalza a te nella fede del Signore
risorto, e conferma in noi la beata speranza che insieme ai nostri fratelli defunti risorgeremo
in Cristo a vita nuova. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti
i secoli dei secoli.



_________Aurora Ageno___________
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